Il Mistero Di Belicena Villca - Prima Parte (Italiano)-Editado

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IL MISTERO DI BELICENA VILLCA Opera di Nimrod del Rosario

IL MISTERO DI BELICENA VILLCA LIBRO PRIMO "La sparizione di Tafí del Valle" LIBRO SECONDO La lettera di Belicena Villca LIBRO TERZO "Alla ricerca dello zio Kurt" LIBRO QUARTO "La storia di Kurt Von Subermann" LIBRO QUINTO "epilogo... o prologo" IPER-RIEPILOGO

Prima edizione argentina Cordoba 2003 Versione italiana

LIBRO DE EDICIÓN ARGENTINA Queda hecho el depósito que marca la ley 11.723 Impreso en Argentina – Printed in Argentina ISBN: 987-43-5850-5

LIBRO PRIMO "La scomparsa di Tafí del Valle" Capitolo I

Conobbi Belicena Villca quando si trovava internata nell'ospedale neuropsichiatrico “Dr. Javier Patrón Isla” della città di Salta, con una diagnosi di demenza senile irreversibile. Essendo medico del padiglione B, di malati incurabili, ho dovuto prestare attenzione alla suddetta inferma per un lungo anno durante il quale ho applicato tutte le risorse che la scienza psichiatrica e la mia estesa esperienza nella professione mi offrivano per provare, vanamente, il suo recupero. Come si vedrà più avanti, la sua storia la scrisse essa stessa durante la sua permanenza in quella triste reclusione. Dedicò a questo fine tutto il tempo disponibile, che era molto, infatti la direzione medica l'aveva autorizzata a scrivere "visto che tale attività mostrava evidenti risultati terapeutici sull'animo della paziente". Tuttavia, nessuno sapeva a cosa si riferissero i suoi scritti e se essi rivelassero alcuna coerenza logica, informazione che sarebbe stato utile avere per confermare o correggere la diagnosi avversa. Due motivi impedivano di conoscere il contenuto dei suoi manoscritti: il primo, e principale, consisteva nel fatto che la malata scriveva in quechua santiagueño, una lingua che solo si parla nella sua regione natale; in segreto, apparentemente, Belicena Villca tradusse i manoscritti allo spagnolo castigliano pochi giorni prima di morire; il secondo motivo era che diventava gelosamente violenta quando voleva evitare la lettura dei testi da parte di estranei, cosa che aveva portato, un giorno, a un violento incidente con un'infermiera che aveva osato poggiare gli occhi su una delle sue pagine. Dunque, poiché quello che interessava era mantenerla tranquilla e la scrittura contribuiva a intrattenerla in questo stato, si decise per non contraddire i suoi desideri maniaci e le si permise di occultare i manoscritti in una cartella, dalla quale non si separava in nessun momento. Tuttavia, parte della sua storia mi è stata raccontata da Belicena stessa durante tutta la durata della sua convalescenza, sia mediante i lunghi monologhi ai quali frequentemente la conduceva la psicoanalisi, nei giorni in cui certa stabilità mentale permetteva questa terapia, o, involontariamente, quando il trattamento di narcosi la sommergeva in un pesante sopore durante il quale, tuttavia, non diminuiva mai l'attività orale. Naturalmente, non si poteva dare credito alle sue dichiarazioni, non solo per la sua condizione di malata mentale, se non per il tenore delle stesse, che erano incredibili e allucinanti: non potrebbe mai essere descritta, con maggiore esattezza, la sua storia, se non come la storia propria di un pazzo. La situazione di alienata di Belicena Villca sicuramente farà dubitare i lettori sull'esattezza dei fatti narrati. È comprensibile, infatti solamente un anno fa io stesso avrei fatto tutto il possibile per impedire la divulgazione di un materiale che la prudenza e l'etica professionale, consigliano di mantenere nei riservati ambiti della Storia Clinica e del Bagaglio Personale. Ma ecco che la morte improvvisa di Belicena Villca è venuta a sconvolgere questo punto di vista razionale e mi ha portato a pensare che la storia

registra il passaggio di venerabili figure per le celle di celebri manicomi. Ricordai Nietzche, Ezra, Pound, Antonin Artaud, il giocatore di scacchi Morphy, il matematico Cantor, e molti altri. Ragionai che quei famosi personaggi presentavano quadri di schizofrenia acuta, come il mio paziente, cosa che significa che la coscienza si trova frammentata anche se non dissolta e possono, eventualmente, prodursi stati di lucidità temporale dove la condotta è più o meno normale. Mi dissi che se Cantor elaborò la geniale teoria dei Numeri Transfiniti e se Nietzche durante i suoi dieci anni di internato poteva citare Omero, Empedocle e qualsiasi altro classico, a memoria e in greco antico, era possibile in una misura infinitamente minore, che la vicenda di Belicena Villca fosse in parte vera. Chiaro, questo sillogismo apparentemente incosciente sorprenderà il lettore; però tutto questo lo pensai di fretta, molto di fretta: perché Belicena Villca era stata assassinata.

Capitolo II Quello sgradevole avvenimento, perturbò il funzionamento impeccabile dell'ospedale precipitando tutti in uno stato di malessere e angoscia indescrivibili. Particolarmente colpito fu il nostro direttore, l'eminente dottor Cortez, il quale temeva che lo scandalo arrivasse a macchiare il nome dell'illustre eroe locale che porta l'ospedale, fatto che, secondo la sua chiara logica, influirebbe negli assegni che la potente famiglia del defunto faceva arrivare mensilmente. Non stancherò il lettore con tanti dettagli su questo caso, commentato abbondantemente dalla stampa. Chi desidera farlo può consultare il quotidiano l'Eraldo di Salta, nelle edizioni della settimana che va dal 7 al 15 gennaio del 1980, dove troverà tutta l'informazione. Solo ricorderò qui l'essenziale, giacché lo sviluppo di questo caso reale, richiede la considerazione delle strane circostanze nelle quali è avvenuto il crimine e il mistero che lo circondò... e che ancora persiste; infatti la polizia non riuscì a far luce sul caso. Inoltre validi funzionari manifestano dubbi sul fatto che un giorno sarà possibile risolverlo. Due elementi tanto assurdi quanto irrazionali intervennero in maniera definitiva nell'esito fatale, impedendo ogni possibilità di realizzare congetture coerenti; il primo fu un fatto indiscutibilmente verificato: il crimine fu realizzato in una cella per malati con psicosi, ermeticamente chiusa con una porta pesante di acciaio, fra le 00:00 e le 02.00 della notte del 6 gennaio, senza che nessuno, assolutamente nessuno, fosse entrato durante questo lasso di tempo. Questo fu verificato con successo grazie a un avvenimento fortuito. Era la notte del 5 gennaio, come dire, la notte in cui si festeggia l'arrivo dei Re Magi (la Befana in Italia), parte del personale era andato a distribuire regali all'ospedale dei bambini e al orfanotrofio di San Francesco di Assisi. Tra di loro si trovava il nostro esimio direttore il dottor Cortez, il quale alle 11:00 era già tornato, ancora con addosso il vestito di Babbo Natale e disposto a effettuare la visita di controllo che, da moltissimi anni, realizza in tutti i padiglioni per raccogliere le relazioni finali. Bene, proprio il dottor Cortez vide per l'ultima volta viva Belicena Villca alle 23,50, quando, a causa di una crisi isterica nella sua seconda fase, generò un disordine generale del padiglione B: correva disperatamente nel ridotto spazio della sua cella, con gli occhi fissi ed esorbitanti, mentre gridava “Pachachutquiy”, “Pachachutquiy”, parole in questo momento per me incomprensibili, sebbene riconoscemmo che si trattava del dialetto quechua. Dall'altra parte, quell'attacco era un sintomo anormale in lei.

Il dottor Cortez ordinò un'immediata dose di Valium,sommergendo la sfortunata Belicena Villca in un sopore dal quale sarebbe uscita solo un istante per vedere la Morte da Vicino, come suggeriva l'espressione di tremendo orrore sul suo volto teso, quando fu trovata, già morta, tre ore più tardi. E qui sorge il mistero; il primo elemento che sconvolse e sorprese gli esperti poliziotti: dopo aver atteso la paziente, ossia alle 00:00, tutti si ritirarono dalla cella, essendo stata chiusa dal dottor Cortez, il quale inavvertitamente mise la chiave in una delle tasche del suo vestito di babbo Natale, scordandosi poi di depositarla nella bacheca generale delle chiavi. Alle 03.00 della mattina quando l'infermiera,durante la ronda abituale, notò la mancanza della chiave, nessuno seppe dare spiegazioni. Dedusse che era stata portata via dal dottor Cortez e, poiché i duplicati si trovavano nell'ufficio dello stesso dottore, non le rimase altra possibilità che chiamarlo a casa sua. Non fu necessario farlo, infatti l'operatrice del centralino interno la informò che il dottore si trovava ancora nell'ospedale, anche se era sul punto di uscire. Avvisato di questo errore, decise di andare al padiglione e di consegnare la chiave per realizzare una breve ispezione oculare. Cioè, durante queste tre ore, la chiave, l'unico mezzo per aprire la porta blindata della cella, era rimasta in possesso del dottor Cortez. Il direttore dell'ospedale era un uomo di riconosciuta rettitudine, le cui virtù morali erano sempre state esaltate come esempio degno di emulazione, e di cui, infine, nessuno oserebbe dubitare, neanche l'esperto poliziotto Maidana che aveva in carico l'investigazione del caso. Finalmente, il dottor Cortez aprì la porta della cella accompagnato da me e l'infermiera García esattamente alle 3:05. Un odore penetrante e dolce fu la prima cosa che ci chiamò l'attenzione. Era una fragranza come un incenso di sandalo o un profumo simile ed era talmente fuori luogo lì, che ci guardammo perplessi. Questo fu solo un istante, quello che avvenne dopo concentrò tutta la nostra attenzione. Belicena Villca giaceva nel suo letto, morta senza dubbio già da un tempo, con il collo tumefatto a causa dello strangolamento al quale era stata sottoposta. L'arma omicida, una corda color avorio, era ancora arrotolata sulla sua testa anche se ormai sciolta. E i due estremi cadevano soavemente sul petto verso un lato del letto. Era uno spettacolo talmente orribile che l'esperta infermiera García lanciò un grido di spavento e barcollò indietro, dovetti sostenerla per le spalle, anche se le mie gambe non si erano del tutto stabili. E non c'era da meravigliarsi; la defunta aveva le mani chiuse sulle coperte a entrambi i lati del corpo, posizione in cui si trovava nel momento della morte e che la rigidità del cadavere conservò, fatto che indicava che non si era difesa dal suo misterioso assassino. Questo dovette infonderle tanto terrore che, anche vedendo che le passavano il laccio intorno al collo e poi sentendo che lo stesso si stringeva e le chiudeva la respirazione, riuscì solo ad afferrarsi disperatamente alle coperte. Tale deduzione si affermava al contemplare il gesto del volto: gli occhi molto grandi ed esorbitanti; la bocca semiaperta, permetteva di vedere la lingua gonfia, che sembrava frantumarsi in una parola inconclusa, qualcosa che chissà mai più sarebbe stato pronunciato, chissà la misteriosa pachachutquiy. Esporrò adesso il secondo elemento assurdo e irrazionale che, a intervenire con il peso contundente del fatto concreto, eliminò qualunque speranza di ottenere una pronta e semplice soluzione. Mi spiegherò meglio. Il fatto incomprensibile che la porta fosse chiusa con chiave mentre si commetteva il crimine, primo elemento, potrebbe essere ignorato fissando le ipotesi logiche, anche se improbabili, che l'assassino possedesse un'altra

chiave o che esistesse una cospirazione da parte dei membri del corpo medico etc. In definitiva tali ipotesi le formulava la polizia e quello che essi pretendevano era togliere al caso ogni allusione al mistero o al sovrannaturale. Però la corda color avorio, secondo elemento, costituiva un oggetto troppo tangibile per essere ignorato. Il secondo elemento fu l'evidenza che qualcosa di sinistro e irrazionale si era installato irresistibilmente fra noi. Si trattava di una corda di 1 m di lunghezza; costruita, apparentemente, con capelli umani, intrecciati e tinti. Però l'insolito era rappresentato dalle due medaglie d'oro, una in ogni estremo, arrotolate in due piccoli coni d'oro. Le medaglie costituivano la cosa più assurda dell'insieme: esattamente uguali nelle loro forme di Stella di David, non lo erano, tuttavia, le loro incisioni e inscrizioni. Una di esse aveva cesellato un rilievo con un quadrifoglio scolpito nell'esagono centrale; l'altra mostrava un frutto che, indubbiamente, corrispondeva al melograno. Io le trovai simili a quelle che vidi in certi documenti massonici in un'esposizione del Rotary Club; però la familiarità terminò quando cercai nella memoria e ragionai che l'unico punto di somiglianza fra queste e quelle era la Stella di David la quale, come tutti sanno, è formata da due triangoli equilateri incrociati. È un simbolo usato da millenni dal popolo ebreo per identificarsi, tale come può essere comprovato oggi vedendolo sulla bandiera dello Stato di Israele. Le parti posteriori della medaglia avevano delle iscrizioni. In più, queste, lontano da chiarire qualcosa, aumentavano la nostra confusione infatti erano scritte in due differenti lingue. Una frase, incisa orizzontalmente nel centro, era scritta in caratteri ebrei, anche se tali segni non erano gli stessi in ogni medaglia. Intorno a queste parole c'era una trascrizione in lettere latine questa volta identica in entrambe le medaglie. In questo momento nessuno poteva chiarire a che lingua appartenessero: “ada aes sidhe draoi mac hwch”. Le parole ebree, dal canto loro, dicevano; nel melograno ‫חנוב‬, e nel quadrifoglio ‫חבחו‬. Come si comprenderà, questa curiosa corda ingioiellata da tutta la sensazione di essere qualcosa per uso cerimoniale o religioso, attributo che l'ufficiale Maidana captò d'immediato infatti a esaminarla non poté evitare un gesto di ripugnanza e un'esclamazione: –Puuhh questo è qualcosa di ebreo!

Capitolo III

Io so che molta gente potente del nostro paese considera che ogni corretto ufficiale di polizia deve professare imprescindibilmente di "ideologia nazionalista"; e so anche che detta indefinibile ideologia si oppone ai grandi internazionalisti tali come il marxismo, la massoneria, il sionismo, le corporazioni multinazionali, etc., fino alla politica internazionale delle potenze imperialiste. Nell'ideologia nazionalista è credenza corrente che tutte queste vaste organizzazioni convergano in una cupola di potere, situata in qualche luogo del mondo, vero governo segreto che chiamano "Sinarchia Internazionale".

La Sinarchia avrebbe sviluppato una strategia la cui esecuzione dovrebbe condurre alla formazione di un Governo Mondiale che governerebbe su tutte le Nazioni della Terra. Le differenze e contraddizioni che si avvertono fra le grandi organizzazioni menzionate sarebbero di ordine tattico e puramente esteriori; nei vertici di potere tutte coinciderebbero e gli sforzi generali sarebbero incamminati a compiere la Strategia sinarchica. Nell'ideologia nazionalista è dogma, da più di un secolo, che La Sinarchia è stata fondata dagli ebrei con la pretesa di assicurarsi il dominio del Mondo e dare così compimento alle profezie emanate dalla Bibbia e ai comandamenti della Talmud. Per questo i nazionalisti che sostengono queste idee solitamente odiano ardentemente gli ebrei. Non mi sorprese, quindi, l'esclamazione anti semita dell'ufficiale Maidana; però, comprendendo che si trattava di un'impressione affrettata, trattai di fargli comprendere che attribuire un'origine ebrea alla corda omicida, solo perché le medaglie avevano la forma della stella di David, era quantomeno avventuroso: in effetti, tale simbolo era usato anche da altre religioni o sette come la Massoneria, la Teosofia, i Rosacroce, le Chiese Cristiane, ecc...In più, gli dissi, c'erano il melograno e il quadrifoglio che costituivano una combinazione strana; e le iscrizioni indecifrabili? E la corda fatta di capelli tinti? No. Non sarebbe stato tanto facile qualificare l'insieme delle cose. Anche se sembra incredibile, qualcosa mancava nella cella di Belicena Villca: la cartella con tutti i suoi scritti. La polizia, al rendersi conto del suo contenuto e considerandolo come assolutamente carente di valore, scartò immediatamente un possibile furto e si rifiutò categoricamente di vincolarlo al movente del crimine: piuttosto, cercò di persuaderci che la cartella avrebbe potuto finire nell'inceneritore dell'ospedale, sia per caso, sia come rappresaglia di qualche infermiera infastidita per l'eccessiva gelosia con la quale la malata la proteggeva.

Capitolo IV

Quello che si sapeva nell'ospedale su Belicena Villca. Arrivò nel dicembre dell'1978 in un'ambulanza dell'esercito. Due robusti ufficiali la accompagnarono fino all'ufficio del direttore e consegnarono allo stesso: una lettera del comandante del 230° reggimento della cavalleria con base a Salta, colonnello Mario Pérez, insieme a una busta contenente una documentazione e una cartella medica. Nella lettera, ci informò in seguito il dottor Cortez, il colonnello sollecitava l'ingresso nell'ospedale di Belicena Villca "essa soffriva di una malattia mentale adeguatamente comprovata dai medici militari che firmavano gli studi aggiunti". La donna, oriunda della Provincia di Tucumán, aveva un unico figlio sparito durante la grande repressione del 1977. Ignorando l'ubicazione di quest'ultimo, apparentemente avendo la certezza che le autorità le negavano informazioni, cominciò a muoversi risolutamente per le varie Province del Nord argentino e uscì anche dal paese, viaggiando all'interno della Bolivia e del Perù. Questa condotta risultò sospettosa per i servizi di intelligenza, i quali la sottoposero a un'intensa vigilanza e finalmente la arrestarono.

Fu durante i duri interrogatori che si considerò la possibilità che Belicena Villca fosse mentalmente squilibrata, in modo che, dopo la consulta dei medici militari, si era disposto il suo trasferimento all'Ospedale Neuropsichiatrico Dr. Javier Patrón lsla. In quanto al figlio, l'esercito non conosceva la sua ubicazione né se militava in qualche organizzazione sovversiva; la sua scomparsa giustamente allertò le autorità in quanto si pensò che era passato alla clandestinità. Quest'idea si confermò al conoscere la sorprendente attività della madre, motivo che alla fine causò il suo arresto. L'informazione precedente la somministrava il colonnello in modo da non dare credito a eventuali storie o reclami che potesse presentare l'inferma. Secondo il Dottor Cortez il tono della lettera non ammetteva repliche; era un ordine internare Belicena Villca. Nel suo criterio bisognava considerare due possibilità: o la donna era uscita di senno durante "l'interrogatorio" o la storia che presentava l'esercito era reale. Quello che doveva scartarsi a priori era una terza ipotesi: che sapesse qualcosa sulla sovversione... In questo caso sarebbe stata condannata all’esecuzione. Correvano tempi difficili in quel momento; l'Argentina occupata militarmente nel 1976, stava sopportando una depressione tremenda che cominciò con lo sterminio dei famosi guerrieri nihilisti (guerrilleros nihilistas), tale la definizione ufficiale e si concluse con un bagno di sangue degno di Caligola, dove caddero, oltre ai miseri guerriglieri, gente di ogni genere. I morti e gli scomparsi si contavano a migliaia e, in un'atmosfera veramente pericolosa, non era un bene per la salute discutere le direttive militari. -Già verranno tempi migliori- ci diceva il Dottor Cortez - Ricordate che i militari si governano con le leggi della Strategia. - E con la sua abituale erudizione, citava Machiavelli, genio della Strategia, che nella sua opera "Il Principe" dice: "... All'impossessarsi di uno Stato un usurpatore deve riflettere sui crimini che gli è obbligato a commettere, ed eseguirli tutti in una volta, in modo da non doverli ripetere ogni giorno e, al non avere questa necessità, possa conquistare gli uomini a forza di benefici". "Perché le offese devono essere inferte tutte insieme, in modo che, durando meno, feriscano meno; mentre i benefici devono essere proporzionati poco a poco, al fine di essere assaporati meglio". Questa era, per il dottor Cortez, la filosofia del Governo. Ricordo come se fosse oggi quando accompagnai Belicena Villca al padiglione B, il suo fare colto e la sua semplice eccellenza. Senza essere realmente alta lo sembrava dovuto al suo corpo minuto però eretto; i capelli lisci e neri, di morbidi filamenti, le cadevano fino ai fianchi. Gli occhi, leggermente a mandorla, erano verdi e il naso, un po' prominente dava un effetto di fermezza al volto, incorniciato in un ovale quasi perfetto. La sua bocca, proporzionata, era di labbra carnose; le sopracciglia: folte e dritte sopra agli occhi. Tutto in lei emanava un'aria vitale e per niente segnalava un'età di quarantasette anni e, nonostante i rigori passati avessero lasciato un'impronta scarnita, si indovinava che durante la sua gioventù era stata una donna di straordinaria bellezza. Gli studi realizzati nell'ospedale, confermarono che Belicena soffriva di qualche tipo di schizofrenia, per cui il dottor Cortez, non tanto sensibile a considerazioni estetiche, decise di mantenere la diagnosi dei medici militari "demenza senile irreversibile" anche se tale valutazione fosse stata totalmente ingiusta.

Mentre camminavo per i corridoi del padiglione B ricevetti la prima delle incontentabili sorprese che mi avrebbe dato la relazione con Belicena Villca e la sua strana storia. Leggendo il mio nome sulla tessera di plastica appesa al taschino della mia giacca, disse: Dottor “Arturo Siegnagel”. Voi avete un nome magico: "orso dall'artiglio vittorioso". Lo sapevate? - Sospetto di sì, risposi, mentre traducevo mentalmente: Arturo, dal greco Arctos, significa "orso", Sieg vuol dire "Vittoria" in tedesco; e nagel, "artiglio" nella stessa lingua. - Quello che mi sorprende, aggiunsi, è che lo sappiate voi. Comprende il greco e il tedesco? -Oh non è necessario dottore. Io vedo con il sangue. So. - Mi disse con un sorriso innocente. Si che è malata! Pensai scioccamente, credendo che alludeva alla teoria della reincarnazione come fanno gli spiritisti, clienti permanenti dei nostri padiglioni. Allora non potevo immaginare neanche lontanamente che un giorno avrei fatto sforzi inusitati per ricordare ognuna delle sue parole per analizzarle con grande rispetto.

Capitolo V

Non deve sorprendere che la polizia archiviò il caso al poco tempo di aver cominciato le investigazioni, poiché, dietro ogni passo che dava, invece di chiarirsi, tutto diventava più confuso, essendo ingiustificabile il depositare tanto sforzo in un crimine che, sembrava, a nessuno interessava risolvere. In primo luogo, perché Belicena Villca non aveva familiari conosciuti che reclamassero giustizia; però, principalmente, per il mistero che circondava il fatto: come entrò l'assassino nella cella ermeticamente chiusa? Perché usò una preziosa corda ingioiellata per uccidere un'alienata indifesa? E, la cosa più incomprensibile: quale poteva essere il movente del crimine, il motivo che rendesse intellegibili gli avvenimenti successi? Non c'era risposta per questi e altri interrogativi che sorgevano e, con il passare del tempo senza che si avanzasse di un solo palmo, il caso fu prudentemente chiuso dalla polizia. Dopo due mesi nessuno parlava del crimine nell'ospedale neuropsichiatrico e sono pochi quelli che alcuni mesi più tardi ricordavano la sfortunata Belicena Villca. La routine giornaliera, il lavoro faticoso, i problemi quotidiani e inevitabili, tutto contribuisce a che l'uomo mondano, sommerso nel divenire del suo Destino, diventi impermeabile al dolore altrui o a quei fenomeni che non affettano permanentemente la sua realtà concreta. Io non sono l'eccezione alla regola e, riferito a tutto quello lì raccontato, sicuramente avrei dimenticato l'orribile crimine sotto la pressione degli obblighi della carriera medica, le attenzioni del consultorio o le lezioni di antropologia americana che seguo come corso terziario della postlaurea.

Dico "avrei dimenticato" perché la storia di Belicena Villca invase all'improvviso il mio mondo frastornandolo completamente; conducendomi fino al bordo dell'abisso demenziale nel quale lei soccombette. Come dissi, la polizia si disinteressò molto presto del crimine, dopo le dichiarazioni di rigore prestate nei giorni seguenti, non ci disturbarono più e la vita tornò al suo ritmo abituale. Il cadavere di Belicena Villca fu sottoposto ad autopsia, la quale solo servì per confermare quello che già sospettavamo: la morte fu occasionata da strangolamento con la corda bianca. Siccome non aveva parenti conosciuti, fu inviato un telegramma al suo unico visitante, un indio chahuanco che viveva, sembrava, nella Provincia di Tucumán; però al trascorrere un certo tempo senza che questi si presentasse, si procedette alla sepoltura dei resti in un cimitero locale. In quei giorni, alla metà di Gennaio, in piena estate del Nord, la mia unica preoccupazione consisteva nel pianificare le vacanze annuali che cominciavano il giorno venti e si estendevano fino alla fine di febbraio. Senza dubbio avrei avuto tempo per realizzare alcune escursioni e preparare gli esami da presentare a Marzo. Giustamente, in una visita che feci alla Facoltà di Antropologia di Salta per iscrivermi a un esame finale, incrociai il professor Pablo Ramirez, Dottore di prestigio in Filologia che conoscevo per aver assistito a uno dei suoi corsi di lingue amerindie. Al vederlo, mi venne in mente, immediatamente, di consultarlo: - Buongiorno Dott. Ramirez. Se non vi disturba perdere solo un momento mi piacerebbe chiedervi una cosa... - Buongiorno Dott. Arturo Siegnagel - rispose mentre inclinava cortesemente la testa calva, - Dica pure. - Vede Dott. Ramirez, qualche giorno fa è morta una paziente nell'ospedale neuropsichiatrico dove sono medico e, prima di morire, pronunciò una parola “quechua”, qualcosa come "pachachutquiy”; io traduco pacha = mondo, chutquiy = smembrare: ossia smembrare il mondo. Siccome questo non ha senso, mi piacerebbe che voi mi diceste se esiste qualche altro significato per questa parola. Cercavo di non dare informazioni sulla strana morte. Il professor Ramirez ascoltò la mia traduzione con visibile disappunto. - Di che parte era nativa la sua paziente? - Della Provincia di Tucumán; sembra che sempre abbia abitato nelle valli calchaquí, anche quando ultimamente aveva viaggiato al Nord, incluso in Perù e in Bolivia. Però di questi viaggi conosco molto poco infatti non ha mai accettato di commentarli. - Bene. - disse il dottor Ramirez con impazienza, - come voi sapete il Quechua ha molti dialetti; però, d'accordo all'affiliazione che mi avete dato, vi suggerisco di considerare quello seguente: sebbene pacha è il "Mondo", o la "Terra", come in pachamama = Madre Terra, in quechua santiagueño pacha vuol dire anche "Tempo". In questo dialetto, “chutquiy” è il verbo transitivo "dislocare", per cui la vostra parola significa "dislocare il tempo"; o "dislocazione del tempo", in un senso più attuale.

Devo confessare una sensazione di allarme mi invase mentre ascoltavo il vecchio professore, qualcosa di interiore, un istinto segreto, mi diceva gridando che se esisteva una spiegazione per l'assassinio di Belicena Villca, questa si trovava oltre la comprensione normale, in un ambito in cui sicuramente governavano leggi ignorate dagli uomini. Che era questa dislocazione del tempo se non un concetto oscuro, evasivo, che si resiste alla ragione però che conserva un legame evidente con l'omicidio? Come si capisce, se non accettando l'intervento dell'incomprensibile, il fatto che qualcuno o qualcosa possa entrare in una cella chiusa a chiave, perpetrare un assassinio e andarsene tranquillamente, lasciando dietro di sé la corda mortale, ossia, la prova della presenza inspiegabile? Sì, c'era in tutto questo come una negligenza calcolata, come se l'assassino volesse dare una minima dimostrazione del suo immenso e terribile potere in un’ostentazione di demenziale orgoglio. Visibilmente turbato, salutai il professor Ramirez e tornai sui miei passi, mentre una certezza si affermava, ogni momento di più, nel mio cervello: Belicena Villca sapeva che un pericolo mortale le tendeva un agguato quando gridava pachachutquiy, pachachutquiy.

Capitolo VI

Escudos de Provincias Argentinas.

La vicenda mi intrigava e, anche se avevo dubbi che si fosse andati avanti in qualcosa, decisi di reperire tutta l'informazione possibile sul crimine. Quando discutemmo con l'ufficiale Maidana sulla probabile affiliazione della corda ingioiellata, rimasi d'accordo di fornirgli alcune pubblicazioni massoniche per confermare la somiglianza, solo esteriore,

delle medaglie, con alcuni gioielli destinati a rituali di distinti gradi della detta organizzazione. Quella volta non pensavo di compiere detta promessa, che feci in un disperato tentativo per convincere la polizia del carattere rituale dell'assassinio, e vedendo che questi evadevano il problema e cercavano una soluzione razionale che, a mio giudizio, non esisteva. Adesso pensavo di avvalermi della promessa come scusa, per ottenere informazioni. Cercai i tre enormi volumi del Dizionario della Franc-Massoneria nella biblioteca dell'Università e mi diressi al Comando di Polizia. A Salta questa occupa un antico edificio coloniale vicino al Cabildo, di fronte alla piazza principale, fiorita e provinciale. Parcheggiai l'auto vicino a un parchimetro a vari isolati dalla mia destinazione e camminai per la Calle Belgrano in direzione del centro. All'arrivare alla chiesa del Sagrado Corazón, con il suo edificio vecchio di 300 anni, pensavo alla gioventù dell'America Bianca di fronte alla millenaria Europa; nonostante qui non si sia costruito niente più antico di 400 anni, ci intimoriscono le cose secolari, che sentiamo antiche e remote. Mi mancava solo di attraversare l'isolato dell'arco con le sue vecchie arcate centenarie, sotto le quali si può prendere un caffè e leggere un giornale o semplice mente contemplare le alte montagne lontane che circondano la valle di Lerma. Attraversai i vari corridoi dall'aspetto ombroso, fino a incontrare una porta coronata da una lastra la cui citazione appena permetteva leggere "Ufficio Generale di Investigazione", più in basso un altro cartello, di plastica, annunciava "Sub Commissario Maidana" "Bussare prima di entrare". Le cose andarono meglio di quello che mi fossi aspettato. Mentre l'ufficiale Maidana, con selvaggia allegria, esaminava i dizionari, nelle mie mani scivolavano febbrilmente i pochi fogli del caso designato: "Belicena Villca, omicidio intenzionale". Così, accompagnato dagli insulti che il poliziotto nazionalista lanciava quando qualcosa di quello che leggeva causava la sua furia, potei verificare quello che desideravo. Erano state praticate varie analisi alla corda omicida, che era rimasta distrutta in parte durante le prove. Una delle medaglie era stata "fusa" e il materiale sottomesso ad analisi di spettroscopia molecolare, citando le pagine della "relazione finale" e rimettendosi al "rapporto principale aggiunto, per qualsiasi discussione sulla interpretazione dello stesso." La conclusione era che, in relazione ai minerali e ai metalli che si trovarono nella lega dell’oro, questo avrebbe avuto come sicura origine un paese dell'Europa: la Spagna. Con più precisione si menzionava la zona del Rio Tinto, nella provincia di Huelva. - Cavaliere Kadosch!: Che cavolo vuol dire questo dottore?- Interruppe bruscamente la mia lettura l'ufficiale Maidana, che leggeva "Rituale del grado 30". - È una parola ebrea che significa " molto santo". Il titolo sarebbe "cavaliere molto Santo" dissi. L'ufficiale aveva gli occhi iniettati di sangue.

- Sergente Quiroga! - gridò - Venga a vedere quello che fanno i massoni. Il sergente arrivò correndo. Era un creolo robusto come un quebracho, però di evidente poco intelletto, che aggiunse ossequiosamente la sua voce al concerto di maledizioni che eseguiva l'ufficiale. Continuai a leggere il caso. Un pezzo della corda di pelo fu inviato al Laboratorio di Analisi Patologico della Facoltà di Medicina. Il rapporto emesso dall'università, indicava che il pelo era composto da capello umano, possibilmente di una donna; la sostanza usata per la tinta era semplicemente calce, alla quale era stato aggiunto qualche tipo di estratto vegetale acido per diminuirne l'alcalinità. Però la cosa più curiosa era che l'Università poteva certificare la razza alla quale apparteneva la donna alla quale erano stati tagliati i capelli fatali; la sezione ovale delle fibre pelose studiate, non dava luogo a dubbi: razza bianca. Le altre razze hanno un capello con la sezione rotonda, secondo gli specialisti. Questo era quasi tutto. C'erano le nostre dichiarazioni e il rapporto forense. Anche il rapporto dell'esercito, con la stessa storia già conosciuta, dove velatamente si suggeriva di non scavare molto. Seguivano documenti burocratici senza importanza, sulla sepoltura e altri aspetti delle investigazioni; però sul crimine in se stesso, non si era avanzato molto. Riassumendo: A - Impronte digitali: non erano presenti altre impronte a parte quelle della defunta e del personale dell'ospedale. B - Altra chiave: non risultava. C - Perizia della porta: indicò che i cardini erano intatti, come la serratura. Non erano presenti segni di forzatura con piede di porco o sbarre di nessun genere. D - Perito forense: morte per strangolamento. E - Perizia dell'arma omicida: corda fatta di capelli umani, tinta con fatta con calce. Medaglie d'oro spagnolo di significato sconosciuto. Nessuna parola sulla scomparsa della cartella e, apparentemente non si era considerato utile investigare le iscrizioni registrate nei gioielli. - Gli ebrei! - Gridava l'ufficiale, che leggeva l'articolo "Gesuita" dove c'era un quadro intitolato "La Compagnia di Gesù vista dalla Massoneria" nel quale si vede, tra innumerevoli simboli di tutti i tipi, il generale superiore dell'ordine gesuita seduto su una montagna di teschi, da dove incombe anche la croce di Cristo. Come un buon nazionalista cattolico si sentiva risentito, offeso personalmente, per la "perfidia" della Giudeo-Massoneria. Non credei conveniente chiarirgli che la Compagnia di Gesù creò, nel secolo XIX, il "Rito Massone dell’Arco Reale", il quale fu finalmente aggiunto al "Grande Oriente Inglese" del "Rito Scozzese Antico e Accettato", con il quale entrambe le organizzazioni stabilirono punti di contatto permanenti. Disgraziatamente la prova si presenta alla vista il giorno d'oggi, al considerare il marxismo aristocratico che sostengono i pensatori gesuiti. Sarebbe ridicolo ammettere l'esistenza di una Sinarchia

Internazionale e credere che la Chiesa Romana, organizzazione temporale, sia esente dal suo controllo. Però sarebbe stato inutile; l'ufficiale non avrebbe accettato questo ragionamento. Caricai i pesanti volumi e salutai il sub commissario Maidana. - Arrivederci ufficiale; se ha bisogno di me non deve fare altro che chiamare l’ospedale. - Addio dottore. La ringrazio per la collaborazione che mi ha offerto. -

Capitolo VII

Era venerdì e potevo riposare il fine settimana nella vecchia casa padronale di Cerrillos, un paese bellissimo che si trova a 18 km da Salta, sulla stessa strada che conduce a Cafayate, nel cuore delle valli calchaquí, e, più in là, a Santa Maria di Catamarca. Lì vivevano i miei genitori, già anziani e una sorella vedova con due bambini. La prospettiva di vederli e passare alcuni giorni con loro sempre mi riempiva di allegria; cosicché non deve impressionare nessuno se qualche ora più tardi, mentre guidavo l'automobile per una strada bordata di vigne, non pensassi più all'orribile crimine. Tuttavia, era scritto che la pace sarebbe stata breve: in meno di un'ora la mia vita si ridusse in brandelli e un futuro di Medico, Antropologo, Cattedratico, vale a dire un professionista completo, scomparve come probabile destino per me. Nella casa dei miei genitori mi aspettava la lettera di Belicena Villca e l'inizio della pazzia. Se solo non l'avessi letta! Quanto dolore, morte e conflitti causai ai miei cari per aver letto quella lettera e, cosa ancora più nefasta, aver creduto in quello che diceva! Con sicurezza, niente sarebbe successo nel non ricevere quella lettera! Quanto mi sarei pentito tre mesi dopo averle dato credito, in quello stesso luogo! Il lunedì seguente cominciavano le mie vacanze, e al ritornare in ospedale, a marzo, tutto sarebbe stato dimenticato. Non dovevo leggerla: questa fu la mia ultima opportunità di continuare a essere normale, come dire, comodamente e mediocremente normale, amato da tutti, rispettato da tutti, e, naturalmente, dal Buon Creatore! Sì, non è una bestemmia: il buon Dio creatore doveva essere orgoglioso di me: non interferivo per niente con i suoi grandiosi piani e contribuivo nella misura possibile al Bene comune. Che altro si poteva pretendere da un umile Medico Psichiatra di Salta? Ma ho paura che adesso che ho perso tutto, ho perso anche il favore del Creatore. Bisognerà leggere la lettera di Belicena Villca e conoscere il resto della storia per dissentire o essere d’accordo con me. Come ho detto, non avrei dovuto leggerla e tutto sarebbe continuato uguale. Però si sa che nella vita di certe persone esistono come trappole montate con attenzione: basta toccare una molla per innescare meccanismi irreversibili.

Capitolo VIII

Canuto, il cane pastore, si avvicinò correndo per festeggiare il mio arrivo, mentre facevo manovra con l'automobile e chiudevo il cancello. Mi mancavano ancora da percorrere altri duecento metri fino alla casa; feci salire Canuto sul sedile anteriore e accelerai. così da sempre; con una mano guidavo e con l'altra accarezzavo il vecchio cane durante questi duecento metri, che appartenevano solo a lui. Vidi avvicinarsi le figure de miei genitori, seduti sotto i Lapachos centenari (Lapacho = albero verdeggiante con splendidi fiori) e sentii le risate dei miei amati nipoti. Era la famiglia, una delle cose più belle che può concepire uno scapolo incallito come Me. - Buongiorno a tutti - scherzavo in italiano mentre scaricavo la valigia e cercavo i famosi dolci per i bambini. - Come vanno le vigne Papà ???? - Meglio che mai Arturo! C'è certa uva che è la gloria di Bacco! Però - a che ci serve tutta questa abbondanza se quest'anno non avremo la vendemmia? - ¡Oh Mein Gott! Questo governo porterà tutti alla rovina! Buono papà, calma, non ti devi avvelenare il sangue. Guarda, ha portato un regalo. Gli allungai la cassetta di Angelito Vargas e, mentre la mettevo nel mangiacassette portatile, assaggiai il Mate che curava mia sorella e faceva circolare silenziosamente di mano in mano. - Tieni figlio mio, cinque giorni fa è arrivata una raccomandata per te. L'abbiamo ritirata per poi fartela arrivare, però nessuno di noi veniva a Salta così è rimasta qui. Ci devi dare il tuo indirizzo della città; qualche volta può arrivare qualcosa di urgente qui e tu non ci sarai..., - Mamma continuava a sgridarmi mentre la voce di Angelito Vargas cantava il tango "a pane e acqua". Però io già non ascoltavo niente. Assorto nel mittente della pacchetto, dove chiaramente si leggeva Belicena Villca, il mio cuore sembrava essersi fermato. Il pacchetto conteneva la cartella e dentro una busta con un'estesa lettera, talmente lunga che, si direbbe, Belicena Villca impiegò tutto il suo tempo libero, per molti mesi, per scriverla. Qui di seguito la trascrivo senza togliere né aggiungere né una virgola, desidero che il lettore condivida in tutta la sua estensione, il mistero che si apriva davanti a me nel leggere quella incredibile missiva. La busta mostrava una leggenda, scritta a mano confine calligrafia: Dott. Arturo Siegnagel PRESENTE

Ruppi la busta febbrilmente e cominciai a leggere:

LIBRO SECONDO "La lettera di Belicena Villca"

Dott. Arturo Siegnagel: Innanzitutto desidero ringraziarvi per quanto avete fatto per me durante questo lungo anno in cui sono stata sua paziente. So che molte volte la vostra bontà vi ha portato a sorpassare i limiti della pura responsabilità professionale e mi avete dedicato più tempo e attenzione di quello che senza dubbio meritava la mia condizione di alienata: lo devo veramente ammettere, dottore, in più, come comprenderete al leggere questa carta, il mio recupero era praticamente impossibile. In ogni modo, la dea Pyrena saprà ricompensare giustamente i vostri sforzi. Sicuramente, quando questa lettera arriverà nelle vostre mani, io sarò morta: Loro non perdonano e Noi non chiediamo clemenza. Questa possibilità non mi preoccupa, giacché la Morte è, nel nostro caso, solo un'illusione, però capisco che per voi l'assenza sarà reale e per questo ho deciso di scrivervi. Sono cosciente che non mi crederete a priori ed è così che ho preso il rischio di inviare la presente al suo domicilio di Cerrillos. Si domanderà come ho fatto: corrompendo un'infermiera, che ha ottenuto l'indirizzo registrato nel fascicolo amministrativo e ha effettuato l'invio della corrispondenza. Vi chiedo di dimenticare questa mancanza di disciplina e di non indagare l'identità dell'infermiera poiché, se muoio, cosa probabile, la paura le farà chiudere la bocca, e, dall'altra parte, tenete presente che lei stava solo compiendo la mia ultima volontà. Adesso andrò al sodo, dottore: desidero chiedervi un ultimo favore; anzi, per essere giusta con voi, prima esporrò gli antecedenti di certi fatti. Penso che voi mi aiuterete, perché una Volontà, più potente di noi, vi ha messo sulla mia strada: chissà voi cercherete una risposta senza saperlo, chissà che in questa lettera non ci sia questa risposta. Se questo è vero, a meno che voi vi siate già reso cosciente del Grande Inganno, allora leggete attentamente quello che segue perché troverete alcune chiavi per orientarsi nel Cammino di Ritorno all'Origine. Ho scritto pensando a voi e sono stata chiara fin dove ho potuto, però sospetto che mi comprenderà perché voi portate visibilmente plasmato il Segno dell'Origine. Comincerò con l'informarvi che sono l'ultimo discendente di un antico lignaggio portatore di un Segreto Mortale, un Segreto che fu nascosto dalla mia famiglia durante secoli e che corse il pericolo di perdersi per sempre quando ci fu la scomparsa di mio figlio, Noyo Villca. Adesso non importa che i Golen mi uccidano perché l'obiettivo della mia Strategia è compiuto: sono riuscita a distrarli dietro i miei passi mentre Noyo portava a termine la missione. In verità, egli non fu sequestrato,ma viaggiava in direzione della Caverna di Parsifal, nella provincia di Cordoba, per trasportare fino a lì la Spada Saggia della Casa di Tharsis. Io partii repentinamente, in direzione opposta, con la consegna di coprire la missione di Noyo deviando su di me la persecuzione dei Golen. La Saggezza Iperborea mi aiutò, anche se niente potrebbe fare infine contro il potere delle loro diaboliche droghe, una delle quali mi fu somministrata abilmente in uno dei viaggi che feci alla provincia di

Jujuy. Dopo questo evento avvenne la cattura da parte dell'esercito e la storia che voi conoscete. Però tutto questo lo capirete con maggior chiarezza quando vi rivelerò, come mia eredità postuma, il Segreto familiare. Il segreto, in sintesi, consiste in questo: la famiglia ha mantenuto occulto, mentre scorrevano 14 generazioni americane, lo Strumento di un antico Mistero forse il più antico Mistero della Razza Bianca. Tale Strumento permette agli Iniziati Iperborei di conoscere l'Origine extraterrestre dello Spirito umano e acquisire la Saggezza sufficiente per ritornare all'Origine, abbandonando definitivamente il demenziale Universo della Materia e dell’Energia, delle Forme Create. Come giunse in nostro potere questo Strumento? In principio portato in America da un mio antenato Lito di Tharsis, che sbarcò in Colonia Coro nel 1534 e, pochi anni dopo, fondò il ramo tucumano della Stirpe. Però questo non risponde alla domanda in verità, per avvicinarsi alla risposta diretta, bisognerebbe tornare indietro di migliaia di anni, fino all'epoca dei Re del mio popolo, dei quali Lito di Tharsis era uno degli ultimi discendenti. Quel popolo, che abitava la penisola iberica fin da tempi immemorabili, lo chiamerò, per semplificare, "Iberico" da qui in avanti, senza che questo significhi aderire a nessuna moderna teoria antropologica o razziale: la verità è che poco si sa attualmente degli iberici perché tutto quello che a essi si riferisce, specialmente ai loro costumi e credenze, è stato sistematicamente distrutto o nascosto dai nostri nemici. Dunque, nell'Epoca in cui conviene cominciare a narrare questa storia, gli iberici si trovavano divisi in due bandi irreconciliabili, che si combattevano a morte mediante uno stato di guerra permanente e i motivi di questa ostilità non erano minori: si basavano nella pratica di due culti essenzialmente contrapposti, nell'adorazione di Dei Nemici. Perlomeno questo era quello che vedevano i membri dei popoli che combattevano attualmente. Tuttavia le cause erano più profonde e i membri della nobiltà governante, i Re e i comandanti, le conoscevano con sufficiente chiarezza. Secondo quello che si sussurrava nelle stanze più riservate delle corti, visto che si trattava di un segreto gelosamente custodito, era successo nei giorni successivi allo sprofondamento di Atlantide quando, procedenti dal mare occidentale, arrivarono ai continenti europeo e africano gruppi di sopravvissuti appartenenti a due Razze differenti: alcuni erano bianchi, somiglianti ai membri del mio popolo, gli altri avevano una pelle più scura anche se non erano completamente neri come gli africani. Questi gruppi, non molto numerosi, possedevano conoscenze incredibili, incomprensibili per i popoli continentali e poteri terribili, poteri che fino ad allora solo si concepivano come attributi degli Dei. Così, costò poco dominare i popoli che si trovavano sul loro cammino. E dico si "trovavano sul loro cammino" perché gli atlanti non si fermavano mai definitivamente in nessun luogo, ma avanzavano costantemente in direzione Est. Però tale marcia era molto lenta perché entrambi i gruppi dovevano risolvere un compito molto difficile, che richiedeva un grande sforzo e molto tempo, e, per risolvere il quale, serviva l'appoggio dei popoli nativi. In realtà, solo uno effettuava il compito più duro, infatti, dopo aver studiato ordinatamente il terreno, si dedicava a modificarlo in certi luoghi speciali mediante enormi costruzioni megalitiche: Menhir, Dolmen, Cromlechs, pozzi, montagne artificiali, caverne, ecc. Quel gruppo di "costruttori" era quello di Razza bianca e aveva preceduto nel suo avanzare il gruppo scuro. Quest'ultimo, in cambio, sembrava stare perseguendo il gruppo bianco infatti il loro muoversi era ancora più lento e il loro compito consisteva nel distruggere o alterare, mediante l'incisione di certi simboli, le costruzioni del gruppo bianco. Come dicevo, questi gruppi non si fermavano mai definitivamente in un

solo luogo ma, dopo aver concluso il loro compito, continuavano a muoversi in direzione Est. I popoli nativi ancora legati a primitivi concetti solari, non potevano ritornare mai più ai loro antichi costumi: il contatto con gli Atlanti li trasformava culturalmente; il ricordo dell'arrivo degli uomini semi divini provenienti dal mare occidentale non sarebbe stato dimenticato per millenni e dico questo per sollevare il caso improbabile in cui alcun popolo continentale fosse potuto rimanere indifferente dopo la loro partenza: realmente questo non poteva succedere perché la partenza degli Atlanti non fu mai brusca ma pianificata con attenzione, solo realizzata quando si aveva la sicurezza che, giustamente, i popoli nativi si sarebbero incaricati di compiere una "missione" che fosse di gradimento degli Dei. Per questo avevano lavorato pazientemente sulle menti duttili di certi membri delle caste governanti, convincendoli nella convenienza di convertirsi nei loro rappresentanti di fronte al popolo. Un'offerta tale sarebbe difficilmente rifiutata da chi detiene una minima vocazione per il potere, infatti significa che, per il popolo, il potere degli Dei è stato trasferito ad alcuni uomini privilegiati, ad alcuni dei loro speciali rappresentanti: quando il popolo ha visto una volta il potere, e ne registra la memoria, la sua assenza posteriore passa inavvertita se lì si trovano i rappresentanti del potere. Ed è noto che i reggenti del potere finiscono per essere i successori del Potere. Alla partenza degli Atlanti, perciò, sempre rimanevano i loro rappresentanti, incaricati di compiere e far compiere la missione che "piaceva agli dei". In che cosa consisteva quella missione, trattandosi del compromesso contratto con due gruppi tanto differenti quanto quello degli atlanti bianchi e scuri, non poteva riferirsi se non a due missioni essenzialmente opposte. Non descriverò qui gli obiettivi specifici di tali missioni perché sarebbe assurdo e incomprensibile per voi. Dirò, in cambio, qualcosa sulle forme generali con cui le missioni furono imposte ai popoli nativi. Non è difficile distinguere queste forme e, neanche, intuire i loro significati, se si osservano i fatti con l'aiuto della seguente coppia di principi. In primo luogo, bisogna avvertire che i gruppi di Atlanti sbarcati nei continenti dopo lo sprofondamento di Atlantide non erano semplici sopravvissuti di una catastrofe naturale, qualcosa come dei semplici naufraghi, ma uomini procedenti da una guerra spaventosa e totale: lo sprofondamento di Atlantide è, per il rigore della verità, solo una conseguenza, il finale di una tappa di sviluppo di un conflitto, di una Guerra Essenziale che cominciò molto tempo prima, nell'Origine extraterrestre dello Spirito umano e che ancora non si è conclusa. Quegli uomini, allora, agivano governati dalle leggi della guerra non effettuavano nessun movimento che contraddicesse i principi della tattica, che ponesse in pericolo la Strategia della Guerra Essenziale. La guerra essenziale è uno scontro di Dei, un conflitto che cominciò in Cielo e poi si estese alla Terra, coinvolgendo gli uomini al suo passaggio: nel teatro delle operazioni di Atlantide solo si liberò una battaglia della Guerra Essenziale; e nel quadro delle forze affrontate, i gruppi di Atlanti che ho menzionato, il bianco e l'oscuro, erano intervenuti come pianificatori o strateghi del loro rispettivo bando. Cioè, che essi non erano stati né comandanti né combattenti diretti nella Battaglia di Atlantide: nella guerra moderna le loro funzioni sarebbero le proprie degli "analisti dello stato maggiore"...; Salvo che quegli "analisti" non disponevano di computer elettronici elementari programmati con giochi di guerra come i moderni, ma uno strumento incomparabilmente più perfetto e temibile: il cervello umano specializzato fino all'estremo delle sue possibilità. In riepilogo, quando si produce lo sbarco continentale, una fase della guerra essenziale è terminata: i comandanti si sono ritirati ai loro posti di comando e i combattenti diretti, che sono sopravvissuti allo

sterminio comune, soffrono diversi tipi di sorte: alcuni cercano di raggrupparsi e avanzare in direzione dell'avanguardia che già non esiste, altri credono di essere stati abbandonati sul fronte della battaglia, altri scappano in disordine, altri finiscono per perdersi o dimenticano la Guerra Essenziale. Riassumendo, e impiegando adesso il linguaggio con cui gli Atlanti bianchi parlavano ai popoli continentali, "gli Dei avevano smesso di manifestarsi agli uomini perché gli uomini avevano fallito ancora una volta: non risolsero qui il conflitto, piantato a livello umano, lasciando che il problema tornasse al Cielo e affrontasse nuovamente gli Dei. Tuttavia gli Dei si erano scontrati per colpa dell'uomo, alcuni Dei volevano che lo Spirito dell'uomo ritornasse alla sua Origine, al di là delle stelle, mentre altri pretendevano di mantenerlo prigioniero nel Mondo della Materia". Gli Atlanti bianchi stavano con gli Dei che volevano liberare l'uomo dal Grande Inganno della Materia e affermavano che si era lottato recentemente per raggiungere questo obiettivo. Però l'uomo fu debole,defraudò gli Dei Liberatori e permise che la Strategia nemica ammorbidisse la sua volontà e lo mantenesse soggetto alla materia impedendo così che la strategia degli Dei Liberatori ottenesse di strapparlo dalla Terra. Quindi la battaglia di Atlantide si concluse e gli Dei si ritirarono nelle loro dimore, lasciando l'uomo prigioniero della terra perché non fu capace di comprendere la sua miserabile situazione né dispose delle forze sufficienti per vincere nella lotta per la sua libertà spirituale. Però essi non abbandonarono l'uomo; semplicemente, la Guerra ormai non si combatteva più sulla terra: un giorno, se l'uomo avesse reclamato volontariamente il suo posto in Cielo, gli Dei Liberatori sarebbero tornati con tutto il loro potere e una nuova opportunità di offrire Battaglia sarebbe stata sfruttata; sarebbe questa volta la Battaglia Finale, l'ultima opportunità prima che gli Dei ritornino definitivamente all'Origine, al di là delle stelle; nel frattempo, i combattenti diretti per la libertà dello Spirito che si riorientino nel teatro della guerra, quelli che ricordino la Battaglia di Atlantide, quelli che si sveglino dal Grande Inganno, o i cercatori dell'Origine, dovrebbero liberare sulla terra un durissimo combattimento contro le Forze Demoniache della Materia, cioè, contro forze nemiche spaventosamente superiori... e vincerle con una volontà eroica: solo così sarebbero ammessi nel "Quartier Generale degli Dei". In sintesi, secondo gli Atlanti bianchi, "una fase della Guerra Essenziale era finita", gli Dei si ritirarono alle loro dimore, i combattenti erano dispersi; però gli Dei sarebbero tornati: lo provava la presenza Atlante in quel luogo, costruendo e preparando la terra per la Battaglia Finale. In Atlantide, gli Atlanti scuri furono i Sacerdoti che propiziavano il culto agli Dei Traditori dello Spirito dell'uomo; gli Atlanti bianchi, al contrario, appartenevano a una Casta di Costruttori Guerrieri o Guerrieri Saggi, che combattevano dalla parte degli Dei Liberatori dello Spirito dell'uomo, insieme alla casta Nobile e Guerriera degli uomini rossi e gialli che nutrivano le file dei "combattenti diretti". Per questo gli Atlanti scuri tentavano di distruggere le loro opere: perché adoravano le Potenze della Materia e ubbidivano all'intenzione con la quale gli Dei Traditori incatenarono lo Spirito alla natura animale dell'uomo". Gli Atlanti bianchi provenivano dalla razza che la moderna antropologia denomina di "Cromagnon". 30.000 anni prima, gli Dei Liberatori, che allora governavano Atlantide, avevano raccomandato a questa razza una missione di principio, un incarico il cui compimento avrebbe dimostrato il loro valore e avrebbe aperto loro le porte della Saggezza: dovevano espandersi per tutto il mondo e sterminare l'uomo animale, l'ominide

primitivo della terra che solo possedeva corpo e anima, al quale però mancava lo spirito eterno, cioè,la razza che l'antropologia ha battezzato come "Neanderthal", oggi estinta. Gli uomini Cromagnon compirono con tanta efficacia questo compito, che furono ricompensati dagli Dei Liberatori con l'autorizzazione di raggrupparsi e abitare in Atlantide. Lì acquisirono in seguito il Magistero della Pietra e furono conosciuti come Guardiani della Saggezza Litica e Uomini di Pietra. Così, quando dico che "appartenevano a una casta di Costruttori Guerrieri", bisogna comprenderlo come "Costruttori in Pietra", "Guerrieri Saggi nella Saggezza Litica". E questo chiarimento è importante perché nella loro scienza solo si lavora con la pietra, vale a dire, tanto gli strumenti, come i materiali della loro scienza, consistevano in pietra pura, con esclusione esplicita dei metalli. "I metalli, avrebbero spiegato poi gli iberici, rappresentavano le potenze della materia e dovevano essere evitati con attenzione o manipolati con molta cautela". Al trasmettere l'idea che l'essenza del metallo era demoniaca, gli Atlanti bianchi cercavano evidentemente di infondere un tabù nei popoli alleati; tabù che, perlomeno nel caso del ferro, si mantenne durante varie migliaia di anni. Inversamente gli Atlanti scuri, senza dubbio per la loro particolare relazione con le Potenze della Materia, stimolavano i popoli che gli erano dipendenti a praticare la metallurgia e la gioielleria, senza restrizioni verso nessun metallo. Questo è il secondo principio che bisogna tener presente, dottor Arturo Siegnagel: gli Atlanti bianchi raccomandarono agli iberici che li avevano appoggiati nelle costruzioni megalitiche, una missione che si può riassumere nella seguente forma: proteggere le costruzioni megalitiche e lottare a morte contro gli alleati degli Atlanti scuri. Questi ultimi, nel frattempo, proposero agli Iberici che li appoggiavano, una missione che potrebbe formularsi così: "distruggere le costruzioni megalitiche; se questo non fosse possibile, modificare le forme delle pietre fino a neutralizzare la funzione delle costruzioni; se questo non fosse possibile, incidere nella pietra i segni archetipici della materia corrispondente con la funzione di neutralizzarle; se esso non fosse possibile, deformare almeno il significato bellico della costruzione convertendola in monumento funerario; ecc."; e: "combattere a morte gli alleati degli Atlanti bianchi". Come ho detto prima, in seguito all'imposizione di queste missioni gli Atlanti continuavano il loro lento avanzamento verso l'Est; i bianchi sempre seguiti a prudente distanza dagli scuri. È per questo che agli scuri ci vollero migliaia di anni per raggiungere Egitto, dove si accamparono e iniziarono una civiltà che durò altrettante migliaia di anni e nella quale officiarono nuovamente come sacerdoti delle Potenze della Materia. Gli Atlanti bianchi, intanto continuarono ad andare sempre in direzione Est, attraversando l'Europa e Asia per una larga striscia che confinava al Nord con le regioni artiche, e scomparendo misteriosamente alla fine della preistoria: tuttavia, dietro al loro passaggio, bellicosi popoli bianchi si sollevarono incessantemente, fornendo il meglio delle loro tradizioni guerriere e spirituali alla Storia di Occidente. In più, dove si dirigevano gli Atlanti bianchi? Alla città di K'Taagar o Agartha, un luogo che, conforme alle rivelazioni fatte al mio popolo, era il rifugio di alcuni degli Dei Liberatori, quelli che ancora rimanevano sulla terra aspettando l'arrivo degli ultimi combattenti. Quella ignota città era stata costruita sulla terra milioni di anni prima, nei giorni in cui gli Dei Liberatori arrivarono da Venus (Venere) e si fermarono su un continente che chiamarono Iperborea in ricordo alla Patria dello Spirito. In verità, gli Dei Liberatori affermavano provenire da "Iperborea", un Mondo Increato, cioè, Increato dal Dio creatore, esistente "al di là dell'Origine": l'Origine la chiamavano Thule e, secondo loro, Iperborea significava "Patria dello Spirito". Esisteva, così, un'Iperborea originale e

un'Iperborea terrestre; e un centro isotropico Thule, sede del Gral, che rifletteva l'Origine e che era tanto irraggiungibile quanto quest'ultimo. Tutta la Saggezza spirituale di Atlantide era un'eredità di Iperborea e per questo gli Atlanti bianchi chiamavano se stessi "Iniziati Iperborei". La mitica città di Catigara o Katigara, che figura, in tutte le mappe anteriori alla scoperta dell'America, "vicino alla Cina", non è altro che K'Taagar, la dimora degli Dei Liberatori, nella quale solo si permette di entrare agli Iniziati Iperborei o Guerrieri Saggi, vale a dire, agli Iniziati del Mistero del Sangue Puro. Finalmente, gli Atlanti partirono dalla penisola iberica. Come si assicurarono che le missioni imposte ai popoli nativi sarebbero state compiute in loro assenza? Mediante la celebrazione di un Patto con alcuni membri del popolo che avrebbero rappresentato il Potere degli Dei, un Patto che al non essere compiuto avrebbe messo a rischio qualcosa in più che la morte della vita: i collaboratori degli Atlanti scuri mettevano in gioco l'immortalità dell'anima, intanto che i seguaci degli Atlanti bianchi rispondevano con l'eternità dello spirito. Però entrambe le missioni, così come ho detto, erano essenzialmente differenti e anche gli accordi sui quali si fondavano, naturalmente, lo erano: quello degli Atlanti bianchi fu un Patto di Sangue, mentre quello degli Atlanti scuri consistette in un Patto Culturale. Sicuramente, dottor Siegnagel, questa lettera sarà molto lunga e dovrò scriverla durante vari giorni. Domani continuerò dal punto in sospeso del racconto e farò una breve parentesi per esaminare i due patti: è necessario, infatti, perché da lì sorgeranno le chiavi che le permetteranno di interpretare la mia storia personale.

Secondo Giorno

Comincerò dal Patto di Sangue. Lo stesso nome significa che gli Atlanti bianchi mescolarono il loro sangue con i rappresentanti dei popoli nativi, che erano anch'essi di Razza bianca, generando le prime dinastie di Re Guerrieri di Origine Divina: lo erano, come avrebbero affermato in seguito, perché discendevano dagli Atlanti bianchi, i quali a loro volta sostenevano di essere Figli degli Dei per cui i Re Guerrieri dovevano preservare questa eredità Divina appoggiandosi a un’Aristocrazia di Sangue e dello Spirito, proteggendo la loro purezza razziale: è quello che avrebbero fatto fedelmente durante millenni... Fino a che la Strategia nemica operando attraverso le Culture straniere riuscì ad accerchiarli o farli uscire di senno e li portò a rompere il Patto di Sangue. E quella mancanza nell'impegno con i Figli degli Dei fu, come voi vedrete in seguito dottor, causa di grandi mali. Senza dubbio, il Patto di Sangue comprendeva qualcosa in più dell'eredità genetica. In primo luogo c'era la promessa della Saggezza: gli Atlanti bianchi avevano assicurato ai loro discendenti e futuri rappresentanti, che la lealtà alla missione sarebbe stata ricompensata dagli Dei Liberatori con la Più Alta Saggezza, quella che permetteva allo Spirito di ritornare all'Origine, al di là delle stelle. Vale a dire, che anche i Re Guerrieri e i membri dell'Aristocrazia di Sangue, si sarebbero convertiti in Guerrieri Saggi, in Uomini di Pietra, come gli Atlanti Bianchi,solamente compiendo la missione e rispettando il Patto di Sangue; al contrario, dimenticarsi della missione o il tradimento del Patto di Sangue

avrebbero portato gravi conseguenze: non si trattava di un "castigo degli Dei" né di qualcosa di simile, ma di perdere l'eternità, cioè, di una caduta spirituale irreversibile, ancora più terribile di quella che aveva incatenato lo Spirito alla Materia. "Gli Dei Liberatori, secondo la particolare descrizione che gli Atlanti bianchi presentavano ai popoli nativi, non perdonavano né castigavano per i loro atti; e neanche giudicavano infatti si trovavano al di là della Legge; i loro sguardi solo miravano allo Spirito dell'uomo, o a quello che c'era in esso di spirituale, alla sua volontà di abbandonare la materia; chi amava la Creazione, ci desiderava rimanere soggetto al dolore e alla sofferenza della vita animale, quelli che, per sostenere queste illusioni o altre simili, dimenticavano la missione o tradivano il Patto di Sangue, non avrebbero affrontato, no, nessun 'castigo': solo la sicura perdita dell'eternità... a meno che si considerasse un castigo l'implacabile indifferenza che gli Dei Liberatori esibiscono verso tutti i Traditori". Con rispetto alla Saggezza, i popoli nativi ricevevano in tutti i casi una prova diretta che era possibile acquisire una conoscenza superiore, un'evidenza concreta e significava più delle incomprensibili arti impiegate nelle costruzioni megalitiche: e questa prova innegabile, che poneva i popoli nativi in cima a qualunque altro popolo che non avesse trattato con gli Atlanti, consisteva nella comprensione dell'Agricoltura e della forma di addomesticare e governare le popolazioni animali utili all'uomo. In effetti, alla partenza degli Atlanti bianchi, i popoli nativi contavano per sostenersi nella loro posizione e compiere la missione, sul potente aiuto dell'Agricoltura e dell'Allevamento, senza dare importanza a quello che fossero stati prima: raccoglitori, cacciatori o semplici guerrieri saccheggiatori. Il recinto magico dei campi, il tracciato delle città fortificate, doveva realizzarsi nella terra per mezzo di un aratro di pietra che gli Atlanti bianchi lasciavano in eredità ai popoli nativi a tale scopo: si trattava di uno strumento litico disegnato e costruito da Essi, dal quale non dovevano mai separarsi e il quale solo avrebbero impiegato per fondare i settori agricoli e urbani nella terra occupata. Naturalmente, questa era una prova della Saggezza però non la Saggezza in se stessa. E cosa della Saggezza? Quando si sarebbe ottenuta la conoscenza che permetteva allo Spirito di viaggiare al di là delle stelle? Individualmente dipendeva dalla volontà impiegata nel ritornare all'Origine; il combattimento contro le Potenze della Materia sarebbe dovuto essere risolto, in questo caso, personalmente: esso avrebbe costituito un'impresa dello Spirito e sarebbe stato tenuto in alta considerazione dagli Dei Liberatori. Collettivamente, in cambio, la Saggezza della Liberazione dello Spirito, quella che avrebbe reso possibile la partenza di tutti i Guerrieri Saggi in direzione di K'Taagar e, da lì, verso l'Origine, solo si sarebbe ottenuta quando il teatro delle operazioni della Guerra Essenziale si fosse trasferito nuovamente alla Terra: allora gli Dei Liberatori sarebbero tornati a manifestarsi agli uomini per condurre le Forze dello Spirito nella Battaglia Finale contro le Potenze della Materia. Fino ad allora, i Guerrieri Saggi dovranno compiere efficacemente la missione e prepararsi per la Battaglia Finale: e in questo momento quando fossero convocati dagli Dei per occupare il loro posto nella Battaglia, toccherebbe a tutto l'insieme dei Guerrieri Saggi dimostrare la Saggezza dello Spirito. Così come affermavano gli Atlanti bianchi, questo sarebbe stato inevitabile se i popoli nativi compivano la loro missione e rispettavano il Patto di Sangue poiché, "allora", la Massima Saggezza avrebbe coinciso con la Più Forte Volontà di ritornare all'Origine, con il Maggiore Orientamento in direzione dell’Origine, con il Più Alto Valore risolto a combattere contro le Potenze della Materia e con la Massima Ostilità Spirituale verso il non spirituale.

Collettivamente, infatti, la massima Saggezza si sarebbe rivelata alla fine, durante la Battaglia Finale, in un momento in cui tutti i Guerrieri Saggi avrebbero riconosciuto simultaneamente (Come?) l'opportunità, riconosciuta direttamente attraverso il Sangue Puro, in una percezione interiore, o mediante la "Pietra di Venus". Ai Re Guerrieri di ogni popolo alleato, vale a dire, ai loro discendenti, gli Atlanti bianchi lasciarono in eredità anche una Pietra di Venus, gemma somigliante a uno smeraldo della dimensione del pugno di un bambino. Quella pietra, che era stata portata sulla Terra dagli Dei Liberatori, non era sfaccettata in alcun modo ma finemente levigata e mostrava in un settore della superficie una leggera concavità nel cui centro si osservava il Segno dell'Origine. D'accordo con quello che gli Atlanti bianchi rivelarono ai Re Guerrieri, prima della caduta dello Spirito extraterrestre nella Materia, esisteva sulla Terra un animaleuomo estremamente primitivo, figlio del Dio Creatore di tutte le forme materiali: quell’animale-uomo possedeva essenza animica, voglio dire, un'Anima capace di raggiungere l'immortalità, però non disponeva dello Spirito eterno che caratterizzava gli Dei Liberatori o il proprio Dio Creatore. Tuttavia, l'animale-uomo era destinato a ottenere un alto grado evolutivo di conoscenza riguardo all'Opera del Creatore, conoscenza che si riassumeva nel Segno del Serpente; in altre parole, il serpente rappresentava la più alta conoscenza per l'animale uomo. Dopo essere stato protagonista del Mistero della Caduta, lo Spirito rimase incorporato all'animale-uomo, prigioniero della Materia e della necessità della sua liberazione. Gli Dei Liberatori, che in questo si mostrarono tanto terribili quanto il maledetto Dio Creatore Schiavizzatore degli Spiriti, consideravano solamente, come si è detto, coloro i quali disponevano della volontà di ritornare all’Origine ed esibivano orientamento in direzione dell'Origine; a questi Spiriti valorosi, gli Dei dicevano: "hai perso l'Origine e sei prigioniero del serpente: con il Segno dell'Origine, comprendi il serpente e sarai nuovamente libero nell'Origine" Pertanto, la Saggezza consisteva nel comprendere il Serpente, con il Segno dell'Origine. Da qui l'importanza dell'eredità che gli Atlanti bianchi concedevano per il Patto di Sangue: il Sangue Puro, sangue degli Dei e la Pietra di Venus, nella cui concavità si osservava il Segno dell'Origine. Quest'eredità, senza alcun dubbio, poteva salvare lo Spirito se "con il Segno dell'Origine si comprendeva il serpente", così come ordinavano gli Dei. Però concretizzare la Saggezza della Liberazione dello Spirito non sarebbe stato compito facile infatti nella Pietra di Venus non era plasmato in nessun modo il Segno dell'Origine:sopra di essa, nella sua concavità, solo si poteva "osservare". Lo vedeva solamente chi rispettava il Patto di Sangue poiché, in verità, quello che esisteva come eredità Divina degli Dei era un Simbolo dell'Origine contenuto nel Sangue Puro: il Segno dell'Origine, osservato nella Pietra di Venus, era solo un riflesso del Simbolo dell'Origine presente nel Sangue Puro dei Re Guerrieri, dei Guerrieri Saggi, dei Figli degli Dei, degli Uomini Semi Divini che, insieme a un corpo animale e a un'Anima materiale, possedevano uno Spirito Eterno. Se si tradiva il Patto di Sangue, se il sangue diventava impuro, allora il Simbolo dell'Origine si sarebbe debilitato e già non sarebbe potuto essere visto il Segno dell'Origine nella concavità della Pietra di Venus: si sarebbe persa così la possibilità di "comprendere il serpente", la massima Saggezza, e con quello l'opportunità, l'ultima opportunità, di incorporarsi alla Guerra Essenziale. Al contrario, se si rispettava il Patto di Sangue, se si conservava il Sangue Puro, allora la Pietra di Venus sarebbe potuto essere dominata con giustizia "specchio del Sangue Puro"

e quelli che avessero osservato su di essa il Segno dell'Origine sarebbero diventati "Iniziati nel Mistero del Sangue Puro", veri Guerrieri Saggi. Gli Atlanti bianchi affermavano che il loro avanzare continentale era guidato direttamente da un Grande Comandante Bianco che chiamavano Navutan . Questo comandante che solo essi vedevano e al quale dispensavano un profondo rispetto e venerazione, aveva la fama di essere quello che rivelò agli stessi Atlanti bianchi il Segno dell'Origine. La Pietra di Venus, lo Specchio del Sangue Puro, permetteva giustamente di ricevere al di fuori un riflesso del Simbolo dell'Origine: però quel riflesso, il Segno dell'Origine, non poteva essere comunicato né attraverso l'iniziazione né attraverso nessun'altra funzione sociale se nel recettore non era presente l'eredità del Simbolo dell'Origine. Anche fra gli Atlanti bianchi ci fu un tempo in cui solamente pochi, individualmente, riuscivano a conoscere il Simbolo dell'Origine. La difficoltà risiedeva nell'impossibilità di stabilire una corrispondenza fra il creato e lo Increato. Infatti, le Pietre di Venus erano state modificate strutturalmente dagli Dei Liberatori perché compissero la loro funzione. Con il proposito di risolvere questo problema e di dotare la loro Razza della Più Alta Saggezza, maggiore persino della Saggezza Litica da essi conosciuta, Navutan era sceso al Inferno. Perlomeno questo era quello che raccontavano gli Atlanti bianchi. Qui, lottò contro le Potenze della Materia però non riuscì a obbligarle a riflettere il Simbolo dell'Origine in modo che fosse visto da tutti i membri della sua Razza. A quanto pare fu Frya, la sua Divina Consorte, che risolse il problema: riuscì a manifestare il Segno dell'Origine mediante la danza. Tutti i movimenti della danza procedono dal movimento degli uccelli, dai loro Archetipi. La scoperta di Freya permise a Navutan di comprendere il Segno dell’Origine con la Lingua degli Uccelli e manifestarlo nello stesso modo. In più questa non era una lingua composta da suoni ma da movimenti significativi che realizzavano certi uccelli nell'insieme, specialmente i trampolieri, come l’airone o la gru e i gallinacei come la pernice, il pavone e il fagiano: secondo Navutan , per comprendere il Segno dell'Origine erano necessarie esattamente "tredici più tre Vrune", cioè, un alfabeto di 16 segni denominati Vrune o Varune. Grazie a Navutan e Frya, gli Atlanti bianchi erano Aruspici (de ave spicere), vale a dire, che avevano il talento di comprendere il Segno dell'Origine osservando il volo degli uccelli: la Lingua degli Uccelli rappresentava, per loro, una vittoria parziale dello Spirito contro le Potenze della Materia. Questa in sintesi sarebbe la Saggezza di Navutan : chi avesse capito l'alfabeto di sedici Vrune avrebbe compreso la Lingua degli Uccelli. Chi avesse capito il Segno dell'Origine avrebbe compreso il serpente. E chi avesse capito il serpente, con il Segno dell'Origine, avrebbe potuto essere libero nell'Origine. È chiaro che gli Atlanti bianchi non confidavano nella permanenza della Lingua degli Uccelli, la quale, nonostante tutto, era trasmessa ai loro discendenti del Patto di Sangue. Prevedevano che, al trionfare il Patto Culturale degli Atlanti scuri, la lingua sacra sarebbe stata prontamente dimenticata dagli uomini; in questo caso, l'unica garanzia del fatto che almeno qualcuno individualmente sarebbe riuscito a vedere il Segno dell'Origine, era costituita dalla Pietra di Venus. Con grande successo, basarono su di essa l'esito della missione. Così, quando gli Atlanti bianchi si separarono dai miei Antenati, dottor Siegnagel, essi suggerirono un modo adeguato per assicurare il compimento della

missione. Prima di tutto si sarebbe dovuto rispettare senza eccezioni il Patto di Sangue e mantenere, per quello, un'Aristocrazia di Sangue Puro. In questa Aristocrazia, che cominciava con i discendenti degli Atlanti bianchi, erano già stati selezionati i primi Re e le Guerriere Sagge che avrebbero custodito l'Aratro di Pietra e la Pietra di Venus: in effetti, al principio ogni popolo fu diviso per gradi di parentela in tre gruppi, ognuno dei quali aveva il diritto di usare gli strumenti litici e contribuiva, per la sua custodia comune, con una Guerriera Saggia; esse conservavano gli strumenti nell'internodi una grotta segreta e, quando dovevano essere utilizzati, erano trasportati dalle tre cose insieme; i tre gruppi del popolo, naturalmente, ubbidivano a uno stesso Re; con il passare dei secoli, come esporrò in seguito, la triplice divisione del popolo fu dimenticata, anche se perdurò per molto tempo il costume di confidare la custodia degli strumenti litici alle Tre Guerriere Sagge o Vraya. In considerazione di questo, tutti i Re e i Nobili di Sangue sarebbero stati Iniziati al Mistero del Sangue Puro: l'iniziazione sarebbe stata ai 16 anni,quando si affrontava la Pietra di Venus e si provava a osservare in essa il Segno dell'Origine. Chi avesse potuto osservarlo avrebbe disposto in quello stesso momento della Saggezza sufficiente per realizzare l'auto liberazione dello Spirito e partire in direzione dell'Origine. In più, se il Guerriero Saggio era un Re, o un Eroe che desiderava posporre la propria libertà spirituale in nome della liberazione della Razza, due sarebbero stati i passi da seguire. Il primo consisteva nel compiere l'ordine degli Dei Liberatori e "comprendere il serpente con il Segno dell'Origine", comunicando poi la Saggezza raggiunta ai restanti Iniziati. Una volta visto il Segno dell'Origine, il secondo passo dell'iniziato esigeva di non distogliere l'attenzione dalla Pietra di Venus perché in essa, nella sua concavità, un giorno si sarebbe visto il Segnale Litico di K'Taagar, ovvero, un'immagine avrebbe segnalato il cammino in direzione della Città degli Dei Liberatori. Questo principio avrebbe dato luogo a un segreta istituzione tra gli iberici, della quale parlerò molto successivamente, quella del Noyo e della Vraya, corpi di iniziati consacrati a custodire sempre e dovunque la Pietra di Venus e aspettare la manifestazione del Simbolo dell'Origine. Fu così che i discendenti o alleati degli Atlanti bianchi, che eseguivano il passo nella comprensione del serpente e la rappresentavano ora come la forma reale del rettile, ora astrattamente con la forma della spirale, furono universalmente presi per adoratori dei serpenti. Tale confusione fu impiegata malignamente per attribuire ai Guerrieri Saggi azioni e intenzioni oscure, con questo proposito il Nemico associò il serpente con le idee che più timore o ripugnanza causano nei popoli ignoranti della Terra: la notte, la luna, le forze demoniache, tutto quello che è strisciante o sotterraneo, l'occulto,ecc. in questo modo, mediante la volgarizzazione calunniosa e malintenzionata dei loro atti, giacché nessuno, tranne gli iniziati conosceva l'esistenza della Pietra di Venus e del Segno dell'Origine, si riuscì a incolpare i Guerrieri Saggi di Magia Nera, vale a dire, delle arti magiche più volgari quelle praticate con il concorso delle passioni del corpo e dell'Anima: curioso paradosso! Gli Iniziati del Ministero del Sangue Puro accusati di Magia Nera e umanità! Giustamente Loro i quali, per comprendere il serpente, simbolo totale della conoscenza umana, esistevano al di fuori dell'ambito umano.

Terzo Giorno

Il Patto Culturale sul quale gli Atlanti scuri basavano la loro alleanza, dal canto suo, era essenzialmente differente dal Patto di Sangue. Quell'accordo si fondava sul sostegno perpetuo di un Culto. Per maggior chiarezza, il fondamento dell'alleanza era costituito dalla fedeltà indeterminabile a un Culto rivelato dagli Atlanti scuri; il Culto esigeva l'adorazione incondizionata da parte dei membri dei popoli nativi verso un Dio e al compimento della Sua Volontà, che si sarebbe manifestata attraverso i suoi rappresentanti, la casta sacerdotale formata e istruita dagli Atlanti scuri. Non deve interpretarsi con questo che gli Atlanti scuri iniziavano i popoli nativi al culto del loro proprio Dio, infatti Essi affermavano di essere l'espressione terrestre di un Dio, che era il Dio Creatore dell’Universo; essi, dicevano, erano consustanziali (che hanno una sola e medesima natura e sostanza) con Dio e avevano un altro proposito da compiere sulla Terra, a parte distruggere l'opera degli Atlanti bianchi: la missione consisteva nel creare una grande civiltà dalla quale sarebbe nato, al Finale dei Tempi, un Popolo Eletto da Dio, anch'esso consustanziale con Dio, al quale sarebbe stato concesso di regnare su tutti i popoli della Terra;alcuni"Angeli", che i maledetti Atlanti bianchi denominavano "Dei Traditori dello Spirito", appoggiavano, al contrario, il Popolo Eletto con tutto il loro Potere; ma era scritto che quella Sinarchia non avrebbe potuto concretizzarsi senza l'espulsione dalla Terra dei nemici della Creazioni, i quali osavano rivelare agli uomini i Piani di Dio, in modo che essi si ribellassero e separassero dai Suoi progetti; sarebbe arrivata allora la sostanziale battaglia Finale fra i Figli della Luce e i senza Figli delle Tenebre, vale a dire, a quelli che adorasse Dio Creatore con il cuore e coloro i quali comprendessero il serpente con la mente. Riassumendo gli Atlanti scuri, che "erano l'espressione di Dio", non proponevano se stessi come oggetto del Culto né esponevano ai popoli nativi la loro concezione di Dio, la quale si sarebbe ridotta a una "Auto-visione" nella quale il Dio Creatore sperimenta dalla sua manifestazione attraverso gli Atlanti scuri: in cambio, rivelavano ai popoli nativi il Nome e l'Aspetto di alcuni Dei celestiali, che non erano altra cosa che differenti Volti del Dio Creatore, altre manifestazioni di Lui in Cielo; gli astri del firmamento e ogni tipo di corpo celeste visibile o invisibile, rappresentava questi Dei. A seconda della particolare psicologia del popolo nativo, sarebbe stato, allora, il Dio rivelato: ad alcuni, più primitivi, sarebbe stato mostrato Dio come il sole, la luna, un pianeta o una stella o una determinata costellazione; ad altri, più evoluti, sarebbe stato detto che in questo o in quell’astro risiedeva il Dio nel suo Culto. In questo caso, erano autorizzati a rappresentare Dio mediante un feticcio o idolo che simboleggiasse il Volto occulto, quello con il quale i sacerdoti lo percepivano nella Sua residenza astrale. In ogni caso, che Dio fosse un astro, che esistesse dietro un astro, che si manifestasse nel mondo circostante, nella Creazione intera, negli Atlanti scuri o qualunque altra casta sacerdotale, il materialismo di somigliante concezione è evidente: nel poco tempo che si approfondisce il nesso, risulterà evidente la materia, inserita sempre come estremo reale della Creazione, se non come la sostanza stessa di Dio, costituendo il riferimento naturale degli Dei, il supporto essenziale dell'esistenza Divina. È innegabile che gli Atlanti scuri adoravano le Potenze della Materia infatti tutto quello che per loro era sacro, quello per esempio che segnalavano ai popoli nativi del Culto, si fondava sulla materia. In effetti, la santità che si otteneva dalla pratica sacerdotale

procedeva da un'inesorabile santificazione del corpo e dei corpi. E il Potere conseguente, dimostrante la superiorità sacerdotale, consisteva nel dominio delle forze della natura o, in ultima istanza, di forza. Tuttavia, le forze in campo non erano altro che manifestazioni degli Dei: le forze emergevano dalla materia o si dirigevano a essa e la sua formazione è equivalente alla sua deificazione. Cioè: il Vento, il Fuoco, il Lampo, la Luce, non potevano essere altro che Dei o la Volontà degli Dei; il dominio delle forze era, così, una comunione con gli Dei. Per questo la più alta santità sacerdotale, quella che si mostrava con il dominio dell'Anima, fosse questa concessa come corpo o come forza, significava inoltre la più spregevole sottomissione alle Potenze della Materia. Il movimento degli astri denotava l'atto degli Dei: i Piani Divini si sviluppavano con tali movimenti nei quali ogni ritmo, periodo o ciclo, aveva un significato decisivo per la vita umana. Pertanto, gli Atlanti scuri divinizzavano il Tempo sotto forma di cicli astrali o naturali e trasmettevano ai popoli nativi la credenza nelle Ere o nel Grande Anno: durante un Grande Anno si concretizzava una parte del Piano che gli Dei avevano tracciato per l'uomo, il suo destino terrestre. L'ultimo Grande Anno, che sarebbe durato circa 26.000 anni solari, sarebbe cominciato migliaia di anni prima quando il Cigno del Cielo si avvicinò alla Terra e gli uomini di Atlantide videro discendere il dio Sanat: veniva per essere il Re della Mondo, inviato dal Dio Sole Ton, il Padre degli Uomini, Colui che è Figlio del Dio Cane Sin. Gli Atlanti scuri glorificavano il momento in cui Sanat arrivò sulla Terra diffondevano fra i popoli nativi il Simbolo del Cigno come segnale di quel ricordo primordiale: da lì in poi il Simbolo del Cigno e in seguito quello di qualunque uccello con piede palmato, sarebbe stato considerato universalmente come l'evidenza del fatto che un popolo nativo determinato avesse concordato il Patto Culturale; vale a dire che, anche se il Dio al quale rendevano Culto i popoli nativi fosse differente, Beleno, Lug, Bran, Proteo, ecc..., l'identificazione comune con il Simbolo del Cigno tradiva l'istituzione del Patto Culturale. Successivamente, dopo la partenza degli Atlanti, la lite fra i popoli nativi si simbolizzò come una lotta fra il Cigno e il Serpente, poiché il conflitto era fra i sostenitori del Simbolo del Cigno e coloro i quali "comprendevano il Simbolo del Serpente"; naturalmente, il significato di questa allegoria fu conoscenza solamente degli Iniziati. Il Dio Sanat si installò sul Trono degli Antichi Re del Mondo, esistente da milioni di anni prima nel Palazzo Korn dell'Isola Bianca Gyg, conosciuta in seguito in Tibet come Chang Shambalá o Dejung. Lì disponeva per governare del concorso di inconfutabili Anime, poiché l'Isola Bianca si trovava nella Terra dei Morti: infatti, all'Isola Bianca solo arrivavano le Anime dei Sacerdoti, di coloro i quali in tutte le Epoche avevano adorato il Dio Creatore. Il Re del Mondo presiedeva una Fraternità Bianca o Fratellanza Bianca integrata dai Sacerdoti più Santi, vivi o morti, e appoggiata nella sua azione sull'umanità dal Potere di quei misteriosi Angeli, i Seraphim Nephilim, che gli Atlanti bianchi denominavano Dei Traditori dello Spirito dell’Uomo: d'accordo con gli Atlanti bianchi, i Seraphim Nephilim,solo sarebbero stai 200, però il loro Potere era talmente grande, che governavano su tutta la Gerarchia Occulta della Terra; contavano, per esercitare tale Potere, sull'autorizzazione del Dio Creatore e i Sacerdoti e Iniziati del Patto Culturale ubbidivano loro ciecamente, e formavano le file della "Gerarchia Occulta" o "Gerarchia Bianca" della Terra. Riassumendo, a Chang Shambalà, sull'Isola Bianca, esisteva la Fraternità Bianca, alla cui testa c'erano i Seraphim Nephilim e il Re del Mondo. Bisogna chiarire che il "biancore" nominato in riferimento all'Isola Mansione del Re della Mondo o alla Fraternità, non si riferiva a una qualità razziale dei suoi abitanti o integranti,

ma alla luminosità che invariabilmente essi possedevano rispetto al resto degli uomini. La sostanziale Luce, in effetti, era la cosa più Divina, che fosse la luce interiore, visibile dagli occhi dell'Anima o, la luce solare, che sosteneva la vita ed era percepita con i sensi del corpo: e questa devozione mostrava, ulteriormente, il materialismo metafisico che sostenevano gli Atlanti scuri. Secondo loro, nella misura in cui l'Anima evolveva e si elevava in direzione del Dio Creatore, "aumentava la sua luce", cioè, aumentava la sua idoneità per ricevere e dare luce, fino a convertirsi in luce pura: naturalmente questa luce era una cosa creata da Dio, vale a dire, una cosa finita, il limite della perfezione dell'Anima, limite che non sarebbe potuto essere superato senza contraddire i Piani di Dio, senza cadere nell'eresia più abominevole. Gli Atlanti bianchi, contrariamente, affermavano che nell'Origine, aldilà delle stelle, esisteva una Luce Increata che solo poteva essere vista dallo Spirito: questa luce infinita era impercettibile per l'Anima. Eppure, anche se invisibile, di fronte ad essa l'anima si sentiva come dinnanzi all'oscurità più impenetrabile, un abisso infinito che la faceva precipitare in un terrore incontrollabile: questa cosa si doveva al fatto che la Luce Increata dello Spirito trasmetteva al anima l'intuizione sulla morte eterna nella quale essa, come tutte le cose create, avrebbe terminato la sua esistenza al finale di un super "Grande Anno" di manifestazione del Dio creatore, una "Mahamanvantara". In conclusione questo " biancore" della Fratellanza alla quale appartenevano gli Atlanti scuri non proveniva dal colore della pelle dei loro integranti ma dalla "luce" delle loro Anime: la Fratellanza Bianca non era razziale ma religiosa. Le loro fila erano formate solo di Sacerdoti Iniziati, i quali occupavano sempre una "posizione giusta" d'accordo con la loro devozione e obbedienza agli Dei. Il sangue dei vivi era per loro di valore relativo: se con la sua purezza si poteva mantenere unito un popolo nativo alleato, allora bisognava conservarla; però, se la protezione del Culto richiedeva la mescolanza di sangue con un altro popolo, allora poteva degradarsi senza problemi. Il Culto sarebbe stato l'asse dell'esistenza del popolo nativo e tutto sarebbe stato subordinato in importanza adesso; tutto, alla fine, doveva essere sacrificato per il Culto: in primo luogo il Sangue Puro dei popoli alleati agli Atlanti bianchi. Era parte della missione, un'obbligazione del Patto Culturale: il Sangue Puro sparso rallegrava gli Dei ed Essi ne reclamavano l'offerta. Per questo i Sacerdoti Iniziati dovevano essere Sacrificatori del Sangue Puro, dovevano sterminare i Guerrieri Saggi o distruggere la loro eredità genetica, dovevano neutralizzare il Patto di Sangue. Fin qui ho descritto le principali caratteristiche dei due Patti. Non posso evitare di impiegare concetti oscuri e poco abituali però dovrà comprendere, stimato dottore, che mi manca il tempo necessario per entrare in maggiori dettagli, però, prima di continuare con la storia del mio popolo e della mia famiglia, farò un commentario sulle conseguenze che le alleanze con gli Atlanti portarono ai popoli nativi. Se in qualcosa eccelsero nella Storia le caste sacerdotali formate dagli Atlanti scuri, a parte il fanatismo e la crudeltà, fu nell'arte dell’inganno. Fecero, letteralmente, qualunque sacrificio se questo contribuiva alla preservazione del Culto: il compimento della missione, quest'Alto Proposito che avrebbe soddisfatto la Volontà degli Dei, giustificava tutti i mezzi impiegati e li convertì in maestri dell'inganno. E allora non deve meravigliare il fatto che molte volte simulassero di essere Re, o si facessero scudo dietro Re e Nobili, se esso

favoriva i loro piani; però questo non deve confondere nessuno: Re, Nobili o Signori, se i loro atti miravano a mantenere un Culto, se professavano devota sottomissione agli Dei delle Potenze della Materia, se versavano Sangue Puro o procuravano di degradarlo, se perseguitavano i Saggi o affermavano l'eresia della Saggezza, indubbiamente si trattava di Sacerdoti camuffati, anche se le loro funzioni sociali mostravano il contrario. Il principio per stabilire l'affiliazione di un popolo alleato degli Atlanti consiste nell'opposizione fra il Culto e la Saggezza: il sostegno di un Culto alle Potenze della Materia, a Dei che si posizionano al di sopra dell'uomo e approvano la sua miserabile esistenza terrena, a Dei Creatori o Determinatori del Destino dell'uomo, colloca automaticamente i suoi officianti nel contesto del Patto Culturale, siano o no i Sacerdoti alla vista. Viceversa, gli Dei degli Atlanti bianchi non richiedevano nessun Culto né Sacerdoti: parlavano direttamente nel Sangue Puro dei Guerrieri ed essi, giustamente,all'ascoltare le Loro Voci, diventavano Saggi. Essi non erano venuti per confinare l'uomo nella sua disprezzabile condizione di schiavo sulla Terra ma a incitare lo Spirito umano alla ribellione contro il dio Creatore della prigione materiale e a recuperare la libertà assoluta nell'Origine, al di là delle stelle. Qui sarebbe sempre un servo della carne, un condannato al dolore e alla sofferenza della vita; lì sarebbe il Dio che anteriormente era sempre stato, tanto potente quanto Tutti. E, naturalmente, non ci sarebbe stata pace per lo Spirito se non avesse concretizzato il Ritorno all'Origine, fintanto che non avesse riconquistato la libertà originale; lo Spirito era uno straniero sulla Terra e prigioniero della Terra: salvo colui che si trovasse addormentato, confuso, in uno smarrimento estremo, incantato dall'illusione del Grande Inganno, sulla Terra lo Spirito solamente potrebbe manifestarsi, perpetuamente in guerra contro le Potenze della Materia che lo mantengono prigioniero. Sì; la pace si trovava nell'Origine: qui solo avrebbe potuto esserci guerra per lo Spirito risvegliato, cioè, per lo Spirito Saggio; e la Saggezza solamente sarebbe potuto essere opposta a ogni tipo di Culto che obbligasse l'uomo a mettersi in ginocchio di fronte a un Dio. Gli Dei Liberatori non parlavano mai di pace, bensì di Guerra e Strategia: e allora la Strategia consisteva nel mantenersi in uno stato di allerta e conservare la postazione accordata con gli Atlanti bianchi, fino al giorno in cui il teatro delle operazioni della Guerra Essenziale si spostasse nuovamente alla Terra. E questo non rappresentava la pace ma la preparazione per la guerra. Compiere la missione del Patto di Sangue di mantenere il popolo in uno stato di allerta, esigeva certe tecniche, un modo di vita speciale che permettesse loro di vivere come stranieri sulla Terra. Gli Atlanti bianchi avevano trasferito ai popoli nativi un modo di vita somigliante e molte di queste direttive sarebbero al giorno d'oggi incomprensibili. In ogni modo, tratterò di esporre i principi più evidenti sui quali si basava questo modo di vita per raggiungere gli obiettivi proposti: semplicemente si trattava di tre concetti, il principio dell'Occupazione, il principio del Recinto, il principio delle Mura; completata da due concetti eredità della saggezza di Atlantide quali erano l'Agricoltura e l'Allevamento. In primo luogo, i popoli alleati degli Atlanti bianchi non avrebbero dovuto mai dimenticare il principio dell'Occupazione del territorio e avrebbero dovuto prescindere definitivamente dal principio della proprietà della terra, promosso dai sostenitori degli Atlanti scuri. In altre parole, la terra abitata era terra occupata non terra propria; occupata a chi? Al Nemico, alle Potenze della Materia. La convinzione di questa distinzione principale sarebbe bastata per mantenere lo stato di allerta perché in questo modo il popolo sarebbe stato cosciente

che il nemico avrebbe tentato di recuperare il territorio con qualunque mezzo: sotto forma di popoli nativi alleati con gli Atlanti scuri o sotto forma di un altro popolo invasore o come avversità delle Forze della natura. Credere nella proprietà della terra, al contrario, significava abbassare la guardia di fronte al Nemico, perdere lo stato di allerta e soccombere di fronte al Suo Potere dell'Illusione. Compreso e accettato il principio dell'Occupazione, i popoli nativi dovevano procedere, in secondo termine, a recintare il territorio occupato o, perlomeno, a segnalare la sua area. Perché? Perché il principio del Recinto avrebbe permesso separare il territorio occupato dal territorio nemico: fuori dall'area occupata e recintata si estendeva il territorio del Nemico. Solo allora, quando si disponeva di un'area occupata e recintata, si poteva coltivare e far produrre la terra. In effetti, con il modo di vita strategico ereditato dagli Atlanti bianchi, i popoli nativi erano obbligati a operare secondo un ordine rigoroso, che nessun altro principio avrebbe permesso alterare: in terzo luogo, dopo l'occupazione e il recinto, allora si poteva praticare la coltivazione. La causa di questa rigorosità era la capitale importanza che gli Atlanti bianchi attribuivano alla coltivazione come atto capace di liberare lo Spirito o di aumentare la sua schiavitù nella Materia. La formula corretta era la seguente: se un popolo di Sangue Puro realizzava la coltivazione sopra una terra occupata e non dimenticava in nessun momento che il nemico era fuori in agguato, allora, dentro il recinto, sarebbe stato libero di elevarsi fino allo Spirito e acquisire la Più Alta Saggezza. In caso contrario se si coltivava la terra credendo nella sua proprietà, le Potenze della Materia sarebbero emerse dalla Terra, si sarebbero impadronite dell'uomo e lo avrebbero integrato al contesto, convertendolo in un oggetto degli Dei; di conseguenza, lo Spirito avrebbe sofferto una caduta nella materia ancora più atroce, accompagnata dall'illusione più nociva, infatti avrebbe creduto di essere "libero" nella sua proprietà, quando sarebbe stato solo un pezzo dell'organismo creato dagli Dei. Chi avesse coltivato la terra, senza occuparla e recintarla previamente e si fosse sentito il suo padrone o avesse desiderato esserlo, sarebbe stato fagocitato dal contesto regionale e avrebbe sperimentato l'illusione di appartenere a esso. La proprietà implica una doppia relazione, reciproca e inevitabile: la proprietà appartiene al proprietario tanto quanto il proprietario appartiene alla proprietà; è chiaro: non potrebbe esistere possesso senza una precedente appartenenza della proprietà da possedere. In più, colui che si sentisse di appartenere alla terra rimarrebbe indifeso di fronte al Potere dell'Illusione del Nemico: non si comporterebbe come uno straniero sulla terra, come l'uomo spirituale che coltiva dentro il recinto strategico; infatti pianterebbe Le sue radici e amerebbe la terra; crederebbe nella pace e desidererebbe quest'illusione; si sentirebbe parte della natura e accetterebbe che tutto è Opera degli Dei; si farebbe piccolo piccolo nel suo focolare e si meraviglierebbe della grandezza della Creazione che lo circonda da tutte le parti; non concepirebbe mai un'uscita dalla Creazione: piuttosto, un'idea tale lo farebbe sprofondare in un terrore senza nome,perché in essa intuirebbe un'eresia abominevole, un'insubordinazione alla Volontà del Creatore che potrebbe portargli castighi imprevedibili; si sarebbe sottomesso al Destino, alla Volontà degli Dei che lo decidono e li avrebbe venerati per guadagnare il loro favore o per placare le loro lire; sarebbe ammorbidito dalla paura e non avrebbe avuto le forze, non tanto per opporsi agli Dei, ma neanche per lottare contro la parte animale e animica di se stesso o per fare in modo che lo Spirito la dominasse e si trasformasse nel Signore di Se

Stesso; infine, crederebbe nella proprietà della terra però apparterrebbe alla terra e compirebbe perfettamente con le indicazioni dalla Strategia Nemica. Il principio delle Mura era l'applicazione di fatto del principio del Recinto, la sua proiezione reale. D'accordo con la Saggezza Litica degli Atlanti bianchi, esistevano molti Mondi nei quali lo Spirito era prigioniero e in ognuno di essi il principio delle Mura esigeva differenti concezioni: in un mondo fisico, la sua applicazione corretta conduceva alle Mura di Pietra, la più effettiva recinzione strategica contro qualunque pressione del Nemico. Per questo i popoli nativi che dovevano compiere la missione e partecipavano al Patto di Sangue, erano istruiti dagli Atlanti bianchi nella costruzione delle mura di pietra come ingrediente fondamentale del loro modo di vita: coloro i quali occupassero e recintassero la terra per praticare la coltivazione, con il fine di mantenere la posizione di una delle opere degli Atlanti bianchi, avrebbero dovuto innalzare anche mura di pietra. Inoltre, l'elevazione delle mura non dipendeva solamente dalle caratteristiche della terra occupata bensì dall'intervento nella sua costruzione dei principi segreti della Saggezza Litica, principi della Strategia della Guerra Essenziale, principi che solamente gli Iniziati nel Mistero del Sangue Puro, i Guerrieri Saggi, potevano conoscere. Si comprenderà meglio il perché di questa condizione se dico che gli Atlanti bianchi consigliavano di "guardare con un occhio alle mura con un altro in direzione dell’Origine", questo solo sarebbe stato possibile se le mura fossero orientate in alcun modo verso l'Origine. Il principio per stabilire l'affiliazione di un popolo alleato degli Atlanti consiste nell'opposizione fra il Culto e la Saggezza: quali sono gli indizi di fatto, le prove concrete, cioè, quello che è più evidente per determinare se si tratta di Culto o di Saggezza? In tutti i casi, bisogna osservare se esiste il Tempio o le Mura di Guerra: perché la pratica di un Culto è indissolubilmente associata all'esistenza di un Tempio corrispondente: il Tempio è il fondamento di fatto del Culto, il suo estremo materiale; e perché la pratica della Saggezza si trova indissolubilmente associata all'esistenza delle Mura Strategiche: le Mura di Guerra sono il fondamento di fatto del modo di vita strategico, il suo trono materiale. Questo principio spiega il fatto per cui la Fraternità Bianca abbia sostenuto sulla Terra, durante tutti i tempi storici, Comunità e Ordini Segreti specializzati nella costruzione di Templi,che avrebbero collaborato strettamente con i Sacerdoti del Patto Culturale; e spiega anche perché che i Signori di Agartha sostengano, attraverso la storia, gli Ordini di Costruttori di Mura di Pietra, Ordini integrati esclusivamente dai discendenti bianchi degli Atlanti bianchi, coloro i quali dominavano la Saggezza Litica e la Strategia della Guerra Essenziale. Quarto Giorno

Come abbiamo visto, è evidente che il modo di vita strategico solo poteva procedere da un tipo di cultura estremamente austera. In effetti, i popoli del Patto di Sangue non si distinsero mai per un valore culturale che non fosse l'abilità per la guerra. Questi popoli, al principio, si comportavano come veri stranieri sulla terra: occupavano la regione nella quale vivevano, a volte per un secolo, però sempre pensando di partire, sempre preparandosi per la guerra, diffidando sempre della realtà del mondo e dimostrando un'ostilità essenziale verso gli Dei estranei. Non deve sorprendere, perciò, che fabbricassero pochi utensili e ancora meno oggetti di lusso; tuttavia, anche se scarse, le

cose erano perfezionate abbastanza per ricordare che si trattava di un popolo di costruttori, dotati di abili artigiani; per comprovarlo non sarebbe bastato altro che osservare la produzione delle armi, nella quale eccelsero sempre: queste sì, si fabbricavano di quantità e qualità sempre crescente, essendo proverbiale il timore e il rispetto causato da esse nei popoli del Patto Culturale che sperimentarono l'efficacia del loro potere offensivo. I popoli del Patto Culturale, contrariamente agli occupanti della terra, credevano nella proprietà del suolo, amavano il mondo e si dedicavano al Culto degli Dei propiziatori: le loro Culture erano sempre abbondanti nella produzione di utensili e articoli di lusso e ornamentali. Tra loro si accettava che il lavoro della terra era disprezzabile per l'uomo, anche se si praticava per obbligo: la loro miglior abilità era, in cambio, il commercio che serviva per diffondere i loro oggetti culturali e imporre il Culto dei loro Dei. D'accordo alle loro credenze, l'uomo doveva rassegnarsi alla sua sorte e cercare di vivere nel miglior modo possibile in questo mondo: questa era la Volontà degli Dei, che non doveva essere sfidata. E per compiacere questa volontà, la cosa corretta da fare era servire i suoi rappresentanti sulla Terra, i Sacerdoti e i Re del Culto: i Sacerdoti trasmettevano al popolo la Voce degli Dei e supplicavano gli Dei per la sorte del popolo; fermavano il braccio dei Re troppo amanti della guerra e intercedevano per il popolo quando l'esecuzione delle tasse diventava eccessiva; erano gli autori della legge e spesso distribuivano la giustizia; che mali si sarebbero abbattuti sul popolo se i Sacerdoti non fossero stati lì per placare l'ira degli Dei? D'altronde, secondo loro non era necessario cercare la Saggezza per procedere culturalmente e raggiungere un alto grado di civiltà: bastava cercare la perfezione della conoscenza, per esempio, bastava superare il valore utile di un utensile per poi stilizzarlo fino a convertirlo in un oggetto artistico o di lusso. La Saggezza era propria degli Dei e a essi irritava che l'uomo che invadesse il loro domini: l'uomo non doveva sapere ma conoscere e perfezionare le cose conosciute, finché, al limite dell'eccellenza della cosa, questa lo conducesse alla conoscenza di un'altra cosa anch'essa da migliorare, moltiplicando in questo modo la quantità e qualità degli oggetti culturali ed evolvendo verso forme sempre più complesse di Cultura e Civiltà. Grazie ai Sacerdoti, perciò, che condannavano l'eresia della Saggezza,ma approvavano con entusiasmo l'applicazione della conoscenza e la produzione di oggetti che rendessero più piacevole la vita dell'uomo, le civiltà di costumi raffinati e lussi squisiti contrastavano notevolmente con il modo di vita austero dei popoli del Patto di Sangue. In principio questa differenza, che era logica, non causò nessun effetto nei popoli del Patto di Sangue, sempre diffidenti da ciò che potesse debilitare il loro modo di vita guerriero: una caduta si sarebbe prodotta, profetizzavano i Guerrieri Saggi, se avessero permesso che le Culture straniere contaminassero i loro costumi. Questa certezza permise loro di resistere durante molti secoli, mentre nel mondo crescevano e si estendevano le civiltà del Patto Culturale. Nonostante tutto, con il correre dei secoli e per numerosi e diversi motivi, i popoli del Patto di Sangue finirono per soccombere culturalmente di fronte ai popoli del Patto Culturale. Senza entrare in dettagli, si può considerare che due furono le cause principali di questo risultato. Da parte dei popoli del Patto di Sangue, una specie di fatica collettiva indebolì la volontà guerriera: qualcosa di simile al sopore che per momenti suole invadere le sentinelle durante un lungo turno di vigilanza; questa fatica, questo sopore, questa debolezza indolente, li lasciò indifesi di fronte al Nemico. Da parte dei popoli del Patto Culturale, invece, una diabolica Strategia, studiata e architettata dai Sacerdoti,

basata nello sfruttamento della Fatica di Guerra mediante la tentazione dell'illusione: così, si tentarono i popoli del Patto di Sangue con l'illusione della pace, con l'illusione della tregua, con l'illusione del progresso culturale, con l'illusione della comodità, del piacere, del lusso, del comfort,ecc... Forse l'arma più effettiva fu la tentazione dell'amore delle belle sacerdotesse, specialmente istruite per risvegliare le passioni addormentate dei Re Guerrieri. Con la tentazione dell'illusione, i Sacerdoti cercavano di far stringere alleanze tra i popoli combattenti, firmare "trattati di pace" con il compimento di matrimoni fra membri della nobiltà regnante; naturalmente visto che si trattava di incroci tra individui del miglior lignaggio e della stessa Razza, spesso non avveniva la degradazione del Sangue Puro. A cosa miravano, allora, i Sacerdoti con tali unioni? Dominare culturalmente i popoli del Patto di Sangue. Essi avevano ben chiaro che il Sangue Puro, da solo, non sarebbe bastato per mantenere la Saggezza se fosse mancata la volontà spirituale di essere libero nell'Origine, volontà che si andava indebolendo a causa della Fatica di Guerra. La Saggezza avrebbe reso libero lo Spirito nell'Origine e più potente del Dio Creatore; però in questo mondo, dove lo Spirito fosse stato incatenato all’animale-uomo, il Culto del Dio Creatore avrebbe concluso dominando la Saggezza, sotterrandola sotto un manto di terrore e di odio. Una volta sottomessi culturalmente, i Sacerdoti avrebbero avuto tempo per degenerare il Sangue Puro dei popoli del Patto di Sangue e per eseguire il loro Patto Culturale, vale a dire, distruggere le opere degli Atlanti bianchi. Nel mio popolo, dottor Siegnagel, le cose avvennero in questo modo. I Re, stanchi di lottare e aspettare il ritorno degli Dei Liberatori, si lasciarono tentare dall'illusione della pace che prometteva multipli vantaggi: se si fossero alleati ai popoli del Patto Culturale avrebbero avuto accesso alla loro "avanzata" Cultura, avrebbero condiviso il loro costumi raffinati, avrebbero goduto del lusso dei più diversi oggetti culturali, avrebbero vissuto in case più comode,ecc... Le alleanze si sarebbero strette con matrimoni convenienti, legami che avrebbero salvato la dignità dei Re e non li avrebbe obbligati a far cedere, all'inizio, la Saggezza di fronte al Culto. Essi credevano, ingenuamente, che stavano accordando una specie di tregua nella quale non avrebbero perso nulla e con la quale avrebbero avuto molto da guadagnare: e questa credenza, questa cecità, questa pazzia, questa fatica incomprensibile, questo sopore, questo incantesimo, fu la rovina del mio popolo e la violazione più grande al Patto di Sangue con gli Atlanti bianchi, una Mancanza di Onore, che pazzia! Credere che avrebbero potuto riunire in una sola mano il Culto e la Saggezza! Il risultato, il disastro direi, fu rappresentato dal fatto che i Sacerdoti attraversarono le mura e si installarono fra i Guerrieri Saggi; una volta dentro, cospirarono fino a imporre i loro Culti e riuscirono a far dimenticare la Saggezza; e infine, si lanciarono avidamente al riscatto delle Pietre di Venus, che rimisero prontamente alla Fraternità Bianca mediante messaggeri che viaggiavano verso lontane regioni. Solo pochissimi Iniziati ebbero l'Onore e il Valore di resistere a tanta spregevole mancanza di principio e disposero i mezzi per proteggere la Pietra di Venus e quello che si ricordava della Saggezza. Fra tali Iniziati, si trovava uno dei miei antichi antenati, il quale incastonò la Pietra di Venus nella fodera di una spada di ferro: era quella un'arma di imponente bellezza e notevole simbolismo; oltre a sostenere la Pietra di Venus,l'elsa si divideva verso l'alto in due bracci laterali di ferro che proteggevano l'impugnatura e davano all'insieme la forma di un tridente invertito; invece,l'impugnatura, era fatta di un osso bianco come l'avorio, arrotolato a

spirale, che si affermava con convinzione fosse appartenuto al corno del Bardo Unicorno, animale mitico che rappresentava l'uomo spirituale; e anche il pomolo, di ferro come la lama, possedeva un paio di bracci laterali elevati, che formavano un secondo tridente invertito. Nel Medioevo, come si vedrà, alcuni Iniziati incisero nella lama l'iscrizione "honor et mortis". Bene, quest'Iniziato stabilì la legge che quell'arma sarebbe appartenuta solamente ai Re del lignaggio originale, ai discendenti degli Atlanti bianchi. Vani furono, in questo caso, i tentativi che fecero generazioni di Sacerdoti per disfarsi della Spada Saggia, chiamata così dal popolo: come vedrete, fu conservata fino a quando si trovò il modo e poi, quando ciò non fu più possibile, si mantenne nascosta fino ai giorni di Lito di Tharsis, l'antenato che venne in America nel 1534. Lo ripeto: la pazzia di riunire in una sola Stirpe il Culto e la Saggezza causò un disastro nei popoli del Patto di Sangue: l'interruzione della catena iniziatica. Successe così che in un momento stabilito, Dei del Culto si imposero, si spense la Voce del Sangue Puro e gli Iniziati persero la possibilità di ascoltare gli Dei Liberatori: la volontà di tornare all'Origine si era indebolita già da tempo e adesso erano carenti di orientamento. Senza la Voce e senza l'orientamento in direzione dell'Origine, già non esisteva Saggezza da trasmettere, già non si sarebbe visto il Segno dell'Origine nella Pietra di Venus. Gli Iniziati scoprirono, all'improvviso, che qualcosa si era interrotto fra loro e gli Dei Liberatori. E compresero, molto tardi, che il futuro della missione e del Patto di Sangue sarebbe dipeso come non mai dalla lotta fra il Culto e la Saggezza, ma da una lotta che da allora in avanti, non si sarebbe sviluppata fuori, bensì dentro, nell'ambito del sangue. Che fecero gli iniziati quando compresero questa realtà irreversibile, le tenebre che si abbattevano sullo Spirito, per contro-arrestarla Quasi tutti operarono nello stesso modo. Partendo dal principio che quello che esiste in questo mondo è solo una rozza imitazione delle cose del Mondo Autentico e di fronte all'impossibilità di localizzare l'Origine e il cammino verso il Mondo Autentico, scelsero di impiegare gli ultimi resti della Saggezza per plasmare nelle Stirpi di Sangue più Pura una "missione familiare" consistente nella comprensione incosciente, con il Segno dell'Origine, di un Archetipo. Bisogna notare la modestia di questo obiettivo: gli Antichi Iniziati, i Guerrieri Saggi, erano capaci di "comprendere il serpente, con il Segno dell'Origine"; e il serpente è un Simbolo che contiene Tutti gli archetipi creati dal Dio dell'Universo, Simbolo che era compreso coscientemente con il Segno Increato dell’Origine. Adesso gli Iniziati proponevano, e non rimanevano altre opzioni, che ogni famiglia lavorasse "alla cieca" su un Archetipo creato, facendo in modo che il Simbolo dell'origine presente nel sangue lo comprendesse casualmente, un giorno, e rivelasse la Verità della Forma Increata. Riassumendo, dottor Siegnagel, a certe Stirpi, nelle cui vene scorreva il sangue Divino degli Atlanti bianchi, si assegnò una missione familiare, un obiettivo da raggiungere con il passo di innumerevoli generazioni che avrebbero ripetuto perpetuamente uno stesso dramma, girando intorno allo stesso Archetipo. Come l'Alchimista mescola il piombo, i membri della famiglia eletta avrebbero ripetuto immancabilmente le prove stabilite dagli antenati, fino a che uno di essi un giorno, girando per un cerchio percorso 1000 volte sotto altri cieli, sarebbe riuscito a compiere la missione familiare, purificando allora il suo sangue astrale. Si sarebbe prodotta così una trasmutazione che gli avrebbe permesso risalire l'involuzione del Kaly Yuga o Età Oscura, tornare all'Origine ed acquisire nuovamente la Saggezza. È ovvio chiarire che la missione familiare sarebbe stata segreta e che attualmente è sconosciuta ai membri delle Stirpi discendenti dagli Atlanti bianchi. La missione esigeva il

compimento di un disegno specifico il cui contenuto non avrebbe avuto relazione necessaria con le mete ed obiettivi della comunità culturale alla quale apparteneva la Stirpe eletta; incluso, a seconda dell'Epoca, il disegno sarebbe potuto risultare incomprensibile o semplicemente scontrarsi contro i canoni culturali in voga. Però niente di questo sarebbe importato perché la missione era plasmata nel sangue familiare, nell'albero della Stirpe ed i rami discendenti si sarebbero inevitabilmente mossi in direzione del disegno, in uno sforzo sovrumano incosciente per superare la caduta spirituale. Naturalmente, il disegno specifico descriveva l'archetipo che bisognava comprendere nel sangue, con il Simbolo dell'Origine, per trascenderlo ed arrivare fino alla Forma Increata. Ad alcune famiglie, per esempio, si dette l’incarico di realizzare la perfezione di una pietra, di un vegetale, di un animale, di un simbolo, di un colore, di un suono, di una funzione organica determinata o di un istinto,ecc... La perfezione del disegno previsto richiedeva di penetrare nella sua intima essenza fino a toccare i limiti metafisici, vale a dire, fino a conformarsi alla forma perfetta dell'Archetipo creato: di conseguenza, considerando che l'Archetipo creato è solo una semplice copia della Forma Increata, sarebbe stato possibile orientarsi nuovamente in direzione dell'Origine se si fosse compreso l'Archetipo con il Simbolo dell'Origine presente nel Sangue Puro; e lì stava la Saggezza. La missione familiare non culminava, perciò, con la semplice comprensione trascendente dell'archetipo creato ma esigeva la sua ri-creazione spirituale. Partendo da una qualità esistente nel mondo, si sarebbe tornati su di essa più e più volte, instancabilmente, durante eoni, fino a penetrarne l'intima essenza per raggiungere la sua perfezione archetipica: si sarebbe ri-creata, allora, la qualità nello Spirito e sarebbe stata compresa con il Simbolo dell'Origine. Solo così sarebbe data la condizione di Esistenza per lo Spirito, solo così lo Spirito sarebbe stato qualcosa di esistente al di là del creato: non percependo l'illusione del creato ma ricreando la percezione nello Spirito e comprendendolo con l’Increato. Al compiere in questo modo la missione familiare, il sangue astrale, non l'emoglobina, si sarebbe purificato ed avrebbe reso possibile una trasmutazione che è propria degli Iniziati Iperborei o Guerrieri Saggi, la quale trasforma l'uomo in un super uomo immortale. Nel corso di questa via non evolutiva, i convocati, i chiamati a compiere con la missione familiare, saranno capaci di creare "magicamente" varie cose. Gli Iniziati nel Mistero del Sangue Puro ottengono, per esempio, un vino magico, soma, haoma o amrita;dopo una distillazione millenaria del liquore designato, questo è incorporato nel sangue, ri-creato, come un nettare della trasmutazione. Anche la manipolazione del suono permette di raggiungere un'armonia superiore, una musica delle alte sfere; lo Spirito, vibrando una nota unica, om, ricrea l'essenza ineffabile del logos, il Verbo Creatore. Tanto quel nettare come questo tipo di suono, come altre forme archetipiche somiglianti, possono essere ricreate nello Spirito e comprese attraverso il Simbolo dell'Origine, comprese attraverso l’Increato, aprendo così le porte all'Origine ed alla Saggezza. La vostra famiglia, dottor Siegnagel, fu destinata a produrre un miele archetipico, un succo dolce squisito. Fin da tempi remoti, i vostri antenati hanno lavorato tutte le forme dello zucchero, dal collettivo fino alla raffinazione; dalla melassa più grossolana fino al miele più eccellente. Un giorno finì il trattamento empirico e uno zucchero metafisico, cioè un Archetipo, si aggiunse al sangue astrale della famiglia, dando inizio ad un lento processo di raffinazione interiore che culmina in Voi. Oggi lo zucchero metafisico è stato regolato

alla perfezione archetipica e lo sforzo di migliaia di antenati si è condensato nella vostra persona: la dolcezza cercata si trova nel suo Cuore. A Voi tocca dare l'ultimo passo della trasmutazione, per ricreare questo zucchero archetipico nello Spirito e comprenderlo con il Simbolo dell'Origine. Però non sono io quello che deve parlarvi di questo, infatti i vostri antenati si presenteranno un giorno, tutti insieme, e vi reclameranno il compimento della missione.

Quinto Giorno

Adesso, dopo averle comunicato questi imprescindibili antecedenti, entrerò nel pieno della storia della mia famiglia, dottor Siegnagel. La medesima che, come ho anticipato, discende direttamente dagli Atlanti bianchi e, chiaramente, dagli Antichi Divini Iperborei. Migliaia di anni fa, anche gli iberici furono vittima di questa Fatica di Guerra che stava causando una amnesia generalizzata tra i discendenti degli Atlanti bianchi. In principio ammorbidì l'austerità dei costumi e permise che le abitudini urbane dei popoli del Patto Culturale si confondessero con il modo di vita strategico: quella penetrazione culturale ebbe un'incidenza decisiva nella demoralizzazione del popolo, nella perdita della suo stato di allerta guerriera. In seguito si strinsero le alleanze di sangue che, insieme all'inganno che soffrivano gli ultimi Guerrieri Saggi, resero concreta l'illusione della pace, della ricchezza, della comodità, del progresso ecc. Logicamente, insieme ai Principi e alle Principesse dei popoli del Patto Culturale, giunsero i Sacerdoti ad imporre i loro Culti agli Dei Traditori ed alle Potenze della Materia. I Guerrieri persero così la loro spiritualità, conobbero il timore e specularono sul valore della vita: sarebbero stati ancora capaci di combattere, però solo fino al limite della paura, come gli animali; e, naturalmente, si sarebbero resi "timorosi degli Dei", rispettosi della loro Volontà Suprema, che nessuno avrebbe osato sfidare; già non avrebbero alzato gli occhi dalla vista della terra, né avrebbero cercato l'Origine. D'ora in poi solamente gli Eroi sarebbero stati protagonisti di quelle gesta che i guerrieri adesso non osavano realizzare: che triste luogo d'eccezione quello riservato agli Eroi, quando ai tempi degli Atlanti bianchi tutta la Razza era una comunità di Eroi. Il trionfo del Culto causò l'oblio della Saggezza. Lo Spirito si stava addormentando nel Sangue Puro e solo quei Guerrieri Saggi che ancora conservavano un resto di lucidità si affidarono al ricorso disperato di plasmare la "missione familiare". Nel caso della nostra Stirpe, dottor Siegnagel, la pazzia di riunire in una sola mano il Culto e la Saggezza condusse i miei antenati ad una demenziale proposta: stabilirono, come disegno della missione familiare,la perfezione del Culto. Voglio dire che la cosa da perfezionare non sarebbe stata per noi una semplice qualità, come il colore o il suono, ma il proprio Culto imposto dai Sacerdoti, il Culto ad una divinità rivelata dagli Atlanti scuri. E mi riferisco precisamente a Belisana, la Dea del Fuoco. Ma, ogni Culto è la descrizione di un Archetipo: la missione familiare esigeva, infatti, il demenziale obiettivo di perfezionare il Culto fino ad avvicinarlo al suo Archetipo, quello che, quindi,era una Dea, un AspettoVolto del Dio Creatore; e, come culminazione si ordinava ri-creare nello Spirito questo Archetipo, questa Dea e comprenderlo con il Simbolo Increato dell'Origine: quello era come pretendere che lo Spirito di un membro discendente dal lignaggio familiare

contenesse un giorno il Dio Creatore e l'Universo intero, per comprenderlo in seguito con il Simbolo della Origine! In altre parole, quello era come esigere, finalmente, la Più Alta Saggezza, il compimento del mandato degli Atlanti bianchi: comprendere il serpente, con il Simbolo dell'Origine! Non posso assicurarvi che questa proposta allucinante sia stata il prodotto della pazzia dei miei antenati o abbia ubbidito ad una ispirazione superiore, a una sollecitudine che gli Dei Liberatori fecero alla Stirpe: forse Essi sapevano dal principio che uno dei nostri sarebbe riuscito a compiere la missione familiare e si sarebbe risvegliato, come Guerriero Saggio, nel momento giusto in cui si fosse liberata, sulla Terra, la Battaglia Finale. Perché, se scartiamo un atto di pazzia dei Guerrieri Saggi e accettiamo che operarono con piena coscienza su quello che supponevano di raggiungere, non si spiega l'estrema difficoltà di una simile missione a meno che il suo compimento contribuisse alla Strategia della Guerra Essenziale e contasse nell'aiuto e nella guida invisibile degli Dei Liberatori. Forse, allora, gli Dei Liberatori volevano contare durante la Battaglia Finale su Iniziati capaci di affrontarsi faccia a faccia con loro ed avessero deciso di dotare certi lignaggi, come il mio, dello strumento adeguato per quello scopo, cioè, della comprensione dell'Archetipo degli Dei. Questa necessità si capisce per mezzo di un antica idea che gli Atlanti bianchi trasmisero ai Guerrieri Saggi del mio popolo: d'accordo a questa rivelazione, gli Dei Liberatori erano Spiriti Increati che esistevano liberamente al di fuori di ogni volontà materiale; però gli Spiriti incatenati alla Materia, nell'uomo-animale, avevano smarrito l'Origine, e con quello, la capacità di percepire l’Increato: potevano solo relazionarsi con il creato, con le forme archetipiche; per questo gli Dei Liberatori erano soliti impiegare "come vestito" alcuni Archetipi di Dei per manifestarsi agli uomini: naturalmente, certe manifestazioni avrebbero avuto luogo solamente di fronte agli Iniziati Iperborei, perché solamente gli Iniziati sarebbero stati capaci di trascendere "il vestito", le forme degli Archetipi creati e resistere "Faccia a Faccia" di fronte alle Presenze Terribili degli Dei Liberatori. Stando così, forse Essi avevano voluto che un Iniziato della mia Stirpe arrivasse un giorno, presumibilmente durante la Battaglia Finale, a mettersi in contatto con la Dea Iperborea che è solita manifestarsi attraverso Belisana, quella che gli Atlanti bianchi chiamano Frya e gli Antichi Iperborei Lillith. Qualunque fosse il caso, per pazzia o per ispirazione Divina, di sicuro il disegno di quella missione determinò che la nostra famiglia si consacrasse con ardore alla perfezione del Culto della Dea Belisana. Sicuramente questa dedizione così speciale alla pratica di un Culto sarebbe stata la nostra salvezza infatti, durante molte generazioni si credette che il nostro era un lignaggio di Sacerdoti: in verità, i primi discendenti della missione familiare non si sarebbero distinti molto dai più fanatici Sacerdoti adoratori del Fuoco. Tuttavia, con il passare delle generazioni, nacquero membri che penetrarono molto di più nell'essenza dell'igneo. La Dea Belisana era rappresentata, nel Culto primitivo, dalla Fiamma di una Lampada Perenne degli Atlanti scuri. Le Lampade Perenni le avevano cedute i Sacerdoti per sigillare le alleanze di sangue fra i membri del popolo del Patto Culturale e del Patto di Sangue, e, come il mezzo magico sicuro per imporre il Culto sopra la Saggezza. In questo modo, tra gli iberici del mio popolo, un Guerriero Saggio contrasse l'unione con una principessa iberica, che era anche Sacerdotessa della Culto alla Dea Belisana e ricevette come dote quella lampada con la Fiamma che non si spegneva mai. Assurdamente, la mia

famiglia possedette allora la Spada Saggia, con la Pietra di Venus degli Atlanti bianchi e la Lampada Perenne, con la Fiamma degli Atlanti scuri. La Spada Saggia invece, non avrebbe ancora svolto il suo ruolo: era solo gelosamente conservata, per tradizione familiare, poiché era stata persa la facoltà di vedere il Segno dell'Origine sopra la Pietra di Venus. In cambio alla Lampada Perenne, al Culto della Fiamma Sacra, si offriva tutta l'attenzione. Così, ci furono discendenti che riuscirono a perfezionare la Divina Fiamma, approssimandola ogni volta di più all'archetipo igneo della Dea. Ci furono anche discendenti che riuscirono ad isolare ed apprendere l'essenza dell'igneo, incorporando l'Archetipo del Fuoco nel sangue familiare. Quando questa cosa successe, alcuni antenati, prudentemente, abbandonarono il Culto della Fiamma e si ritirarono in un Feudo nel Sud della Spagna. Lasciarono la Lampada Perenne ai familiari restanti, i quali erano incapaci di abbandonare il Culto e conservarono la Spada Saggia, che per questi ultimi non significava nulla. Naturalmente, coloro i quali rimasero in custodia della Lampada Perenne continuarono ad essere Re o Sacerdoti perché il popolo era completamente dedicato al Culto della Dea Belisana: quelli che si ritirarono, i miei antenati diretti, dovettero cedere in cambio tutti i loro diritti sulla successione reale. Mantennero comunque, qualche potere come Signori della Casa di Tharsis, vicino a Huelva, in Andalusia. Fu allora che adottarono il Barbo Unicorno come simbolo della Casa di Tharsis. In principio, rappresentavano quel pesce mitico sui loro scudi o nei blasoni primitivi, però nel Medioevo, come si vedrà, fu incorporato allo scudo d'armi araldico di famiglia. Il barbo Cavaliere, barbus eques, è il più conosciuto nei fiumi di Spagna, specialmente nell'Odiel che scorreva a pochi metri da Tharsis; il pesce riceve questo nome dovuto a quattro barbette che ha sulla mandibola inferiore, che è molto prominente. Quindi, il barbo al quale si riferivano i Signori di Tharsis era un pesce provvisto di un corno frontale e cinque barbette. Il mito che giustificava il simbolo affermava che il barbo, in movimento nel fiume Odiel, era paragonabile all'Anima che transitava per il Tempo trascendente della Vita: una rappresentazione del animale-uomo. Però i discendenti degli Atlanti bianchi non erano come l'animale-uomo, infatti possedevano uno Spirito Increato incatenato in un’Anima creata: allora il barbo non li rappresentava concretamente. Da lì l'aggiunta del corno a spirale, che corrispondeva allo strumento impiegato dagli Dei Traditori per incatenare lo Spirito Increato, vale a dire, alla Chiave Kalachakra; naturalmente, lo Spirito Increato non era rappresentabile, e per questo si insinuava lasciando incompiuta, nelle rappresentazioni del barbo unicorno, la punta del corno: più in là del corno, a una distanza infinita, si trovava lo Spirito Increato, assurdamente relazionato con la Materia Creata. E la barba del barbo, chiaramente, significava l'eredità di Navutan , il numero di Venus. Naturalmente, i Signori di Tharsis proseguirono praticando il Culto a Belisana poiché, fino a Lito di Tharsis, non ci fu nessuno che riuscì a comprendere la missione familiare e, inoltre, poiché esso fu stabilito e sanzionato dalle leggi del mio popolo. In più, l'obiettivo segreto della missione familiare spingeva inesorabilmente i suoi partecipanti a ricreare spiritualmente l'Archetipo igneo e questo li contrassegnò con un'impronta inequivocabile: acquisirono la fama di essere una famiglia di mistici e di avventurieri, e a volte di pazzi pericolosi. E qualcosa di verità c'era in certe favole infatti quel Fuoco nel sangue, al principio senza controllo, causava gli estremi più intensi della violenza e della passione: ci fu chi sperimentò nella sua vita l'odio più terribile e l'amore più sublime che umanamente si possa concepire; e tutta questa esperienza si condensava e sintetizzava nell'Albero del

sangue e si trasmetteva geneticamente agli eredi della Stirpe. Con il tempo, le tendenze estreme si separarono e sorsero periodicamente Signori che erano puro Amore o puro Valore vale a dire, grandi "Mistici" e grandi "Guerrieri". Fra i primi, c'erano coloro che assicuravano che l'Antica Dea "si era installata nel loro cuore" e che la sua Fiamma "li accendeva in un'estasi di Amore"; tra i secondi, c'erano quelli che, contrariamente, affermavano che "Essa aveva Gelato loro il cuore", aveva infuso in esso tale Valore che adesso erano duri tanto "quanto le rocce di Tharsis". Anche le Dame intervenivano in questa selezione: esse sentivano il Fuoco del sangue come un Dio, che identificavano come Beleno, "lo sposo di Belisana", in realtà questo Beleno, Dio del Fuoco che i greci conoscevano come Apollo, l'Iperboreo, era un Archetipo igneo impiegato fin dai giorni di Atlantide dal più potente degli Dei Liberatori come "vestito" per manifestarsi agli uomini: mi riferisco al Grande Capo degli Spiriti Iperborei, Lucifer, "colui che sfida con il Potere della Saggezza il Potere dell'Illusione del Dio Creatore", l'Inviato del Dio Inconoscibile, l'autentico Kristos della Luce Increata. Mancava, infatti, che dalla Stirpe dei Signori di Tharsis nascesse il germoglio che avrebbe compiuto la missione familiare, colui che ricreasse nello Spirito il Fuoco degli Dei e lo comprendesse con il Simbolo dell'origine. Vi anticipo, dottor Siegnagel, che ci furono solamente due che ebbero questa possibilità ad un livello eminente: Lito di Tharsis, nel secolo XVI, e mio figlio Noyo nell'attualità. Però, andiamo in questa direzione passo per passo.

Sesto Giorno I Golen

La serra Catochar fu sempre ricca d'oro e d'argento. Mentre il mio popolo era forte nella penisola iberica, questa ricchezza permise ai Signori di Tharsis di vivere con grande splendore. Il modo di vita strategico era stato dimenticato migliaia di anni prima di acquisire i diritti di quel Feudo e non si "occupava" più la terra per praticare la coltivazione magica: in quest'Epoca, si credeva nella proprietà della terra e nel potere dell'oro. I Signori di Tharsis, con il loro oro e il loro argento, compravano ai contadini la metà del loro raccolto: l'altra metà, meno il necessario per sussistere, corrispondeva come è logico ai Signori di Tharsis per essere i "proprietari" della terra. E quello che avanzava di quelle provviste, insieme all'oro ed all'argento che abbondavano, finiva nei porti di Huelva, che allora si chiamava Onuba, per convertirsi nelle mercanzie delle specie più diverse. I fenici, discendenti della Razza rossa di Atlantide, si contavano tra i popoli che aderirono inizialmente al Patto Culturale. In passato erano stati nemici giurati degli iberici: solamente 100 anni prima che la mia famiglia arrivasse al Feudo di Tharsis, i Fenici mantenevano occupata la cittadella di "Tarshish”, che era posizionata vicino alla confluenza dei fiumi Tinto ed Odiel. Finalmente dopo una breve ma cruenta guerra, il mio popolo recuperò la cittadella, anche se condizionata dal trattato di pace che permetteva il libero commercio degli uomini Rossi. Da Tarshish fino ad Onuba, con piccoli trasporti fluviali o con carovane, e da Onuba fino al Medio Oriente con barche di alto mare, i Fenici monopolizzavano il traffico di mercanzie poiché la presenza di mercanti procedenti da altri popoli era incomparabilmente minore. Senza giudicare qui l'impatto culturale che quel transito commerciale causava nei costumi della mia gente, è certo che i Signori di Tharsis governavano un paese tranquillo, che stava diventando famoso per la sua ricchezza e prosperità.

Però successe che quella pace illusoria improvvisamente fu sconvolta; e non precisamente, come potrebbe dedursi da un'osservazione superficiale, a causa dell'oro di Tharsis per aver risvegliato la cupidigia dei popoli stranieri e conquistatori. Tale cupidigia esistette, e di conquistatori e invasori ce ne furono molti, ma ripeto, il motivo principale di tutti i problemi, e finalmente della rovina della Casa di Tharsis, fu l'arrivo dei Golen. Dal secolo VIII prima di Gesù Cristo, approssimativamente dal momento in cui Sargón, il Re di Assiria, distrusse il Regno di Israele, cominciarono ad apparire i Golen nella penisola iberica. Al principio giungevano insieme ai commercianti Fenici e sbarcavano in tutti i porti del Mediterraneo, però in seguito si notò che avanzavano anche per terra, al passo di un popolo scitico (scita) che era stato dominato in Asia Minore. Questo popolo, che era della nostra stessa Razza, attraversò l'Europa da Est a Ovest e giunse in Spagna due secoli dopo, quando l'opera distruttiva dei maledetti Golen era abbastanza avanzata. I Golen, da parte loro, mostravano chiaramente di appartenere ad un'altra Razza, cosa che essi confermavano con orgoglio: erano membri, si vantavano, del Popolo Eletto dal Dio Creatore per regnare sulla Terra. I loro maestri erano stati i Sacerdoti egizi e venivano, pertanto, in rappresentanza degli Atlanti scuri. Tutti i popoli nativi della penisola, anche quello che arrivò in seguito con i Golen, non ricordavano ormai il modo di vita strategico ed erano in balia di Sacerdoti di distinti Culti: la missione dei Golen consisteva, giustamente, nel dimostrare la loro autorità sacerdotale e unificare i Culti. Per quello disponevano di diabolici poteri, che ricordavano senza dubbio gli Atlanti scuri ed una crudeltà senza limiti.

Commercio fra Iberici e Fenici

Il Dio Creatore e le Potenze della Materia li inviavano per riaffermare il Patto Culturale. I tempi erano maturi perché l'uomo ricevesse una nuova rivelazione, una conoscenza che

avrebbe portato più pace, progresso e civiltà di quella raggiunta fino a quel momento dai popoli del Patto Culturale, un'idea che un giorno avrebbe reso questi beni permanenti e avrebbe avuto fine per sempre il male e la guerra: questa rivelazione, questa conoscenza, quest'idea, si sintetizzava nel seguente concetto: l'unicità di Dio di fronte alla molteplicità dei Culti. I Golen, in effetti, erano venuti per illuminare i popoli ed i Sacerdoti di tutti i Culti sulla molteplicità dei Volti (aspetti) di Dio e la necessaria unità che esso mantiene nel proprio ambito; questa era la formula: "in cima a tutte le cose c'erano gli Dei ed in cima a tutti gli Dei c'era L'Uno". Per questo essi non pretendevano di rimpiazzare gli Dei, né cambiare il loro Nomi e neanche alterare la forma dei Culti: "è naturale, dicevano, che Dio possegga molti Nomi dal momento che Egli esibisce molti Volti; è comprensibile, anche, che esistano vari Culti per adorare i distinti Volti di Dio; niente di questo offende Dio, niente di tutto questo questiona la sua unità; però dove L'Uno si mostrerà inflessibile con l'uomo, dove non accetterà scuse, dove poserà i suoi Mille Occhi Giustizieri, sarà sul sacrificio del Culto". Perché, qualunque fosse la forma di Culto, "il Sacrificio è Uno", vale a dire, il Sacrificio come parte dell’Uno. D'accordo con questa nuova rivelazione, l'unità del Dio Creatore si realizzava nel Sacrificio rituale; e l'adorazione del Dio Creatore, per tutti i tipi di Culto, si dimostrava attraverso il Sacrificio rituale. Oh dottore, nonostante oggi giorno questi Culti sembrino così lontani nel tempo, non posso pensare senza rabbrividire di orrore alle migliaia e migliaia di vittime umane causate da quella scoperta dei Golen. Devo riferirmi adesso ad un aspetto scabroso della condotta dei Golen. Forse la chiave sta nel fatto che consideravano il Dio Creatore, nella sua unità assoluta, come maschile. L'Uno, in effetti, era un dio maschio e non esisteva niente più in alto o più in basso di Lui che equilibrasse o neutralizzasse quella polarità. Ammettevano una relativa androginia cosmica fino a un certo livello, popolato da Dei e Dee dovutamente accoppiati; però sulla cima, come Creatore e Signore dei restanti Dei, c'era L'Uno, che non era né androgino né neutro, bensì maschile. L'Uno non ammetteva Dee al suo lato infatti bastava a se stesso per esistere: era un dio maschile solitario. Con una concezione talmente aberrante, non deve sorprendere che anche i Golen fossero uomini solitari. Eppure, anche se la chiave della loro condotta fosse questa, non deve essere tanto facile derivare da essa il principio che li portava a praticare fra loro l'onanismo e la sodomia rituale. A causa della loro abitudine di abitare nei boschi, lontano dal popolo e delle loro pratiche depravate, molti credevano che i Golen procedessero da Frigia, dove esisteva un Culto antichissimo all'Ape maschio Bute, che era anch'esso praticato da Sacerdoti sodomiti: lì i Sacerdoti si castravano volontariamente e il tempio era protetto da una corte di eunuchi. Altri supponevano che procedessero dall'India, dove era conosciuto fin dall'antichità un Culto di adoratori del fallo. Però i Golen non procedevano né da Frigia né dall'India bensì dalla Nazione di Canaan e non praticavano la castrazione né l'adorazione del fallo ma la sodomia semplice e piena: avevano eliminato la donna nello stesso modo in cui il loro Dio aveva spodestato tutte le Dee; conducevano una vita solitaria, spesso esente di piaceri, tranne la sodomia rituale, che rappresentava l'Autosufficienza di Lui. Logicamente, anche se i Golen erano estremamente tolleranti verso la forma del Culto, l'unica cosa sulla quale non transigevano era in quella concernente l'unità di Dio nel

Sacrificio, si capisce che manifestassero predilezione verso i popoli i cui Culti si personificavano in Dei maschi e un certo disprezzo per quelli che adoravano delle Dee. In un tempo molto breve questa attitudine di indifferenza o disprezzo, quando non di franco rigetto, che i Golen dispensavano alle Dee, sarebbe entrata in collisione con la forma così particolare che aveva acquisito nel mio popolo iberico il Culto di Belisana. Però essi contavano, certamente, sull'appoggio delle Potenze della Materia. In altro modo non si spiegherebbe il loro successo, infatti in relativamente poco tempo, riuscirono a dominare i popoli della Spagna, e, anche, quelli dell’Hibernia, Britannia, Armonica e della Gallia. Nonostante il crescente potere dei Golen, la loro sinistra dottrina non avrebbe causato nessun danno ai Signori di Tharsis, sempre disposti ad accettare tutto quello che avesse contribuito a perfezionare la pratica del Culto. Non furono i Sacrifici all'Uno quelli che determinarono la sorte della mia famiglia ma un'altra attività che i Golen realizzavano con grande energia: procuravano, con tutti i mezzi, di far eseguire la seconda parte del Patto Culturale. Cioè, anche se non era più necessario fare la guerra con i popoli del Patto di Sangue, visto che erano stati sconfitti culturalmente, permanevano intatte molte opere megalitiche degli Atlanti bianchi e questo costituiva "un peccato che reclamava il Cielo". "I popoli del Patto Culturale mancarono al loro compromesso con gli Dei e questa colpa sarebbe stata castigata severamente"; tuttavia, e per loro fortuna, esisteva una soluzione: praticare il Sacrificio con il massimo rigore e assecondare i Golen nel compimento della missione. In altre parole, i popoli nativi dovevano adesso consacrarsi al Sacrificio, sacrificarsi e sacrificare e, come ricompensa, i Golen li avrebbero liberati dal castigo Divino realizzando essi stessi la distruzione delle opere megalitiche o la loro neutralizzazione. Questo sarebbe stato tutto, se non fosse stato che gli Dei avevano dato un avvertimento e chi non l'avesse ascoltato avrebbe rischiato di essere distrutto senza pietà come lezione per il resto degli uomini: quello che non sarebbe stato perdonato in nessuna maniera da lì in avanti, poiché la Pazienza degli Dei era finita, era il ricordo del Patto di Sangue e la ricerca della Saggezza. Questo era ciò che era proibito, quello che era abominevole agli occhi degli Dei. Però la cosa più proibita e la più abominevole, un peccato irrimediabile, era senza dubbio il voler conservare la Pietra di Venus. Colui che non avesse consegnato volontariamente ai Sacerdoti del Culto, o ai Golen, la Pietra di Venus, avrebbe sofferto la condanna allo sterminio, cioè, avrebbe pagato con la distruzione di tutto il suo lignaggio, con l'annichilimento di tutti i membri della Stirpe. Inoltre bisogna dire che i Golen entrano in possesso velocemente di quasi tutte le Pietre che ancora rimanevano in mano dei popoli nativi. A differenza dei Sacerdoti del Culto, essi solo rimettevano alcune pietre alla Fratellanza Bianca: altre le riservavano da utilizzare in atti di magia, infatti si vantavano di conoscere i loro segreti e di poterle impiegare in favore dei loro piani; e queste le denominavano, spregiativamente, uova di serpente. I Signori di Tharsis, chiaramente, non confidarono mai nei Golen né si spaventarono per le loro minacce. Però la Spada Saggia era una realtà che era divenuta una leggenda popolare e che non si poteva negare facilmente: i Golen sospettarono fin dal principio che in quest'arma esistesse il segreto di un vestigio del Patto di Sangue. Visto che i Signori di Tharsis non accettavano di consegnarla volontariamente e che, non poteva essere comprata a nessun prezzo, decisero di applicare contro di essi tutte le risorse della loro magia, i diabolici poteri dei quali li avevano dotati le Potenze della Materia. E qui la sorpresa dei Golen fu grandissima infatti verificarono che quei poteri non potevano niente contro il Fuoco demenziale che accendeva il sangue dei Signori di Tharsis. La pazzia,

mistica o guerriera, che li distingueva come uomini imprevedibili e indomiti, li situava inoltre fuori dalla portata delle congiure magiche dei Golen. Non rimaneva ad essi altra alternativa, d'accordo ai loro piani demoniaci, che impossessarsi con la forza della Spada Saggia e sommettere la Casa di Tharsis alla pena dello sterminio. Questo fu, dottor Siegnagel, il vero motivo del continuo stato di guerra nel quale dovettero vivere da lì in avanti i Signori di Tharsis, che significò la perdita definitiva dell'illusoria sovranità goduta fino ad allora e non la "cupidigia", che i popoli stranieri e conquistatori avrebbero potuto alimentare sulle loro ricchezze. Al contrario, non esisteva in tutto il globo un Re, Signore o semplice avventuriero di guerra, al quale i Golen non avessero provato a illudere con la conquista di Tharsis, con il favoloso bottino in oro e argento che avrebbe guadagnato colui che avesse compiuto l'impresa. E furono le loro macchinazioni quelle che causarono il costante assedio di banditi e pirati. Finché poterono, i Signori di Tharsis resistettero alla pressione valendosi dei propri mezzi, vale a dire, con l'aiuto dei guerrieri del mio popolo. Però quando questo ormai non fu più possibile, specialmente quando si resero conto che i Fenici di Tiro stavano concentrando un potente esercito mercenario alle Baleari per invadere e colonizzare Tharsis, non ebbero altra uscita che accettare l'aiuto, naturalmente interessato, di un popolo straniero. In questo caso chiesero aiuto a Lidia, una Nazione pelasgica del Mar Egeo, formata da esperti naviganti le cui barche di alto mare attraccavano ad Onuba due o tre volte all'anno per commerciare con il popolo di Tharsis: avevano il difetto di essere anche loro mercanti e produttori di mercanzie superflue ed erano abituati a pratiche ed abitudini molto più "avanzate culturalmente" dei "primitivi" iberici; però, in compenso, esibivano l'importante qualità di essere della nostra stessa Razza e dimostravano un'innegabile abilità nella guerra. La Storia ha conosciuto come "pelasgici" un insieme di popoli localizzati in distinte regioni della costa mediterranea e Tirrena, della penisola egea e dell'Asia minore. Così che, per trovare un'origine comune in tutti questi popoli, bisogna tornare indietro al Principio della Storia, ai tempi successivi alla catastrofe Atlante, quando gli Atlanti bianchi istituirono il Patto di Sangue con i nativi della penisola iberica. In verità, allora esisteva solo un popolo nativo, che fu separato, d'accordo alle leggi dell'esogamia atlante, in tre grandi gruppi: quello degli iberici, quello dei vaski (vaschi) e quello che in seguito sarebbe stato dei pelasgici. A sua volta, ognuno di questi grandi gruppi si divideva internamente in tre, in tutte le organizzazioni sociali tribali dei villaggi, città e Regni. Quel popolo unico sarebbe stato conosciuto in seguito alla partenza degli Atlanti bianchi come Virtrionio Vrtrioni, cioè, allevatori; però il Nome col tempo si convertì in Vitrioni, Vetrioni, e, per influenza di altri popoli, specialmente dei Fenici, in Verionio Gerioni. Il "Gigante Gerione", con un paio di gambe, cioè con una sola base razziale, però diviso in tre dalla cintura in su, ossia, con tre corpi e tre teste, derivato da un antico Mito pelasgico nel quale si rappresentava il popolo originale con la sua triplice divisione esogamica imposta dagli Atlanti bianchi; con il trascorrere dei secoli, i tre grandi gruppi del popolo nativo furono identificati con i loro nomi particolari e si dimenticò l'unità originale: le rivalità e gli intrighi stimolati dal Patto Culturale contribuirono ad esso,fecero terminare ogni gruppo convinto della propria individualità razziale e culturale. Gli iberici li ho già menzionati, infatti discendo da essi, e continuerò citandoli in questa storia; dei vaschi non dirò nulla al di fuori del fatto che molto presto tradirono il Patto di Sangue e si allearono al Patto Culturale, errore che avrebbero pagato con molta sofferenza e una grandissima confusione strategica, visto che erano un popolo

dal Sangue Molto Puro; in quanto ai pelasgici, il caso è abbastanza semplice. Quando gli Atlanti bianchi partirono, erano accompagnati massimamente dai pelasgici ai quali era stato assegnato l'incarico di trasportarli per mare verso l'Asia minore. Lì si separarono dagli Atlanti bianchi e decisero di rimanere nella zona, dando luogo con il tempo alla formazione di una numerosa confederazione di popoli. Successive invasioni li obbligarono in molte occasioni ad abbandonare i loro insediamenti, in più, visto che si erano trasformati in eccellenti naviganti, seppero uscire in buone condizioni da tutte quelle disavventure: tuttavia, quegli spostamenti li portarono nuovamente in direzione della penisola iberica; nel momento che avviene l'alleanza con i Lidi, secolo VIII A.C, altri gruppi di pelasgici occupano già l'Italia e la Gallia con il nome di etruschi, i tirreni, tusci, truschi, raseni, ecc. Il gruppo di Lidi convocato dai Signori di Tharsis, era ancora in Asia Minore e sopportava a quell'Epoca una terribile carenza di cibo; essi riconoscevano a causa delle tradizioni la vicina parentela che li univa agli iberici, però affermavano discendere dal "Re Mane", che non sarebbe altro che "Manù" l'Archetipo perfetto dell'animale-uomo, imposto nei loro Culti dai Sacerdoti del Patto Culturale. Una volta raggiunto l'accordo con gli ambasciatori del Re di Lidia, che includeva un consensuale intercambio di principesse, decine di barche pelasgiche iniziarono ad arrivare nei porti di Tharsis. Giungevano colme di terribili guerrieri, però trasportavano anche molte famiglie di coloni disposti a stabilirsi definitivamente tra quei parenti lontani, che avevano tanta fama per la loro ricchezza e prosperità. Questa pacifica invasione non entusiasmava troppo quelli del mio popolo, che però non potevano fare niente vista l'imminenza del "pericolo dei fenici". Pericolo che scomparve nel momento in cui essi avvertirono il cambio di situazione e calcolarono il costo che presupponeva adesso la conquista di Tharsis. Per questa volta i Golen furono burlati; però non avrebbero dimenticato la Spada Saggia, né i Signori di Tharsis, né la sentenza di sterminio che pesava su di loro. In quelle circostanze, l'alleanza con i pelasgi fu un successo da tutti i punti di vista. I Lidi si contavano tra i primi popoli del Patto di Sangue che avevano vinto il tabù del ferro e ne conoscevano il segreto della fusione e della forgiatura: a quei tempi, le spade di ferro erano l'arma più potente della Terra. Tuttavia, pur essendo notevoli commercianti, non vendevano mai un'arma di ferro, che erano prodotte solamente in quantità giusta per il suo uso. Fabbricavano, in cambio, un gran numero di armi di bronzo per la vendita o il baratto: di lì, il loro interesse nel mettere le radici a Tharsis, la cui vena di rame di prima qualità era conosciuta fin da tempi leggendari, quando gli Atlanti attraversavano il Mare Occidentale ed estraevano il rame con l'aiuto del Raggio di Poseidone. Il rame quasi non era stato sfruttato dai Signori di Tharsis, accecati dall'oro e dall'argento che compravano tutto. L'associazione con i lidi modificò essenzialmente questo criterio ed introdusse nel popolo un nuovo stile di vita: quello basato sulla produzione di oggetti culturali su grande scala destinati esclusivamente al commercio. Delle robuste e scoraggianti mura di pietra si innalzarono intorno all'antichissima cittadella di Tharsis, che i pelasgi chiamavano Tartesso e finì dando nome al luogo, con un Perimetro che comprendeva adesso un'area quattro o cinque volte superiore. La vecchia cittadella si era trasformata in un enorme mercato e sorgevano ogni giorno, nei nuovi spazi fortificati, fabbriche e laboratori. Tele, vestiti, scarpe, utensili, pentole, mobili, oggetti d'oro, argento, rame e bronzo, praticamente non esisteva mercanzia che non si potesse comprare a Tartesso: e salvo lo stagno, imprescindibile per l'industria del bronzo, che si

andava a cercare ad Albione (Gran Bretagna), tutto, fino agli alimenti, si produceva a Tartesso. Evidentemente per influenza del Patto Culturale, l'alleanza fra il mio popolo ed i lidi culminò in un'esplosione di civilizzazione. Molto presto l'antico Feudo di Tharsis si convertì nel "Regno di Tartesso" e, in pochi secoli, si estese per tutta l'Andalusia: i tartessi fondarono allora importanti città, come Menace, oggi chiamata Torre del Mar, o Masita, che gli usurpatori cartaginesi ribattezzarono Cartagena. La loro flotta arrivò ad essere tanto potente quanto quella dei fenici ed il loro commercio, altamente competitivo per la miglior qualità dei prodotti, riuscì a mettere in grave pericolo l'economia degli uomini Rossi. Recentemente a partire dal secolo IV A.C., a causa della colonizzazione greca e dell'espansione della colonia fenicia di Cartagine, la supremazia commerciale e marittima mediterranea dei tartessi diminuì abbastanza. Devo insistere sul fatto che l'essere parenti stretti facilitò enormemente l'integrazione con i pelasgi. Questo si è accertato specialmente nel caso del Culto, quasi non esisteva differenza tra i due popoli infatti anche i lidi adoravano la Dea del Fuoco, che conoscevano come Belilith. In poche parole: per i lidi, Beleno era “Bel”, e Belisana, “Belilith”; in più, per provenire da una regione dove il Patto Culturale aveva maggiore influenza, presentavano alcune differenze nella lingua e nell'alfabeto sacro; l'antica lingua pelasgica, che nel mio popolo ancora si parlava con abbastanza purezza, aveva sofferto nei lidi l'influenza delle lingue semitiche ed asiatiche: comunque, quel gergo di marinai, era più adeguato per il commercio estero che essi praticavano. L'altra differenza era nell'alfabeto: migliaia di anni prima il mio popolo aveva dimenticato la Lingua degli Uccelli; però, gli ultimi Iniziati ed in seguito i Sacerdoti della Fiamma, conservarono l'alfabeto sacro di 13 + 3 Vrune, dei che rappresentavano con 16 segni formati con linee rette ai quali avevano associato un suono della lingua corrente: in questo modo disponevano di tredici consonanti e tre vocali; le vocali le conoscevano solo i Signori di Tharsis poiché esprimevano il Nome pelasgico, segreto, della Dea Luna, qualcosa come IOA; infatti: la novità che portavano i lidi era un alfabeto sacro composto da 13 + 5 lettere, cioè da 18 segni che rappresentavano suoni separati della lingua corrente; anch'esso aveva 13 consonanti, però le vocali erano cinque: e, le due aggregate, i lidi non potevano sopprimerle ormai senza perdere più della metà delle loro parole. Di tutto questo, il fatto più importante, quello che doveva essere accordato in anticipo, era il Nome della Dea ed il numero dell'alfabeto sacro. Sul primo, si convenne di riferirsi alla Dea di lì in avanti con un Nome più antico, che era stato comune tra i due popoli: Pyrena; da allora Belisana e Belilith, sarebbero state per i tartessi la Dea del Fuoco Pyrena. Con rispetto al secondo, i Signori di Tharsis che erano in quest'occasione schiacciati sotto la pressione nemica, non ebbero altro rimedio che accettare l'imposizione dell'alfabeto sacro di 18 lettere: l'unica consolazione, ironizzavano, consisteva nel fatto che "il numero 18 piaceva molto di più alla Dea che il 16". Per il resto, i lidi avevano sofferto una sorte simile a quella del mio popolo. In un certo momento della loro storia li vinse la Fatica della Guerra e finirono col cedere di fronte ai popoli del Patto Culturale; gli ultimi dei loro Iniziati riuscirono allora a plasmare le "missioni familiari" in un numero ancora maggiore di Stirpi di quelle esistenti tra i miei; questo spiega la grande quantità di famiglie di artigiani, specializzati nei mestieri più diversi, che integravano il popolo dei lidi.

Settimo Giorno La catena montuosa della Sierra Morena è parte della divisione Mariana che separa il sud dell'Andalusia dal resto della penisola iberica; dal Mediterraneo, di fronte alle Baleari, fino al Monte Gordo sull'estuario del fiume Guadiana, i suoi rilievi hanno una lunghezza approssimata di 600 km. Nell'estremo occidentale, dando origine al fiume Odiel, si disegna da est a sud-est la sierra di Aracena,su una delle quali colline si trovava arroccato il castello Templare del quale riferirò più avanti. Numerose catene montuose minori estendono più al sud: una di queste è quella del Río Tinto, da dove proviene il fiume dallo stesso nome; un'altra è quella di Catochar, sede delle principali miniere della Casa di Tharsis. I fiumi Tinto ed Odiel discendono fino al Golfo di Cadice e confluiscono, pochi chilometri prima della costa, formando un ampio estuario. Nella striscia di terra che rimane fra entrambi i fiumi, sull'estuario dell'Odiel, si trova fin dall'Antichità la città fluviale e marittima di Onuba, oggi chiamata Huelva. E a 25 km da Onuba, a monte del fiume Odiel, si incontrava l'antichissima cittadella di Tharsis, nelle vicinanze dell'attuale Villa Valverde del Camino.

Il fiume Tinto, o Pinto, riceve questo nome perché le sue acque scendono di colore rosso, tinte dal minerale di ferro che raccoglie sulla sierra Aracena. L'Odiel, in cambio, sempre fu

un fiume sacro per gli iberici e per questo lo identificavano con la Vruna più importante, quella che designa il Nome di Navutan , il Grande Capo degli Atlanti bianchi. Apparentemente, Navutan significava Signor (Na) Vután, nella lingua degli Atlanti bianchi; i distinti popoli indo-germanici che parteciparono al Patto di Sangue e che, però, in seguito caddero di fronte alla Strategia del Patto Culturale, conclusero che si trattava di un Dio e lo adoravano sotto differenti Nomi tutti i derivati da Navutan : così, fu chiamato Nabu (da Nabu-Tan); Wothan (da Na-Vután, Na-Wothan); Odán - Odín (da Nav-Odán, Nav-Odín); Odiel u Odal (da Nav-Odiel, Nav-Odal); ecc... Cinque km al Nord della cittadella di Tharsis, nella sierra Catochar, si trova il monte Char, nome che significa Fuoco e Tempo in diversi dialetti iberici. Sulla cima esisteva un bosco di Frassini che era venerato dagli iberici in memoria a Navutan : in quel luogo gli Atlanti bianchi avevano eretto un enorme Menhir contraddistinto da una Sua Vruna. Lo avevano piantato nel centro del bosco, in un punto che, stranamente, era popolato da un piccolo gruppo di alberi di mele e nessuno sapeva spiegare se gli altri alberi fossero spariti per cause naturali o se erano stati tagliati intenzionalmente. Quello che rimaneva era piantato a circa 20 passi dal Menhir e si vedeva chiaramente che si trattava di un albero pluri centenario. Tutta l'Antichità mediterranea pre-greca conosceva l'esistenza del "Melo di Tharsis", verso il quale erano soliti realizzare pellegrinaggi annuali i devoti della Dea del Fuoco. Al principio, in effetti, i frassini e i meli erano associati a Navutan e Frya, rispettivamente. Successivamente, dopo l'alleanza di sangue con i popoli del Patto Culturale, i Sacerdoti consacrarono il Melo di Tharsis alla Dea Belisana e stabilirono l’usanza di celebrare il Culto ai piedi del vetusto tronco. Per quello costruirono un altare di pietra composto da due colonne ed una lastra trasversale, sulla quale era sistemata la Lampada Perenne: quel fuoco immortale rappresentava la Dea,mentre il Melo il cammino da seguire. In conformità a quello che insegnavano i Sacerdoti, il Dio Creatore scrisse il Culto nel seme del Melo; l'albero era solo una parte del messaggio riferito al destino dell'uomo; il fiore, per esempio, equivaleva al cuore dell'uomo, la sede dell'Anima, la sua forma e il suo colore, esprimevano la Promessa della Dea; però un'altra parte del messaggio era scritto nel roseto e la Promessa della Dea brillava anche nel fiore, nella sua forma e nel suo colore; il melo ed il roseto non solo erano piante della stessa famiglia ma consistevano in realtà in una sola pianta: fu la Promessa della Dea che divise il seme del melo in modo che producesse vari fiori differenti, fiori che avrebbero rivelato il cammino della perfezione a quegli uomini che si fossero consegnati ad Essa ed avessero abbracciato il suo Culto. Certamente, il mito che descriveva il Culto sarebbe stato rivelato dai sacerdoti solamente a coloro che consideravano essere preparati per l'iniziazione nel sacerdozio, come dire, coloro i quali sarebbero stati anch'essi Sacerdoti. Il significato, segreto, della Promessa sarebbe questo: il melo ed il roseto corrispondevano a due Stati o fasi della vita dell'uomo, come l'infanzia e l'età adulta, per esempio; quando era "come un bambino", l'uomo aveva un cuore simile al fiore del melo, che era bianco e roseo al di fuori, e che si apriva completamente come uno sciocco; e quando fosse "come un adulto", cioè, quando fosse iniziato come Sacerdote del Culto o quando fosse capace di officiarlo come un Sacerdote, avrebbe avuto il cuore come il fiore della rosa, che era del colore del Fuoco della Dea e non si apriva mai totalmente, se non al momento di morire; per questo esisteva nel mondo un solo melo e molte rose: perché molte sarebbero state le perfezioni che avrebbe potuto

raggiungere l'uomo che avesse iniziato il sacerdozio della Dea, la storia del melo era già stata scritta, in cambio la storia del roseto si stava scrivendo in continuazione; e la parte migliore ancora non era stata scritta: finalmente sarebbero venuti al mondo, un bel giorno, uomini da un cuore talmente perfetto, che si sarebbero prodotte le rose più belle, come mai prima si erano viste sulla Terra. Con questa spiegazione, si capirà perché i Sacerdoti avevano permesso che un vecchio roseto di pitiminí (rampicante con rose piccole) si arrotolasse come serpente intorno al tronco del Melo di Tharsis: indubbiamente, tale forma dei due alberi era necessaria per rappresentare il citato segreto del Culto. Il rito obbligava ad adorare il Fuoco della Dea e ad ammirare il fiore del melo, desiderando intensamente che la Dea mantenesse la Promessa e il cuore del Sacerdote diventasse come il fiore del roseto. Inoltre il popolo, che abitualmente ignorava quest'interpretazione del Culto, arrivava da tutte le parti al Melo di Tharsis per compiere le sue offerte di fronte all'Altare del Fuoco della Dea. Quando i miei antenati acquisirono i diritti sul Feudo di Tharsis, che allora era molto ridotto ed era devastato dalla recente guerra contro i fenici, si presero la responsabilità, naturalmente, del Culto Locale, anche se non avevano una Lampada Perenne. Praticamente non introdussero riforme riferenti alla Promessa infatti accettavano come un fatto che il cuore fosse relazionato con il fiore del melo e che l'adorazione alla Dea avrebbe provocato una trasmutazione analoga al fiore del roseto. Solamente in quello che Riguardava il Fuoco si poté apprezzare il primo effetto visibile che la missione familiare stava causando nei Signori di Tharsis; aggregarono al titolo della Dea la parola "freddo", cioè, che Belisana era adesso "la Dea del Fuoco Freddo". Spiegarono questo cambio come una rivelazione locale della Dea. Essa aveva parlato ai Signori di Tharsis; nella comunicazione, affermava che sarebbe stato il Suo Fuoco quello che si sarebbe installato nel cuore dell'uomo e lo avrebbe trasmutato; e che quel Fuoco, al principio estremamente caldo, finalmente sarebbe diventato più freddo del ghiaccio: e sarebbe stato quel Fuoco Freddo quello che avrebbero prodotto la mutazione della natura umana. Bisogna vedere in questo cambio qualcosa in più di un semplice aggregato di parole: per la prima volta che in un Culto appariva la possibilità di affrontare e superare il timore, cioè, il sentimento che in tutti i Culti assicurava la sottomissione del credente; il timore degli Dei è un sentimento necessario e fondamentale da mantenere vivo per assicurare l'autorità terrestre dei Sacerdoti; se l'uomo non li teme, al finale si ribellerà contro gli Dei: però prima si innalzerà contro i Sacerdoti degli Dei. Ribadisco che questo cambio non si vedrà se prima non si chiarisce qualcosa che al momento non è tanto ovvio: il fatto che in tutte le lingue indo germaniche "freddo" e "timore" hanno la stessa radice, quello che ancora si può intuire, per esempio, nella parola brivido (di terrore). Bene, a quei tempi, la parola "freddo" era sinonimo di "terrore" e, di conseguenza, quello che significava il nuovo Culto era che un terrore senza nome si sarebbe installato nel cuore del credente come "Grazia della Dea" e che quel terrore avrebbe causato la sua perfezione. Così Belisana, la Dea del Fuoco Freddo, si era convertita anche nella "Dea del Terrore", un titolo che, anche se i signori di Tharsis non potevano saperlo, appartenne in tempi remotissimi alla stessa Dea, infatti la sposa di Navutan era conosciuta ugualmente come "Frya, Colei che Infonde Terrore all'Anima e Soccorso allo Spirito".

In seguito al loro arrivo nella penisola iberica, i Golen cercarono in numerose occasioni di occupare il Bosco Sacro e di controllare il Culto alla Dea del Fuoco Freddo, ma furono sempre respinti dalla gelosa e ostinata pazzia mistica dei Signori di Tharsis. Arrivarono perfino ad offrire un'autentica Lampada Perenne degli Atlanti scuri, sapendo che non ne avevano una ed erano obbligati a vigilare permanentemente la fiamma della loro lampada primitiva ad olio ed amianto. Non bisogna chiarire che la offrirono a cambio dell'unificazione del Culto e dell'istituzione del Sacrificio rituale e che simile proposta risultava inaccettabile per i Signori di Tharsis, perché esso era ovvio a questo punto del racconto. Come è anche evidente che questa resistenza, insolita per chi si era imposto su tutti i popoli nativi, unita all'impossibilità di impossessarsi della Spada Saggia, li stava permanentemente alterando nei confronti dei Signori di Tharsis. La reazione dei Golen scatenò quella campagna internazionale invitando alla conquista di Tharsis che culminò con il pericoloso tentativo di invasione fenicia dalle Baleari o da Gades (Cadice). Però i Signori di Tharsis convocarono i lidi e fecero desistere i fenici dal loro progetto di conquista perlomeno per i seguenti quattro secoli. Dall'alleanza fra gli iberici ed i lidi sorse "l'Impero di Tartesso" che molto presto si espanse per tutta l'Andalusia, la "Tartesside", e privò i fenici di colonie costiere nel loro territorio. Le Baleari e l'isola di León, sede di Cadice, rimasero isolate da terra poiché i tartessi permettevano loro di mantenere solamente un commercio esiguo attraverso i loro propri porti. Quale sarebbe stata la seguente reazione dei Golen di fronte a questo potere che si sviluppava al di fuori del loro controllo e che frustrava tutti i loro piani? Prima di rispondere, egregio e, paradossalmente, paziente Dottor Siegnagel, devo mettervi a conoscenza delle conseguenze che la presenza dei lidi produsse nel Culto del Fuoco Freddo. Per comprendere quello che segue solo bisogna ricordare che i lidi erano più "colti" degli iberici, cioè, più civilizzati culturalmente, mentre i più "incolti" iberici, cioè, più barbari, erano più "cresciuti" spiritualmente dei lidi, possedevano più Saggezza che conoscenza. Queste differenze avrebbero comportato che i Principi lidi, adesso della stessa famiglia dei Signori di Tharsis, accettassero senza approfondire il significato esoterico del Culto alla Dea del Fuoco Freddo, che da lì in avanti si sarebbe chiamata per comune accordo "Pyrena" e impiegassero tutto il loro sforzo per perfezionare la forma essoterica del Culto. Tale applicazione va sempre contro la parte esoterica e, non potrebbe essere in altra maniera, alla lunga sarebbe risultata fatale per i tartessi. Però questo già lo vedrete, infatti, come ho annunciato, sto andando avanti passo per passo. I lidi, come in altre industrie, erano abili artigiani della pietra. Cosa credete che abbiano fatto del loro desiderio di perfezionare la forma esteriore del Culto? Decisero, di fronte all'orrore dei loro parenti iberici che non potevano fare niente per impedirlo, di scolpire il Menhir del Bosco Sacro con la Figura di Pyrena; la scultura avrebbe contribuito a sostenere il Culto, spiegavano, poiché il popolo lidio aveva bisogno di un'immagine più concreta della Dea: la sua rappresentazione come Fiamma era troppo astratta per loro. Il Menhir consisteva in una pietra grezza di un colore olivastro, di 5 metri d'altezza, con la forma di un cono tagliato: i lidi si proponevano di impiegarlo integralmente per scolpire la Testa della Dea. D'accordo col progetto, la nuca doveva rimanere di fronte al Melo, in tal modo che il Divino Volto osservasse direttamente il popolo; e la gente, distribuita su un chiaro del bosco circostante dal quale si dominava la scena rituale, avrebbe visto il Volto della Dea e, dietro di lei, il Melo di Tharsis. Due maestri scultori lavorarono nella scultura,

uno nella lavorazione del Volto e l'altro della criniera di serpenti, intanto che tre aiutanti si occupavano di praticare il buco nella nuca che era connesso con gli Occhi della Dea; l'opera non fu pronta prima di cinque anni poiché, anche quando gli strumenti di ferro dei lidi permisero andare avanti molto all'inizio, la rifinitura lucida che pretendevano dare ebbe bisogno di lunghi anni di lavoro: in verità, i tartessi continuarono a lucidare durante decenni la Testa di Pyrena, fino a dotarla di un impressionante realismo. La necessità che sentivano i lidi di contemplare una manifestazione figurativa della Dea era propria dell'Epoca: i popoli del Patto Culturale sperimentavano allora una generalizzata caduta nell'essoterismo del Culto, che li portava ad adorare gli Aspetti più formali ed apparenti della Divinità. I popoli sentivano che gli Dei si ritiravano da dentro di loro, però solo potevano trattenerli da fuori: perciò si afferravano con disperazione ai Corpi ed ai Volti Divini ed a qualunque forma naturale che li rappresentasse. Pertanto, non deve sorprendere l'intenso fervore religioso risvegliato nei popoli e la straordinaria diffusione geografica che produsse il Culto del Fuoco Freddo dopo la trasformazione del Menhir. Oltre ai tartessi, orgogliosi depositari della Promessa della Dea, uomini appartenenti a mille popoli differenti pellegrinavano fino al "Bosco Sacro di Tartesso" per assistere al Rituale del Fuoco Freddo: fra gli altri, venivano gli iberici ed i liguri da tutti gli angoli della penisola ed i brillanti pelasgi dall'Etruria, i corpulenti berberi della Libia ed i silenziosi spartani della Laconia, i pitti tatuati di Albione, ecc... E tutti coloro che giungevano fino a Pyrena erano disposti a morire. A morire, sì, perché questa era la condizione della Promessa, il requisito della Sua Grazia: come tutti i suoi adoratori sapevano, la Dea aveva il Potere di convertire l'uomo in un Dio, di elevarlo al Cielo degli Dei; inoltre, come tutti anche sapevano, i rari Eletti che Essa accettava dovevano passare previamente per la Prova del Fuoco Freddo, cioè, per l'esperienza del Suo Sguardo Mortale; e quest'esperienza generalmente terminava con la morte fisica dell'Eletto. D'accordo con quello che sapevano i suoi adepti e senza che tale certezza diminuisse di una virgola il loro fascino per Lei, erano molti di più gli Eletti che erano morti di quelli che erano inconfutabilmente rinati; coloro che ricevevano il Suo Sguardo di certo cadevano; e molti, la maggior parte, non si alzavano mai più; però alcuni sì lo facevano: e questa remota possibilità era più che sufficiente per gli adoratori della Dea per decidere di rischiare tutto. Coloro i quali si fossero risvegliati dalla Morte sarebbero stati coloro che veramente avrebbero consegnato i loro cuori al Fuoco Freddo della Dea e che essa avrebbe ricompensato prendendoli come Sposi: a causa della Sua Grazia, al momento di rivivere, l'eletto già non sarebbe stato un essere umano di carne ed ossa ma un Uomo di Pietra Immortale, un Figlio della Morte. Questi titoli al principio costituirono un enigma per i Signori di Tharsis, che furono quelli che introdussero la Riforma del Fuoco Freddo nell'Antico Culto a Belisana, poiché affermavano di averli ricevuti per ispirazione mistica direttamente dalla Dea, anche se supponevano che si riferissero ad una condizione superiore dell'uomo, vicina agli Dei o ai Grandi Antenati. Però in seguito quando tra gli stessi Signori di Tharsis ci furono Uomini di Pietra, la risposta si fece immediatamente chiara. Ma successe che questa risposta non era adatta per l'uomo addormentato e neanche per gli Eletti che con più fervore adoravano la Dea: gli Uomini di Pietra avrebbero taciuto questo segreto, del quale avrebbero parlato solamente fra di loro, e avrebbero formato un Collegio di Gerofanti tartessi per preservarlo. Da lì, sarebbero stati i Gerofanti tartessi, cioè, i miei antenati trasmutati dal Fuoco Freddo, quelli che avrebbero controllato la marcia del Culto.

Ottavo Giorno Durante l'epoca dell'anno nella quale non si celebrava il Rituale del Fuoco Freddo, i Gerofanti tartessi permettevano ai Pellegrini di giungere fino al chiaro nel Bosco Sacro e contemplare la colossale effigie di Pyrena; lì potevano depositare le loro offerte e riflettere se erano disposti ad affrontare la Morte della Prova del Fuoco Freddo o se preferivano tornare all'illusoria realtà delle loro vite comuni. Per il momento la Dea non poteva danneggiarli poiché i Suoi Occhi erano chiusi e non comunicavano a nessuno il Loro Segnale di Morte. Tuttavia, nonostante tale convinzione, molti rimanevano congelati dallo spavento di fronte all'Antico Volto Rivelato e non erano da meno quelli che fuggivano immediatamente o morivano sul luogo dal terrore. Il Menhir originale era stato depositato in quel punto dai semi-dei Atlanti bianchi migliaia di anni prima, però, ai giorni dell'alleanza con i lidi, non esisteva nessuno sulla Terra capace di emulare l'impresa di trasportare a migliaia di chilometri di distanza una pietra gigantesca e depositarla nel centro di uno spesso bosco di frassini, senza tagliare alberi per il trasporto: si comprende, perciò, che i pellegrini ricevessero l'immediata impressione che quel terribile busto era opera degli Dei. Inoltre non solo il Menhir era opera degli Dei, visto che la conformazione del Volto procedeva da questa notabile capacità per rappresentare il Divino che esibivano i lidi; astutamente i tartessi si guardarono sempre bene dall'informare sull'origine dell'inquietante scultura. Chi riusciva a riprendersi dall'impressionante visione iniziale e notava i dettagli dell'insolito Volto, doveva appellarsi a tutte le sue forze per non essere vinto, prima o poi, dal panico. Ricordate, dottore, che, per i suoi adoratori, quello che avevano di fronte non era una semplice rappresentazione di pietra inerte ma l'immagine Viva della Dea: Pyrena si manifestava nel Volto ed il Volto era partecipe di Essa. Ed era proprio quel Volto sacro quello che toglieva il respiro. Probabilmente, se qualcuno fosse riuscito, con un potente atto di astrazione, a separare il Viso dalla Testa della Dea, l'avrebbe trovato di belle fattezze; in primo luogo, e nonostante la colorazione verdognola della pietra, per la forma dei lineamenti era indubbia l'appartenenza alla Razza Bianca; nel seguente ordine, bisognava riconoscere nell'aspetto generale una bellezza archetipica indo germanica o direttamente ariana: Ovale del Viso rettangolare; Fronte ampia; Ciglia folte, leggermente curve ed orizzontali; le Palpebre, visto come ho già detto che gli Occhi rimanevano chiusi, dimostravano dall'espressione uno Sguardo frontale, dagli Occhi rotondi e perfetti; Naso retto e proporzionato; Mento compatto e prominente; Collo forte e sottile; la Bocca, con il labbro inferiore più grosso ed un po' più sporgente del superiore, era forse la nota più bella: era leggermente aperta e curvata in un Sorriso appena accennato, in un gesto inconfondibile di ironia cosmica. Naturalmente, chi mancasse del potere d'astrazione necessario, non avrebbe avvertito nessuno dei caratteri segnalati. Al contrario, senza dubbio tutta la sua attenzione sarebbe stata assorbita inizialmente dai Capelli della Dea; e quest'osservazione iniziale sicuramente avrebbe neutralizzato il giudizio estetico anteriore: al contemplare la Testa nell'insieme, i Capelli ed il Volto, la Dea presentava quell'aspetto terrificante che causava il panico dei visitatori. Ma cosa c'era nei Suoi Capelli capace di paralizzare dallo spavento i rozzi pellegrini normalmente abituati al pericolo? Serpenti; Serpenti di un realismo eccezionale. I suoi Capelli erano composti da diciotto Serpenti di pietra: otto di distinta

lunghezza, scendevano da entrambi i lati del Volto ed altri due, molto più piccoli, si arricciolavano sulla fronte. Ogni coppia degli otto Serpenti era alla stessa altezza: due all'altezza degli Occhi, due a quella del Naso, due a quella della Bocca e due a quella del Mento; emergendo da un livello frontale dei Capelli, i restanti otto Ofidi si giravano e posizionavano le loro teste tra quelle anteriori. Ogni Serpente, a separarsi da restanti ciuffi di capelli, formava in aria con il suo corpo due curve contrapposte, come una esse (S), che gli permetteva di annunciare il seguente movimento: l'attacco mortale. I due Serpenti della Fronte, anche se erano più piccoli, evidenziavano lo stesso identico atteggiamento aggressivo. Riassumendo, all'ammirare di Fronte il Volto della Dea Sorridente, emergeva con forza l'arco delle diciotto teste di Serpente dei Suoi Capelli; inoltre tutte le teste erano rivolte in avanti, accompagnando con i loro occhi lo Sguardo senza Occhi della Dea; tutte le teste avevano le bocche orribilmente aperte, esponendo le fauci mortali e le gole abissali. Non deve sorprendere, infatti, che quell'impressionante apparizione della Dea terrorizzasse i suoi più fedeli adoratori. Logicamente, tale composizione aveva un significato esoterico che solo i Gerofanti e gli Iniziati conoscevano, anche se, eventualmente, disponevano di una spiegazione essoterica accettabile. In quest'ultimo caso notificavano al viaggiatore, che a volte poteva essere un Re alleato o un ambasciatore importante al quale non si poteva di fatto negare la conoscenza, che i 18 serpenti rappresentavano le lettere dell'alfabeto Tartessico, che pretendevano aver ricevuto dalla Dea. Durante il rituale, affermavano, gli Iniziati potevano ascoltare i Serpenti della Dea recitare l'alfabeto sacro. La Verità esoterica che c'era dietro tutto questo era che le 18 lettere corrispondevano effettivamente alle 18 Vrune di Navutan e che con esse si poteva comprendere il Segno dell'Origine e con questo il Serpente, Massimo simbolo della conoscenza umana. Però tale verità era appena intuita dai Gerofanti tartessi poiché a quei tempi nessuno vedeva il Segno dell'Origine o ricordava le Vrune di Navutan : all'istituire la Riforma del Fuoco Freddo, i Signori di Tharsis avevano ricevuto la Parola della Dea che la Casa di Tharsis, discendente degli Atlanti bianchi, "non si sarebbe estinta finché almeno uno dei suoi membri non avesse recuperato la Saggezza perduta", e perché la Sua Parola si compisse, "meno che mai avrebbero dovuto separarsi dalla Spada Saggia". Questo momento ancora non era arrivato e nessun discendente della Casa di Tharsis comprendeva il significato profondo di quella Verità esoterica che rivelava la Testa di Pietra di Pyrena. Di modo che per loro era una verità indiscutibile anche il fatto che i 18 Serpenti rappresentassero le lettere dell'alfabeto tartessico: i due Serpenti più piccoli, per esempio, corrispondevano alle due lettere introdotte dai lidi e la sua pronuncia si manteneva in segreto, uguale al Nome della Dea Luna formato dalle tre vocali degli iberici. In questo caso, le due vocali permettevano conoscere il Nome che la Dea Pyrena dava a se stessa quando si manifestava come Fuoco Freddo nel cuore dell'uomo,vale adire, "io sono" (qualcosa come Eu o Ey). Tutti gli anni, all'approssimarsi del solstizio d'inverno, i Gerofanti calcolavano il plenilunio più vicino e, in quella notte, si celebrava a Tartesso il Rituale del Fuoco Freddo. Non sarebbero molti gli Eletti che, alla fine, avrebbero osato sfidare la prova del Fuoco Freddo: quasi sempre un gruppo che si poteva contare sulle dita di una mano. Il Menhir era orientato all'Ovest del melo di Tharsis, in modo che la Dea Luna sarebbe apparsa invariabilmente dietro l'albero e sarebbe transitata per il cielo fino a raggiungere lo zenit, luogo dal quale avrebbe iniziato ad illuminare in pieno il volto della Dea che Guarda Verso

Ovest. Fin dal tramonto, con gli sguardi diretti verso Est, gli Eletti si trovavano seduti nel chiaro del bosco, osservando il Volto della Dea e, dietro, il Melo di Tharsis. Quando il Volto Più Brillante della Dea Luna si posava sul Bosco Sacro, gli Eletti si mantenevano in silenzio, con le gambe incrociate e formulando il Mudra del Fuoco Freddo: in questi momenti solo era permesso loro masticare foglie di salice; per il resto, dovevano rimanere in rigorosa quiete. Fino allo zenit del plenilunio, la tensione drammatica cresceva istante dopo istante e, in quel punto, raggiungeva una tale intensità che sembrava che il terrore degli Eletti si estendesse nel medio ambiente e diventasse irrespirabile: non solo si respirava il terrore ma lo si poteva percepire epidermicamente, come se una Presenza spaventosa fosse uscita dai raggi della Luna e opprimesse tutti con un abbraccio gelido e travolgente. Immancabilmente si arrivava a questo culmine all'inizio del Rituale. Allora un Gerofante si dirigeva nella parte posteriore della Testa di Pietra e scendeva per una piccola scala che era scolpita nella roccia del Menhir ed entrava nel suo interno. La scala, che contava 18 scalini e culminava con una piattaforma circolare, permetteva di accedere ad una piattaforma a forma di cono troncato: questa era un recinto ristretto di 2 metri e mezzo di altezza, scavato esattamente dietro il Volto ed appena illuminato dalla Lampada Perenne dal pavimento. Sopra la piattaforma del pavimento, in effetti, c'era una piccola stufa di pietra nel quale forno si collocava, dal giorno in cui i lidi perfezionarono la forma del Culto, la Lampada Perenne: una lastra permetteva di chiudere la bocca superiore del forno e regolare l'uscita dell'esigua luce. Adesso questa luce era minima perché il Gerofante si apprestava a realizzare un'operazione chiave del rituale: effettuare l'apertura degli Occhi della Dea. Per riuscirci doveva solamente muovere verso l’interno i due pezzi di pietra, connessi fra loro, che abitualmente rimanevano perfettamente assemblati al Volto e causavano l'illusione che delle Palpebre di pietra coprissero il bulbo dei Suoi Occhi: questi pesanti pezzi richiedevano la forza di due uomini per essere collocati al suo posto, però, una volta lì, bastava togliere un fermo e scivolavano da soli su una rampa che attraversava tutto il recinto interno. Bisogna immaginarsi questa scena. Il recinto di Frassini del Bosco Sacro formando un chiaro nel suo centro, enormi ed imponenti, il Melo di Tharsis e la statua della Dea Pyrena. E seduti di fronte al Volto della Dea, in una posizione che esalta ancora di più la dimensione colossale e i Capelli spaventosi con i serpenti, gli Eletti, con lo sguardo fisso ed il cuore ansioso, stanno aspettando la Sua Manifestazione, la chiamata personale che apre le porte della Prova del Fuoco Freddo. Dall'alto, la Dea Ioa lascia scorrere torrenti di luce argentata su quel quadro. All'improvviso, procedenti dal Bosco vicino, un gruppo di bellissime ballerine si interpone tra gli Eletti e la Dea Pyrena: hanno il corpo nudo senza vestiti e indossano solo oggetti ornamentali, bracciali ed anelli alle mani ed ai piedi, collari e cinture colorate, lunghi ciondoli di anelli, cinte e nastri sulla fronte, che lasciavano cadere liberamente sui lunghi capelli. Vengono saltando al ritmo di una zampogna, non si fermano in nessun momento ma all'improvviso si lasciano andare ad una danza frenetica. In precedenza, hanno praticato la libagione rituale di un nettare afrodisiaco e per questo i loro occhi sono brillanti di desiderio ed i loro gesti sono insinuanti e lascivi: i fianchi ed i ventri si muovono incessantemente e possono essere visti, ogni momento, in mille posizioni differenti, i seni sodi si agitano come colombe in volo e le bocche umide si aprono desiderose; tutta la danza è un irresistibile invito ai piaceri dell'amore carnale.

Chiaramente, il rituale, aveva per oggetto eccitare sessualmente gli Eletti, accendere in loro il Fuoco Caldo della passione animale. Quel ballo era una sopravvivenza dell'antico Culto del Fuoco e il suo culmine, in altre Epoche, sarebbe scaturito in un'orgia sfrenata. Però la Riforma del Fuoco Freddo aveva cambiato le cose e adesso si proibiva l'accoppiamento rituale e si esigeva, in cambio, che gli Eletti sperimentassero il Fuoco Caldo nel cuore. Se alcun Eletto non aveva le forze per rifiutare l'invito delle ballerine poteva unirsi ad esse e godere di un piacere mai immaginato, però questo non lo avrebbe salvato dalla morte infatti sarebbe stato assassinato in seguito come castigo per la sua debolezza. L'atteggiamento che si esigeva dagli Eletti richiedeva che rimanessero immutabili fino alla conclusione della danza, mantenendo la vista fissa sul Volto della Dea. Ritorniamo alla scena. Il volume della musica sta aumentando e adesso è un coro di flauti e tamburi quello che accompagna i movimenti ritmici; le ballerine ansimano, la danza diventa febbrile e l'espressione erotica arriva al suo picco, dietro di loro, il Sorriso della Dea sembra più ironico che mai. Gli Eletti si concentrano su Pyrena però non possono evitare di percepire, come fra le nebbie di un sogno, le bellezze femminili danzanti che li ubriacano di passione, che li trascinano inevitabilmente verso un caldo soffocante abisso. È ora che diventa necessario l'intervento della Dea, quando gli Eletti, con la volontà debilitata, sollecitano nei loro cuori il compimento della Sua Promessa. Ed è in questo momento che, ad un segnale dei Gerofanti, la musica cessa bruscamente, le ballerine si ritirano con rapidità e gli Occhi della Dea si aprono improvvisamente per Osservare i Suoi Eletti. Come una frustata, un brivido di orrore percuote gli Eletti: le Palpebre sono sparite e la Dea li contempla dalle orbite vuote dei Suoi Occhi, con Forma di Foglia di Melo. È cominciata la Prova del Fuoco Freddo. Un Gerofante, con voce tonante, recita la formula rituale: Oh Pyrena, Tu che hai la Dimora al di là delle Stelle avvicinati alla Terra degli Eletti. Acclamano per te! Oh Pyrena, Tu che prima Amavi gli Eletti con il Calore del Fuoco e poi li Uccidevi... Ricorda la promessa! Assassinali prima con il Fuoco Freddo, per Amarli poi nella tua dimora! Oh Pyrena, Fai che Muoia in Noi la Vita Calda! Facci conoscere Kalibur, la Morte Fredda del Tuo Sguardo! E facci vivere nella Morte la tua vita gelata! Oh Pyrena, Tu che una volta ci hai concesso il Seme del Cereale da seminare nella piega della vergogna... Uccidi questa Vita Creata!

E deposita nel cuore degli Eletti il Gelido Seme della Pietra Parlante! Oh Pyrena, Dea Bianca Mostraci la Nuda Verità attraverso Kalibur nel Tuo Sguardo, e non saremo più uomini, ma Dei dal Cuore di Pietra Congelata! Kalibur, i tuoi Eletti Ti Acclamano! Kalibur, i tuoi Eletti Ti Amano! Kalibur, Morte Che Libera! Kalibur, Seme di Pietra Congelata! Kalibur, la Nuda Verità Ricordata! Tutto succede velocemente, come se il Tempo si fosse fermato. Il Fuoco Caldo della Passione Animale si converte nuovamente in Terrore. Però adesso quello che sopraggiunge è un Terrore senza limiti, un Terrore che è la Morte Stessa, la Morte Kalibur di Pyrena, la Morte Necessaria che precede la Nuda Verità. Gli Eletti sono paralizzati dal Terrore con il cuore gelato di spavento. Contemplano assorti il Volto di Pyrena mentre ancora risuona nell'aria l'ultimo Kalibur del Gerofante: gli Occhi della Dea sembrano adesso le Porte di un Altro Mondo! Un mondo di Oscurità Infinita! Un Mondo di Freddo Essenziale che è la Morte della Vita Tiepida! Non si può attraversare questa porta senza Morire di Terrore: però se qualcosa la attraversa, questo qualcosa vive nella Morte! E se qualcosa sopravvive alla Morte Kalibur è perché anche questo qualcosa consiste nell'essenza del Freddo dell'Oscurità Infinita. La Morte Kalibur affascina ed attrae verso un Niente che sarà la Matrice del Proprio Essere. Gli Eletti si precipitano senza dubitare nell'Oscurità Infinita degli Occhi della Dea. Però prima di attraversare le Porte della Morte riescono a percepire, in un istante di Terrore Supremo, che il Bosco Sacro, si è trasfigurato e trabocca di Vita manifestata, di una Vita che giaceva occulta dietro l'illusione dell'esistenza vivida, di una Vita che in questo momento veniva fuori oscenamente da tutte le cose come un demoniaco Orgasmo della Natura; e videro anche come il Melo di Tharsis, animato da un'Intelligenza demenziale, fremeva di Diaboliche Risate; e videro la Testa della Dea, ugualmente rivitalizzata, splendere di un'accecante Luce Bianca che accentuava ancora di più l'Oscurità Infinita dei Suoi Occhi. Ed all'Entrare nell'Oscurità Infinita, al raffreddarsi il cuore ed al Morire la Vita Tiepida, vedono come ultima cosa i Capelli di Pyrena brulicando di Serpenti: ed ascoltano i Serpenti sibilare le lettere dell'Alfabeto Sacro e pronunciare con esse ininterrottamente, i Nomi di tutte le Cose Create. Era lì, finalmente svelata, anche se inutile per loro, la Più Alta Conoscenza permessa all'Animale-Uomo, il contenuto del Simbolo del Serpente! Tuttavia, questa Conoscenza già non interessa agli Eletti. Qualcosa di loro ha attraversato le barriere della Morte Kalibur, qualcosa che non teme la Morte e ha incontrato la Nuda Verità che è Se Stesso. Perché l'oscurità Infinita che offre la Morte Kalibur della Dea Pyrena, nella quale tutta la Luce Creata si spegne senza rimedio, è capace di Riflettere questo "qualcosa" che è lo Spirito Increato; e il Riflesso dello Spirito nell'Oscurità

Infinita della Morte Kalibur è la Nuda Verità di Se Stesso. Di fronte all'Oscurità Infinita la Vita Creata muore di Terrore e lo Spirito incontra Se Stesso. È per questo che se l'Eletto, dopo il ricongiungimento recupera la Vita, sarà portatore di un Segnale di Morte che lascerà il suo cuore congelato per sempre. L'Anima non potrà evitare essere soggiogata dal Seme di Pietra di Se Stesso che cresce e si sviluppa ai suoi danni e trasmuta l'Eletto in Iniziato Iperboreo, un Uomo di Pietra, un Guerriero Saggio. Come Uomo di Pietra, l'eletto risorto avrà un Cuore di Ghiaccio ed esibirà un Valore Assoluto. Potrà amare senza riserve la Donna di Carne, però essa non riuscirà mai più ad accendere nel suo cuore il Fuoco Caldo della Passione Animale. Allora cercherà nella Donna di Carne, Colei che a parte l'Anima possegga uno Spirito Increato, come la Dea Pyrena e che sia capace di Rivelare, nella Sua Oscurità Infinita, la Nuda Verità di Se Stesso. Essa, la Donna Kalibur, la amerà con il Fuoco Freddo della Razza Iperborea. E la Donna Kalibur risponderà con l'A-mort gelido della Morte Kalibur di Pyrena. Nono Giorno Fra gli Eletti che affrontavano la Prova del Fuoco Freddo si potevano aspettare tre risultati. In primo luogo, che alcuni non approvassero la Prova, vale a dire, che non fossero passati per l'esperienza effettiva della Morte, sia perché il Terrore iniziale non avesse dato passo alla Passione Animale, sia perché il Fuoco Caldo non si fosse trasformato in Terrore, sia perché il Terrore avesse impedito di osservare di fronte l'Oscurità Infinita, o sia per qualunque altro motivo. In secondo termine, che altri fossero morti realmente. E per ultimo, che alcuni di essi fossero resuscitati. Nel primo caso, gli Eletti sarebbero stati sottomessi ad esecuzione la notte seguente a quella della Prova del Fuoco Freddo; secondo i Gerofanti tartessi non avrebbe dovuto presentarsi alla Prova colui che non fosse stato realmente disposto a morire; perché dalla Prova nessuno doveva uscire vivo; chi fosse morto e fosse resuscitato, al rinascere non sarebbe stato colui che era morto, ma un Figlio della Morte, una persona che avrebbe portato un Segnale di Morte, recando in Se Stesso la Morte: ovvero, il Figlio della Morte sarebbe stato concepito nella Morte da Se Stesso. Chi avesse assistito alla Prova e non fosse morto, non meritava di vivere: le Donne Carnefice di Tartesso avrebbero fatto scendere l'ascia di pietra sul loro collo; li avrebbero assassinati la notte seguente alla Prova nel Bosco dei Salici consacrato alla Dea Luna Ioa, lungo il fiume Odiel. Quale sarebbe stato il loro destino? Nessuno conosceva di sicuro quale sarebbe stato il loro destino, se realmente sarebbero morti per sempre, se fossero resuscitati in un altro mondo, se fossero tornati a reincarnare in vite future o se le loro Anime avessero trasmigrato ad altri esseri. Quanto durava la Prova del Fuoco Freddo? Solamente i Gerofanti e coloro che avevano fracassato, e che morivano ugualmente, lo sapevano; solo essi avevano conservato la coscienza del tempo trascorso. Coloro che si Riflessero nell'Oscurità Infinita ed incontrarono la Nuda Verità di Se Stesso, ricevettero anche un Riflesso dell'Eternità: la contemplazione di Se Stesso, che è un Riflesso dello Spirito Eterno, si sperimenta in un

istante unico, incontenibile per il Tempo della Creazione; gli Eletti che incontrano la Morte Kalibur di Pyrena non potranno mai rispondere a questa domanda; l'esperienza dell'eternità è indescrivibile. Pertanto quelli del secondo gruppo, quelli che morirono realmente, erano considerati Molto Amati dalla Dea, visto che Essa li aveva tenuti nell'Eternità. E avrebbero ricevuto funerali degni dei Guerrieri Saggi: avrebbero avuto il diritto di essere cremati con la spada in mano; e un'urna di legno di Frassino, con le sue ceneri, sarebbe stata in seguito abbandonata alle acque del Mare Occidentale. Nel terzo caso, quando eccezionalmente alcun Eletto ritornava dalla Morte, era incorporato immediatamente al Collegio dei Gerofanti di Tartesso. Il fatto costituiva motivo di festeggiamenti in tutto il Regno infatti il popolo, che non ne comprendeva le sfumature esoteriche, intuiva infallibilmente che il Figlio della Morte significava un riconoscimento per la Razza; nonostante avesse trionfato per Se Stesso nella Prova del Fuoco Freddo, il nuovo Gerofante sarebbe stato l'esponente di un merito collettivo, di una virtù razziale. Anche i vecchi Gerofanti, che conoscevano il segreto, ricevevano ugualmente con allegria l'Eletto resuscitato: c'era lì, indicavano, un Uomo di Pietra; un Ritornato dalla Morte; una persona che nella Morte fu amato dal Fuoco Freddo Kalibur di Pyrena e adesso conserva il Ricordo dell'A-mort; uno che ha sentito, al di là dell'Amore della Vita, l'A-mort della Morte Kalibur, vale a dire, la Non-Morte della Morte Kalibur, e adesso si è immortalato come figlio della Morte. Così lo ricevevano: Oh Eletto di Pyrena, sei mortale e l'A-mort di una Dea ti ha liberato dalla Vita. Per Volontà del Creatore Uno fosti di terra. Per Volontà della Morte Kalibur sei di Pietra. Oh Figlio della Morte, il Valore porta il tuo Nome. Già non devi parlare, solo attuare. Conserva nel tuo Cuore di Ghiaccio il Ricordo dell'A-mort, non ricordare altro. Solamente sperimenta Te Stesso, Fuoco Freddo Immortale, Uomo di Pietra. E, in verità, l'Uomo di Pietra non avrebbe parlato, chissà per molti anni. Non lo avrebbe fatto perché sarebbe stato occupato in sperimentare Se Stesso. Perché dalla rinascita, all'interno del suo cuore, sopra una fibra profonda, ardeva la Fiamma del Fuoco Freddo: e questa Fiamma, quando era percepita, parlava con la voce di Se Stesso; inoltre le sue parole sempre iniziavano con il Nome della Dea: Io sono, Io sono (Ey, Ey). All'ascoltare la Voce di Se Stesso affermando "Io Sono", l'Uomo di Pietra realmente era,

vale a dire, viveva un'esistenza assoluta fuori dall'illusione degli enti materiali, al di là della Vita e della Morte. Per questo motivo l'Uomo di Pietra Immortale non avrebbe parlato, o avrebbe parlato molto poco, di lì in avanti: era molto vicino alla Saggezza Iperborea degli Atlanti bianchi e questo sapere non poteva essere spiegato agli uomini addormentati che amavano la Vita e temevano la Morte Liberatrice. Forse alla fine, durante la Battaglia Finale, lui o altri Uomini di Pietra Immortali avrebbero parlato chiaramente agli uomini addormentati per convocarli a liberarsi dalle catene materiali e lottare per il ritorno all'Origine della Razza Iperborea. Nel frattempo, l'Uomo di Pietra solamente agirà, ascolterà in silenzio la Voce del Fuoco Freddo ed agirà; e il suo atto esprimerà il massimo Valore spirituale: qualunque cosa faccia con se stesso, il suo atto sarà fondato sul supporto assoluto di Se Stesso, al di là del bene e del male, e non sarà influenzato da nessun giudizio o castigo procedente dal Mondo dell'Inganno. E nessuna variante del Grande Inganno, neanche il Fuoco Caldo della Passione Animale, potranno trascinarlo un'altra volta al Sogno della Vita: Saggio e Valente come un Dio, l'Uomo di Pietra combatterà solamente se necessario ed aspetterà in silenzio la Battaglia Finale; desidererà ardentemente l'Origine e lo commuoverà la nostalgia per l'A-mort della Dea; cercherà la sua Coppia Originale (altra metà spirituale) nella Donna Kalibur e, se la troverà, la amerà con il Fuoco Freddo di Se Stesso; ed Essa lo abbraccerà con la Luce Increata del suo Spirito Eterno, che sarà Oscurità Infinita per l'Anima creata. In questo terzo caso, con sicurezza, la Promessa di Pyrena si sarebbe compiuta.

Decimo Giorno

Suppongo che starete aspettando, paziente dottor Siegnagel, una risposta alla domanda pendente: "quale sarebbe stata la seguente reazione dei Golen di fronte al potere tartessico, che si sviluppava fuori dal loro controllo e che frustrava tutti i loro piani?" Questa è la risposta, molto semplice, sebbene sia da chiarire: i Golen diressero contro Tartesso il Mito di Perseo. Si può affermare, rigorosamente, che quello di Perseo, così come altre leggende che tardivamente furono raggruppate sotto la denominazione generale di "Miti Greci", è in realtà un antichissimo Mito pelasgico. Con alcune delle storie "greche" di Ercole è successa la stessa cosa: per esempio, con quella in cui l'eroe lotta con il Gigante Gerione per rubargli i suoi buoi rossi e che nasconde, sotto un simbolo caro ai pelasgici, un'antica incursione dei primitivi Argivi contro il "popolo triplo" degli iberici, o Virtrioni, con l'obiettivo di conquistare il segreto dell'allevamento che non conoscevano o avevano perduto; e la prova sta nel fatto che quegli Argivi, "nemici dei gerioni", si consideravano parenti di questi, dal momento che lo stesso Ercole era pronipote di Perseo. Però Perseo fu bisnonno di Ercole solamente nel Mito argivo; in verità, il tema fu preso da un Mito pelasgico molto più antico, di origine iberico atlante, che si riferisce all'avventura intrapresa da uno Spirito Iperboreo tipico per raggiungere l'immortalità e la Saggezza. Nel tema primordiale lo Spirito Perseo non era argivo ma oriundo degli iberici atlanti, cioè, di un popolo molto più occidentale; per questo la sua prodezza non la compie per incarico di un semplice Re mortale come Polidette ma della Dea della Saggezza, Frya, la consorte di Navutan : tutti i i nomi e le funzioni degli Dei, furono in seguito cambiati, e ritoccati, dai popoli del Patto Culturale, lasciando la storia di Perseo nella forma oggi conosciuta.

Il tema è semplice e, come lo avrò esposto, Voi vi renderete conto che non può procedere da altro che dalla Saggezza Iperborea degli Atlanti bianchi. Una rappresentazione Iperborea dell'Origine, come già ho menzionato in precedenza, fu Thule, il centro isotropico da dove procedeva lo Spirito. In maniera simile, per i primi discendenti degli Atlanti bianchi, l'Origine fu Ponto, che si personificò come un Dio del Mare e si identificò con un'Onda, sicuramente perché da "quest'Origine" provenivano i suoi Antenati. Ponto si sposa con Gea, la Terra, dalla quale nascono, tra gli altri, Forco (maschio) e Ceto (femmina), simboli prototipi degli esseri ibridi, metà animali e metà Dei: in un sottofondo esoterico quest'immagine allude allo Spirito contribuito da Ponto, l'Origine, all'animaleuomo figlio della Terra. I fratelli Forco e Ceto si accoppiano a loro volta e insieme a una serie di Archetipi ibridi, danno vita a tre donne che nascono già "anziane": le Graie o Forcidi, cioè, le "grigie". Naturalmente, le Graie non sono altra cosa che le Vraya, le Guerriere Sagge incaricate di custodire l’aratro di Pietra e la Pietra di Venus: sono "anziane" perché devono essere Sagge e coloro che ignorano il significato degli strumenti litici affermeranno in seguito che "fra tutte e tre avevano solo un Occhio ed un Dente". Perseo è l'idealizzazione dello Spirito prigioniero che pensa all'impresa di liberarsi dalla prigione materiale; il suo obiettivo è scoprire il Segreto della Morte, raggiungere la Più Alta Saggezza e raggiungere la Coppia Originale. Navutan e Frya lo ispirano a consultare le Vraya ed esse, con la Pietra di Venus, gli indicano il cammino da seguire: deve dirigersi a un Bosco Sacro di Frassini e reclamare l'aiuto degli Dei per affrontare la Morte con successo. È quello che fa Perseo così succede l'incontro con Navutan . Il Dio lo informa che la Saggezza si trova il potere di sua Moglie,Frya, però che non risulta facile arrivare fino ad Essa poiché la Morte si interpone al passo dei comuni mortali. Per aprirgli il cammino fino a Frya, Navutan rivela a Perseo il Segreto del Volo e gli consegna il Segno della Mezza Luna, cioè, il simbolo dei Pontefici Iperborei, i Costruttori di Ponti Più Saggi degli Atlanti bianchi: secondo gli Atlanti bianchi, i Pontefici Iperborei conoscevano il modo di costruire un ponte infinito tra lo Spirito e l'Origine (Ponto). Il grado di Pontefice Iperboreo lo conferma Vides, il signore di K'Taagar, quando consegna a quelli che attraversano la Porta della Dimora degli Dei Liberatori la tunica ed il casco: sul fronte del casco i Pontefici fissavano il Segno della Mezza Luna. È tradizione che i Pontefici così vestiti disponevano della Facoltà di diventare culturalmente invisibili, non per effetto di tali indumenti, chiaramente, ma per la Saggezza che implica possederli. Navutan insegna a Perseo la Lingua degli Uccelli e lo guida fino alla Dimora di Vides, che lo investe del titolo di Pontefice Iperboreo: nel suo Viaggio verso Frya, Perseo porterà in mano una borsa di pelle di gru con dentro 16 pietre, in ognuna delle quali era incisa una Vruna. All'approssimarsi a Frya, Navutan consiglia all'eroe di non fermarsi ad osservare il Volto della Morte, che causerebbe la sua immediata distruzione e concentrarsi nello Specchio che la Dea della Saggezza significa oltre la Morte: solo così potrà vincere la Morte! Perseo compie le indicazioni con esattezza e, contemplandosi nello Specchio di Frya, riesce a comprendere la Morte e si trasforma in un Uomo di Pietra Immortale. Al suo ritorno dalla Morte, Perseo impiega la Lingua degli Uccelli per comprendere il Serpente con il Segno dell'Origine: allora raggiunge la Più Alta Saggezza e incontra la sua Coppia Originale. Fin qui, la parte più importante del tema originale trasmesso ai popoli nativi dagli Atlanti bianchi. È evidente che gran parte dello stesso, miracolosamente ricordato grazie alla

missione familiare, fu incorporato dai Signori di Tharsis nella Riforma del Fuoco Freddo. I lidi, successivamente, contribuirono alla sua degradazione mediante la "perfezione della forma rituale", che consisteva nel tentativo di demenziale di esibire esteriormente, plasmati nella materia, alcuni segni che possono essere solamente metafisici. È chiaro che coloro che avrebbero fatto di più per pervertire il senso del Tema dello Spirito Perseo sarebbero stati i Sacerdoti del Patto Culturale; e dopo che il senso era stato restituito attraverso il Culto del Fuoco Freddo, senza indugio, li avrebbero accompagnati i Golen con tutte le loro risorse, fissati in una guerra che consideravano questione di vita o di morte per i piani della Fraternità Bianca che servivano. Ai tempi della caduta culturale dei pelasgici, molto prima che i Golen iniziassero il loro sinistro spostamento verso Europa, il tema originale divenne Mito, i Nomi originali iniziarono a cambiare e i significati si distorsero ed invertirono. Nel Mito argivo, Perseo, per incarico del tiranno di Serifo al quale promise imprudentemente di portare la "Testa di Medusa", si dirige alla Tartesside poiché il mostro abita in un bosco della penisola iberica: simile posizione non é casuale visto che Vides, il Signore di K'Taagar, fu denominato dai Sacerdoti Ides, Aides o Ade, il Signore di Tar, cioè, del Tartaro o Inferno, causa per cui Thar-sis, Tar-tesside, Tar-tesso passarono a designare luoghi infernali. A quest'assegnazione contribuirono anche, in gran misura, i Golen, quando riuscirono ad osservare la scultura della Dea Pyrena e la identificarono in tutto il mondo antico come la "Gorgone Medusa". Il Perseo argivo lo aiutano Hermes e Atena, nei quali è ancora possibile riconoscere Navutan e Frya. Navutan , in effetti, fu chiamato Hermes, Mercurio, Wothan, ecc...; come Hermes, secondo i greci, era figlio di un donna "Atlante", figlia di Atlante e di un Dio (Zeus), cosa che non è lontana dalla genealogia del Grande Capo degli Atlanti bianchi; fu inventore di un alfabeto, della lira e della zampogna, che, aveva scambiato con Febo il caduceo, con il quale pascolava le sue greggi: se si considera che il caduceo è un bastone con due serpenti arrotolati, che Il Sole rappresenta il Dio Creatore e il gregge gli animali-uomini, è facile distinguere nella figura di Hermes quella di colui che ha compreso, mediante un linguaggio, il Simbolo del Serpente con il quale il Dio Creatore pascola i suoi servi. E Frya, da parte sua, fu conosciuta come Atena, Minerva, Afrodite, Freya, ecc...; di Essa i greci dicevano che "fosse nata già armata": era, infatti, Dea della Guerra, della Saggezza e dell'Amore. A partire dal suo viaggio inverso alla Tartesside, il Perseo argivo comincia a comportarsi come un chiaro esponente del Patto Culturale: non consulta le Vraya ma le ruba l'occhio comune; queste lo inviano ad Also, la casa delle Alseidi, vale a dire, a un bosco sacro, dove incontra le Ninfe Meliadi, le quali non sono altra cosa che personificazioni dei Frassini; le Ninfe gli consegnano un sacco di pelle di gru, dove collocherà la Testa di Medusa e dei sandali che permettono di volare; Ade gli presta il casco dell'invisibilità; ed Hermes gli consegna una falce a forma di mezzaluna per tagliare la testa del mostro. Però quello che più svela questa falsificazione generata dai Sacerdoti del Patto Culturale è la prevenzione del Perseo argivo che teme di convertirsi in Uomo di Pietra. Perché nel Mito Egeo non è una Saggezza posteriore ma lo stesso sguardo di Medusa quello che converte in pietra; la Saggezza, al contrario, non si trova oltre la Morte ma al di fuori, insieme a Perseo, definitivamente indipendente e irraggiungibile per lui. Essa non permette che egli si rifletta nella sua Nuda Verità: si limita a collocare un neutro specchio dove "l'eroe" contemplerà la Morte senza che essa lo catturi. È tutto l'aiuto che gli offre Atena: vedendola attraverso lo specchio, Perseo colpirà il collo di medusa con la falce e

darà morte alla Morte, senza che questa "impresa" gli permetta raggiungere l'immortalità. Lo specchio di Atena è il suo scudo protettore; la Testa di Medusa, ottenuta nell'inutile impresa del Perseo argivo, è collocata dalla Dea nel centro dello scudo, facendo capire chiaramente che in questa Era, dopo il trionfo del Patto Culturale, la Saggezza è protetta dalla Morte, senza che esista possibilità alcuna per i mortali di arrivare ad essa. Ovviamente, questa è solo una minaccia dei Sacerdoti del Patto Culturale per esaminare la ricerca della liberazione dello Spirito. Infine, visto che il Perseo argivo non raggiunse l'immortalità né ottenne la Saggezza, non potrà comprendere il Serpente e per questo si vede anche obbligato ad ucciderla, cosa che farà al ritorno dalla sua "impresa", quando lotta con un drago e libera Andromeda, con la quale si sposa e genera una prole numerosa. Finalmente, correndo il rischio di essere giustiziati senza pietà dai tartessi, riuscirono a infiltrarsi nel Bosco Sacro e via Rituale del Fuoco Freddo. Da quel infausto giorno, i Golen seppero che avevano trovato un Volto e un Casa per Medusa. In pochi anni, favorito dalla loro incessante predica ed a quella dei numerosi Sacerdoti che li appoggiavano in tutte le città del Patto Culturale, divenne popolare con rinnovato vigore la leggenda argiva di Perseo: i figli di Forco e Ceto, le Graie, le Gorgoni e il serpente che custodisce l'Albero dalle Mele d'oro, abitano in un bosco sacro della Tartesside, regione e al tempo apparteneva al Regno di Tartesso. Logicamente, si deve compiere in vantaggio strategico che poteva significare i Golen il riaffiorare e adattare un "Mito" se partiamo dal principio erroneo che allora nessuno credeva nel mito o che tutto il mondo, anche se gli concedeva una verità "leggendaria", sapeva che quello "era già successo". Pensare questo dimostrerebbe non conoscere l'ideologia dei Golen. Insieme alla loro rivoluzionaria concezione dell'unità di Dio nel Sacrificio rituale, i Golen sostenevano il sorprendente concetto che i Miti avevano un carattere profetico. Vale a dire, che i Miti e tutti i tipi di argomenti procedenti dal Cielo o dagli Dei, non si compiono mai del tutto, non sono mai realizzati totalmente. Avevano fede cieca nel fatto che se si ripetevano le circostanze e i personaggi, il Mito, come una Profezia, si sarebbe sviluppato nuovamente sulla Terra; in sintesi, affermavano che: Ciò che è stato, tale sarà; Ciò che è stato fatto, esso stesso si farà: niente di nuovo sotto il sole. Di modo che, a giudizio dei Golen, se si profetizzava il Mito del Perseo argivo questo si sarebbe compiuto infallibilmente: allora anche la sentenza di sterminio che pesava sulla Casa di Tharsis sarebbe stata compiuta. Naturalmente, non bisogna farsi ingannare con rispetto alla capacità di produrre effetto di un Mito descritto nei suoi minimi dettagli: sebbene nelle menti credulone del popolo, Perseo e Medusa, erano immaginati come personaggi reali, i Re e capi militari che ambivano il bottino di Tartesso avevano ben chiaro che si trattava di rappresentazioni; nei secoli dell'espansione tartessica, coloro che desideravano "emulare Perseo", per esempio, sapevano molto bene che la "Testa di Medusa" che dovevano tagliare, significava "distruggere Tartesso"; qualcosa di simile avvenne quando durante le guerre del secolo XIX si proponeva di "distruggere l'Orso", alludendo alla "conquista della Russia", o "umiliare il Leone", invece di "sottomettere l’Inghilterra". Tuttavia, il fatto che un Re fosse al

corrente del senso allegorico del Mito, non toglie al mito la capacità di ottenere il suo effetto ma, al contrario, aumenta la possibilità di concretizzarsi realmente: colui che adotta intelligentemente il ruolo di personaggio dell'argomento mitico, interpreta la descrizione del Mito come una specie di piano o progetto da realizzare; e allora non è il personaggio che agisce per realizzare il progetto del Mito, ma è il mito stesso che, incoscientemente, muove il personaggio per concretizzare l'argomento: colui che aspiri ad essere Perseo, finirà col tagliare la testa di Medusa, nonostante creda che potrà auto controllarsi perché conosce il significato allegorico del personaggio. Quindi, dottor Siegnagel, i Golen "diressero contro Tartesso il Mito di Perseo" come reazione all'espansione economica e militare che si sviluppava fuori dal loro controllo e che rovinava i loro piani: la risposta adesso è chiara. Durante i secoli successivi molti sarebbero stati i "Perseo" che avrebbero tentato l'impresa di conquistare Tartesso; e quasi sempre, integrando le spedizioni guerriere, guidando i Re invasori o i Capi dei pirati, arrivava il giovane, caricatura di Hermes che avrebbe segnalato la dimora delle Graie (Vraya) e la posizione dell'Occhio unico, vale a dire, della Spada Saggia. Perché i Golen non avrebbero mai rivelato il loro obiettivo principale: rubare la Pietra di Venus. Questa sarebbe stata la loro parte del bottino: tutto il resto, l’oro e l'argento, le banchine, le barche e le prospere città, tutto sarebbe stato per il Perseo vincitore, per "l'eroe" del Patto Culturale. Non era molto quello che sollecitavano e non sarebbero stati pochi coloro che avrebbero risposto alle loro intriganti proposte. Tuttavia, nonostante quest'offensiva che si fondava nell'azione universale di un Mito e che obbligava i tartessi a vivere in permanente stato di guerra, il Regno si difese con successo fino al secolo III, epoca in cui il suo potere cominciò a declinare di fronte ad altre potenze nascenti: Cartagine, Grecia e Roma, che avrebbero scritto il finale della storia. I greci del periodo preclassico furono molto recettivi alla Strategia dei Golen e questo li condusse ad intraprendere molte spedizioni contro Tartesso: dalle loro fiorenti colonie in Sicilia, in Italia, Gallia e, finalmente, nella stessa Spagna, avrebbero invaso e distrutto Tartesso se non fosse stato perché dovevano proteggere le loro spalle dal crescente potere di Roma. I romani, in cambio, si mostrarono sempre amichevoli con i tartessi e poco permeabili all'influenza dei Golen: ciò non deve sorprendere se si ricorda che per le vene della nobiltà romana circolava il sangue dei pelasgici dell'Etruria, parenti diretti dei tartessi. Il destino, infatti, non avrebbe riservato né ai greci né ai romani "l'impresa" di distruggere Tartesso. Sarebbe stato un uomo di Cartagine, un fenicio, un rosso o punico, il nuovo Perseo che avrebbe impugnato la falce di ferro, simbolo invertito e pervertito della mezzaluna e avrebbe tagliato la Testa di Medusa, dando così compimento alla profezia dei Golen. Durante il secolo XII A.C., quando i filistei la occupano e saccheggiano, comincia la decadenza di Sidone, la città più importante della Fenicia. Si inizia così il dominio di Tiro, che non avrebbe smesso di crescere fino a che Nabucodonosor, dopo un assedio di tredici anni, la distrugge definitivamente nel 574 A.C... Però, per quel tempo, Tiro si era già espansa in tutto il mondo antico e possedeva colonie, come Gades (Cadice), nel Sud della Spagna, nelle coste della Sicilia, nelle Baleari, in Sardegna, e, dall' 814 A.C., nelle coste dell'Africa dove hanno fondato la ricca e prospera città di Cartagine. Con la rovina commerciale di Tiro comincia a dominare, a partire dal secolo VI, la colonia cartaginese, detentrice della maggiore flotta del Mediterraneo occidentale.

Cartagine passò alla Storia per la triste celebrità di aver costituito una società immorale, formata da mercanti la cui unica ambizione era la ricchezza, che imponeva il suo commercio con la protezione di un esercito mercenario; solo alcuni Capi militari, in effetti, erano cartaginesi: la maggior parte dell'esercito era integrato da uomini senza patria e senza legge, vale a dire, da soldati la cui patria era quella che pagava di più e la cui legge dipendeva dal pagamento concordato. Però quello che più impressionò sempre gli osservatori, in maniera analoga alla ripugnanza che causò negli europei del secolo XVI il conoscere il sanguinario Culto azteca dei Cuori Palpitanti, fu il Culto di Moloch, una divinità alla quale bisognava offrire permanentemente sacrifici umani per placare la sua inesauribile sete di vita. A Tiro, i Fenici adoravano Dei molto simili a quelli di altri popoli della Mesopotamia e dell'Asia Minore: rendevano Culto alla Dea Astarte o Tanit, che per gli assiro-babilonesi era Ishtar, Inanna o Nana, per i greci era Io, per gli egizi Isis e che in altri luoghi era chiamata Ashtaroth, Asherah, Cibele, Atena, Anat, Hathot, Astoret, ecc...; e facevano offerte anche ad Adon, che corrispondeva all'Adone frigio; in più credevano in Melqart, che corrispondeva all'Eracle argivo; ed offrivano sacrifici a Baal Zebul, Baal Sidone, Baal Zaduk, Baal Il, Baal Tars, Baal Yah, ecc..., tutti i Nomi del Dio Creatore il quale si rappresentava ora come il Sole, ora come il pianeta Giove, ora come una forza della natura. Fu durante il secolo IX A.C., quando il Re Itobal, sacerdote di Astarte, fece sposare sua figlia Jazabel con il Re Ajab di Israele, che i Golen si infiltrarono a Tiro e cercarono di unificare i Culti nel Sacrificio al Dio Uno IL. Quel tentativo non avrebbe dato grandi risultati fino alla secolo successivo, dopo che il Grande Re Sargon II di Assisi conquistò la terra di Canaan e i Golen si spostarono a Cartagine per officiare come Sacerdoti del Culto a Moloch. Bisogna segnalare che quello cartaginese fu il primo popolo con il quale i Golen si stabilirono, fuori dai popoli europei che gli erano stati assegnati dalla Fraternità Bianca, per compiere la loro missione di unificare i Culti. Però sarebbe stato il primo e anche l'ultimo infatti, secondo quello che essi stessi dichiaravano, il loro interesse si concentrava nel lavorare sui Culti d'Europa: se permanevano a Cartagine, esso si doveva solo ed esclusivamente all'eresia tartessica, alla necessità di orientare quel popolo Perseo a tagliare la Testa di Medusa e dare compimento alle loro profezie. E fu così che, spinto dal sinistro piano dei Golen, il Culto di Moloch sarebbe arrivato a dominare con il terrore tutti gli altri poteri del governo di Cartagine: il Re, la Nobiltà, i Consigli di Stato, i Capi militari, finirono tutti sottomessi a Moloch ed ai suoi Sacerdoti Golen. Alla fine, tutte le famiglie di Cartagine erano obbligate ad offrire i loro figli primogeniti per essere sacrificati nella "bocca di Moloch", vale a dire, per essere gettati nella bocca di un idolo che finiva in un forno incandescente; e li terminavano anche i giorni dei prigionieri, gli schiavi, gli accusati di alcun delitto, le vergini consacrate, o a qualunque persona che i Golen volessero eliminare. Inoltre il Dio non era mai soddisfatto: esigeva sempre più prove viventi di Fede del popolo nel Sacrificio rituale; la loro Legge reclamava una quota di sangue facilmente disponibile. Forse Moloch si aspettava un Sacrificio ancora maggiore, forse si sarebbe calmato con l'offerta di tutto il lignaggio che lo aveva offeso, con lo sterminio in Suo Nome della stirpe dei Signori di Tharsis. Allo scoppiare delle guerre puniche, nell'anno 264 A.C., i dollari credettero arrivata l'opportunità di dare compimento alle Profezie. E non solo lo credettero loro ma anche i membri della Fraternità, iniziale bianca, che inviarono da Chang Shambalà due misteriosi

personaggi in nome Bera e Birsa. Erano due Sacerdoti di grado superiore ai quali davano il titolo di "Immortali"; due Sacerdoti che per essere appartenuti in Epoche remote alla stessa Razza dei Golen, la Fraternità Bianca gli aveva assegnato la missione di dirigere i loro piani. Erano infatti due "Golen Supremi", superiori a quanto avrebbero potuto dimostrare i loro fratelli di razza, in materia di crudeltà ed arti diaboliche: tra gli altri poteri, per esempio, avevano la facoltà di viaggiare nel Tempo, dominio che la mia famiglia verificò amaramente ogni volta che gli stessi attori si manifestarono in distinti secoli successivi con il fine di procurare la loro distruzione. In quell'occasione, Bera e Birsa, si misero al fronte dei Golen di Cartagine per dirigere personalmente l'attacco a Tartesso infatti, a parte la Razza, li univa tutti uno stesso odio contro la Casa di Tharsis. Il Generale Amilcare Barca sarebbe stato il nuovo Perseo, lo strumento che il Mito usava per svilupparsi nuovamente sulla Terra con il proposito che questo militare dimostrasse di fronte al Dio Uno che era preparato per realizzare l'impresa, fu spinto ad assassinare 40.000 uomini del suo esercito mercenario, che erano stati in precedenza incitati alla ribellione con la soppressione del pagamento del salario: dalla Gola dell'Ascia, un Fiume di sangue terminò così nelle fauci di Moloch, con la soddisfazione dei Golen e come chiaro segnale che la profezia sarebbe potuto essere compiuta. In seguito il governo di Cartagine, seguendo le istruzioni dei Sacerdoti Golen, ordinarono nell'anno 237 A.C. ad Amilcare Barca la conquista della Spagna. Quest'invasione, l'ultima che avrebbe sopportato Tartesso, fu il tema di una saga familiare di leggende orali denominata "L'attacco dei 22 Golen". Racconta la saga che nell'anno 229, mediante un'abile ed inaspettato dispiegamento di truppe, il Generale Barca riesce a "sorprendere Tartesso addormentata", come il Perseo argivo sorprende Medusa e la sottomette a ferro e fuoco. Bene, mentre i soldati si lasciano andare all'uccisione ed al saccheggio, altri fatti stanno accadendo. Accompagnando l'esercito cartaginese sono arrivati fino a Tartesso 22 Golen, vale a dire, 22 Sacerdoti Golen condotti da Bera e Birsa. Il Mito del Perseo argivo è divenuto realtà, la profezia si sta compiendo in questo momento ed è necessario attuare con rapidità e precisione: mentre i 20 Golen occupano il Bosco Sacro ed effettuano i rituali convenienti per consacrarlo al Dio Uno EL Moloch e neutralizzare l'influenza magica di Pyrena, gli Immortali Bera e Birsa andranno in cerca della Spada Saggia. I Golen si applicano al loro compito e d'immediato si trovano a profanare la Lampada di Pyrena, concentrati intorno al Melo di Tharsis ed alla scultura della Dea. Quello che succede in seguito è la conseguenza del fatto che ognuno commette un errore di valutazione sulla capacità ed il modo di reazione dell'avversario: i Golen sbagliarono al non considerare la pazzia mistica ed eroica che i Gerofanti tartessi possedevano per essere discendenti dei Signori di Tharsis; mentre i Gerofanti sottovalutavano il potere e la determinazione dei Golen, forse per non conoscere fino ad allora l'esistenza degli Immortali come Bera e Birsa. L'errore dei Golen fu supporre che i Gerofanti, presi di sorpresa tanto quanto le sentinelle di Tartesso, avrebbero accettato la perdita del santuario del Bosco Sacro o che, al massimo, avrebbero offerto resistenza armata, nel quale caso sarebbe giunta in loro difesa una truppa che li scortava. La realtà, molto distinta, era che i Gerofanti avevano considerato molti anni prima la possibilità che il Bosco Sacro potesse cadere in potere del Nemico e avevano preso, già, una decisione al rispetto: non avrebbero mai permesso che questo succedesse; la caduta del Bosco Sacro avrebbe implicato, necessariamente, la sua distruzione. Per questo quando il fuoco, che avanzava su tutto il perimetro , circondò ed

abbracciò il centro del Bosco, i 20 Golen e la Guardia non poterono fare niente per evitare l'orribile morte: gli scheletri carbonizzati mostrarono, in seguito, che tutti si erano rifugiati sotto il Melo di Tharsis e che alla fine erano bruciati e si erano consumati come questo ed i restanti alberi del Bosco. Tutto si ridusse a cenere in quell'incendio che era stato attentamente pianificato durante anni e preparato mediante una studiata distribuzione di legna secca in distinte parti dell'area: all'entrare nel Bosco Sacro con i piani di conquista i Golen non avrebbero guadagnato una piazza ma sarebbero caduti in una trappola mortale. Naturalmente, essi non avrebbero mai sospettato che i Gerofanti tartessi "avrebbero sacrificato" il loro Bosco Sacro prima di vederlo occupato dal Nemico e questa reazione sarebbe stata presa come una lezione dai Golen che, in seguito, avrebbero continuato a lottare contro i discendenti del Patto di Sangue. E la sottovalutazione che i Gerofanti commisero nel valutare il potere reale dei Golen fu sul punto di causare la perdita definitiva della Spada Saggia. Se questo non successe il merito si deve attribuire solamente all'incredibile valore delle Vraya ed alla lealtà al Patto di Sangue che andava oltre la morte. Il caso era che a 20 km da Tartesso, alle pendici del Monte Candelaria, si trovava l'entrata segreta ad una Caverna che era stata resa abitabile in tempi remoti dagli Atlanti bianchi: era una delle opere che si dovevano conservare d'accordo al compromesso del Patto di Sangue. Naturalmente, dopo la sconfitta culturale degli iberici, tale compromesso fu dimenticato e la Caverna, nascosta e solitaria, rimase abbandonata per migliaia di anni. Tuttavia, gli effetti purificatori della prova di famiglia che culminarono con la Riforma del Fuoco Freddo, causò la sua riscoperta, nonostante il fatto che non tutti, né in qualunque momento, potevano entrare in essa: il motivo era che l'entrata segreta era segnalata con le Vrune di Navutan e solamente coloro che avevano il Sangue Puro, coloro che erano capaci di ricordare la Lingua degli Uccelli, riuscivano ad incontrarla; chi non aveva questi requisiti non riusciva a scoprirla neanche se fosse di fronte lei. Pertanto, questa Caverna era stata scelta dalle attuali Vraya per custodire la Spada Saggia. Un corridoio di guerrieri tartessi si formò per permettere l'uscita da Tartesso delle Vraya e salvare, all'ultimo momento, la preziosa eredità degli Atlanti bianchi: molti morirono per compiere questo eroico riscatto, molti dei quali hanno guadagnato l'immortalità per il loro valore, e aspettano a K'Taagar il momento in cui torneranno ad occupare il loro posti di combattimento, quando si scatenerà sulla Terra la Battaglia Finale. Grazie alla loro legale dedicazione, le Vraya, che a quell'epoca erano la Regina di Tartesso e due principesse, poterono arrivare fino all'entrata segreta della Caverna. In verità erano perseguitate così da vicino da Bera e Birsa che solamente una principessa, portando la Spada Saggia, riuscì ad attraversare l'entrata, mentre le altre due Vraya rimanevano indietro per trattenerli. E qui fu dove si vide il terribile potere dei Golen Immortali infatti, anche quando le Vraya li affrontavano con le loro terribili asce di pietra, essi non ebbero bisogno di usare nessuna arma per dominarle, salvo le loro arti demoniache. Il potere dell'illusione, nel quale erano Maestri, bastò a loro per immobilizzarle ed afferrarle. Comunque, la Spada Saggia era già in salvo dentro la Caverna Segreta visto che i Golen possedevano solo l'Anima e non avevano lo Spirito e sarebbe risultato loro impossibile comprendere le Vrune di Navutan . La Saga familiare conclude questa parte della storia narrando lo spettacolo osservato dai Gerofanti tartessi quando si diressero alla Caverna Segreta, dopo aver incendiato il Bosco Sacro. Stesi sul suolo della base del Monte Candelaria, non molto lontano dall'entrata che

i Golen non erano riusciti ad incontrare, giacevano i cadaveri della Regina di Tartesso e la principessa spaventosamente mutilati: di quel quadro risultava evidente che Bera e Birsa avevano sottomesso ad un crudele tormento le valenti Iniziate con l'obiettivo di obbligarle a confessare la chiave dell'entrata segreta; ed era innegabile che esse avevano preferito morire con Onore piuttosto che tradire la missione familiare ed il Patto di Sangue; avevano così resistito prima alla pressione magica dell'incantesimo dei Golen, con Volontà d'acciaio, e poi alla tortura fisica, alla Prova del Dolore. Allora, sicuramente al comprendere il fallimento dei loro piani e temendo uno scontro con gli Uomini di Pietra, gli Immortali si sbrigarono ad assassinarle ed a partire verso l'Isola Bianca, non senza lasciare dietro di loro un’inequivocabile segnale della loro presenza infernale: prima di andarsene, tolsero lo scalpo ai due cadaveri e si portarono via la totalità dei capelli, le due trecce tinte con calce che le Vraya, come tutte le Iniziate consacrate a Io-a, ostentavano fino alle caviglie. E con il sangue che scorreva dai teschi spogliati, scrissero in lingua fenicia su una rocca qualcosa come: il castigo per coloro che offendano Yah verrà dal Cinghiale. Senza dubbio un'altra delle loro profezie maledette.

Undicesimo Giorno

Così, caro dottor Siegnagel, scomparve per sempre il Regno di Tartesso. Il Generale Barca rappresentò nuovamente il Mito del Perseo argivo, nel tagliare la Testa di Medusa, e anche quello di Eracle Melqart, nel vincere il triplo popolo dei Gerioni. Nonostante tutto, anche se di Tartesso non rimase una sola pietra in piedi, il Bosco Sacro si trasformò in cenere, e la scultura di Pyrena fu demolita per ordine di Amilcare Barca, la profezia Golen non venne compiuta visto che la Pietra di Venus, l'Occhio unico delle Vraya, non poté essere rubato da Bera e Birsa. Questo dimostra che sebbene sia certo che gli argomenti mitici si possono sviluppare molte volte sulla Terra, la loro ripetizione non sempre è identica e possono perfino profilare più di una sorpresa a coloro che lo abbiano propiziato. In quest'occasione non solo fallì la profezia, al rimanere in salvo la Spada Saggia, ma neanche la sentenza di sterminio che pesava sulla Casa di Tharsis fu portata a termine. Nel Mito argivo, quando Perseo pianta la falce nel collo di Medusa, dalla ferita sorgono due esseri straordinari: Crisaore e Pegaso. D'accordo con il Mito, solo Poseidone, il Re di Atlantide e dio del Mare occidentale, ebbe il coraggio amare Medusa, con la quale generò due figli, Crisaore e Pegaso, i quali sarebbero nati dalla ferita inflitta da Perseo. Crisaore sarebbe stato un gigante destinato a sposare Calliroe (Kalibur), una "Figlia del Mare", dall'unione sarebbe nato il Gigante triplo Gerione. Credo, dottor Siegnagel, che l'ultima manifestazione del Mito, concretizzata nel dramma di Tartesso, avrebbe determinato la sua ripetizione fino nei minimi dettagli, nonostante non si fosse compiuta, felicemente, la profezia dei Golen. Credo, per esempio, che effettivamente dal collo tagliato di Medusa, dalle rovine di Tartesso, nacque Crisaore, il gigante Figlio di Poseidone: questo fu, senza dubbio, Lito di Tharsis, che, come vedrete più avanti, sposò una Figlia del Mare, una principessa d'America, "all'altro lato del Mare Occidentale"; Crisaore sarebbe nato armato con una

Spada d'Oro, uguale a Lito di Tharsis, che sarebbe partito verso l'America portando la Spada Saggia dei Re iberici. E credo anche che mio figlio Noyo è come Pegaso, il quale è nato con leali per volare fino alle Dimore degli Dei Liberatori e, come lui, il potere di aprire le Fonti con i suoi colpi, solo che nel suo caso si tratta delle Fonti della Saggezza.

I sopravvissuti della Casa di Tharsis, curiosamente 18 in totale, si trovavano riuniti vicino alla Caverna Segreta, in una stretta terrazza protetta naturalmente con enormi mura che permettevano una certa difesa e dalle quali si poteva dominare il versante della montagna. Racconta la saga familiare che, un momento prima, gli Uomini di Pietra, gli unici che sapevano entrare in essa, avevano sostenuto un consiglio nella Caverna Segreta: di fronte al disastro che si abbatteva contro la Casa di Tharsis, giurarono di dedicare i loro sforzi per dare compimento alla missione familiare e per salvare la Spada Saggia era necessario che la Stirpe continuasse ad esistere a qualunque costo; in quanto alla Spada Saggia, decisero che, dopo la morte dell'ultima Vraya, sarebbe rimasta perpetuamente depositata nella Caverna Segreta, perlomeno fino al giorno in cui altri Uomini di Pietra, discendenti della Casa di Tharsis, avrebbero osservato in essa il Segnale Litico di K'Taagar e avrebbero saputo che dovevano partire: fino a quest'occasione la Spada Saggia non avrebbe rivisto la luce del giorno. Quando uscirono, comunicarono queste decisioni ai loro parenti e richiesero notizie a proposito del Regno. Però le notizie che arrivavano all'improvvisato rifugio erano strane e contraddittorie. Si doveva scartare un aiuto a breve dei romani poiché i Golen avevano scatenato una ribellione contro di loro da parte di tutti i popoli della Gallia, tagliandogli il cammino in direzione della Spagna: accudire in soccorso di Tartesso esigeva in questo

momento una spedizione molto numerosa, che avrebbe lasciato sguarnita la stessa Roma. Dall'altra parte, a Tartesso, la vittoria cartaginese era stata schiacciante: tutta la tartesside si trovava sotto il potere del Generale Barca, cosa che completava l'occupazione totale del Sud della Spagna. Ai Signori di Tharsis solo rimanevano le loro vite e un battaglione di fedeli ed agguerrite guardie reali. Tuttavia, qualcosa di strano e contraddittorio successe. Amilcare Barca, è verità, fece distruggere Tartesso fino a farla diventare macerie. In quest'azione tanto lui, come l’esercito mercenario, agirono mossi da una furia omicida che superava ogni raziocinio, da una corsa in dominabile che si impossessò di loro e non li abbandonò fino ad aver distrutto completamente la città già occupata. Fu come se l'odio sperimentato durante secoli dai Golen contro la Casa di Tharsis si fosse accumulato in qualche oscuro recipiente, forse nel Mito di Perseo, per rovesciarsi tutto insieme nell'Anima dei cartaginesi. Quindi, dopo la consumazione dell'irrazionale distruzione, il Generale Barca ed i Capi militari che lo accompagnavano ritornarono bruscamente alla lucidità, non essendo estranea a questo fenomeno la morte dei 20 Golen e la partenza di Bera e Birsa. Momentaneamente, qualcosa si era interrotto, qualcosa che spinge il Generale Barca a desiderare l’annientamento della Casa di Tharsis; e non rimanevano più Golen nella tartesside per iniziarlo di nuovo. Allora, libero per il momento dalla passione distruttiva del Perseo argivo, Amilcare Barca agì con la saggezza di un autentico cartaginese, cioè, pensò al suo interesse personale. Per Amilcare Barca il nemico non era solamente a Roma; li, in tutti i casi, c'era il nemico di Cartagine; però a Cartagine c'erano anche i nemici di Amilcare Barca, quelli che invidiavano la sua carriera di Generale di successo e non si fidavano del suo potere; quelli che lo avevano inviato otto anni prima a conquistare quel paese inospitale e non avevano intenzione di farlo ritornare. Amilcare Barca li avrebbe ripagati con la stessa moneta, avrebbe dimostrato verso il Governo di Cartagine la stessa indifferenza e avrebbe beneficiato l'usufrutto in favore proprio e della sua famiglia dell'immenso territorio conquistato: la Spagna sarebbe stata la Tenuta particolare dei Barca! In più, per questo, bisognava contare nell'imprescindibile collaborazione della popolazione nativa, che aveva controllato fino ad allora i paesi e conosceva tutti gli ingranaggi del suo funzionamento. E quei popoli bellicosi, che furono liberi per secoli, non si sarebbero sottomessi facilmente alla schiavitù, questo lo avvertivano chiaramente i Barcidi, a meno che i loro stessi Re e Signori li avessero convinti che era meglio non resistere all'occupazione. La soluzione non sarebbe stata impossibile poiché, secondo la particolare filosofia dei cartaginesi, "solo doveva essere distrutto quello che non poteva essere comprato". La strana e contraddittoria notizia arrivò così al rifugio dei Signori di Tharsis: Amilcare Barca gli offriva di salvare le loro vite se rinunciavano a tutti i diritti sulla tartesside e accettavano di entrare al loro servizio per governare il paese; in caso contrario, sarebbero stati sterminati come reclamavano i Golen. Con molto dolore, però senza alternative possibili, i Signori di Tharsis dovettero accettare una così disonorabile offerta: lo facevano per un interesse superiore, per la missione familiare e la Spada Saggia. Una volta regolata la resa, quelli di Tharsis passarono a servire i barcidi e riuscirono a riappacificare la tartesside e riorganizzare la produzione agricola ed industriale. Per la

buona disposizione dimostrata furono ricompensati con una fattoria localizzata molto vicino al luogo della scomparsa Tartesso, dove avrebbe vissuto di lì in avanti la "famiglia Tharsis", salvo i membri che svolgevano funzioni nelle città o accompagnavano i Barcidi nei viaggi di ispezione. Finché durò l'occupazione cartaginese, nonostante la protezione assicurata dai Barcidi, la tranquillità fu scarsa dovuto alle costanti minacce dei Golen che esplorarono palmo a palmo la regione cercando la Spada Saggia e avevano aggiunto adesso la morte di venti dei suoi alla lista di imputazioni da saldare da parte della Casa di Tharsis. Alla morte di Amilcare Barca, nel 228 A.C., gli succede suo figlio Asdrubale Barca, però, dopo essere stato assassinato nel 220 A.C., assume il comando dell'esercito cartaginese il figlio di quest'ultimo, Annibale Barca. Il nipote di Amilcare invade la colonia greca di Sagunto nell'anno 219 A.C., che si trovava sotto la protezione di Roma, e inizia con questa azione la seconda guerra punica, sarebbe finita nelle 201 A.C., con la resa incondizionata di Cartagine. 30 anni dopo la distruzione di Tartesso, la Spagna si ritrovava libera per sempre dall'invasore cartaginese! Però già era tardi per Tartesso: il nuovo occupante romano non avrebbe abbandonato la penisola fino alla distruzione del suo stesso impero, 600 anni più tardi.

La Spagna dell'Alto Impero Romano

Con i romani la Casa di Tharsis ebbe un relativo buon periodo infatti fu considerata come nobiltà locale alleata e le furono restituite le funzioni di governo della regione, adesso provincia romana, soggetti alla legge della Repubblica ed all'autorità di un proconsole o propretore. La regione dell'antica Tartesso, tra i fiumi Tinto ed Odiel, rimase compresa nella provincia della "Betica", denominata così per il fiume Betis, oggi Guadalquivir, che si estendeva fino al fiume Anas, oggi Guadiana, frontiera della Lusitania; i romani dettero ai tartessi il nome di "turdetani" ed alla tartesside quello di "turdetania": in pochi decenni la

turdetania si romanizzò, l'uso del latino divenne popolare e si costituirono dei grandi latifondi rurali, proprietà dei governatori della provincia, magistrati o Capi militari. Verso il secolo I A.C., la Casa di Tharsis si era imparentata con la nobiltà romana ed era abbastanza forte in Betica, una provincia che contava con 175 città, molte di esse ricche e fiorenti come Corduba (Cordova), Gades (Cadice), Hispalis (Siviglia) o Malaca (Malaga). Sulla base della fattoria ceduta dai cartaginesi e le restituzioni fatte dai romani, i Signori di Tharsis svilupparono una Villa romana rustica, edificando una Residenza Signorile ed ampliandola con l'acquisizione di grandi estensioni di terreno per la coltivazione; cereali, olivi e viti, facevano parte della produzione principale, oltre ad alcuni minerali che ancora venivano estratti nella sierra Catochar. Bisogna chiarire che i romani la accatastarono come "Villa di Turdes" e che i suoi membri furono chiamati "Signori di Turdes" durante il tempo in cui governo l'Impero Romano, anche se io li seguirò chiamando Signori di Tharsis per mantenere la continuità del racconto. Come tutte le famiglie di proprietari terrieri ispanico romani, possedevano una residenza in Città dove rimanevano la maggior parte dell'anno; tuttavia, ogni volta che potevano, preferivano ritirarsi nella tenuta di campagna poiché il loro maggior interesse era stare vicino alla Caverna Segreta. I Golen non avevano nessuna possibilità di influire sulla popolazione romana e il loro potere si conservava intatto solamente in Lusitania, in alcune regioni della Gallia, in Britannia e Hibernia. Dopo le campagne di Giulio Cesare, questo potere sembrò diminuire completamente e, durante un certo tempo, si credette che la minaccia fosse stata definitivamente scongiurata. Questo, come si vide in seguito, era un errore di valutazione, una nuova sottovalutazione della capacità dei Golen per portare a termine i loro piani. Con rispetto al Culto del Fuoco Freddo, i Signori di Tharsis non ebbero problemi nel reintrodurlo poiché i romani erano notevolmente tolleranti in materia religiosa e, inoltre, anch'essi adoravano il Fuoco fin da Epoche remote. Nella Villa di Tharsis costruirono un Lararium dedicato a Vesta, la Dea romana del Focolare Domestico: lì, di fronte alla statua della Dea Vesta-Pyrena, ardeva la Lampada Perenne del Focolare, la fiamma Lar, che non doveva essere mai spenta. Nonostante si trattasse adesso di un Culto privato, la Casa di Tharsis non aveva perso la sua fama di famiglia di mistici e taumaturghi, e velocemente la loro Villa si convertì in un altro luogo di pellegrinaggio azione per i cercatori dello Spirito, senza raggiungere, naturalmente le proporzioni dell'Epoca di Tartesso. La famiglia dette a Roma buoni funzionari e militari, e, a parte contribuire con la sua produzione di alimenti e minerali, la provvide anche di Aruspici, Auguri e Vestali.

Dodicesimo Giorno

L'imperatore Costantino, con l'editto di Milano dell'anno 313, legalizza il Cristianesimo e gli concede diritti equivalenti a quelli dei Culti pagani ufficiali. Verso il finale del secolo IV, nell'anno 381, per opera dell'imperatore Teodosio I, si dichiara il Cristianesimo "religione

ufficiale dello Stato" e si proibiscono i Culti pagani; nel 386 si ordina, mediante un decreto imperiale, "la chiusura di tutti i templi pagani"; e nel 392, per legge imperiale, "si considera e castiga il Culto pagano come crimine di lesa maestà", vale a dire, sanzionato con la pena di morte. Queste misure non riguardarono i Signori di Tharsis poiché anni prima avevano adottato il Cristianesimo come religione familiare. Il Culto di Gesù Cristo proveniva dalla nazione di Canaan, la patria dei Golen, e certa origine risultò, come è logico, sospettosa a priori; inoltre c'era il preteso fondamento culturale del dramma di Gesù: le profezie registrate in un insieme di libri canonici degli ebrei, i quali affermavano essere "il Popolo Eletto del Dio Creatore". Niente di tutto questo convinceva i Signori di Tharsis e, al contrario, quanto più osservavano quel nuovo Culto orientale, più si persuadeva che dietro ad esso si nascondeva una colossale cospirazione covata dalla Fraternità Bianca. Perché, allora, adottarono il Cristianesimo come religione familiare? Perché, al di sopra dell'origine del Culto e l'appartenenza dei suoi praticanti, esisteva un fatto indiscutibile: che la storia narrata nei Vangeli era in parte vera. Questo lo potevano assicurare i Signori di Tharsis senza nessun genere di dubbi poiché essi la conoscevano da migliaia di anni prima, molto tempo prima che Gesù vivesse in Palestina. Poiché quella è, indubbiamente, una nuova versione della storia di Navutan . Per conoscere la storia in tutta la sua essenza bisognerebbe ritornare migliaia di anni indietro nel passato, fino all'Epoca degli Atlanti bianchi, Padri di tutti i popoli bianchi del Patto di Sangue. Essi assicuravano di essere guidati da Navutan , il Grande Comandante Bianco che aveva scoperto il segreto dell'incatenamento spirituale e aveva rivelato loro il modo in cui lo Spirito poteva abbandonare la materia ed essere libero ed eterno aldilà delle stelle, vale a dire, al di là delle Dimore degli Dei e delle Potenze della Materia. D'accordo con i racconti degli Atlanti bianchi, Navutan era un Dio che esisteva, libero ed eterno come tutti gli Spiriti Iperborei, aldilà delle stelle. Il Dio Inconoscibile, del quale niente si può comprendere da più in qua dell'Origine;Navutan ed altri Dei, erano furiosi perché una parte della Razza dello Spirito si trovava detenuta nell'Universo della Materia: e quest'ira non era diretta solamente contro le Potenze della Materia che catturavano gli Spiriti, ma anche contro lo Spirito debole, contro lo Spirito carente di Volontà Graziosa per rompere l'illusione del Grande Inganno e liberarsi attraverso Se Stesso. Sulla terra, lo Spirito era stato incatenato all'animale uomo in modo che la sua forza volitiva accelerasse l'evoluzione della struttura psichica di quest'ultimo: e talmente ferreo era l'incatenamento, talmente sommesso era lo Spirito nella natura animica dell'animale uomo, che aveva dimenticato la sua Origine e credeva di essere un prodotto della Natura e delle Potenze della Materia, una creazione degli Dei. In altre occasioni, dal momento che lo Spirito rimaneva sulla Terra, gli Dei Liberatori, i loro Spiriti Fratelli, vennero in loro aiuto, molti furono liberati e ritornarono con Loro: per questa causa, si liberarono terribili Battaglie contro le Potenze della Materia. Ultimamente, per esempio, aveva attraversato l'Origine e si era presentato di fronte agli uomini di Atlantide, il Grande Capo di Tutta la Razza Iperborea prigioniera, il Signore della Bellezza delle Forme Increate, il Signore del Valore Assoluto, il Signore della Luce Increata, l'Inviato del Dio Inconoscibile per Liberare lo Spirito, vale a dire, il Kristos di Luce Increata, Kristos Luz, Luci Bel, Lucifer o Kristos Lucifer. Però la manifestazione di Kristos Lucifer ad Atlantide causò la distruzione della sua civiltà materialista: la Battaglia di Atlantide culminò con l'affondamento del continente, molto dopo che Lui fosse tornato all'Origine.

In quelle circostanze, di fronte alla catastrofe imminente di Atlantide, si sviluppa la storia di Navutan . Gli uomini gialli, gli uomini Rossi, gli uomini neri, tutti periranno in un cataclisma peggiore di quello che si avvicina in Atlantide: quello che preoccupa gli Dei liberatori è il cataclisma spirituale, l'abisso nel quale si sommergeranno ancora di più quelli che sopravvivano allo sprofondamento di Atlantide; e questo risultato sembra inevitabile dovuto all'insistenza ed alla tenacità con la quale la Fraternità Bianca mantiene l'incatenamento spirituale, però, più che altro, dovuto all'impossibilità dimostrata dal Diritto di evitare l'illusione e svegliarsi dal Grande Inganno; queste Razze, strategicamente confuse, seguiranno ciecamente i Sacerdoti Atlanti, i quali li condurranno direttamente alla loro definitiva decadenza spirituale. La Razza bianca è l'unica, in questo momento, che dispone di una possibilità di liberazione, possibilità che gli Dei non ignorano. Inoltre l'uomo bianco si trova veramente molto addormentato, con lo Spirito molto sommerso nell'Illusione della Materia, molto proiettato nel Mondo Esteriore: non sarà capace di comprendere la Rivelazione Interiore della Spirito, non potrà liberarsi attraverso Se Stesso. Diventa necessaria una Rivelazione Esteriore dello Spirito adatta per la Razza bianca, per mostrare dal di fuori all'uomo bianco una via di liberazione che conduca alla Saggezza Iperborea: per questo discende all'inferno Navutan . Navutan , "Dio libero ed eterno", accetta di discendere all'Inferno, venire al Mondo della Materia e nascere come un uomo bianco. E come uomo bianco, realizzare l'impresa di liberare attraverso Se Stesso il suo Spirito incatenato: dimostrerà così agli uomini, con l'esempio della Sua Volontà, il cammino da seguire, l'Orientamento in direzione dell'Origine. Riassumendo, la storia che gli Atlanti bianchi trasmisero in forma di Mito ai popoli nativi, sarebbe la seguente. Viveva in Atlantide una Santissima Vergine Bianca, devota al servizio del Dio Inconoscibile e consacrata alla contemplazione della Luce Increata. Afflitta dalla terribile carestia che affliggeva il suo popolo, quella Vergine chiese aiuto all'Inconoscibile; e questo Dio Supremo la cui Volontà è la Grazia, le insegnò un cammino in direzione del Pianeta Venus (Venere). Già lì, la Vergine ricevette dall'Inviato dell'Inconoscibile vari esemplari di una Pianta di Grano, con la quale si sarebbe saziata la fame materiale degli uomini, una Barra, che sarebbe servita per misurare il Tradimento Bianco e il seme di un Bambino di Pietra, che un giorno sarebbe stato uomo e si sarebbe messo alla testa della Razza Bianca e avrebbe saziato la sua fame spirituale. Al ritornare la Venus, la Vergine Bianca, che non aveva mai avuto un contatto carnale con nessuno uomo, era incinta di Navutan . Gli Dei Liberatori le avevano annunciato già che sarebbe stata madre e avrebbe dato alla luce un bambino la cui Saggezza spirituale avrebbe liberato la Razza bianca dalla schiavitù materiale. Un serpente cercava di impedire alla Vergine di realizzare la sua missione però Essa lo uccise schiacciandogli la testa con il suo piede destro. Passato il termine, la Vergine dette alla luce Navutan e lo educò come Guerriero Costruttore, contando sull'aiuto dei Guardiani della Saggezza Litica. Esisteva ad Atlantide un sentiero che conduceva fino ad un Giardino Incantato, che era stato costruito dal Dio dell'Illusione. Cresceva lì un Antico Melograno, conosciuto come l'Albero della Vita ed anche come l'Albero del Terrore, le cui radici si estendevano per tutta la terra ed i cui rami si elevavano fino alle Dimore Celestiali del Dio dell'Illusione. Vicino a quel Melograno Incantato si trovava un Albero di Mele, tanto antico quanto Quello, che era chiamato l'Albero del Bene e del Male o l'Albero della Morte. Era credenza corrente tra gli Atlanti che l'uomo, in Principio, era stato immortale: la causa

per cui l'uomo doveva morire si doveva al fatto che i Grandi Antenati avevano mangiato il Frutto di questo Albero e la Morte si era trasmessa ai loro discendenti come una Malattia. In verità, il sangue dell'Albero, la sua Linfa Maledetta, si era mischiata con il Sangue Immortale dell'Uomo Originale e regolava da dentro la Vita e la Morte. E nessuno conosceva il Rimedio per questa Malattia. Navutan , che non aveva un padre umano, era nato immortale come gli Uomini Originali, però la sua immortalità era, per questo motivo, essenziale, propria della sua speciale natura spirituale; di conseguenza, la sua immortalità era incomunicabile ai restanti uomini bianchi, non serviva per fare in modo che essi recuperassero l'immortalità perduta. Per questo Navutan , con l'appoggio della sua Divina Madre, la Vergine Ama, decide di diventare mortale e scoprire per gli uomini il segreto dell'immortalità. Dal giorno in cui i Grandi Antenati mangiarono il Frutto dell'Albero della Morte, nessuno osava avvicinarsi ad esso per timore alla Morte. Però Navutan era immortale come i Grandi Antenati e riuscì, come Loro, ad avvicinarsi senza problemi. Una volta vicino all'Albero, Navutan tagliò e mangiò il Frutto proibito, rimanendo immediatamente stregato dall'Illusione della Vita: adesso solo gli mancava di scoprire il segreto della Morte senza morire, visto che se periva nell'intento non avrebbe potuto mai comunicare la Saggezza agli uomini bianchi. È allora che Navutan si auto-crocifigge all'Albero del Terrore, per vincere la Morte e si appende per nove notti al suo tronco. Quindi, mentre trascorreva il tempo, la Morte si avvicinava senza che Navutan riuscisse a comprendere il suo segreto. Alla fine, già agonizzante, il Grande Capo Bianco chiuse il suo unico occhio, che manteneva fisso sull'Illusione del Mondo ed osservò in direzione della Profondità di Se Stesso, in un'ultima e disperata reazione per salvare la vita che si spegneva senza rimedio. E sull’apice di Se Stesso, nel mezzo dell'Oscurità Infinita della Morte implicita, vide sorgere una Figura Raggiante, un Essere che era Grazia Pura: si trattava di Frya, l'Allegria dello Spirito, la sua Consorte Divina dell'Origine che veniva in suo aiuto. Quando Navutan apre nuovamente il suo occhio, Frya esce da esso e si addentra nel Mondo del Grande Inganno: va a cercare il segreto della Morte per salvare il suo Consorte agonizzante. Tuttavia non ci riesce ed il tempo diminuisce inesorabilmente. Infine, senza disperare, Frya si dirige ad Iperborea per consultare gli Dei Liberatori; Essi le consigliano di cercare un Gigante bicefalo che abita in un Mondo che si trova sotto le radici dell'Albero del Terrore e che esercita l’incarico di portachiavi: a questo Gigante doveva rubare la Chiave Kalachakra, poiché in essa gli Dei Traditori hanno inciso il segreto della Morte. Il Mito degli Atlanti bianchi diventa qui molto complesso e solo conviene menzionare che Frya, trasformata in Corvo, discende nel mondo del Gigante bicefalo e gli ruba la Chiave Kalachakra: inoltre, per ottenerla, ha dovuto convertirsi in assassina e prostituta; Frya, in effetti, rompe con un colpo della sua ascia la Chiave Kalachakra, però la lama della chiave, nel cadere, si trasforma in sette giganti con sette teste ognuno, i quali "dormono per fare in modo che le Razze radice vivano per loro"; a quel punto, e senza alternative poiché era obbligata dal tempo, Frya si veste con il Velo della Morte che questi giganti tengono soggetto con un lazzo in ogni collo: poi a turno li sveglia e si consegna ad essi come amante, però inesorabilmente li fa decapitare al culmine dell'orgasmo; e le teste dei Giganti, infilate in una corda o sutrâtma, formano il collare di Frya Kalibur, nel quale ogni cranio rappresenta un Segno dell'Alfabeto Sacro della Razza Bianca. Finalmente il Velo

della Morte si toglie e Frya, nuovamente trasformata in corvo, ritorna velocemente da Navutan . Ma era già tardi: giusto nel momento di arrivare, Navutan esala l'ultimo sospiro e il suo occhio si sta chiudendo per sempre. Frya comprende che sarà impossibile rivelare a Navutan il segreto della morte poiché è appena morto e già non potrà leggere la Chiave Kalachakra. Ed è così come, senza perdere un istante, Frya prende la decisione che salverà Navutan e la Razza bianca: si trasforma in Pernice e penetra nuovamente dentro Navutan . La Chiave Kalachakra deve lasciarla fuori, visto che solamente essa può esistere nel Profondo di Se Stesso. Frya deve rivelare a Navutan il Segreto della Morte non solo per ottenere la sua resurrezione, ma anche che il suo Consorte la comunichi agli uomini; d'altra forma la sua immolazione sarebbe stata invano. Inoltre, come esporre a Navutan il Segreto della Morte senza la Chiave Kalachakra, senza mostrargli quello strumento dell'incatenamento spirituale, per la sua comprensione? E Frya lo decide in quell'istante: come pernice, danzerà il Segreto della Vita e della Morte. Esprimerà, con la danza, la Più Alta Saggezza che sia possibile comprendere dall'uomo mortale da Fuori di Se Stesso. E Frya, danzando nel Profondo di Se Stesso, rivela a Navutan il Segreto procedente da Fuori di Se Stesso. E Navutan lo comprende, si rompe l'incantesimo causato dal Frutto dell'Albero della Vita e della Morte e resuscita nuovamente come immortale. Inoltre nello scendere dall'Albero della sua crocifissione, si rende conto che il suo corpo si è trasmutato e adesso è di Pietra Pura; e che può comprendere e esprimere la Lingua degli Uccelli. Allora Navutan insegna agli Atlanti bianchi le 13 + 3 Vrune mediante la Lingua degli Uccelli e li incammina a comprendere il Segno dell'Origine, "con il quale otterranno la Più Alta Saggezza, saranno immortali mentre lo Spirito rimane incatenato all'animale uomo e conquisteranno l'Eternità quando vinceranno la Battaglia contro le Potenze della Materia e saranno liberi nell'Origine". Fino a qui ho riassunto, dottor Siegnagel, la storia di Navutan , d'accordo con il racconto mitico degli Atlanti bianchi. Era facile avvertire che aveva molti punti in comune con la storia evangelica di Gesù Cristo: entrambe le storie trattavano di un Dio fatto uomo; entrambi gli Dei nascevano da una Vergine; entrambi muoiono per crocifissione volontaria; entrambi resuscitano; entrambi lasciano il testamento della loro Saggezza; entrambi formano discepoli ai quali rivelano la "buona novella", che questi dovranno comunicare ai loro simili; entrambi affermano che "il Regno non è di questo Mondo"; eccetera. Ma è evidente che esistono, anche, differenze fondamentali tra entrambe le dottrine. Forse le più accentuate sono le seguenti: Navutan viene per liberare lo Spirito dell'Uomo dalla sua prigione nel Mondo del Dio Creatore e, pertanto, niente di quello che accade qui può essenzialmente profanarlo e molto meno pregiudicarlo eticamente; lo Spirito è Innocente e puro nell'Eternità dell'Origine; per questo Navutan afferma che lo Spirito Iperboreo, appartenente ad una Razza Guerriera, può manifestare solamente una attitudine di ostilità essenziale verso il Mondo del Dio Creatore, solo può ribellarsi di fronte all'Ordine Materiale, solo può mettere in dubbio la Realtà del Mondo che costituisce il Grande Inganno, solo può rifiutare come Falso o Nemico. Ciò che non sia prodotto da Se Stesso, cioè, dallo Spirito, e solo può incoraggiare un unico proposito con Saggezza: abbandonare il Mondo del Dio Creatore, dove è schiavo, e tornare all'Mondo dell'Inconoscibile, dove

sarà nuovamente un Dio. Contrariamente, Gesù Cristo viene per salvare l'Anima dell'Uomo dal Peccato, della Violazione della Legge del Dio Creatore; l'Anima è Creata dal Dio Creatore e deve ubbidire ciecamente alla Legge di suo Padre; tutto quello che succede qui influisce eticamente nell'Anima e può aumentare la sua quota di Peccato; l'Anima non è innocente né pura poiché l'uomo si trova in questo Mondo come castigo per un Peccato Originale commesso dai Padri del Genere Umano ed eredita, di conseguenza, il Peccato Originale; per quello Gesù Cristo afferma che l'Anima dell'Uomo, la creatura più perfetta del Dio Creatore, deve solo manifestare un'attitudine di amore essenziale verso il Mondo del Dio Creatore, deve solo accettare con rassegnazione il suo posto nell'Ordine Materiale, deve solo credere nella Realtà del Mondo, deve solo accettare come Vero ed Amico quello che prova di venire in Nome del Dio Creatore, e deve solo incoraggiare un unico proposito con Saggezza: rimanere nel Mondo del Dio Creatore come pecora ed essere pascolata da Gesù Cristo o dai Sacerdoti che lo rappresentano. Essere Dio o essere pecora, questa è la questione, dottor Siegnagel. Come ho anticipato, quando la legge imperiale dell'anno 392 minacciò di considerare "un crimine di lesa maestà" la pratica dei Culti pagani, era molto tempo che la Casa di Tharsis aveva accettato il Cristianesimo come sua religione familiare. Logicamente, i Signori di Tharsis vedevano chiaramente la marcia dei tempi, e la loro unica priorità, dalla distruzione di Tartesso, era dare compimento alla missione familiare e preservare la Spada Saggia. Questa priorità familiare determinava una Strategia per la sopravvivenza della Stirpe, sopravvivenza che poteva vedersi fortemente minacciata in seguito ad una persecuzione: erano tempi difficili quelli del secolo IV, la decadenza di Roma percepita da Polibio nel secolo II A.C., si era convertita in realtà. L'Impero, attaccato in tutte le sue frontiere da popoli invasori, ha incorporato reggimenti interi di mercenari ed ha consegnato il comando degli eserciti ai barbari; l'agricoltura dei piccoli produttori si era rovinata secoli prima ed era sparita in Italia, assorbita dai grandi proprietari terrieri: solo sopravvivono, in quei giorni, i latifondi coloniali, tra di essi, quello che posseggono in Spagna i Signori di Tharsis, che già non sono Re ma una famiglia di proprietari terrieri e funzionari ispanico romani, devono agire con estrema cautela. Il Cristianesimo, che si è imposto ai vertici del Potere imperiale, adesso è appoggiato dalle lance e dalle spade dei legionari. Ma questo "Cristianesimo", chiaramente, non contiene principi dottrinali che risultano assolutamente inaccettabili dai Signori di Tharsis: esattamente come essi appresero duramente nella loro guerra contro i Golen, i Miti, le Storie Leggendarie, gli Argomenti che sono scritti nel Cielo, possono tornare a ripetersi sulla Terra. Ed essi erano disposti ad accettare la storia di Gesù, ed anche il messaggio, la buona novella, come una specie di aggiornamento del Mito di Navutan : i Signori di Tharsis diventeranno Cristiani perché guarderanno alla storia di Gesù con l'ottica della Saggezza Antica; e non discuteranno le differenze, anche se le avranno sempre presenti e non le dimenticheranno. Abbracceranno la Croce e celebreranno i sacramenti della Chiesa di Roma; a tutti gli effetti saranno Cristiani consacrati; daranno anche i loro figli alla Chiesa. Però tra di loro, nel seno della Casa di Tharsis, solo riconosceranno come Verità quello che coincide con la storia di Navutan o con altri frammenti della Saggezza Iperborea che la famiglia ancora conserva. Come al loro tempo gli Gnostici ed i Manichei e come in seguito faranno i Catari e gli Albigesi, essi accetteranno solamente una parte degli Evangeli, specialmente quello di Giovanni, e rifiuteranno a priori l'Antico Testamento. Questo è quello che affermavano: il

Dio degli ebrei non era altro che Jehovà Satanàs, un aspetto o volto del Dio Uno Creatore dell'Universo Materiale; nel Genesi si narra la storia della Creazione dell'Universo Materiale, dove sarebbe stato schiavizzato lo Spirito Increato ed Eterno; l'Universo creato è, infatti, intrinsecamente maligno per lo Spirito Increato, lo Spirito solo concede valore al Mondo Reale dal quale esso proviene; e da dove provenne anche il Dio Creatore, visto che l'Universo Materiale è stato evidentemente Creato a imitazione del Mondo Reale. E nell'Antico Testamento si narra inoltre la storia del "Popolo Eletto", da Jehovà Satanàs, per regnare su tutti i popoli della Terra. Non fu chiara, per caso, la Promessa che il Creatore fece ad Abramo? "Alza i tuoi occhi e osserva dal luogo dove ti trovi verso Settentrione ed il Mezzogiorno, verso l'Oriente ed il Ponente; poiché ti darò per te e per la tua discendenza per sempre tutto il paese che tu osservi, e farò che la tua discendenza sia numerosa come la polvere della Terra. Se qualcuno può contare la polvere della Terra, può contare anche i tuoi discendenti. Alzati, percorri la terra per lungo e per largo poiché la darò alla tua discendenza" [Gen. 13,14]. Promessa che in seguito fu riaffermata "E facendolo venire alla luce, Jehovà disse: guarda il Cielo e conta, se puoi, le stelle. E aggiunse: così sarà la tua discendenza". Però più chiaro fu il Creatore con Mosè, quando gli rivelò la missione del Popolo Eletto: "adesso, se veramente ascoltate la mia voce e mantenete la mia Alleanza, sarete Proprietà mia particolare tra tutti i popoli, perché tutta la Terra mi appartiene. Voi sarete per me, un Regno di Sacerdoti ed una Nazione Santa. Queste sono le parole che Jehovà dirà ai figli di Israele". E poi: "Io concluderò l'Alleanza. Io realizzerò alla vista di tutti i popoli Gentili le meraviglie, che non sono state mai realizzate in tutta la Terra o nazione alcuna, in modo che tutti i popoli che si trovino intorno a te Israele, vedano l'opera di Jehovà; perché è terribile quello che farò per mezzo tuo. Esegui, perciò, quello che io ti ordinerò in questo giorno. Guardati dall'accordarti con gli abitanti del paese nel quale entrerai, fai in modo che non si convertano in un legame per te. Al contrario, distruggete i loro altari, rompete le loro stele, e distruggete i loro bastoni e pietre sacre". [Ex. 19,6; 34,10]. Al compiere con il piano dell’Alleanza, il Popolo Eletto sarà Benedetto dal Creatore, secondo quello che comunica a Mosè: "Non fabbricherete idoli, né erigerete statue né stele, non metterete nel vostro paese pietre sacre per prostrarvi di fronte ad esse, poiché Io Sono Jehovà, il vostro Dio. Rispetterete i miei sabati ed il mio santuario. Se camminate d'accordo alla mia legge… Mangerete il vostro pane a sazietà e abiterete sicuri nel vostro paese. Darò pace alla Terra e dormirete senza che nessuno vi preoccupi. Non passerà per il vostro paese la spada. Perseguirete i vostri nemici e cadranno di fronte a voi sotto la lama della spada. Cinque di voi seguiranno a cento, e 100 di voi metteranno in fuga diecimila, e i vostri nemici cadranno di fronte a voi sotto la lama della spada. Io mi rivolgerò a voi, Io vi farò crescere e moltiplicare, e manterrò con voi la mia Alleanza. Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi ed Io non mi sentirò stanco di voi. Camminerò in mezzo a voi, Io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio Popolo. Io sono Jehovà, il vostro Dio, colui che vi ha fatto uscire dal paese d'Egitto" `[Lev. 26].

Quel "Popolo Eletto" sarebbe, perciò, quello che annunciavano migliaia di anni prima gli Atlanti scuri, i Nemici del Patto di Sangue: era quanto meno ironico che adesso si pretendesse derivare da quel popolo maledetto un emulo di Navutan , il Fondatore del Patto di Sangue. Infatti Gesù non veniva a salvare il Patto di Sangue ma precisamente a distruggerlo per sempre, cosa che era coerente con la sua provenienza dal Popolo Eletto: per Gesù Cristo, il Sangue Puro si sarebbe degradato come mai, l'umanità intera si sarebbe bastardizzata, il Valore si sarebbe coagulato nelle vene e sarebbe stato rimpiazzato dal Timore del Dio Uno; e quando l'uomo fosse diventato materiale e già non rispondesse al Timore per il Dio Uno, il Valore ugualmente non avrebbe potuto affiorare perché l'uomo era sommerso nel la degradazione morale della decadenza culturale, si era ammorbidito ed effeminato, si era convertito in una universale Canaglia dello Spirito: ma da questa Vile Canaglia, naturalmente, tanto la Chiesa come le altre sette fondate dal Popolo Eletto e dalla Fraternità Bianca, avrebbero estratto il meglio della Terra, cioè, quelli che li avrebbero appoggiati ed assecondati con ardore, i Sacerdoti ed i fedeli, i membri delle Società Segrete che avrebbero dominato il Mondo e la Canaglia dello Spirito che avrebbe approvato il loro governo, termini e serpenti, pecore ed agnelli, colombe della pace, nessun'aquila, nessun condor, dottor Siegnagel. Naturalmente, l'eccezione di questa regola lascia in salvo quelli di Sangue Puro: a tutti quelli che intuiscono che con la crocifissione si deve liberare lo Spirito Eterno, che non ha mai peccato, e non salvare l'Anima peccatrice; a tutti coloro che vogliono un Kristos Guerriero e non un Cristo Pastore; a quelli che intuiscono un Kristos di Luce Increata e non a quelli che percepiscono un Cristo Materiale. Il Kristos che concepivano i Signori di Tharsis, per esempio, era un Dio Spirito Puro, di Luce Increata, che se si manifestasse sulla Terra, lo farebbe mostrando la Corona di Re ed impugnando la Spada; e in questa Parusia, la sola Presenza di Kristos basterebbe per causare un'Aristocrazia dello Spirito tra gli uomini, porrebbe fine alla confusione della Canaglia Spirituale: Kristos comunicherebbe allora carismaticamente con gli uomini, gli parlerebbe direttamente nel loro Sangue Puro; e coloro i quali lo ascoltassero meglio, sarebbero realmente i più Virtuosi, i più Spirituali, i Veri Kristiani.

Tredicesimo Giorno

Come si nota, i Signori di Tharsis erano Cristiani sui géneris e se la Chiesa avesse scoperto il loro modo di pensare sicuramente li avrebbe condannati come eretici. Però essi evitarono sempre di esprimere pubblicamente le loro idee: erano lontani i giorni in cui la Casa di Tharsis custodiva il Culto del Fuoco Freddo ed assumeva l'obbligo della sua conservazione e diffusione. Dopo la distruzione di Tartesso e del giuramento fatto dagli ultimi Uomini di Pietra, la priorità che si erano imposti consisteva nel compiere la missione familiare e salvare la Spada Sacra; per quello sarebbe stato fondamentale passare il più

inosservati possibile, concentrati solo sul loro obiettivo. Non dimenticavano che la Spada Saggia era ancora al riparo nella Caverna Segreta e che pesava su di loro la sentenza dei Golen, o Gorren, cioè, dei Maiali, come li chiamavano spregiativamente i Signori di Tharsis in allusione alla sentenza scritta con il sangue delle Vraya. Sebbene i Signori di Tharsis non parlassero delle loro idee religiose, in cambio agivano: e lo facevano ostentatamente, per attrarre l'attenzione sul comportamento esemplare e deviarla da pensieri discutibili. Li favoriva, in gran misura, la grande ignoranza che caratterizzava i Clerici ed i Vescovi dell'Epoca: questi erano fissati solamente nella parte esteriore del Culto e nella fede ed obbedienza dimostrata dai credenti. E, in questo senso, i Signori di Tharsis costituivano un modello di famiglia cristiana: erano ricchi proprietari terrieri però molto umili e virtuosi; sempre lavorando nelle loro proprietà di Huelva passavano gran parte dell'anno in campagna; aiutavano generosamente la Chiesa e mantenevano, nella Villa di Tharsis, una Basilica consacrata alla Santissima Vergine; avevano perfino formato, con gente del villaggio di Turdes, "un Ordine Minore di Lettori" incaricata di esporre i Vangelo ai Catecumeni che stavano per essere battezzati! Sì, la chiesa poteva essere orgogliosa della Casa di Tharsis. In verità i Signori di Tharsis non mentivano su questo argomento infatti affermavano che l'Immagine più Pura del "nuovo Cristianesimo" era quella della Vergine Maria. Per questo, già a metà del secolo III, trasformarono la Basilica romana dove si officiava il Culto di Vesta in una Ecclesiae Cristiana. Conservarono l'edificio intatto, sostituirono la Statua di Vesta e costruirono un Altare per celebrare l'Eucarestia, sul quale depositarono, inoltre, la Lampada Perenne. Se possibile, i Signori di Tharsis fecero in modo che la Cappella fosse sempre custodita da un clerico della famiglia, anche se,a causa alla sua importanza, riceveva periodiche visite dal Vescovo di Siviglia e dai Sacerdoti della zona. L'adorazione eletta per il Culto della Vergine aveva un'origine autoctona infatti gli stessi Signori di Tharsis quando si presentarono di fronte ai Sacerdoti Cristiani, lo fecero assicurando che avevano presenziato una manifestazione della Vergine. Secondo loro la Vergine era apparsa in una grotta poco profonda situata a pochi metri dalla Villa di Turdes, evento che potevano testimoniare tutti i membri della famiglia ed alcuni servi: la Vergine si era mostrata nello Splendore della Sua Maestà ed aveva chiesto loro di adorare il suo Figlio Divino e che la ricordassero con un Culto. Allora i Signori di Tharsis, preda di una visibile eccitazione, dichiararono che desideravano abbandonare il Culto Pagano e convertirsi in Cristiani. Tale conversione volontaria di una famiglia ispano romana, causò una grande soddisfazione ai Sacerdoti Cattolici poiché avrebbe aggiunto un prestigio esemplare alle loro missioni Evangelisti che nella regione. Per questo furono lieti di accettare l'iniziativa di quelli di Tharsis di destinare la Basilica al Culto della Vergine della Grotta. Così cominciò nella Villa di Turdes il Culto a Nostra Signora della Grotta, che sarebbe stato famoso nel Sud della Spagna fino alla fine del Medioevo, fino a che l'ultimo dei Signori di Tharsis abbandonò definitivamente la penisola e la Chiesa promosse il suo

prudente oblio. Per comprendere le intenzioni che i Signori di Tharsis nascondevano dietro la loro conversione ed instaurazione del Culto alla Vergine, non c'è niente di più rivelatore che osservare la Scultura con la quale sostituirono la Statua di Vesta. Le cose erano abbastanza cambiate dall'Epoca dei cartaginesi. Adesso la Villa era formata da un'enorme Residenza Signorile nella terra dominicata e di circa 50 ettari di terra indominicata dedicata alla coltivazione; un villaggio di contadini, chiamato Villa di Turdes, si era innalzato vicino alla Residenza dei Signori di Tharsis; e a un bordo del villaggio, su una collina che scendeva dolcemente verso la Residenza Signorile, i Signori di Tharsis avevano fatto in modo che si usasse come Chiesa e Parrocchia locale una bellissima Basilica romana. I Catecumeni che andavano a sentire la missa catechumenorum ed i Fedeli, che in seguito avrebbero assistito alla particolare missa fidelium, giungevano fino all'atrium, un cortile circondato di colonne e passavano vicino alla fonte chiamata Cantharus, prima di entrare nella navata centrale. Costruita su un piano rettangolare, la basilica aveva tre navi: due navi laterali che formavano la Croce, la nave centrale, che era divisa da due colonne di sedili, occupati, alla destra dagli uomini e, alla sinistra, dalle donne; la navata centrale terminava con l'abside, una cupola allargata ed elevata dove stava il Sanctuarium. Normalmente, in tutte le chiese dell'Epoca, il fondo all'abside si trovava la Sedia Episcopale, che era il trono occupato dal Vescovo, insieme ad altre sedie per i Sacerdoti. Nella Basilica di Tharsis, la Sedia Episcopale, come vedremo in seguito, era stata ceduta alla Santissima Vergine. Di fronte alla Sedia Episcopale, nel centro del Santuario, si trovava la sacra mensa dell'Altare e, sopra, gli strumenti del Culto: il Calice, la Patena e la Lampada Perenne. Il momento culminante della Messa dei Fedeli, avviene immediatamente dopo che il Sacerdote pronuncia le parole che costituiscono l'Eucarestia: allora recita l'epíclesis, un'invocazione allo Spirito Santo sollecitando il suo concorso per propiziare il miracolo della trasmutazione del Pane e del Vino e muove una tendina che lascia esposta, alla vista dei fedeli, la Divina Immagine della Vergine. I Fedeli rimanevano assorti nella Contemplazione: la Scultura della Vergine di legno dipinto, di piccole dimensioni: 70 cm di altezza, 30 di larghezza e 30 di profondità; si vedeva seduta, con un'espressione maestosa, su una Sedia anch'essa di legno; il volto di bei lineamenti occidentali, visto che riproduce una delle Dame di Tharsis, e sorride dolcemente mentre i suoi occhi guardano fissi in avanti; i capelli cadono nella forma di 16 trecce finemente intagliate, che sorgono immediatamente sotto la Corona; perché tanto Essa, come il Bambino, esibiscono gli attributi della Dignità Reale: entrambe le Corone sono triple ed ottagonali; in quanto al Bambino, si trova seduto sul suo grembo, sul ginocchio sinistro, mentre Essa amorosamente, lo sostiene dalle spalle con la sua mano sinistra: a differenza della Scultura del Vergine, che è di legno dipinto, quella del Bambino è di Pietra Bianca; Vergine di Legno, Bambino di Pietra: il Volto della Vergine è dipinto di un Bianco immacolato, i Capelli d’Oro, il Corpo di Rosso e la Sedia di Nero; con la mano destra, la Vergine impugna un fascio di 16 Spighe di Grano e una Barra, con la mano sinistra sostiene il Bambino; i suoi piedi sono separati, così come le sue ginocchia, e sotto il piede destro si vede, schiacciata, assommarsi la testa di un serpente; il Bambino Kristo Re, invece, guarda fissamente in avanti, nella stessa direzione in cui osserva la sua Divina Madre, ha un libro nella mano sinistra mentre con la destra realizza un gesto che mostra un angolo retto tra il dito indice ed il pollice.

È evidente perché a quest'adorazione si dava il nome di "La Vergine Bianca del Bambino di Pietra" o "Nostra Signora del Bambino di Pietra". In cambio non è molto chiaro il nome "Nostra Signora della Grotta" visto che, a parte la menzione fatta dai Signori di Tharsis a proposito del luogo dell’apparizione della Vergine, la "grotta" non faceva parte per niente del Culto. Però il caso era che la Vergine, come ho appena descritto, rappresentava chiaramente Ama, la Madre di Navutan , che gli Atlanti bianchi chiamavano "La Vergine di K'Taagar” dato che pretendevano che Essa si trovasse ancora nella Città degli Dei Liberatori. Ma che significa K'Taagar? È un'agglutinazione tre parole antichissime: la prima è "Hk", nella quale solo si conserva la "K" finale, che era per gli Atlanti bianchi un Nome generico di Dio: con Hk erano soliti riferirsi all’Inconoscibile come agli Dei Liberatori; la seconda è "Ta" o "Taa", che significa Città: non una qualunque Città ma la Città Iperborea, la Città degli Atlanti bianchi; e la terza è "Gr" o "Gar", che equivale a Cripta, grotta o recinto sotterraneo. K'Taagar vuol dire, quindi, approssimativamente: "La Città Sotterranea degli Dei Liberatori". Con la soppressione della lettera "K" e la trasposizione delle restanti parole, altri popoli si sono riferiti alla stessa Città come Agarta, Agartha, o A'grta, che significa letteralmente " Città Sotterranea". La Vergine di K'Taagar è anche la Vergine di Agartha. Però "A'grta" può essere interpretato anche come "la grotta": sorge così la vera origine dell'ingegnosa denominazione "Nostra Signora della Grotta" che i Signori di Tharsis adottarono per riferirsi pubblicamente alla Vergine di Agartha. In conclusione,quando fu dettata la legge imperiale del 392 D.C. che reprimeva la pratica dei Culti pagani, i Signori di Tharsis erano già Cristiani, cattolici romani e sostenevano nella loro ecclesiae propiae il Culto a Nostra Signora della Grotta, la Vergine di Agartha. Non è che con questo cambio avessero rinunciato al Culto del Fuoco Freddo: in verità, per celebrare quel Culto non si richiedeva nessuna immagine. Fu la necessità figurativa dei lidi quella che, al "perfezionare la Forma del Culto", introdusse in passato l'immagine di Pyrena. Però Pyrena era il Fuoco Freddo nel Cuore e la sua rappresentazione più semplice consisteva nella Lampada Perenne: agli Eletti della Dea a coloro che ancora credevano nella Sua Promessa, solo doveva bastare la Lampada Perenne, visto che il Rituale e la Prova del Fuoco Freddo dovevano adesso realizzarsi interiormente. Così che, tutto l'Antico Mistero del Fuoco Freddo era esposto alla vista in quella Basilica della Villa di Turdes. Ma, come anticamente, come sempre, solamente gli Uomini di Pietra lo comprendevano. Solamente Essi sapevano, quando pregavano nella Cappella, che lo Sguardo della Vergine di Agartha e quello del Bambino di Pietra, erano fissati sulla Fiamma della Lampada Perenne; e che questa Fiamma danzante era Pyrena, era Frya, la Consorte di Navutan , che esprimeva con la sua danza il Segreto della Morte. Appena iniziato il secolo IV, tre popoli barbari si lanciano all'assalto della Spagna: due sono germanici, i suebi ed i vandali e l'altro, quello degli alani, iraniano. Nella divisione che fanno, agli alani tocca occupare la Lusitania e parte della Betica, inclusa la regione della Villa di Turdes: arrivano nel 409 e, negli otto anni che riescono a sopravvivere nella regione, la loro presenza si riduce all’usufrutto in profitto proprio delle tasse corrispondenti ai funzionari romani e al periodico saccheggio di alcuni villaggi. Per far fronte all'invasione, il Generale romano Flavio Costanzo, in nome dell'Imperatore Onorio, contratta il Re Walia dei visigoti mediante un foedus firmato nell'anno 416: con questo trattato i visigoti accettano di combattere, in qualità di federati dell'Impero, contro i popoli barbari che

occupano la Spagna, ricevendo in cambio terre dove stabilirsi nel Sud della Gallia, la Tarragonese e la Gallia Narbonensis. Gli atlanti sono così rapidamente annientati, intanto che i vandali realizzano incursioni nella Betica ancora per alcuni anni fino a che finalmente abbandonano la penisola in direzione dell'Africa. Quando nel 476 il re degli Eruli, Odoacre, depose l'Imperatore Romano Augusto (Augustolo), dando fine all'Impero Romano d'Occidente, erano già cinque anni che il re Eurico aveva occupato la Spagna. Questa volta, i visigoti entrarono per eliminare la presenza dei suebi, nel compimento del foedus dell'anno 418, e non se ne sarebbero andati durante i seguenti 250 anni. La presenza permanente dei visigoti in Spagna non influenzò in modo determinante la vita degli ispanico romani, tranne nel caso dei proprietari di grandi latifondi che si videro obbligati per il foedus a dividere le loro terre con gli "ospiti" germanici. Tale era il caso dei Signori di Tharsis,che dovettero ospitare una famiglia visigota di nome Valter e cederle un terzo della terra dominicata e due terzi della terra indominicata. Tuttavia, in seguito a questa espropriazione, che costituiva un giusto pagamento per la tranquillità che assicurava la presenza visigota di fronte alle recenti invasioni, tutto continuava uguale ai giorni dell'Impero Romano: solo il destino delle tasse era cambiato, già non era Roma ma la più vicina Toledo; la quantità e la periodicità dell'esazione, e perfino i funzionari esattori, erano gli stessi che durante l'Impero. Tre questioni fondamentali dividevano fin dal principio i visigoti e gli ispanico romani: una legge che proibiva i matrimoni tra i goti e gli ispanico romani, la differenza religiosa e la sproporzione numerica tra entrambi i popoli. La prima questione fu risolta nell'anno 580 con l’annullare la legge, lasciando alzata la barriera che impediva il fondersi dei due popoli: a partire da allora, la famiglia Valter si integra con vari matrimoni alla Casa di Tharsis, restituendo in questo modo il patrimonio iniziale dei Signori di Tharsis.

La Spagna del Basso Impero Romano

La seconda questione, significa che, mentre la totalità della popolazione ispanico romana professava la religione cattolica, gli ospiti visigoti sostenevano la fede ariana. Di fatto, entrambi popoli erano Cristiani e ignoranti delle sottigliezze teologiche che i Sacerdoti stabilivano dogmaticamente. E in questo caso, la differenza che Ario aveva segnalato era di sotto di una sottigliezza estrema. I visigoti furono evangelizzati, quando ancora abitavano le coste del Mar Nero, dal Vescovo goto Wulfilas, sostenitore di Arrio, in seguito con l'avanzare verso Occidente, spinti dagli unni, avrebbero scoperto con soddisfazione che il loro Cristianesimo era differente da quello dei romani e si sarebbero afferrati tenacemente a questa differenza, a volte incomprensibile. Avrebbero agito così perché i goti possedevano, sviluppato ad un livello altissimo, l'orgoglio nazionale ed avevano bisogno di disporre di una differenza tangibile, un principio unificatore proprio, che evitasse loro di essere fagocitati culturalmente dall'Impero Romano: il significato della differenza in se stessa non aveva maggiore importanza; la cosa concreta sarebbe stata che l'arianesimo li avrebbe mantenuti separati religiosamente dalla popolazione romana nel momento in cui, unendosi fra loro, gli permetteva di conservare la Cultura gotica. E consisteva quella differenza con il dogma cattolico, che pochi comprendevano ma che i goti nazionalisti avrebbero difeso fino alla fine? Specificamente, si riferiva a una definizione sul problema della Divinità di Gesù Cristo. La posizione di Ario, nato in Libia ma iscritto alla diocesi di Antiochia, sorse come reazione contro la dottrina di Sabellio: esso aveva affermato che non esisteva distinzione essenziale tra le tre Persone della Trinità Cristiana; il Figlio e lo Spirito Santo in realtà erano manifestazioni del Padre sotto un altro Aspetto o prósopa: l'essenza del Dio Uno, al presentarsi con un Aspetto era il Padre, con un altro era il Figlio e con un altro lo Spirito Santo. Contro questo, Ario cominciò ad insegnare fin dal 318 che "solo il Dio Uno è eterno e incomunicabile: Gesù Cristo fu creato dal niente e pertanto non è eterno; è una creatura del Dio Uno e pertanto qualcosa di differente da Lui, qualcosa di non consustanziale con Lui". Sabellio non stabiliva nessuna distinzione tra le tre Persone della Trinità mentre Ario faceva differenza tra il Padre ed il Figlio, il quale già non era Dio né consustanziale con il Padre: entrambi sarebbero stati condannati come eretici dalla Dottrina Cattolica. Ed allora qual era la verità? Secondo quello che decise a Nicea, nel 325, un Concilio di 300 Vescovi, Gesù Cristo rispondeva alla formula consubstantialis Patri, cioè, era consustanziale con il Padre della sua stessa sostanza, Dio uguale a Lui. In modo che la differenza religiosa che separava i goti ed i romani versava sul complesso concetto della consustanzialità tra Dio ed il Verbo di Dio, differenza che l'ostinazione gotica non sarebbe riuscita a spiegare a meno che si consideri che con essa si stava preservando una Cultura, una tradizione, un modo di vita. Chissà che non si evidenzi nella sua reale dimensione il pericolo dell'immersione nella Cultura romana che denunciavano i nazionalisti goti se non si entra nella terza questione, quella della sproporzione numerica tra entrambi i popoli: perché i visigoti erano solamente 200.000; vale a dire che una comunità di 200.000 membri, recentemente arrivati, doveva dominare una popolazione nativa di 9 milioni di ispanico romani, esponenti di un alto grado di civiltà. Alla luce di certe cifre si capisce meglio la reticenza dei goti nel sopprimere le differenze religiose e giuridiche che li separavano dagli ispanico romani.

La realtà del loro scarso numero obbligò i visigoti a tollerare la religione degli ispanico romani sebbene senza cedere un centimetro dalle loro convinzioni ariane. Tuttavia, nonostante la disperazione dei nazionalisti, l'universalità di un mondo che allora era cattolico e romano penetrò da tutti i lati ed alla fine dovettero accettare un'integrazione culturale che già era consumata di fatto. Nell'anno 589 il Re Recaredo si converte al cattolicesimo durante il III Concilio di Toledo concretizzando l'unificazione religiosa di tutti i popoli della Spagna. Essendo quello dei goti un popolo di Razza indogermanica, che si contavano tra gli ultimi che abbandonarono il Patto di Sangue, cioè, che erano tra quelli di Sangue più Pura della Terra, è facile concludere che la loro presenza nella penisola solo poteva portare beneficio alla Casa di Tharsis; inoltre quel passo dato da Recaredo avrebbe elevato, già senza ostacoli, i Signori di Tharsis alle più nobili dignità della Corte di Toledo: dal secolo VII i Signori di Turdes-Valter sarebbero stati Conti visigoti. L'unificazione politica della Spagna completata da suo padre, il Re Leovigildo, e l'unificazione religiosa portata a termine da Recaredo, lasciavano esposto un Nemico interno che fino ad allora, aveva prosperato con le differenze che separavano i due popoli. Si trattava dei membri del Popolo Eletto, da Jehovà Satanàs, i quali professavano verso i Gentili, cioè, verso quelli che non appartenevano al Popolo Eletto, un odio inestinguibile analogo a quello che i Golen sperimentano verso la Casa di Tharsis. Sebbene l'ultimo Cristianesimo, quello di Gesù Cristo, registrasse il chiaro origine dei suoi Libri Sacri, delle sue tradizioni, delle sue Sinagoghe, e dei suoi Rabbini, essi lo disprezzavano e giustificavano la sua esistenza come un male necessario, come la favola che avrebbe messo in evidenza la morale della Verità Ebraica. Il falso Cristianesimo cattolico sarebbe durato fino all'arrivo del Messia Ebreo, il vero Cristo, il quale si sarebbe seduto sul Trono del Mondo ed avrebbe sottomesso tutti i popoli della Terra alla Schiavitù degli Ebrei. Era questa una Profezia che si sarebbe compiuta inesorabilmente, esattamente come assicuravano nel Talmud innumerevoli Rabbini e Dottori della Legge. Credevano ciecamente che la Diaspora avesse per oggetto l’infiltrarsi tra i popoli Gentili come una sorta di preparazione mistica per il Futuro che sarebbe venuto, per la Restaurazione Universale del Tempio a Jehovà Satanàs e la Resurrezione della Casa di Israele, il vero Messia Ebreo: durante la dispersione, i Gentili avrebbero appreso chi sono gli ebrei, l'espressione del Dio Uno sulla Terra e gli ebrei avrebbero dimostrato ai Gentili qual è il Potere del Dio Uno. In tutta la Diaspora, in quel Sefarad di Spagna, gli ebrei, persuasi dal loro protagonismo messianico, si dedicavano a minare con qualunque mezzo le fondamenta sociali dei popoli Gentili; la religione, la morale, le istituzioni della nobiltà e della regalità, l'economia e tutte le basi legali, soffrivano attacchi sistematici da parte dei membri del Popolo Eletto. Già Recaredo dovette agire contro di loro dovuto all'evidenza del loro infaticabile lavoro di corruzione, però i successori di quel Re non operarono con la necessaria energia e permisero che gli ebrei proseguissero con i loro piani. Al Re Sisebuto, straordinario guerriero e geloso cristiano, che vinse successivamente i baschi, i cantabri, i vasconi, gli asturiani ed i greci bizantini, toccò correggere questa situazione: nell'aprile del 612 viene stipulata una legge che proibisce agli ebrei "la possessione di schiavi cristiani". Non vi deve scappare, dottor Siegnagel, la profonda ironia che implicava quella proibizione dal punto di vista teologico, tenendo in conto che le Profezie talmudiche annunciavano "La pronta schiavitù dei cristiani (o goim) ". Ovviamente, agli effetti giuridici, la legge fu

regolata puntando agli schiavi concreti e così ordinava che "ad ogni ebreo che, dopo il 1 luglio del 612, fosse sorpreso in possesso di uno schiavo cristiano, sarebbe stata confiscata la metà dei suoi beni, mentre allo schiavo sarebbe stata concessa la libertà in qualità di cittadino romano". Riportò anche in vigore, con la stessa legge, una disposizione dei tempi di Alarico II che dichiarava l'esecuzione per gli ebrei che avessero convertito un Cristiano alla loro religione, incluso se si fosse trattato del figlio di un matrimonio misto. Morto Sisubeto, si riunisce nel 633 il IV Concilio di Toledo al quale assiste il Conte di Turdes nei panni di Vescovo locale. Si trattano diversi argomenti, come la successione reale, i casi di sedizione, le norme per le discipline ecclesiastiche, ecc., e in un luogo centrale si discute appassionatamente sul problema ebreo. Il Re Sisenando che presiede il Concilio, carente per completo delle doti strategiche e della Missione Iperborea di Sisebuto, è evidente che una fazione pro ebrea prenda la parola protestando per le misure decretate recentemente contro il Popolo Eletto. È qui che il Conte di Turdes Valter si scontra violentemente con il Vescovo Isidoro di Siviglia, che non possiede neanche lontanamente il Sangue Puro di Racaredo e Sisebuto, nonostante sia uno degli uomini meglio istruiti e più intelligenti di Spagna: la sua enciclopedia di 20 volumi "Etymologieae" è un'opera maestra per l'Epoca, oltre ad altri numerosi libri dedicati ai temi più diversi; scrisse anche un trattato di apologetica dal suggestivo titolo "De fide cathólica contra Iudeos”. Inoltre, Isidoro professava un'ammirazione senza limiti per la storia del Popolo Eletto e considerava l'Antico Testamento come la base teologica del Cristianesimo, esattamente come dimostra nel suo trattato di esegesi "Allegoriae quaedam Sacrae Scripturae" dove commenta i libri ebrei. Questo atteggiamento lo condusse alla contraddizione di sostenere da un lato la necessità di combattere il giudaismo e dall'altro di procurare la difesa degli ebrei, per evitare che su di essi si esercitasse "qualunque tipo di violenza". Nel corso del concilio, condotto da questa falsa "pietà cristiana", cerca di far fare marcia indietro alle leggi dei Re visigoti. Grazie all'intervento del Conte di Turdes Valter si approvano dieci norme sugli ebrei, ma senza il rigore della legge di Sisebuto: si proibisce agli ebrei, fra le altre cose, la pratica dell'usura, lo svolgimento di incarichi pubblici, i matrimoni misti, si ordina la dissoluzione dei matrimoni misti esistenti e si riafferma la proibizione di mantenere gli schiavi cristiani. Per valutare l'importanza delle risoluzioni prese bisogna solamente notare che i Concili di Toledo erano Sinodi Nazionali della Chiesa Cattolica: da lì la serietà di una delle norme, che stabiliva espressamente la pena di scomunica per i Vescovi ed il resto della gerarchia della Chiesa, così come ai nobili coinvolti con questa legge, nel caso che non avessero compiuto con esattezza e dedicazione le disposizioni sugli ebrei. Durante questo IV Concilio di Toledo, il Conte di Turdes Valter difese con ardore la causa denominata "della Cultura ispanico gotica", nel momento in cui la fazione a favore degli ebrei con alla testa il Vescovo Isidoro sembrava aver controllato il dibattito. La sua irruzione fu decisiva: parlò con tale eloquenza che riuscì a convincere la maggior parte dei Vescovi di prendere misure urgenti per contrastare il "pericolo ebreo". Rimasero tutti affascinati, specialmente i nobili visigoti, quando lo ascoltarono assicurare che "la Cultura ispanico gotica era la Più Antica della Terra", e che adesso questa inestimabile eredità "era minacciata da un popolo nemico dello Spirito, un popolo che

adorava in segreto Satanàs e contava nel Suo Potere Infernale per schiavizzare o distruggere il genere umano": Satanàs gli aveva conferito potere sull'Oro del quale sempre si valevano per portare a termine i loro piani inconfessabili, e "con il quale sicuramente avevano comprato il voto dei Vescovi che li difendevano". Questa possibilità di stare al servizio dell'Oro ebreo portò più di un Vescovo pro ebreo a chiudere la bocca e permise che, finalmente, si approvassero le misure desiderate dal Conte di Turdes Valter. Però, tale vittoria non fu positiva per la Casa di Tharsis poiché mise in evidenza qualcosa che fino ad allora era passato inosservato da tutti quanti: dal comportamento del Conte di Turdes Valter traspirava qualcosa in più di una gelosia cattolica, qualcosa di vivo, qualcosa che solo poteva procedere da una Conoscenza Segreta, da una Fonte Occulta; il Conte Vescovo era troppo sicuro di quello che affermava era troppo categorico nella sua condanna, per trattarsi di un fanatico, di qualcuno accecato dalla fede; a tutti gli effetti era evidente che il Conte sapeva quello che diceva; inoltre quanto e che sapeva? Da dove procedeva la sua Saggezza? A partire da lì la Casa di Tharsis sarebbe stata nuovamente osservata dal Nemico: e all'odio dei Golen si sarebbe aggiunto adesso quello del Popolo Eletto e quello di un settore della Chiesa Cattolica, i quali non avrebbero cessato più di perseguitare i Signori di Tharsis e di procurare la loro distruzione; in seguito, anche se contribuiva con la sua ricchezza ed i suoi membri al rafforzamento della Chiesa, la Casa di Tharsis sarebbe sempre stata sospettata di eresia.

Quattordicesimo Giorno

Di Maometto solo farò notare qui che se impose ai fedeli dell'Islam l'obbligo di orientarsi giornalmente verso una pietra, la Pietra Nera o Kaaba, e la Guerra Santa come modo per soddisfare Dio, era perché conosceva i Principi della Saggezza Iperborea: infatti Guerriero orientato è una definizione adeguata per l'Iniziato Iperboreo. Sicuramente la Saggezza esoterica di Maometto fu invalidata o non compresa tra i suoi discepoli. In ogni caso, anche quando non compresi totalmente, la semplice applicazione dei Principi della Saggezza Iperborea è sufficiente per trasmutare gli uomini ed i popoli, per neutralizzare il pacifismo degradante del Patto Culturale. Così, alla Morte di Maometto nel 632, quasi tutta l'Arabia si trovava sotto il potere dei Califfi; nel 638 cadono Siria e Palestina, nel 642 l’Egitto, nel 643 Tripoli, nel 650 tutta la Persia. Per ultima, la Civiltà romana perde l’Africa: nel 698 è distrutta Cartagine. In Spagna, il Re Egica dovette convocare d'urgenza il XVII Concilio di Toledo, che si riunì nella Chiesa di Santa Leocadia il nove di Novembre dell'anno 694. Il motivo fu il seguente: la città africana di Ceuta, di fronte a Gibilterra, era l'unica piazza cristiana che ancora resisteva alla spinta araba; al fronte della stessa si trovava il Conte Giuliano, vassallo del Re di Spagna: la resistenza di Ceuta dipendeva esclusivamente dalle provvigioni che inviavano loro gli ispano-goti; bene, i Ceuti avevano scoperto qualcosa di terribile: gli ebrei dell'Africa stavano negoziando l'invasione araba della Spagna, con l'appoggio dei loro fratelli nella penisola; una volta stabilito il prezzo del tradimento, gli ebrei della Spagna

avrebbero fornito ai saraceni tutta l'informazione necessaria e la loro collaborazione personale, per assicurare il successo dell'invasione. Naturalmente, il Popolo Eletto odia tanto i maomettani come i cristiani, ma la loro Strategia profetica prescrive il bisogno di far scontrare l'uno contro l'altro il nemico fino a che tutti finiscano sottomessi da essa. E in quel momento era il turno di distruggere i Regni Cristiani d'Europa. Quando queste notizie arrivarono al Re Egica, che apparteneva ad un clan nemico dell'alta nobiltà e del clero, vale a dire, pro ebreo, non ebbe altra scelta che riunire il Concilio ed esporre il caso di Alto Tradimento. Questa volta ci sono quattro Vescovi della Casa di Turdes Valter per difendere la causa del Cristianesimo spirituale e della Cultura ispanico gotica. Si discute ardentemente e alla fine si decide di agire con il massimo rigore: tutti gli ebrei della Spagna saranno sottomessi alla schiavitù ed i loro beni confiscati in favore dello Stato visigoto. È chiaro che queste misure non erano dure ma morbide infatti, a non applicare la pena di morte contro i traditori, solo si otteneva che questi guadagnassero tempo e continuassero a cospirare. Gli arabi gli avrebbero restituito, 15 anni dopo, tutte le loro antiche ossessioni e gli avrebbero concesso un posto di rilievo nella società, come retribuzione per i servizi prestati! Il partito dell'alta nobiltà e dell'alto clero, appoggiato dai Signori di Turdes Valter, si riuniva intorno alla famiglia del defunto Re Chindasvindo; il partito della "monarchia progressista" si riuniva intorno alla famiglia del Re Vamba, morto nel 680. Egica, che era membro della famiglia di Vamba, combina la successione al Trono di suo figlio Witiza, che comincia a regnare nell'anno 702. Intanto, in Betica, governa il Duca Roderico. Al morire Witiza nel 710, l'Aula Regia di Toledo, dove raggiunsero la maggioranza quelli del partito di Chindasvindo, proclama nuovo Re Roderico. Disprezzati, i figli di Witiza, al momento governatori e funzionari della provincia, considerandolo un esproprio, sollecitano agli ebrei di organizzare un'intervista con il Generale Musa Ibn Nusayr (Muza). Nel frattempo, incitano alla ribellione la tarragonese, la narbonese e la navarra, obbligando Roderico a concentrare tutte le sue forze nel Nord per soffocare la sommossa: queste campagne causano l'interruzione dei rifornimenti a Ceuta, che viene rapidamente schiacciata dagli arabi. Parte in direzione dell'Africa quella banda di rapitori: la integrano i figli di Witiza, Olmundo, Ardabasto e Agila, i fratelli del defunto Re, Siseberto e il Vescovo di Toledo, Oppas, accompagnato dal Gran Rabbino di Siviglia, Isaac. Incredibilmente, il Conte Giuliano, che si è messo al servizio di Muza dopo lo la consegna della piazza e mosso da un'ostilità personale nei confronti di Roderico, consiglia al Generale arabo di intervenire in Spagna. Muza gli promette di inviare aiuto per sconfiggere Roderico. I traditori ritornano e fanno finta di fare la pace con il Re, che non sospetta. Nel 711 il generale berbero Tariq Ibn Iyad (Tariq il guercio) trasporta in quattro barche un esercito composto da arabi e berberi e sbarca a Gibilterra. Roderico, che ancora combatte con i vasconi nel Nord, deve attraversare il paese per tagliare il passo di Tariq, essendo sconosciuta la sorte occorsa a l'ultimo Re visigoto. "L'aiuto" offerto dagli ebrei e arabi ai sostenitori di Witiza non sarebbe stato in beneficio di questi visto che l'anno seguente il Generale Muza, al fronte di un esercito più numeroso, avrebbe iniziato la conquista della Spagna; in pochi anni tutta la penisola, meno una piccola regione dell'Asturia, sarebbe caduta in suo potere. La Spagna si sarebbe convertita così, in un Emirato dipendente dal Califfo di Damasco.

Anche se nella misura in cui avanzò la Riconquista cristiana il dominio arabo andò retrocedendo, la Betica rimase occupata durante più di cinquecento anni. Per la Casa di Tharsis, la catastrofe visigota non causò altro effetto che la perdita immediata del potere politico: "i Conti di Turdes Valter" tornarono ad essere "i Signori di Tharsis". Per lo più, conservarono le loro proprietà anche se dovettero pagare forti tasse all'Emiro per la loro condizione di Cristiani. I Signori di Tharsis, che già avevano moltissima esperienza nel sopravvivere a situazioni simili, erano pienamente coscienti che per il momento non esisteva in Europa una forza militare capace di espellere gli arabi dalla Spagna: l'Emiro Alaor, che governò tra gli anni 718 e 720, riesce ad attraversare i Pirenei ed a conquistare la città di Narbona, attaccando da lì i territori dei franchi; solo il nobile Pelagio di Fafila gli resiste e riesce a mantenere una regione sotto il dominio cristiano sulle montagne della Cantabria e nei Pirenei: da questo nucleo sorgerà il regno delle Asturie, al quale in seguito, nel secolo X, si sarebbero aggiunte Leon e Castiglia e si sarebbero formate nel secolo IX Catalogna e Navarra e nel secolo XI Aragona, per le successive riconquiste del territorio agli arabi. Però nell'anno 732 l'Emiro di Cordova, Abd al-Rahman, si muoveva liberamente per la Gallia e conquistava Bordeaux: solamente la decisione di Carlo Martello avrebbe impedito la conquista e la distruzione del Regno Franco; inoltre risultava anche chiaro, già dall'anno 737, che agli Stati Cristiani sarebbe risultato impossibile attraversare i Pirenei in direzione della Spagna. Perciò, la supposizione dei Signori di Tharsis era molto realista, come lo fu anche la loro Strategia per affrontare la circostanza. Immediatamente e compresero che gli arabi rispettavano solo due cose: la Forza e la Saggezza. Chi gli resisteva con il valore sufficiente per risvegliare il loro rispetto poteva ottenere concessioni da loro. E solamente l'ammirazione che sperimentarono per la Saggezza e per gli uomini che la possedevano, gli permetteva di tollerare le differenze una cosa era un Piano e un'altra un Cristiano Saggio; il primo bisognava forzarlo ad abbracciare l'Islam, era quello che ordinava il Profeta;il secondo si procurava convincerlo della Verità islamica, attraendolo senza pregiudizio verso la Cultura araba. Per questo i Signori di Tharsis decisero di mostrarsi amichevoli con loro e dimostrargli, definitivamente, che formavano parte di una famiglia di Saggi. Questo atteggiamento non costituiva propriamente un tradimento per la religione cattolica visto che i Signori di Tharsis continuavano ad essere "pagani", cioè, continuavano a sostenere il Culto del Fuoco Freddo e visto che la stragrande maggioranza della popolazione ispanico gotica, adesso chiamata "mozaraba", si stava integrando a poco a poco alla Cultura araba, adottando la sua lingua e religione. I Signori di Tharsis si convertirono in esponenti della conoscenza nel suo più elevato livello e sarebbero stati durante secoli professori dei centri di insegnamento arabo di Siviglia e Cordova, ottenendo per questa collaborazione e per le contribuzioni economiche della Villa di Turdes, il diritto a professare la religione cristiana ed a mantenere come Tempio privato la Basilica Nostra Signora della Grotta. I membri del Popolo Eletto, come è logico, si approfittarono della loro influenza per fomentare persecuzioni contro i cristiani e specialmente contro la Casa di Tharsis, durante tutto il tempo in cui durò l'occupazione araba. Tuttavia, fedeli ai loro principi talmudici, cercarono di continuare la loro missione corruttrice ai danni adesso della società araba, cosa che significò per loro che i saraceni, raggiunto l'obiettivo di conquistare la Spagna, si scordassero velocemente dei loro favori e li sommettessero anche a periodiche persecuzioni.

Quindicesimo Giorno

Mi conviene informarvi a quest'altezza della storia, dottore, sulla riapparizione dei Golen. Come ho detto nel Sesto Giorno, a parte la loro presenza, sempre poco numerosa tra i Fenici ed i cartaginesi, erano arrivati in massa in Europa a partire dal secolo IV A.C. "accompagnando un popolo scita dell'Asia Minore"; tale popolo ricevette molti Nomi, d'accordo col paese dove transitò o si fermò: fondamentalmente erano celti, però si conobbero come galli, irlandesi, scozzesi, bretoni, gallesi, cornici, galati, galiziani, lusitani, ecc. Vediamo adesso con alcuni dettagli come i Golen si unirono ai celti e qual era la loro vera origine. Più avanti spiegherò il significato delle Tavole della Legge che Mosé riceve da YHVH nello stringere la Sua Alleanza con il Popolo Eletto. Ora importa riassumere che le Tavole della Legge contengono il Segreto del Serpente, cioè, la descrizione delle 22 voci che il Dio Creatore impiegò per realizzare la sua opera ed i 10 Aspetti, o Sephiroth, con i quali si manifestò nel Mondo nel mettere in atto la Creazione: sono i 32 misteriosi cammini dell'Uno. Questa conoscenza, dà luogo ad un’Alta Scienza denominata Cabala acustica e numerale, è spiegata solamente nelle prime Tavole della Legge, nelle seguenti, che furono sempre essoteriche, non c'è niente di più che un Decalogo Morale, pallido riflesso dei 10 Archetipi Supremi o Sephiroth. Le prime tavole posseggono, infatti, il Segreto del Serpente, i Segreto della Costruzione dell'Universo: per preservare questo segreto da sguardi profani, le Tavole furono custodite nell'Arca dell'Alleanza, mentre "un'interpretazione" della Cabala Acustica cifrata da Mosé, Giosuè, gli Anziani, ecc., nel Pentateuco o Torà scritta. Le 22 lettere ebree, con cui furono scritte le parole cifrate, hanno una relazione diretta con i 22 suoni archetipo che pronunciò il Creatore Uno, cosa che gli attribuisce un inestimabile valore come strumento magico. Inoltre tali lettere posseggono anche un significato archetipo, in modo che tutte le parole sono suscettibili ad essere analizzate ed interpretate. Questa è l'origine della Cabala numerica ebrea, esclusivamente dedicata a comprendere la Scrittura della Torà, che non si deve confondere con la Kabala acustica Atlante bianca, che è riferita alle Vrune di Navutan . Pertanto la Cabala acustica era rivelata nelle Tavole della Legge e queste chiuse dentro l'Arca, da dove solo potevano essere estratte una volta all'anno, per privilegio dei Sacerdoti. Finalmente, il Re Salomone fece sotterrare l'Arca in una profonda cripta sotto il Tempio, circa 1000 anni prima di Cristo, e rimase nello stesso luogo fino al Medioevo, vale a dire, per lo spazio di 21 secoli. Potrei aggiungere che fu la maniera magica con cui si sotterrò quella che impedì che l'Arca fosse ritrovata prima. Alla morte di Salomone, il Regno di Israele si divise in due parti. Le tribù di Giuda e Beniamino, che occupavano il Sud della Palestina, rimasero sotto il comando di Roboamo, figlio di Salomone ed il resto del paese, formato da altre 10 tribù, che si allineò dietro l'autorità di Geroboamo. Nell'anno 719 A.C. il Grande Re Sargon distrusse il Regno di Israele e le 10 tribù di Geroboamo furono trasportate nell'interno dell'Assiria per servire come schiavitù. Le due tribù restanti formarono il Regno di Giuda, dalla quale discendono, in maggiore o minore misura, gli ebrei attuali.

Le "10 tribù perdute di Israele" non scomparvero dalla Storia come la propaganda interessata degli ebrei pretende far credere, dato che si sa su questo molto più di quello che si dice. Per esempio, è certo che ci furono ebrei in America prima di C. Colombo ed anche che una gran parte della popolazione attuale dell'Afghanistan discende dai primitivi membri del Popolo Eletto. Però quello che qui interessa è segnalare che ci fu allora una migrazione di ebrei verso il Nord, i quali erano guidati da una potente casta levita. Dopo aver attraversato il Caucaso, dove furono decimati da tribù germaniche, arrivarono alle steppe della Russia e lì si scontrarono con una popolazione scita. La massa del popolo ebreo si mischiò con gli sciti, inoltre, dato che erano di un numero molto inferiore, non influenzarono l'identità etnica di questi; al contrario la casta levita non accettò di perdere la sua condizione di membri del Popolo Eletto degradando il loro Sangue con i Gentili. I leviti rimasero così, dedicati al Culto ed allo studio della Cabala numerica, per molti anni, arrivando a raggiungere notevoli progressi nel campo della stregoneria e della magia naturale. Quando, secoli dopo, gli sciti migrarono verso Ovest, una parte di essi si stabilì sui Carpazi ed ai bordi del Mar Nero, mentre un'altra parte continuò ad avanzare verso l'Europa centrale, dove furono conosciuti come celti. Ad accompagnare i celti erano i discendenti di quei Sacerdoti leviti, chiamati adesso Golen per la credenza che la loro provenienza era la città fenicia di Sidone, dove li denominavano Gaul o Gaulens. Tuttavia, da Sidone, i Golen si espansero fino a Tiro, da dove navigarono con i fenici verso Tharsis e realizzarono le prime incursioni che ricordano i signori di Tharsis; dopo la caduta di Tiro, nel secolo IV A.C., si stabilirono, come si è visto, a Cartagine, svolgendo il Sacerdozio di Baal Moloch. Alcuni Golen si stabilirono anche in Frigia, come officianti del Culto di Cibele, di Adone e di Ati. È che fin da allora, i Golen possedevano già un terribile potere, frutto di secoli consacrati allo studio del Satanismo e la pratica della Magia Nera. In sintesi, i celti avanzarono per l'Europa guidati dai Golen ed il tempo avrebbe detto che quell'alleanza non avrebbe mai avuto fine, estendendosi fino ai nostri giorni. Inoltre come riuscirono i leviti delle tribù perdute a convertirsi in Golen, cioè, come ottennero questa sinistra conoscenza? La spiegazione deve cercarsi nel fatto che questi leviti, cosa che non successe con altri Sacerdoti ebrei né allora né in seguito, non si conformavano con il sapere che solamente si poteva estrarre dalla Torà scritta: essi desideravano accedere alla Hokhmah, o Saggezza Divina, per un contatto diretto con la Fonte della Cabala Acustica, che è la Scienza degli Atlanti scuri. La loro insistenza e perseveranza nel raggiungere questo proposito ed il loro carattere di membri del Popolo Eletto, convinse i Demoni della Fraternità Bianca che si trovavano di fronte ad inestimabili collaboratori del Patto Culturale. E questa convinzione li convinse ad affidargli un'importantissima missione, un'impresa che richiedeva il loro intervento dinamico nella Storia. Il compimento degli obbiettivi proposti dai Demoni avrebbe comportato benefici per i leviti, giacché gli avrebbe permesso di avanzare ogni volta di più nella conoscenza della Cabala acustica. Che tipo di missione gli avevano affidato i Demoni? Un compito che aveva diretta relazione con i loro desideri: sarebbero stati esecutori del Patto Culturale; avrebbero lavorato per neutralizzare le costruzioni megalitiche degli Atlanti bianchi, avrebbero cercato di recuperare le Pietre di Venus, avrebbero combattuto a morte i membri del Patto di Sangue ed avrebbero collaborato per fare in modo che il piano della Fraternità Bianca, consistente nell'instaurare in Europa la Sinarchia del Popolo Eletto, potesse essere portato a termine. Ma i Golen, in fondo, continuavano ad essere Sacerdoti leviti, figli

del Popolo Eletto e adesso possessori della "Saggezza Divina" di YHVH, la Hokhmah; per questo la loro occupazione fondamentale, l'obbiettivo principale dei loro sforzi, sarebbe stato teologico: Essi avrebbero cercato di unificare i Culti, dimostrando che, "dietro la molteplicità dei Culti", esisteva "la Singolarità di Dio"; che, da allora, si sarebbe dovuto compiere rigorosamente con il Sacrificio del Culto. Perché qualunque fosse la forma di Culto, "il Sacrificio è Uno", vale a dire, il Sacrificio come parte dell'Uno. A partire dal secolo V i celti ed i Golen stanno già percorrendo l'Europa verso Ovest. I Galli furono quelli che si unirono ad Amilcare Barca ed impedirono che Roma aiutasse Tartesso; in seguito si sarebbero uniti ad Amilcare Barca durante l'invasione d'Italia; però molti anni prima, nel secolo IV, avevano umiliato Roma e distrutto il Tempio di Apollo, a Delfi. Giulio Cesare, nella sua celebre campagna di Gallia, riesce a sottometterli definitivamente al controllo di Roma nel 59 A.C.; Augusto divide la Gallia transalpina in quattro province: la Narbonese, l’Aquitania, la Belgica, la Celtica o Lugdunanese. I Golen, che esercitavano un grande potere su tutte queste popolazioni, cominciano a ritirarsi poco a poco dalle province romane, seguiti anche da alcuni contingenti di celti: passano al principio in Gran Bretagna, o "Britannia", ma l'obiettivo finale è Irlanda, ossia "Hibernia". Nei primi secoli dell'Era cristiana non sono molti i Golen che si muovono liberamente per l'Europa: nel secolo IV, quando si castiga con la pena di morte la pratica dei Culti pagani, sembra che già non esistano Golen nelle regioni romano-cristiane. Di fatto, in quel momento le Gallie e l'Hibernia sono totalmente romanizzate e, nelle regioni cui ancora si pratica il paganesimo, i missionari cattolici distruggono i templi pagani, a volte alberi centenari, e mettono in fuga i Golen. Inevitabilmente, questi partono in direzione della Gran Bretagna e dell'Irlanda. L'arrivo dei barbari nel secolo V non gli offre un'opportunità per ristabilire il loro potere poiché queste popolazioni sono di cristiani ariani e di Razza germanica, tradizionalmente nemica dei celti che li considerano ugualmente barbari. Così, durante il Regno visigoto di Spagna, i Signori di Tharsis avevano l'impressione che, finalmente, i Golen erano scomparsi dalla faccia della Terra. Ma, stava per succedere tutto il contrario, infatti in poco tempo i Golen sarebbero stati protagonisti di un ritorno spettacolare. Sì, perché i Golen non ritornavano in Europa per compiere il loro antico ruolo di Sacerdoti pagani del Dio Uno, per compiere la missione di unificare i Culti nel Sacrificio rituale: adesso erano altri tempi; di quella missione si sarebbero occupati direttamente i membri del Popolo Eletto, i quali avrebbero offerto all'Uno il sacrificio di tutta l'Umanità Gentile o Goim. La Fraternità Bianca aveva affidato ai Golen, in cambio, lo svolgimento di una funzione superiore, un'occupazione che avrebbe favorito come mai l'unificazione dell'umanità. Per questo essi non sarebbero tornati questa volta come Sacerdoti pagani ma come "Cristiani"; e non solo come "Cristiani" ma come "cattolici romani"; e non solo come cattolici ma come "monaci missionari" della Chiesa Cattolica; ed in seguito sarebbero stati considerati "costruttori saggi" della Chiesa, titolo assurdo la cui menzione strappava risate ironiche agli Uomini di Pietra. Questa è una lunghissima storia che qui posso solo riassumere, che ha il suo inizio nei piani della Fraternità Bianca. Gli Dei Traditori, per compiere il loro patto con il Dio

Creatore e le Potenze della Materia, dovevano favorire il Controllo del Mondo da parte del Popolo Eletto. Per quello sarebbe stato necessario fomentare definitivamente il modo di vita materialista fondato nel Patto Culturale, vale a dire, sarebbe stato necessario fomentare il Culto nelle società germanico romane recentemente formate in Europa. E la miglior maniera di fomentare il Culto, come si comprende da quello che ho esposto nel Terzo Giorno, è formalizzarlo e plasmare questa forma nelle masse; centrare la società intorno alla forma del Culto. Dove comincia la forma di un Culto?Qual è il limite più visibile per le masse? Evidentemente, il suo iniziale culto comincia nel Tempio, quello che per primo appare al credente. In verità, la cosa più importante del Culto è il Rituale; però il luogo dove si pratica il Rituale è un Tempio poiché il Tempio è lo Spazio Sacro dove si può realizzare il Rituale: la priorità apparente del Tempio sorge dal fatto che, effettivamente, può esistere un Tempio, vale a dire, uno Spazio Sacro o Centro di Manifestazione metafisica, senza che ci sia Rituale, però è inconcepibile che si possa eseguire un Rituale fuori da uno Spazio Sacro o Tempio. Il piano della esponenziale Fraternità Bianca per fomentare il Culto cominciava, infatti, con la costruzione in massa di Templi e per l'evoluzione della forma dei Templi in concordanza con gli obiettivi del Rituale. Ma questi piani puntavano ad un obiettivo finale molto più complesso: l'instaurazione di un Governo Mondiale nelle mani del Popolo Eletto. La Fraternità Bianca avrebbe creato le condizioni culturali adeguate per fare in modo che una società futura accettasse tale forma di governo: in questa impresa avrebbero occupato lo sforzo di tutta la casta sacerdotale di Occidente, figurando come priorità la missione affidata ai Golen. Quando la società fosse stata pronta per il Governo Mondiale allora si sarebbe realizzata, mediante il Messia, la riunificazione del Cristianesimo con la Casa di Israele e si sarebbe elevato il Popolo Eletto al Trono del Mondo. Questi erano i piani della Fraternità Bianca e dei Sacerdoti del Patto Culturale. La trasformazione della società, che questi piani esigevano, si sarebbe raggiunta principalmente attraverso l'unificazione religiosa e la funzione stabilizzante del Culto che esercita ogni Tempio sulle masse. Inoltre ci sarebbe stato di più: si richiedeva anche la formazione di un potere finanziario e militare che prestasse appoggio, al momento, nella costituzione del Governo Mondiale. IL Culto ufficiale delle società europee era quello cristiano, così che i Templi avrebbero dovuto rispondere ai Riti della Chiesa. Chiaramente, si avverte che il piano degli Dei Traditori richiede l'effettuazione di due condizioni: la prima è che le masse prendano coscienza della necessità del Tempio per l'efficacia del Rituale; la seconda è che si disponga, nel momento in cui questa necessità raggiunga la sua massima espressione, degli uomini capaci di soddisfarla mediante la costruzione di Templi in grandi quantità e volumi. La prima condizione si sarebbe compiuta per la costante e permanente predica dei missionari; la seconda, con la fondazione in Occidente, di un Collegio Segreto di Costruttori di Templi: questo Collegio, dottor Siegnagel, fu affidato ai Golen. Ma questo non successe all'inizio, infatti si doveva concretizzare il piano della Fraternità Bianca cominciando dalla prima condizione: quando nella Chiesa ebbero preparato il luogo che avrebbero occupato i Golen per sviluppare il loro Collegio di Costruttori, nel secolo VI, giusto in quel momento furono convocati in Irlanda perché facessero la loro spettacolare riapparizione nel continente.

L'occasione che i Golen sfruttano per ritornare in Europa è prodotto della nascita, nel secolo VI, del "monachesimo occidentale", tradizionalmente attribuito a San Benedetto da Norcia. Realmente, solo l'ignoranza degli europei ha potuto sostenere una simile attribuzione durante 1200 anni; tuttavia, nonostante si conosca dal secolo XVIII in Occidente con abbastanza precisione la storia delle religioni dell'Asia, ancora oggi c’è chi sostiene ottusamente questa bufala, tra essi, il dogma ufficiale della Chiesa Cattolica: inoltre, per verificare l'inganno, solo bisogna prendere un aereo, viaggiare in Tibet ed osservare i monasteri buddisti dei secoli III e II A.C., vale a dire, 800 anni anteriori a San Benedetto, le cui regole interne e costruzioni sono analoghe a quelle benedettine. La preghiera ed il lavoro erano lì la Regola, esattamente come nella formula ora et lavora di San Benedetto; ma quella più importante la cosa più rivelatrice della comparazione, risulterà senza dubbio la scoperta che i monaci tibetani si dedicavano all'ufficio di amanuensi, cioè, riproducevano e conservavano antichi libri e documenti ed a conservare e sviluppare l'arte della costruzione di Templi, uguale ai benedettini. E non bisogna insistere, perché è sufficientemente risaputo, che quei monasteri costituivano centri di diffusione religiosa grazie all'azione dei monaci missionari e mendicanti che lì si istruivano e venivano inviati in tutta l'Asia. Alla luce delle conoscenze attuali, comunque, qualunque persona di buona fede deve ammettere che l'istituzione del monachesimo orientale ha origine nel secolo X A.C., cioè, è perlomeno 1400 anni anteriore all'apparizione del monachesimo occidentale. Per rinfrescarsi la memoria a questo proposito, conviene ricordare i seguenti dati: in primo luogo, che gli inni più antichi del Rig Veda e dell'Upanishads menzionano le comunità brahamanica munis e vrâtyas; in secondo luogo, che durante l'Epoca di Budda, personaggio storico del secolo VII A.C:, già esistevano gli âshrams da centinaia di anni prima; e per ultimo, che se la riforma religiosa buddhista si estende rapidamente in India, Cina, Tibet, Giappone, ecc., è perché già esistevano i gruppi che si sarebbero trasformati in Sanghas. Tuttavia, non si tratta di dire che i benedettini fossero buddisti o avessero qualcosa a che vedere con il buddismo ma che tanto i Sacerdoti buddisti, come i Sacerdoti benedettini, ubbidivano segretamente alla Fraternità Bianca, vera Fonte Occulta del Monachesimo "Orientale" e "Occidentale". La Fraternità Bianca, in effetti, fu autrice di un'opera titolata "Regola dei Maestri di Saggezza", di diffusione universale e che in Occidente era conosciuta fin dal secolo II come "Regula Magistri Sapientiae" da numerose sette cristiane e anche dagli gnostici ebrei. Così che, niente di originale c'era nel monachesimo occidentale il quale rispondeva, al contrario, alle più ortodosse disposizioni dettate dalla Fraternità Bianca in materia. Durante i primi secoli dell'Era Cristiana quando l'Impero Romano ammetteva il "paganesimo" e manteneva contatto con i popoli dell'Asia, si conosceva perfettamente l'esistenza della vita monastica orientale; anche uomini illustri come Apollonio di Tiana, contemporaneo di Gesù, avevano viaggiato fino al Tibet e avevano ricevuto insegnamento nei loro monasteri. Alcune sette gnostiche, che arrivarono a comprendere e a opporsi ai piani della Fraternità Bianca, hanno lasciato la

testimonianza che il fatto si conosceva nelle principali città del Medio Oriente: Alessandria, Gerusalemme, Antiochia, Cesarea, Efeso, ecc... Ma l'istituzione dei monasteri non si stabilisce dalla notte alla mattina: è necessario seguire un rigoroso processo di formazione, un metodo che si conosce dall'epoca di Atlantide e che i Sacerdoti del Patto Culturale hanno utilizzato universalmente; con questo metodo i Sacerdoti brahminici imposero l'induismo e i Sacerdoti buddisti, previa deformazione della dottrina del Kshatriya Sidhartha, crearono il monachesimo buddista tibetano, cinese, indiano e giapponese. Questo metodo determina che si deve cominciare con una fase di anarchia-misticismo sociale, caratterizzata dalla proliferazione di illuminati, eremiti e Santi: questa fase ha come scopo quello di fomentare la credenza che la futura istituzione monacale è un prodotto spontaneo del popolo, che nasce e si nutre del popolo. In questo modo i popoli accetteranno naturalmente l'esistenza e l'opera dei monasteri e, cosa ancora più importante, la accetteranno anche i Re e i governanti. E questo metodo infallibile è applicabile con qualunque popolazione e con il concorso di qualunque religione. Nell'ambito del giudeocristianesimo, si comincia fin dal secolo I ad applicare il metodo e così sorgono in Medio Oriente moltitudini di Asceti e Santi che si ritirano nei deserti e sulle montagne per vivere in solitudine. Durante il secolo II e III cresce tanto la popolazione di anacoreti che molti decidono di unirsi sotto il comando di un Santo superiore e l'ordine di una regola: si costituiscono allora le comunità di eremiti; tuttavia, la comunità degli eremiti non raggiunge ancora il grado di unione richiesto per il modo di vita monacale poiché ogni membro continua con la vita di eremita e solo si riunisce per pregare e alimentarsi. E insieme agli anacoreti e agli eremiti, vagano da tutte le parti i "monaci erranti" versione occidentale dei "monaci mendicanti orientali”. Nel secolo V, le colonie di anacoreti e di eremiti, sommavano migliaia e migliaia di membri in Egitto, Palestina e Medio Oriente: nella sola diocesi di Oxyrinthus, in Egitto, vivevano 20.000 eremiti e 100.000 eremiti anacoreti, mentre durante la vita di San Pacomio esistevano 7000 monaci cenobiti nei loro monasteri, che arrivarono a essere 50.000 nel secolo V. Con questo vi voglio solo semplificare, dottor Siegnagel, sulla magnitudine del movimento pre-monacale, un movimento che tutti sapevano essere di ispirazione estremo-orientale.

Il momento propizio per istituire il monachesimo occidentale e per diffondere l'inganno che consisteva in una creazione originale giudeocristiana, si sarebbe presentato dopo la morte dell'Imperatore Teodosio, nell'anno 395, quando l'Impero Romano si divise tra i suoi due figli Arcardio e Onorio. Arcadio si stabilì a Costantinopoli, dando inizio all'Impero Romano d'Oriente, che sarebbe durato fino all'anno 1453. Onorio eredita l'Impero Romano di Occidente, con Roma, che si sarebbe disfatta ottanta anni dopo di fronte alla pressione delle orde barbare: dopo l'anno 476, l'Impero di Occidente si divide in molteplici Regni romano germanici e comincia un processo collettivo di isolamento e di decadenza culturale. Non solo con l'Asia rimangono interrotti i collegamenti culturali ma anche con la stessa Grecia; ma la società europea era già preparata per l'istituzione monacale: durante secoli aveva visto passare i monaci erranti procedenti dalla Terra Santa e ascoltando le storie degli anacoreti e cenobiti orientali; incluso molti pellegrini viaggiavano alla Terra Santa e lì adottavano la vita

ascetica, conservando al loro ritorno i costumi acquisiti; in questo momento, secolo VI, non esiste zona montagnosa europea dove non vivano eremiti cristiani. Però una volta stabilito l'ordine dei monasteri, tutti avrebbero dimenticato l'origine orientale dell'istituzione monacale. Giustamente, dai monasteri benedettini usciranno le copie e le traduzioni dei libri più proficui della cultura greca, che non ebbe istituzione monacale, e si "perderà" ogni traccia delle culture dell'Estremo Oriente; tracce che erano esistite durante l'Impero Romano e che misteriosamente scompaiono dall'Europa nel momento in cui "appaiono" i libri più adeguati per spingere l’Occidente verso il disastro spirituale del Rinascimento e l'Età Moderna, cioè, i libri in cui si espone il razionalismo e la speculazione greca, radice della "Filosofia" e della "Scienza" moderna. Niente si dirà, a partire dalla Cultura benedettina, sull'origine Atlante delle civiltà europee, né sulle religioni dei popoli d'Asia, e neanche su quella dei recenti germani, ai quali si obbligherà a dimenticare i loro Dei e credenze, ed i loro alfabeti runici. E niente si dirà, chiaramente, che possa rapportare l'istituzione monacale occidentale con altre Culture, che possa risvegliare il sospetto che quella successo in Europa, fosse una storia ripetuta da altre parti, la conclusione di un metodo di Strategia Psicosociale per esercitare il controllo delle società umane. Recentemente dopo il secolo IX, a causa della presenza degli arabi in Spagna, e del secolo XII, a causa del cambiamento culturale che provocano le Crociate, alcuni Spiriti attenti avvertono l'inganno. Ma sono pochi e sarà già tardi per fermare i Golen. San Benedetto, che nacque nell'anno 480, fonda nel 530 il monastero modello Il monte Cassino e redatta nel 534 la sua celebre Regola. Che ricevette istruzioni degli "Angeli" della Fraternità bianca non ci sono dubbi perché la sua Regula Monachorum è una fedele riproduzione della Regula Magistri Sapientiae. Al morire nell'anno 547, e "all'ascendere al Cielo per un cammino custodito da Angeli" come testimoniato da molti monaci, le basi del "monachesimo occidentale"erano state gettate: questo era "il momento" lungamente aspettato dai Golen per irrompere nei paesi continentali d'Europa. Nel secolo V i Golen si trovano concentrati maggiormente in Irlanda e cominciano ad infiltrarsi nella Chiesa Cattolica. Uno dei loro è San Patrizio, che inviano al Continente per studiare la Dottrina Cristiana e prendere contatto con i membri della Fraternità Bianca: ritorna nell'anno 432, procedente da Roma, nominato Vescovo e con l'autorizzazione papale di evangelizzare l'Irlanda. Immediatamente fonda molti monasteri, alcuni realmente importanti come quello di Armagh e di Bangor dove si sarebbero celebrati Sinodi e sarebbero esistite scuole religiose, nei quali si apprestavano ad entrare in massa i Golen d'Irlanda e della Gran Bretagna. I seguenti 130 anni, dalla morte di San Patrizio nel 462 fino alla partenza di San Colombano nell'anno 590, sono impiegati dai Golen al fine di dar forma alla "Chiesa di Irlanda, in altre parole, al fine di organizzare il loro futuro insediamento continentale. L'anno 590 segnala "il momento" storico nel quale i piani della Fraternità bianca per la partecipazione dei Golen iniziano una rigorosa esecuzione. Il "luogo" dove i Golen

svilupperanno il Collegio dei Costruttori di Templi è già pronto: sono i monasteri dell'Ordine di San Benedetto. E già è stato eletto Papa il monaco benedettino Gregorio, che anni prima a Costantinopoli riceve l'ordine della Fraternità Bianca di "convocare i monaci irlandesi", cioè, i Golen, ed integrarli nell'Ordine di San Benedetto. Solamente di questa chiamata avevano bisogno i Golen per agire e nello stesso anno 590 parte verso la Francia San Colombano, procedente dal gran monastero di Bangor, insieme a dodici membri della gerarchia superiore. In Francia si aggiungono 600 Golen e si dedicano a fondare monasteri basati nella Regula Monachorum: contano in ogni momento con l'appoggio di San Gregorio Magno, che riceve San Colombano a Roma più di una volta. Dopo quello di Annegray stabilisce il monastero di Luxeuil, di vasta influenza nella regione, e quello famoso di San Golen ai bordi del lago di Zurigo, tra molti altri. San Colombano muore nell'anno 615, nel monastero lombardo di Bobbio, lasciando la sua missione praticamente compiuta: centinaia di monasteri in Gallia, in Svizzera ed in Italia, vale a dire, negli antichi insediamenti dei celti, sotto la direzione dei "monaci irlandesi", Golen, e integrati nell'Ordine di San Benedetto. Bisogna ricordare che nell'anno 589 tiene atto il III Concilio di Toledo dove il Re Recaredo, a causa dell'influenza del Vescovo di Siviglia San Leandro, si dichiara "cattolico romano", insieme alla Regina e tutta la corte del Regno visigoto. Non deve sorprendere, perciò, che i Golen si precipitassero in Spagna a partire dal nefasto anno 590. Tuttavia, questa riapparizione causò un enorme sorpresa nei Conti di Turdes Valter che non si aspettavano di rivedere i Golen nella penisola, perlomeno mentre fosse durata in Spagna l'occupazione gotica. Inoltre tale imprevidenza era causata dalla supposizione che i Golen sarebbero rimasti pagani e non si "sarebbero sottomessi" alla Chiesa Cattolica: questa supposizione fu un'ingenuità, come la realtà si prese il compito di dimostrare prontamente, poiché i Golen aspiravano a controllare la Chiesa Cattolica dopo "essersi sottomessi" ad essa. I Conti di Turdes Valter, che appartenevano anche loro alla Chiesa cattolica ed erano nobili ispanico gotici, impiegarono allora tutta la loro influenza per impedire l'espansione benedettina nel Sud della Spagna, obiettivo che raggiunsero ampiamente: i Golen, come è logico, si sarebbero affermati nel Nord della Spagna, nelle regioni celtiche. Dal monastero di Dumio, vicino a Braga, in Lusitania ed altri nel Bierzo e nell’estremo della cordigliera cantabrico asturiana che si denomina Picchi d'Europa, i Golen avrebbero intrapreso infinite incursioni nella Betica con il fine di distruggere la Casa di Tharsis e rubare la Spada Saggia. Tutta una guerra segreta si liberò fin dal secolo VIII, durante la quale i "monaci missionari" Golen cercavano di approssimarsi alla Villa di Turdes ed i Signori di Tharsis li facevano eliminare senza pietà. Però, per ogni Golen benedettino che scompariva senza lasciare traccia o che trovavano assassinato sulla strada da mani sconosciute, ne arrivavano due in sua sostituzione, obbligandola Casa di Tharsis a mantenere, come anticamente, un permanente stato di allerta. Esperti in magia nera e maestri in ogni classe di Scienze, impiegarono quanto sapevano per localizzare la Caverna Segreta, però fracassarono sempre. Al finale, sollecitarono l'aiuto di Bera e Birsa, come si vedrà più avanti. È evidente che l'incursione dei Golen nella Chiesa Cattolica non costituisce un motivo sufficiente per stigmatizzarla completamente. La ragione è che i Golen si introducono come "Società Segreta" dentro la Chiesa e, anche se i loro intrighi compromettono in più di un'occasione tutta la Chiesa, i loro piani non sono mai dichiarati pubblicamente né

assunti ufficialmente da questa. Al contrario, in molte altre occasioni personalità veramente spirituali, autentici kristiani, hanno brillato nel suo seno. Conviene considerare allora, nonostante tale distinzione non sempre sia facile da determinare, che esistano due Chiese sovrapposte: una, contro la quale lottarono i Signori di Tharsis, è la Chiesa Golen; così la denominerò in altre parti e la sua definizione sorgerà dalla storia; l'altra è la Chiesa di Kristos, o Chiesa semplicemente, alla quale appartennero i Signori di Tharsis e il Circolo Dominis Canis e alla quale appartengono molti di quelli che stanno dalla parte dello Spirito e contro le Potenze della Materia, per Kristos Luz e contro Jehovà Satanàs. Una è la Chiesa del Tradimento allo Spirito dell'Uomo e l'altra è la chiesa della Liberazione dello Spirito dell'Uomo; una è la Chiesa del Demonio dell'Anima Immortale e l'altra è la Chiesa del Dio dello Spirito Eterno.

Sedicesimo Giorno

A proposito del Papa benedettino Gregorio I, il creatore del "canto gregoriano", bisogna spiegare due cose. Una è che la pressione esercitata su San Leandro per influenzare Racaredo e permettere l'ingresso massivo dei Golen in Spagna solo dette come risultato che i monasteri già esistenti adottassero la Regula Monachorum. L'altra è notare che la sua decisione, presa in combinazione con San Colombano Golen, di inviare nell'anno 596 il monaco S. Agostino e trentanove benedettini in Gran Bretagna, ubbidiva alla necessità di rimpiazzare provvisoriamente gli irlandesi nel compito dell’evangelizzazione. Quella spedizione aveva il compito di evangelizzare gli angli ed i sassoni che avevano appena conquistato l'isola: secondo San Colombano ed altri Golen, questi popoli (di Sangue Molto Pura) manifestavano una naturale predisposizione contro i celti e specialmente contro gli irlandesi; avrebbero rispettato solamente altri germani o i romani: essi avrebbero dovuto realizzare il compito, poiché, una volta evangelizzati, ci sarebbe stato il tempo per far infiltrare i Golen e farli impadronire del controllo della Chiesa Britannica. Nell'anno 600 il Bretwalda di Gran Bretagna era il Re Etelberto del Kent, la cui sposa, principessa dei franchi e fervente cattolica, favorisce la conversione da parte dei romani di San Gregorio, nonostante avesse vicino a lei un Vescovo Franco ed alcuni Sacerdoti del suo paese; il successo è grande: il Re ed il popolo si battezzano ed a Canterbury si fonda un monastero benedettino con gerarchia di Vescovato; a cui si susseguono Essex, Londra, Rochester, York, ecc. Quarant'anni dopo i Golen staranno penetrando nei monasteri anglosassoni provenienti dalla Scozia celtica, appoggiati dal Re Oswald di Northumbria. Incorporati come maestri nei monasteri benedettini, ai Golen sarà più facile convincere gli anglosassoni già Cristiani sulla bontà delle loro intenzioni. Tuttavia, durante molti anni la guida resterà in mano a monaci non irlandesi, tali come il greco Teodoro di Tarso e l'italiano Adriano. San Beda, il Venerabile, morto nell'anno 735, porta il monastero benedettino di Jarrow al suo più alto livello di splendore: laboratori dove insegnano i più svariati uffici, scuole religiose, fattorie monacali, l'istruzione musicale, ecc. Dai monasteri benedettini anglosassoni sarebbe sorto un inestimabile aiuto per i piani dei Golen, dalle persone dei monaci missionari britannici, i quali sarebbero stati ricevuti molto meglio che gli irlandesi nei Regni germanici: Baviera,Turingia, Assia, Franconia, Frisia, Sassonia, Danimarca, Svezia, Norvegia, ecc.,

che avrebbero visto passare per le loro terre i monaci anglosassoni. Il maggior esponente di questa corrente benedettina inglese fu, indubbiamente, San Bonifacio. Procedeva dal convento benedettino di Nursling ed il suo vero nome era Winfrido (Wynfrith): il Papa benedettino Gregorio II gli concesse il nuovo nome di Bonifacio nell'anno 718, insieme alla missione di evangelizzare i germani. La verità, dietro tutto questo movimento, era che i Golen sospettavano che i germani conservassero ancora le Pietre di Venus ed altri artefatti degli Atlanti bianchi e procuravano scovarli a tutti i costi. Per questo San Bonifacio, per esempio, si impegna nel distruggere l'antichissimo Leccio del Dio Donar (Thor), a Geismar, nell'anno 722, cercando di incontrare la Pietra che una tradizione germanicana scondeva tra le radici dell'albero. Anche se questa non era una missione che il proprio San Bonifacio avrebbe svolto personalmente con le sue mani: per quello contava con migliaia di Golen benedettini sotto i suoi ordini; la famosa Pietra di Venus dei sassoni, per esempio sarebbe stata cercata durante cinquant'anni e sarebbe costata ai sassoni, che al finale la persero, migliaia di vittime, attribuite in seguito cinicamente agli "sforzi della cristianizzazione". San Bonifacio non era, infatti, un vero predicatore ma un grande esecutore dei piani della Fraternità Bianca: gli Arci-Golen, occulti nei monasteri, ed i Papi benedettini, gli riveleranno questi piani in forma di direttive che lui compirà fedelmente. Uno dei suoi atti più fruttuosi per questi piani, per esempio, fu l'universale diffusione che impresse all'idea della superiorità del Vescovo di Roma, il rappresentante di San Pietro sulla Terra, su qualunque altra gerarchia ecclesiastica o regia: in conformità a quest'idea si stabilirà il potere del papato nell'Alto Medioevo. Ed il papato, il papato benedettino e Golen, si capisce, gli risponderà di conseguenza, dotandolo del Palio arcivescovile che gli permetterà di nominare i suoi propri Vescovi e completare la gerarchia dei suoi Sacerdoti. Nell'anno 737, a Roma, riceve dalle mani di Gregorio III la massima riconoscenza: sarà Legato pontificio in Germania e disporrà di ampi poteri per agire. A quei tempi, "Germania" includeva il Regno Franco, il più forte della cristianità europea. Infatti, la nomina di San Bonifacio, aveva come oggetto di liberargli le mani per portare a termine un piano tanto audace quanto sinistro; nell'Impero Romano d'Oriente, o Impero Bizantino, il Patriarca della Chiesa era normalmente sottomesso alla volontà dell'Imperatore; in Occidente sarebbe stato necessario ristabilire il potere imperiale, però fondato su una relazione di forze completamente diversa: qui, il Papa avrebbe dominato i Re e gli Imperatori, il sacerdote avrebbe dominato il Re e la Conoscenza del Culto avrebbe dominato la Saggezza del Sangue Puro. E lo strumento per questo piano, che avrebbe permesso a sua volta concretizzare i piani della Fraternità Bianca e dei Golen, sarebbe stato quello della famiglia franca dei Pipinidi. I Re Merovingi si facevano chiamare "Divini" perché affermavano discendere dagli Dei Liberatori: per il giudeocristianesimo, che sosteneva attraverso la Bibbia un'identica discendenza di tutti i mortali da Adamo ed Era, quell'origine non significava niente; l'unico

Dio era il Dio Creatore, Jehovà Satanàs, in nessuno poteva attribuirsi il suo lignaggio; e al di fuori del Dio Creatore giudeocristiano solo esistevano la superstizione ed i Demoni. Così, infatti, era una questione di principi quella di eliminare certi Re che, non solo dichiaravano di appartenere ad un lignaggio Divino, ma che affermavano ricordarlo con il sangue: questo vincolo tra la Divinità e la nobiltà reale, molto popolare tra i franchi, era un ostacolo molesto per quei Sacerdoti che pretendevano presentarsi come gli unici rappresentanti di Dio sulla Terra. Alla morte di Carlo Martello nell'anno 741, gli succedono i suoi figli: Carlomanno, come maggiordomo di Austrasia, Alemannia e Turingia e Pipino il Breve, come maggiordomo della Neustria, la Burgundia e la Provenza. Carlomanno, che in seguito si sarebbe ritirato al monastero di Monte Cassino, concede a San Bonifacio totale libertà per riformare la Chiesa Franca d'accordo con la Regola benedettina; un'altra parte la farà Pipino. In pochi anni, mediante una serie di Sinodi che vanno dal 742 al 747, si ridusse tutta la Chiesa Franca sotto il controllo dell'Ordine Benedettina. Anche Carlomanno e Pipino sono dominati dall'Ordine. San Bonifacio comunica a Pipino il piano dei Golen: con l’approvazione del nuovo Papa Zaccaria, si spodesterà il Re Chilperico III, l'ultimo dei Divini Merovingi; al suo posto sarebbe stato scelto Pipino dai Grandi del Regno e la sua nomina sarebbe stata legittimata, analogamente all'Antico Testamento, dall'approvazione del Papa e l'unzione di San Bonifacio. Il pagamento del nuovo Re, per legittimare la sua usurpazione, sarebbe consistito in un considerevole bottino: la creazione degli Stati Pontifici. Ma questa ricompensa non avrebbe ridotto per niente il potere del Regno Franco perché non si sarebbero costituiti a loro spese ma a quelle dei lombardi e dei bizantini: in effetti, il Papa sollecitava in pagamento della Sua alleanza con il Re Franco alcuni territori che dovevano essere precedentemente conquistati. Concertato l'accordo, nel novembre dell'anno 751 il Re Chilperico III era confinato in un monastero benedettino e Pipino il Breve proclamato Re e unto da San Bonifacio. Nel 754 il Re Pipino ed il Papa Stefano II si riuniscono a Ponthiòn (Pons Sancti Hugonis) dove firmano un trattato per il quale i franchi si compromettono di lì in avanti nella protezione della Chiesa Cattolica e nel servire il Trono di San Pietro. In questo modo, nel 756, i franchi donano a San Pietro l'Esarcato di Ravenna, Venezia, Istria, la metà del Regno longobardo ed i ducati di Spoleto e di Benevento. Con il Pipino il Breve si inaugura la dinastia carolingia, pietra fondamentale nell'opera della Fraternità Bianca. Da quello che ho esposto, emerge chiaramente che la corte e tutti gli ingranaggi dello Stato Franco erano controllati dall'Ordine benedettina: non sarà difficile immaginare, allora, in che classe di ambiente si sarebbero educati i loro figli nipoti e familiari, e quali le credenze che gli sarebbero state inculcate passando sopra all'antica religione "pagana" dei germani ed ai loro Dei ancestrali. In vista di questo, bisognerà riconoscere a Carlo Magno l'aver fatto tutto il possibile per convertirsi in giudeocristiano e compiere il piano dei Golen. Il frutto di secoli di paziente e riservato lavoro ottenuto nei monasteri benedettini si poté osservare nella corte carolingia, specialmente nella denominata "Scuola Palatina". Questa

Scuola era frequentata personalmente dall'Imperatore con i suoi figli e figlie, la sua guardia personale ed altri membri della corte, per ascoltare le lezioni che impartivano i "saggi" benedettini arrivati, in molti casi, da monasteri lontani: dall'Italia vennero ad Aquisgrana Paolo di Pisa, Paolino d'Aquileia, Paolo il Diacono di Pavia, ecc.; dalla Spagna venne uno dei Signori di Tharsis con la missione di spiare la marcia della cospirazione Golen, portando al suo ritorno preoccupanti notizie sulla magnitudine e profondità del movimento nemico: si chiamava Tiwulfo di Tharsis e fu famoso per il suo libro scritto nella Scuola Palatina, intitolato “De Spiritu Sancto Bellipotens”. Nonostante queste provenienze, la maggior parte dei maestri erano irlandesi ed anglosassoni, come dire Golen e seguaci dei Golen. Tra gli ultimi bisogna menzionare il cervello della Scuola Palatina e della diffusione generale che, a partire da essa, si sarebbe data alla "cultura benedettina": mi riferisco ad Alcuino di York, discepolo della Scuola di San Beda, il Venerabile, che si incorpora alla Scuola Palatina nell'anno 781 e dirige tra il 796 ed l’804, data della sua morte, la Scuola del monastero San Martino a Tours. Il suo Schola Palatina è il fulcro del chiamato "riconoscimento carolingio", al quale contribuiscono efficacemente le sue opere, di ispirazione classica e neoplatonica, basate sui concetti di Prisciano, Donato, Isidoro, Beda, Boezio, tali come De Ratione Animae, o i suoi famosi manuali che governarono durante secoli l'educazione europea: De grammatica, De dialectica, De rhetorica, De orthographia, ecc. Dalla Scuola Palatina escono le idee per la “Enciclica de litteris colendis”, le cui risoluzioni approvate da Carlo Magno avevano la forza di una legge, che ordinavano la creazione, in tutti i monasteri e cattedrali, di Scuole per Sacerdoti e laici: in esse si sarebbe dovuto insegnare il Trivium, il Quadrivium, la Filosofia e la Teologia. Il Trivium e il Quadrivium formavano le chiamate "Sette arti liberali": il Trivium conteneva la Grammatica o Filologia, la Retorica e la Dialettica; e il Quadrivium, l'Astronomia, Geometria, Aritmetica e Musica. Naturalmente l'insegnamento di certe materie era a carico dei monaci benedettini, che si erano preparati per questo durante 200 anni ed erano gli unici che disponevano di sufficienti maestri e materiale plastico con il quale compiere l'ordine reale, che essi stessi avevano ispirato. E i benedettini Golen avevano ben chiaro come dovevano educare le menti europee in modo che nei tempi a venire si sperimentasse Collettivamente l'imperiosa necessità di un Tempio locale: allora il Collegio di Costruttori Golen, che molto presto si sarebbe messo in marcia, avrebbe innalzato Templi di Pietra mai visti prima, Cattedrali magnifiche, Costruzioni che in realtà sarebbero state macchine di pietra di tecnologia Atlante oscura, diretta a trasmutare la mente del credente e aggiustarla all'Archetipo collettivo della Razza ebrea, che è lo stesso di quello del Gesù Cristo archetipo.

Alcuino, che si faceva chiamare “Flacco” in onore al poeta latino Orazio, dirigeva i circoli culturali benedettini Golen che circondavano l'Imperatore. In certi cenacoli si respirava un'aria biblica e giudaica molto intensa: il proprio Carlo Magno esigeva essere chiamato "David", e il suo fedele consigliere Eginardo, per esempio, chiedeva di essere chiamato Beseleel, dal costruttore del Tabernacolo nel Tempio di Gerusalemme. È in questo speciale microclima ambientato dai benedettini Golen, che all'Imperatore e ai suoi principali collaboratori della nobiltà franca, si stava lentamente facendo il lavaggio del cervello e si stava condizionando per adottare il "punto di vista Golen" a proposito

dell'Ordine del Mondo. Per preservare quest’Ordine, per esempio, si doveva sradicare il paganesimo e imporre mondialmente il giudeocristianesimo: questo era il Bene, quello che comandava la legge di Dio e quello che sottoscriveva il rappresentante di San Pietro, non importava se per raggiungere questo Bene si dovessero distruggere popoli di fratelli: Dio avrebbe perdonato ai suoi tutto quello che fosse stato fatto in Suo Nome. I Golen condizionavano in questo modo la mente dell'Imperatore perché avevano bisogno di un nuovo Perseo, un "Eroe" che compiesse la sentenza di sterminio che pesava sul popolo di Sangue Pura dei Sassoni e gli permettesse rubare la loro Pietra di Venus. Per lo meno il popolo Perseo dei cartaginesi che distrusse Tartesso 1000 anni prima apparteneva a un'altra Razza. Il crimine di Carlo Magno e i suoi franchi è inestimabilmente maggiore, poiché, non conforme con appoggiare militarmente l'offensiva lanciata da San Bonifacio contro la Saggezza Iperborea dei Sassoni, si occupò personalmente del compito di sterminare la nobiltà sassone, fratelli vicini al sangue franco. Quello dei Sassoni fu uno degli ultimi popoli di Occidente che si mantenne continuamente fedele al Patto Sangue e agli Dei Liberatori: secondo quello che essi credevano, gli Atlanti bianchi avevano affidato loro la missione di proteggere un Grande Segreto della Razza Bianca, che era caduto dal cielo sopra la Germania migliaia di anni prima, durante la Battaglia di Atlantide; quel Segreto era specificamente menzionato nel Mito di Navutan , che i Sassoni chiamavano Wothan, come "l'anello della Chiave Kalachakra", dove gli Dei Traditori avevano inciso il Segno dell'Origine: Freya trasformata in Pernice dovette lasciarlo cadere prima di penetrare nel corpo del moribondo Navutan e la sua caduta, secondo la Saggezza dei Sassoni, si era prodotta in Germania; concretamente, era caduto sulle rocce dell'Externsteine, una montagna che si trova nel centro del bosco Teutoburger Wald. D'accordo con quello che sostenevano i Sassoni, l'anello toccò le rocce in coincidenza con il momento in cui Navutan risuscitava ed acquisiva la Saggezza della Lingua degli Uccelli: questo produsse che il Segno dell'Origine si scomponesse nelle 13 + 3 Vrune o Rune e che queste si plasmassero per sempre nelle rocce dell'Externsteine; su una di quelle, la più prominente, chiunque possegga un lignaggio spirituale potrà vedere, per esempio, la Vruna più sacra per gli Atlanti bianchi, quella che rappresenta il Grande Capo Navutan , vale a dire, la Runa Odal. Inoltre i Sassoni non solo conoscevano, in quest'epoca del tardo secolo VIII D.C., le Vrune di Navutan , ma erano riusciti anche a conservare, come i Signori di Tharsis, la loro Pietra di Venus. Sulla cima dell'Externsteine si ergeva da tempo immemorabile la “Universalis Columna” Irminsul, un Pilastro di Legno che rappresentava l'Albero del Terrore dove si era auto crocefisso Navutan per conoscere il Segreto della Morte. Questo santuario era venerato dai germani fin da tempi remoti e, per evitare la sua profanazione da parte dei romani nell'anno 9 D.C., il Comandante cherusco Arminio, o Erminrich, annichilì l'esercito del Generale Publio Quintilio Varo composto da 20.000 legionari, nelle prossimità di Teutoburger: Varo e i principali ufficiali si suicidarono in seguito al disastro. Ugual sorte non avrebbero avuto, gli eroici sassoni 770 anni dopo, di fronte a un nemico enormemente superiore e che nutriva nei loro confronti un'intolleranza irrazionale somigliante a quella che Amilcare Barca sperimentava per i tartessi. Naturalmente, dietro quest’intolleranza di Carlo Magno, bisogna vedere, come nel caso di Amilcare, la mano dei Golen, la necessità, impiantata artificialmente nella mente di quei Generali, di

compiere la sentenza di sterminio. Il peccato dei Sassoni era questo: occuparono il bosco e si dedicarono con tanto impegno nella realizzazione della loro missione, che impedirono durante secoli che i Golen potessero avvicinarsi all'Externsteine; però quello più grave era che incisero i 13 + 3 segni runici dell'Alfabeto Sacro sulla Colonna Irminsul, e incastonarono nel suo centro la Pietra di Venus, in ricordo dell'Occhio Unico di Wothan che osservava il Mondo del Grande Inganno dall'Albero del Terrore. La repulsione che i Sassoni sperimentavano verso i Sacerdoti Golen, il loro rifiuto irreversibile al giudeocristianesimo, la loro fedeltà al Patto di Sangue e alla Saggezza Iperborea, la loro feroce difesa della piazza di Teutoburger Wald, e la loro negazione di consegnare la Pietra di Venus, erano motivi più che sufficienti per decretare lo sterminio della Casa Reale Sassone, specialmente in questo momento in cui il potere dei Golen si trovava al suo culmine. Solo così si spiega la sanguinaria persistenza di Carlo Magno, che durante trent'anni combatté i Sassoni senza tregua, popolo culturalmente e militarmente inferiore ai franchi e che, se resistette tanto, fu per l'indomito Valore che lo Spirito faceva sorgere dal loro Sangue Puro. Nell'anno 772, le truppe del nuovo Perseo giunsero sopra Teutoburger Wald e, dopo una lotta furiosa, riuscirono a conquistare l'Externsteine e a consegnarlo ai Sacerdoti benedettini Golen per la sua "purificazione": questi non ci misero niente a distruggere la Colonna Irminsul e rubare la Pietra di Venus, condannando da allora i Sassoni all'oscurità della confusione strategica, al disorientamento a proposito dell'Origine. Nonostante il bottino conquistato, restava solo di compiere la sentenza dei Golen: nel 783, a Verden, Carlo Magno, in nome di Nostro Signore Gesù Cristo, avrebbe fatto decapitare 5000 Nobili Sassoni, il cui Sangue Puro avrebbe consumato nel Sacrificio rituale l'unità del Dio Creatore Jehovà Satanàs. In seguito ad una posteriore resistenza senza speranze, da parte dell'unico capo ribelle sopravvissuto, Wittikind, i Sassoni terminarono accettando il giudeocristianesimo, come tanti altri popoli in simili circostanze e si integrarono al Regno Franco. Carlo Magno moriva ad Aquisgrana, nell'anno 814, però già nell'anno 800 aveva ricevuto dal Papa Leone III la consacrazione come Imperatore, giusto pagamento per chi tanto aveva servito la Chiesa e la causa dell’Ordine benedettina. Gli successe come Imperatore suo figlio Ludovico Pio, che i suoi contemporanei chiamarono "il Benevolo" e "il Monaco", per la sua dedicazione alla chiesa e la sua preoccupazione dimettere definitivamente i monaci franchi sotto il potere dell’Ordine benedettina. Appena tre anni dopo la sua incoronazione imperiale esaudì questo desiderio dei Golen nel Sinodo di Aquisgrana dell'anno 817, nel quale si decise di imporre la Regola benedettina a tutti i monasteri dei domini franchi, vale a dire, a quello che presto sarebbe stato l'Impero Romano Germanico: parte della Spagna, Francia, Germania, Danimarca, Svezia, Frisia, Italia, eccetera. Con la messa in pratica di quella legge imperiale, il potere dell'Ordine si consolidò sufficientemente, facendo in modo che i Golen non pensassero ad altra cosa, durante i seguenti 270 anni, che a portare alla perfezione il Collegio di Costruttori di Templi. Nei 200 anni precedenti accumularono la Conoscenza delle Scienze; adesso sarebbero passati alla pratica, avrebbero formato Corporazioni di Costruttori composti da logge di apprendisti, compagni e maestri massoni; e tali logge sarebbero state laiche, integrate da gente del popolo, però dirette segretamente dall’Ordine, che sarà chi possiede il Piano e

le Chiavi del Tempio. Mancava però disporre di una Chiave Finale, un Segreto che avrebbe permesso ai Golen di portare la loro opera alla massima perfezione. Per questo i Golen e per Loro, l’Ordine benedettina, contavano con la Parola della Fraternità Bianca che tale Segreto sarebbe stato confidato loro quando la missione europea fosse stata a punto di concludersi. Quel Segreto, quella Chiave delle chiavi, consisteva nelle Tavole della Legge di Jehovà Satanàs, quelle che il Dio Creatore consegnò a Mosè sul monte Sinai e che dettero la possibilità in seguito ad Hiram, Re di Tiro, di costruire il Tempio di Salomone, il Tempio dei templi: in esse era inciso, mediante un Alfabeto Sacro di 22 segni, il Segreto del Serpente, cioè, la Più Alta Conoscenza che è permesso raggiungere all'animale uomo, le Parole con le quali il Dio Uno nominò tutte le cose della Creazione: con queste Tavole in loro potere, i Golen sarebbero stati in condizione di innalzare il Tempio di Salomone in Europa, compiendo così con i piani della Fraternità Bianca ed elevando il Popolo Eletto sul Trono del Mondo. È chiaro che prima di giungere a una così meravigliosa realizzazione, l’Ordine benedettina avrebbe dovuto risolvere vari problemi: a parte mettere in marcia il Collegio dei Costruttori di Templi, bisognava creare le condizioni per cui i popoli dell’Impero Romano avrebbero appoggiato l'esistenza di un Ordine Militare in seno alla Chiesa Cattolica. Tale Ordine avrebbe avuto una doppia funzione: da una parte, custodire, nel momento in cui la Fraternità Bianca avesse deciso di consegnarle ai Golen,il trasporto delle Tavole della Legge, dall’attuale posizione a Gerusalemme fino all'Europa; e da un'altra parte, servire come forza militare d'appoggio alla Costituzione della Sinarchia Finanziaria o Concentrazione del Potere Economico, che sarebbe stato necessario stabilire in Europa come passo anteriore al Governo Mondiale del Popolo Eletto.

Diciassettesimo Giorno

Portare a termine l'ultima parte dei piani della Fraternità Bianca richiedeva una riforma del sistema monacale benedettino: bisognava, soprattutto, concentrare la Conoscenza dell’Ordine e controllare, da quel centro, le principali funzioni culturali d'Occidente. E quella riforma non si sarebbe fatta aspettare poiché era stata prevista in anticipo, cioè, era un'alternativa strategica dei Golen; durante il secolo IX, appena morto Carlo Magno e quando la sua dinastia si apprestava a cominciare una lotta tra fazioni, per le parti dell'impero, che sarebbe durato 100 anni, già si cominciava a intravedere il cambio: nell'anno 814, Ludovico Pio, il Monaco, offre tutto il suo appoggio a San Benedetto d'Aniane per fondare un monastero ad Aquisgrana, dove la Regola benedettina sarebbe stata applicata con il massimo rigore. Tre anni dopo quel monaco, che era stato inviato alla corte carolingia dal Papa benedettino Leone III, redatta e pubblica il Capitulare Monacorum e il Codex Regularum che avrebbe dato fondamento iniziale alla riforma dell'Ordine benedettina. Ma sarà nel secolo X che l'obiettivo di concentrare la Conoscenza dell'Ordine si concretizzerà definitivamente con l'occupazione del monastero di Cluny. Il ritardo si deve imputare alla compatibilità che tale obiettivo doveva avere in relazione con la sicurezza del Segreto dell'Ordine: i Golen non potevano rischiare, a quest'altezza dei fatti, un fracasso per imprudenza. Per questo la riforma di Cluny inizia solamente quando si dispone della sicurezza che non sarà interrotta.

Con l'elezione del sassone Enrico I, l'Uccellatore, come Re Franco e Imperatore, nell'anno 919, entra nella Storia lo straordinario lignaggio degli Ottoni e dei Salii (Franchi Sali), un Sangue Puro che sarebbe arrivato a produrre un Federico II Hohenstaufen nel secolo XIII, "l'Imperatore Iperboreo che si oppose con il Potere dello Spirito ai più satanici rappresentanti del Patto Culturale". Nel secolo X, questo potente lignaggio si dedica con vigore a riorganizzare il Regno, mentre il papato cade in grande discredito a causa dell’influenza esercitata dalle famiglie della nobiltà romana, soprattutto quella dei Teodora, dei Crescenzio, dei Tuscolo, ecc. L’Ordine benedettino, che ha deciso di approfittare del momento per lavorare segretamente nella formazione del Collegio di Costruttori di Templi, si assicura di base che nessuno interferisca con il funzionamento di Cluny: giustamente, il luogo eletto per concentrare la Conoscenza ricadde su un monastero francese esclusivamente per motivi di sicurezza. Una serie di Bolle Papali emesse durante i secoli X e XI, obbedite alla lettera dai duchi di Aquitania e i Re di Borgogna, stabilirono la totale indipendenza di Cluny da qualunque altra autorità che non fosse quella del papa o dei suoi abati: né i Re, né i Dux o i Conti, né i Vescovi regionali, potevano intervenire sulle questioni del monastero. Avete sentito parlare in questo periodo, Dr. Siegnagel, di certe basi segrete in possesso delle Grandi Potenze, per esempio i sovietici o i nordamericani, nelle quali riunirebbero un’enorme numero di scientifici di tutte le specialità, dotati dei più avanzati strumenti, per pianificare in forma integrale obbiettivi a lungo termine e che dipenderebbero direttamente dal Presidente o da un Consiglio Supremo e agirebbero indipendentemente da qualunque altra autorità nazionale al di fuori dei propri capi o comandanti? Ebbene, questo era Cluny nel secolo X. Lì, si pianificava un’Europa del futuro, giudeocristiana, unificata sotto le Cattedrali e il tempio di Salomone, controllata da un Ordine militare della Chiesa, amministrata da una Sinarchia Finanziaria e governata finalmente dal Popolo Eletto. È Formoso (lo stesso Papa benedettino il cui cadavere riesumato fu lanciato al Tevere dal papa Stefano VI, sostenitore di Lamberto di Spoleto, come vendetta per la nomina di Arnolfo come Imperatore) chi nomina Bernone (di Cluny) per cominciare la grande missione. Bernone era un monaco benedettino di lignaggio nobile di Borgogna, che si approfittò della sua influenza sul Duca Guglielmo I di Aquitania per convincerlo della convenienza di fondare il monastero di Cluny. Nell’anno 910 lo stesso Bernone prende la direzione del monastero e inizia la missione della Concentrazione della Conoscenza: si riuniscono lì i principali libri e manoscritti che l’Ordine possedeva in distinti monasteri e si costituisce un’Élite Golen dedicata alla copia di documenti e allo “studio dell’Architettura Sacra”. Naturalmente, l’Élite Golen, denominata internamente "monaci clerici”, avrebbe dovuto occuparsi esclusivamente del suo compito e avrebbe dovuto abbandonare la tradizionale norma benedettina di condividere i lavori di mantenimento del monastero e la produzione di alimenti: in questo senso, si riforma la Regola benedettina e si crea l'istituzione dei "monaci laici” per svolgere l’onorevole funzione di mantenere i Golen. Durante l'incarico del suo secondo abate, Sant’Oddone da Cluny, già cominciano a vedersi i frutti della riforma: in principio si diffonde la fama a proposito dell'ascetismo e la perfezione raggiunta dalla riforma cluniacense, cosa che attrae la curiosità di altri monasteri e causa l'ammirazione del popolo; in seguito s’inviano gruppi di monaci specialmente preparati ai monasteri che li richiedono, per iniziarli nella riforma: i membri del popolo sono selezionati con molta cautela per integrarli all'Élite dei monaci chierici o

assegnare loro compiti propri dei monaci laici; poi s’inaugurano monasteri sottomessi alla giurisdizione di Cluny, ai quali si estendono i diritti di autonomia e indipendenza. A questo punto, Cluny era una Congregazione per diritto proprio. E chi sostiene con entusiasmo Sant’Oddone con una bolla papale nell’anno 932 è il Papa benedettino Giovanni XI, figlio bastardo del Papa Sergio III e di Marozia di Teodora, celebre assassina dell’epoca. Dopo cento cinquanta anni di attività, la Congregazione di Cluny può contare con 2000 monasteri distribuiti principalmente in Francia, Germania e Italia, però anche in Spagna, Inghilterra, Polonia, ecc., senza includere le restanti migliaia di monasteri benedettini che hanno adottato la riforma cluniacense ma che non dipendono dall'Abate di Cluny. A metà del secolo XI l’Ordine è riuscita a trasformare efficacemente la Cultura europea: sotto il mantello intellettuale dei benedettini di Cluny si formarono corporazioni di massoni operativi che dimostrarono la loro competenza nell'arte della costruzione "romanica” e che erano già pronte per lanciare la rivoluzione del “gaulico”, mal chiamato gotico; dietro a questo movimento, naturalmente, c'era il Collegio Segreto di Costruttori di Templi. Si era riusciti inoltre a piantare nel cuore dei signori feudali il seme del sentimentalismo, del pentimento e della pietà cristiana: i "peccati" pesano ogni giorno di più sull’Anima del Cavaliere e richiedono del sollievo della confessione sacerdotale; si accetta di moderare la condotta guerriera mediante la "pace di Dio" e la "tregua di Dio", determinate dai Sacerdoti; si moralizzano i guerrieri germani con i principi giudaici della Legge di Dio, del Timore alla Giustizia di Dio, ecc.… Come risultato di questo nacque una classe speciale di Nobili e Cavalieri che, senza perdere il loro valore e audacia, però rispettosi di Dio e dei suoi rappresentanti, erano condizionati per lanciarsi ciecamente in qualunque avventura che segnalasse la Chiesa. I piani della Fraternità Bianca si stanno compiendo in tutte le sue parti. Nell'anno 1000, dopo aver terrorizzato l'Europa con la "prossimità del giudizio finale" i Golen avanzano a gran passo pronti a esporre all'Imperatore germanico il loro progetto di ricostruzione del Impero Romano di Occidente con capitale a Roma e fare in modo che questi accetti di muovere la capitale dell'Impero dalla sua base in Germania: anche se tale progetto non si fosse concretizzato, l'idea era già stata lanciata e avrebbe influito durante 250 anni negli obiettivi imperiali del regno germanico. I dettagli di questo piano si accordarono tra il Re Ottone il Grande e il Papa Golen Silvestro II,il cui nome era Gerberto di Aurillac (di Reims). E in questo piano dell'anno 1000, nel compromesso che assumeva l'imperatore di "lottare contro gli infedeli", specialmente contro i saraceni di Spagna, mediante una "Milizia di Dio", erano chiaramente abbozzati i concetti delle Crociate e degli Ordini militari 100 anni prima della loro realizzazione. Pertanto il successo del piano dipendeva, in tutti i casi, dalla soggezione dell’Imperatore di fronte all'autorità del papa, dal dominio che la Chiesa poteva imporre sul temperamento naturalmente indomito dei sovrani germanici. Sarà lì dove si misureranno nuovamente le forze del Patto Culturale contro il Ricordo incosciente del Patto di Sangue. Per questo i Golen avrebbero fatto sedere sul Trono di San Pietro un riformatore cluniacense di impareggiabile fanatismo, il monaco Ildebrando, che passerà alla Storia come il Papa Gregorio VII, il papa che avrebbe fatto umiliare l'Imperatore Enrico IV a Canossa prima di revocare la sua scomunica, dimostrando con quello "la superiorità del potere spirituale sul potere temporale", cioè, sostenendo l'antica falsificazione degli Atlanti scuri e dei

Sacerdoti del Patto Culturale: per la Saggezza Iperborea del Patto di Sangue, contrariamente, lo Spirito è essenzialmente guerriero e, pertanto, le caste nobili e guerriere sono spiritualmente superiori a quelle sacerdotali. In più, con la debolezza di Enrico IV, il danno era fatto e sarebbe toccato ai suoi discendenti lottare contro un papato Golen eletto direttore del Destino d’Occidente. Che i Golen non si fidarono né si sarebbero mai fidati dei Germani, a parte la sede del Collegio di Costruttori a Cluny, lo indica la loro attitudine favorevole ai normanni come esecutori preferiti dei loro piani, seguiti dai francesi. Quelli, che non appartenevano come si suppone alla famiglia di popoli germanici ma a una tribù celtica della Scandinavia, etnicamente differente dai vichinghi norvegesi, svedesi e danesi, si erano conquistati un Ducato nel Nord della Francia, la Normandia, che fu riconosciuto ufficialmente da Carlo il Semplice nell'anno 911: con il trattato di pace firmato allora in Saint Clair-sur-Epte, il Duca Rollone si battezzava e accettava il cristianesimo insieme al suo popolo, la cui l'evangelizzazione definitiva si lasciava nelle mani del Ordine benedettina. Ben presto, quindi, cominciarono a fiorire monasteri in Normandia che diressero finalmente tutta la nobiltà normanna sotto l'influenza di Cluny. 150 anni dopo si registravano gli effetti del paziente lavoro di indottrinamento e condizionamento culturale realizzato dai benedettini: i normanni erano stati preparati per costituire un braccio esecutore dei piani della Fraternità Bianca. Il Papa Golen Nicola II, chi istituisce l'elezione papale da parte dei cardinali, consegna un feudo nel Sud d'Italia al Re Roberto d'Altavilla, detto il Guiscardo, Puglia, Calabria e Sicilia; a Riccardo d’Anversa consegna Capua; corre l’anno 1059. Sette anni dopo, nel 1066, il duca di Normandia, Guglielmo il Conquistatore, s’impossessa dell’Inghilterra con la collaborazione, o tradimento flagrante, dell’Ordine benedettina dell'isola: grazie a lui entrano nuovamente in Inghilterra i membri del Popolo Eletto, che erano stati espulsi nell'anno 920 dal Re Knut il Grande con l'accusa di "nemici dello Stato “. Il Papa è allora il benedettino Alessandro II, ma i cervelli che dirigono le manovre sono i Golen Cluniacensi Ildebrando e Pietro Damiano. Al succedergli nel papato lo stesso Ildebrando, o Gregorio VII, un territorio impressionante che discende dall'Irlanda, comprende Inghilterra, Normandia, Fiandre, Francia, Borgogna, Italia e conclude in Sicilia, si trova sottomesso all'influenza diretta dei Golen di Cluny. Bisogna aggiungere su Ildebrando, un dato che non deve essere mai dimenticato: la sua origine ebrea. Ildebrando, in effetti, era pronipote di Baruk, il banchiere ebreo che si convertì al cristianesimo e che fu la testa della famiglia Pierleoni, un lignaggio che influì durante secoli nelle elezioni papali. Grazie ai soldi dei Pierleoni, per esempio, Ildebrando aveva ottenuto l'elezione di Alessandro II e appoggio per i suoi propri piani. E la Banca Pierleoni, ovviamente, era molto caritativa; e la sua carità, naturalmente, aveva un diretto beneficiario: la Congregazione di Cluny, dove i loro fratelli di Razza e i Golen preparavano il Governo Mondiale del Popolo Eletto. Mettere a punto il piano dei Golen richiederà una prova preliminare: questa prova generale di verificazione delle potenzialità sarà la Prima Crociata. Nel 1078, Gregorio VII e la gerarchia maggiore Golen ricevono due notizie simultanee: la più importante è quella che proviene dalla Fraternità Bianca, nella quale gli Immortali approvano finalmente, il trasporto in Europa delle Tavole della Legge, occulte durante venticinque secoli a Gerusalemme, in prossimità del Tempio di Salomone. L'altra notizia viene dall’Impero

d’Oriente, che si trova accerchiato da un potente dispiegamento militare dei Turchi selgiuchidi, i quali avevano già occupato l'Iran, Bagdad, la Siria, la Palestina, gran parte dell'Asia minore e si erano appena impossessati di Gerusalemme. Queste notizie decidono i Golen sulla forma in cui proveranno le loro forze: predicheranno la Crociata, però, in principio, questa non punterà all'obiettivo principale ma a uno secondario; si divulgherà la necessità cavalleresca cristiana di prestare aiuto alla Chiesa bizantina contro i turchi; se questa chiamata avesse dato i risultati aspettati, allora si sarebbe annunciato il dovere di "liberare la Terra Santa"; e solamente se quest’ultimo reclamo fosse stato ubbidito, solamente così, si sarebbe dato inizio alla missione di Gerusalemme per cercare la Chiave del Tempio di Salomone. Perché occorre che il recupero del Segreto del Popolo Eletto non è facile: se rimase occulto ventuno secoli non fu perché nessuno lo avesse cercato e incontrato prima, ma perché il suo occultamento fu deliberato e attento ed ebbe bisogno di tecniche esoteriche; la sua localizzazione attuale esigeva l'invio di un gruppo di Sacerdoti Iniziati nella Cabala acustica e numerale, per leggere e pronunciare correttamente le Parole che avrebbero aperto la Serratura del Segreto: e questo gruppo sì, che sarebbe dovuto andare nel momento giusto, con attenzione alla massima sicurezza, perché da quest’operazione sarebbe dipeso il successo o il fracasso di una Strategia pianificata sistematicamente durante 700 anni. Il Sinodo di Clermount dell'anno 1095 era stato usato dal Papa Golen Urbano II, recente priore di Cluny, per convocare una guerra contro gli infedeli e liberare la Chiesa d’Oriente: -"questa guerra è, spiegava Urbano II, un Pellegrinaggio di Cavalieri armati"; “ci sarebbero state indulgenze speciali per tutti quelli che avessero impugnato la croce e talmente compiacenti sarebbero stati i Cieli con la Crociata, che in seguito sarebbe giunto uno straordinario periodo di Pace di Dio” -. Pietro l’Eremita, un predicatore popolare, riunisce una moltitudine di 100.000 persone carenti di preparazione militare e di mezzi, che sarà velocemente sterminata; in cambio l'esercito di Cavalieri franchi, fiamminghi e normanni, causa l'ammirazione dei Golen: in esso sono arruolati, Goffredo di Buglione, Signore della Lorena, con i suoi fratelli Eustachio e Baldovino; Roberto di Fiandra; Roberto di Normandia; Raimondo di Tolosa; il Signore normanno d’Italia, Boemondo di Taranto; e Tancredi d’Altavilla. A questo esercito si poteva chiedere la conquista di Gerusalemme! Dopo molte difficoltà proprie della guerra contro un nemico valente e religiosamente fanatizzato, aggravate dal tradimento dei bizantini, i Crociati riescono a conquistare Gerusalemme nel 1099,3 anni dopo la partenza dall'Europa. Si fonda lì un Regno cristiano del quale Goffredo di Buglione è il primo Re. In seguito a questa vittoria, i Golen impiegheranno solo trenta anni per localizzare le Tavole della Legge e trasportarle in Europa: a cominciare da allora inizierà la rivoluzione del gaulico o gotico. Quella fase del piano si sviluppò con vari movimenti paralleli. Da un lato, bisognava preparare un luogo adeguato per ricevere le Tavole della Legge, decifrare il suo messaggio e incontrare il modo di applicare la Conoscenza del Serpente alla Costruzione di Templi. Dall'altra parte, si doveva inviare quanto prima verso Gerusalemme il gruppo di Iniziati Golen che si sarebbe occupati di localizzare il Segreto. E inoltre, bisognava iniziare immediatamente la formazione dell’Ordine militare che avrebbe sostenuto la Sinarchia finanziaria che si sarebbe dovuta creare immediatamente. Se tali movimenti culminavano negli obiettivi proposti dalla Fraternità Bianca, allora sarebbe presto seguito il Governo Mondiale del Popolo Eletto e si sarebbe compiuta la Volontà del

Dio Creatore Uno. Il Monaco benedettino Roberto ricevette nel 1098 l'ordine di ritirarsi nelle vicinanze di Citeaux: nell'anno 1100, appena conosciuta la notizia della conquista di Gerusalemme, il Papa Pasquale II lo mette a capo dell’Abbazia cistercense e gli affida la riforma della regola cluniacense. Sulla base della Regula Monachorum di San Benedetto, egli e il suo successore Alberico, introducono cambi sostanziali rispetto a Cluny: i monaci ritornano al lavoro manuale, s’insiste con più rigore sull'ascetismo e la solitudine, cioè sul segreto, e si cambiano gli indumenti: di lì in avanti i cistercensi non impiegheranno l'abito nero classico dei cluniacensi e dei benedettini, ma uno bianco, somigliante all'antica tunica dei Golen delle Gallie romane, e a quella dei sacerdoti leviti che custodivano in Israele l'Arca con le Tavole della Legge. Nel 1112 la comunità è pronta per ricevere il gruppo di Iniziati che gli darà la sua definitiva conformazione: sono trentuno, tra loro San Bernardo con cinque della sua famiglia, tutti Golen. Dopo tre anni necessari per studiare i minimi dettagli, San Bernardo si decide a fondare a Claravalle, regione della Champagne, feudo del Conte Ugo, anche lui di famiglia Golen, un monastero adeguato a conservare il Segreto che sarebbe giunto dall’Oriente. Una volta terminato, con il pretesto di effettuare traduzioni di testi ebrei, si convocano i principali Rabbini cabalisti d'Europa per collaborare nel compito di decifrare le Tavole della Legge. Che strana comunità quella di Cister e Claravalle, integrata da Golen ed ebrei, mentre Europa intera si proclama "cristiana" di fronte ai popoli “infedeli” d'Oriente. Alla morte di San Bernardo esistevano 350 monasteri cistercensi, e al finale del secolo XIII, arrivavano a 700 in Europa. In questo modo si mandò avanti il primo movimento. In quanto a Cluny, non bisogna credere che la fondazione del Cister e l'espansione dell’Ordine dei Templari avrebbero diminuito in qualche modo il suo potere. Prova di questo è l'enorme volume delle sue installazioni raggiunto nel secolo XIII; come esempio, vale ricordare che nel 1245, con il motivo del Concilio Generale di Lione riunito dai Golen per scomunicare l'Imperatore Iperboreo Federico II, una comitiva numerosa accompagnò il Papa durante la sua visita a Cluny, dove furono alloggiati comodamente senza necessità che i monaci abbandonassero le loro celle; vale a dire, che possedeva infrastruttura per alloggiare un Papa, un Imperatore e un Re di Francia, insieme a tutti i prelati e Signori con le loro corti. Non credete che io stia esagerando, dottor Siegnagel: oltre al Papa Innocenzo IV, erano presenti i due Patriarchi di Antiochia e Costantinopoli, dodici Cardinali, tre Arcivescovi, quindici vescovi, il Re di Francia San Luigi, sua madre Bianca di Castiglia, suo fratello il Duca di Artois e sua sorella, l’Imperatore di Costantinopoli Balduino II, i figli del Re di Aragona e Castiglia, il Duca di Borgogna, sei Conti e un elevato numero di Signori e Cavalieri. La sua biblioteca contava con 5000 volumi copiati dai frati, a parte centinaia di manoscritti, rotoli e libri dell'Antichità, che erano pezzi unici in Europa.

Diciottesimo Giorno Nell'anno 1118, finalmente, i nove Golen trovarono la Chiave del Tempio di Salomone con l’approvazione della Fraternità Bianca: sono tre i Sacerdoti Iniziati, incaricati di localizzare le Tavole della Legge e sei i Cavalieri di custodia. Uno degli Iniziati era Ugo di

Champagne, sulle cui terre si era installato il Cister, parente del Re Baldovino di Gerusalemme, riuscì senza difficoltà a occupare il luogo richiesto: la sede tradizionale del Tempio di Salomone. La residenza di vari anni in quel luogo valse loro il nome di Cavalieri del Tempio (Templari) anche se essi preferivano chiamarsi Unici Guardiani del Tempio di Salomone. Finalmente, in seguito a molte ricerche, meditazioni, riflessioni e comprensioni sulla natura del Segreto e contando anche sull'aiuto degli "Angeli" della Fraternità Bianca, i Templari si trovarono in condizione di incontrare l'Arca. E, non appena il Segreto giunse nelle loro mani e mentre si preparavano per scortarlo in Europa, si unirono a loro Bera e Birsa, gli stessi Immortali che assassinarono le Vraya della Casa di Tharsis. Da Chang Shambalà, la Fraternità Bianca inviava Bera e Birsa per accompagnare il trasporto dell'Arca fino all’Abbazia di Claravalle e assicurarsi che questa giungesse senza problemi; inoltre avrebbero tentato di impossessarsi della Spada Saggia e aggiustare i conti pendenti con la Casa di Tharsis. Sospenderò per un momento, il racconto delle conseguenze che questa nuova apparizione degli Immortali avrebbe avuto per i Signori di Tharsis. La cosa più importante adesso è evidenziare che nell'anno 1128, l'Arca si trova installata a Claravalle, in potere dei più alti dignitari della Sinagoga e della Chiesa Golen, nel Cuore del Collegio dei Costruttori di Templi. In questo modo si sviluppò il secondo movimento. Il risultato trionfale di entrambi i movimenti convinse i Golen ad agire immediatamente con il terzo. Si trovavano nella regione di Champagne i sei Cavalieri che avevano trasportato l'Arca, insieme a Bera e Birsa che ancora permanevano a Claravalle dando istruzioni al Collegio dei Costruttori e si convenne nel costituirli come Ordine Cavalleresco. Con quest’obbiettivo segreto, San Bernardo convoca nel 1128 un Concilio a Troyes, nella regione di Champagne, al quale assistono nella sua totalità clerici benedettini e cistercensi: Vescovi, Abati e Priori di tutti i monasteri dell’Ordine, che vengono coscienti dell'importanza dell'evento e desiderano osservare da vicino i terribili Immortali Bera e Birsa, anche loro presenti. Nel Concilio di Troyes si approva la formazione dell'Ordine dei Templari ed è affidata a San Bernardo la redazione della sua Regola. Sarà questa una Regola monastica, drasticamente cistercense ma completata con norme e disposizioni che regolano la vita militare: a capo dell’Ordine sarà un Gran Maestro, che dipenderà solamente dal Papa; la missione dell’Ordine consisterà nel formare un esercito di Cavalieri per combattere in Oriente e in Spagna contro i saraceni; in Occidente, l’Ordine possederà proprietà adatte a praticare la vita monastica e offrire istruzione militare; l’Ordine dei Templari sarà autorizzata a ricevere ogni classe di donazioni, però i Cavalieri dovranno osservare il voto di povertà, ecc. Durante il resto del secolo XIl, l’Ordine cresce in tutti i sensi e si costituisce nel secolo XIII, in un vero potere economico e militare soggetto solo, e fino ad un certo punto, all'autorità della Chiesa. Visto che l'obiettivo occulto delle crociate era ottenere l’Arca dell’Alleanza di Jehovà Satanàs con il Popolo Eletto e che tale obiettivo era già stato raggiunto, è evidente che il mantenimento della Guerra Santa non aveva altro fine che fortificare l’Ordine dei Templari e la Chiesa: le seguenti Crociate, in effetti, permettevano ai Papi dimostrare il loro potere al di sopra di quello dei Re e Nobili, e all'Ordine dei Templari aumentare le loro ricchezze. Così, il papato raggiungeva il suo più alto grado di prestigio e poteva convocare i Re di Francia, Inghilterra o Germania, a una "crociata" per Cristo, Nostro Signore, e, con

un po' di fortuna, perfino riusciva a eliminare alcuni potenziali nemici dei suoi piani di egemonia europea, come per esempio l’Imperatore Federico Barbarossa, che non fece mai ritorno dalla Terza Crociata. E, mentre continuava la guerra e l'esercito dell’Ordine si perfezionava professionalmente e diventava indispensabile in tutte le operazioni, l’Ordine stava costruendo una formidabile infrastruttura economica e finanziaria: si diceva che quel potere serviva per sostenere la Crociata dei Cavalieri Templari, però, in realtà, si stava assistendo alla fondazione della Sinarchia finanziaria. L’Ordine sviluppò velocemente, sulle basi delle loro numerosissime proprietà in Francia, Spagna, Italia, Fiandre, ecc…, Una rete bancaria che operava con il nuovissimo sistema delle "lettere di cambio", inventato dai banchieri ebrei di Venezia, e aveva la sua sede centrale nella Casa del Tempio di Parigi, autentica Banca, provvista di Tesoro e Camera di Sicurezza. Naturalmente, praticavano il prestito a interessi a Nobili e Re, i cui "pagherò" e altri documenti avanzatissimi per l'Epoca, si custodivano nelle casseforti dell’Ordine. Tra gli altri compiti, gli avevano affidato anche la gestione dei fondi della Chiesa e la riscossione delle tasse per la corona di Francia. I Templari occuparono varie piazze in Spagna, tra le quali si contava la Fortezza Monzón, che dopo la morte di Alfonso I, il Battagliero, fu concessa loro in possesso: da lì, "lottavano contro l'infedele", secondo la Regola dell’Ordine. Quella fortezza si trovava a Huesca, ai bordi del fiume Cinca, allora Regno di Aragona: in quella direzione si diressero Bera e Birsa dopo il Concilio di Troyes, accompagnati da un’importante seguito di monaci cistercensi. Gli Immortali, dovevano realizzare un "Concilio Segreto Golen" nel quale avrebbero stabilito le direttive per i prossimi 100 anni, data nella quale sarebbero tornati a chiedere i risultati dei fatti compiuti. In quel Concilio, a parte i dettagli del piano Golen che già ho descritto, gli Immortali sollevarono, in nome della Fraternità Bianca, due questioni che dovevano essere risolte il prima possibile; si trattava di due Sentenze di Sterminio: una, contro la Casa di Tharsis, ancora pendente dall'antichità; l'altra, contro i Catari e gli Albigesi della Linguadoca aragonese, era recente e si doveva eseguire senza dimora. A proposito della Casa di Tharsis, gli immortali ammisero che si trattava di un Caso difficile poiché non si poteva realizzare lo sterminio senza aver incontrato prima la Pietra di Venus, che quelli mantenevano occulta in una Caverna Segreta. Con il Fine di ottenere la confessione della Chiave per incontrare l'entrata segreta, Bera e Birsa decisero di attaccare questa volta i membri della famiglia che abitavano nella vicina città di Saragozza; si trattava di tre persone: il Vescovo di Saragozza, Lupo di Tharsis; sua sorella vedova, già nell'età matura, viveva insieme a lui nel Vescovato e s’incaricava degli assunti domestici, Lamia di Tharsis; e il figlio di questa, un giovane novizio di quindici anni chiamato Rabaz. I tre furono sequestrati e condotti a Monzón dove furono incarcerati in una cella mentre si preparavano gli strumenti di tortura. Cominciarono con l'anziano Lupo, al quale tormentarono selvaggiamente senza riuscire a fargli uscire una sola parola sulla Caverna Segreta; finalmente, anche se aveva la maggior parte delle ossa rotte, Lupo di Tharsis morì come il Signore che era: ridendo beffardamente di fronte all'impotenza dei suoi assassini. Con la donna e suo figlio, i Golen impiegarono un'altra tattica: considerando che questi erano stati terrorizzati già abbastanza dalle grida del vescovo, prepararono uno scenario conveniente per ingannare il giovane Rabaz con la minaccia di sottomettere sua madre allo stesso tormento degradante che aveva spento la vita di Lupo di Tharsis.

Fecero sdraiare, quindi, Lamia sul tavolo di tortura e cominciarono ad allungarle le membra, strappandole spaventose grida di dolore. In quel momento fecero entrare Rabaz, con le mani legate dietro la schiena e scortato da due Golen cistercensi, il quale rimase gelato dallo spavento al sentire i lamenti di Lamia e scoprirla legata al tavolo mortale: al vederlo paralizzato dall'orrore, un sorriso trionfale si disegnò sul volto dei Golen, che già contavano in anticipo con la sua confessione. Però quello con cui non contavano, neanche allora, era con la pazzia mistica dei Signori di Tharsis. Oh la follia dei signori di Tharsis, che li aveva fatti diventare imprevedibili durante le centinaia di anni di persecuzioni, e che si manifestava come il Valore Assoluto del sangue puro, un valore così alto che era inconcepibile qualsiasi tipo di debolezza di fronte al Nemico! Senza che potessero fermarlo, il giovane Rabaz, spinto da una pazzia mistica, dette due salti si posizionò vicino a sua madre, che lo osservava con lo sguardo brillante; e allora, con un solo morso, le ruppe la vena giugulare sinistra, causandone una rapida morte per dissanguamento. Adesso i Golen non ridevano mentre infuriati trascinavano via Rabaz; e tuttavia qualcuno rise: prima di morire, con l'ultimo respiro che si rompeva in uno spasmo di agonizzante grazia, Lamia riuscì a emettere un'ironica risata, i cui echi rimasero vari secondi riverberando nei meandri di quella tenebrosa carcere. E Rabaz, che l'aveva appena assassinata e aveva il volto coperto di sangue, sorrideva sollevato al comprendere che Lamia non era più in vita. No, i Golen non ridevano più: piuttosto erano pallidi d'odio. Era evidente che la Volontà di Rabaz non poteva essere piegata con nessun mezzo, però non per questo avrebbero smesso di torturarlo fino a causargli la morte: lo avrebbero fatto, anche se fosse solamente per sfogare il rancore che sperimentavano verso i Signori di Tharsis. Bera e Birsa non ottennero nessun risultato con quelle uccisioni e per questo lasciarono ai cistercensi una missione specifica che doveva essere compiuta durante i seguenti anni dall'Ordine dei Templari: non importava il costo, anche se questo implicava compromettersi in una lotta permanente contro il Taifa di Siviglia, però si doveva costruire un Castello ad Aracena, a pochi chilometri dalla Villa di Turdes. Il luogo esatto della costruzione era conosciuto fin dall'Antichità come a “la Grotta di Odiel”, oggi chiamata la “Grotta delle Meraviglie”, il cui nome significava evidentemente, Grotta di Odino o di Wothan, ma che era anche denominata “Grotta Dedalo” per la deformazione “Grotta D’Odal”: naturalmente, Dedalo, il Costruttore di Labirinti, era un altro dei nomi di Navutan . L'entrata della Grotta di Odiel si trovava a livello del suolo, all'apice di una collina di Aracena. Il piano consisteva nell'edificare un Castello Templario che occultasse la Grotta di Odiel: l'entrata, da allora, sarebbe stata accessibile solamente da dentro il Castello. Perché desideravano questo? Per arrivare fino al Caverna Segreta dei Signori di Tharsis; perché, secondo quello credevano Bera e Birsa, dalla Grotta di Odiel sarebbe stato possibile avvicinarsi alla Caverna Segreta impiegando certe tecniche che essi stessi avrebbero messo in pratica al loro ritorno da Chang Shambalà.

Diciannovesimo Giorno Sintetizzando, dottor Siegnagel, si può considerare che con l’arrivo del secolo XIII, i Golen avevano realizzato il 90% dei piani della Fraternità Bianca: l'Ordine benedettina-Golen e le sue derivazioni, Cluny, Cister e i Templari erano stati fortemente stabiliti in Europa; il

Collegio dei Costruttori di Templi aveva acquisito, con il possesso delle Tavole della Legge, la Più Alta Conoscenza; le corporazioni e confraternite di massoni, istruiti dai Golen, stavano innalzando centinaia di Templi, chiese e cattedrali gotiche, in tutte le città importanti d'Europa e in certi luoghi che risultavano avere “valore tellurico”; e la popolazione, dai servi e contadini fino ai Signori, i Nobili e i Re, viveva in un’Era di usanze religiose, sosteneva una Cultura dove Dio e i Sacerdoti di Dio, intervenivano in forma attiva e quotidiana; vale a dire che, la popolazione, che adesso sperimentava l'unità religiosa, era pronta per ricevere l'unità economica e politica di un Governo Mondiale, la Sinarchia del Popolo Eletto; il potere economico dell'Ordine dei Templari era già stato consolidato; e anche l'esercito della Chiesa, che avrebbe assicurato l'unità politica. Come vedete, dottor Siegnagel, i piani della Fraternità Bianca erano al punto di essere concretizzati: e nonostante tutto, fracassarono. Che cosa accadde? I piani della Fraternità Bianca fracassarono fondamentalmente a causa di due Re, Federico II Hohenstaufen, Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, e Filippo IV il Bello, Re di Francia. Entrambi regnarono in paesi distinti, in periodi storici diversi e non si conobbero fra loro: Federico II in Sicilia, dal 1212 fino al 1250, e Filippo IV in Francia, dal 1285 fino al 1314. Nonostante questo, una connessione occulta spiega e giustifica gli atti altamente strategici messi in atto da questi straordinari monarchi: è l'opposizione della Saggezza Iperborea. Ci sono infatti, due cause essoteriche del fracasso dei piani nemici, i Re menzionati, e una causa esoterica, l'opposizione della Saggezza Iperborea, della quale le due cause non sono altro che effetti. Esaminerò, allora, un po' superficialmente le prime due e mi concentrerò sui dettagli della seconda; è più conveniente che lo faccia in questo modo per poter evidenziare il ruolo di primo piano che la Casa di Tharsis ebbe in questi fatti. Bisognerà cominciare, pertanto, col descrivere le circostanze che diedero luogo alla coronazione di Federico II e gli atti attraverso i quali egli destabilizzò il Potere del papato. In seguito mi soffermerò a svelare le vere cause di quegli atti, vale a dire, l'opposizione della Saggezza Iperborea: si vedrà, così, come i Signori di Tharsis svilupparono la loro Strategia e come furono quasi sterminati dai Golen verso la metà del Secolo XIII. Infine arriverò alla gestione di Filippo IV, "il Re che dette il Colpo Mortale alla Sinarchia Finanziaria dei Templari". A cominciare da lì, dottor Siegnagel, tutto succederà in modo che la storia della Casa di Tharsis, che sto narrando per Voi, entri nella sua fase finale. Con l'elezione del Papa Innocenzo III nel 1198, i Golen giocano una delle loro ultime e più importanti carte. Quel “Pontefice”, in effetti godeva di un prestigio senza pari tra l'indomabile nobiltà germanica: i Re si sottomettevano al suo arbitrio e la sua volontà s’imponeva senza resistenze in tutti gli ambiti. Del resto, Innocenzo III non si preoccupa troppo di dissimulare i suoi piani infatti proclama apertamente la vigenza della teoria di Gregorio VII sulle "Due Spade", delle quali una, quella temporale dell’Imperatore, doveva essere sottomessa a quella "spirituale" della Chiesa. Così che, questo Papa, che ha nelle sue mani tutti i trionfi dei Golen, è anche tutore e reggente del giovane principe Federico di Sicilia, principale erede degli Hohenstaufen austriaci e germanici. È su questo principe che i Golen e la Fraternità Bianca hanno appoggiato tutto il peso della loro Strategia: Federico, educato come monaco cistercense e cavalier Templare dai Golen della corte normanna di sua madre Costanza di Sicilia, avrebbe dovuto impugnare con un vigore mai visto, dai tempi di Carlo Magno, la Spada temporale dei Re e sottometterla alla Spada spirituale della Chiesa; allora la spada spirituale, che è la Croce di Gesù Cristo e il Piano

del Tempio,sarebbe stata la sede del Trono del Mondo, una sede per il Messia del Dio Creatore o i suoi rappresentanti. Ma ecco che Federico si ribella precocemente contro questo piano. Federico II fu incoronato Re di Germania nel 1212 con l'auspicio di Innocenzo III e l'approvazione manifesta di Filippo II Augusto, Re di Francia. Al principio fece quello che ci si aspettava da lui e già nel 1213, avendo solamente diciotto anni di età, promulgò la "Bolla d'Oro" (o "promessa di Eger") a favore della Chiesa, nella quale confermava la totalità delle sue possessioni territoriali, includendo quelle di cui quest'ultima si era appropriata indebitamente dopo la morte di Enrico IV; inoltre, accettava rinunciare tanto lui come qualunque altro Re germanico futuro, all'elezione di vescovi e abati. È evidente, infatti, la predisposizione iniziale del giovane Re di realizzare i piani della Chiesa Golen. Tuttavia, molto presto, quest’atteggiamento cominciò a cambiare, fino a diventare totalmente ostile nei confronti dei suoi antichi protettori; le cause furono due: la reazione positiva dell’Eredità del suo Sangue Puro grazie alla prossimità storica del Gral, concetto che spiegherò più avanti; e l'influenza di certi Iniziati Iperborei che lo stesso Federico II fece arrivare fino alla sua Corte di Palermo da lontani paesi dell'Asia e la cui storia non mi posso soffermare a raccontare in questa lettera. La cosa importante fu che l'Imperatore cominciò a rifiutare l'idea Golen, che si stava ampiamente pubblicizzando attraverso la rete benedettina, che il mondo doveva essere governato da un Messia Teocratico, un Sacerdote imposto dal Dio Creatore sui Re della Terra. Contrariamente, affermava Federico II, il mondo aspettava un Messia Imperiale, un Re dal Sangue Puro che imponesse il suo Potere grazie all’unanime riconoscimento dei Signori della Terra, un Re che sarebbe stato il Primo dello Spirito e che avrebbe fondato un'Aristocrazia di Sangue Puro nella quale sarebbero entrati solamente i più valorosi, i più nobili, i più duri, quelli che non si piegavano di fronte al Culto delle Potenze della Materia. Federico II, naturalmente, si sentiva chiamato a occupare quella carica. La dottrina che Federico II esprimeva con tanta chiarezza era la sintesi di un'idea che si stava sviluppando tra i membri della sua Stirpe dai tempi dell’Imperatore Enrico I, l'Uccellatore. In principio, tale idea consisteva nell'intuizione che il potere reale si legittimava solo attraverso un’Aristocrazia dello Spirito, la quale era legata al sangue, al l'eredità del sangue. In seguito fu evidente, e così si cominciò ad affermare, che se il Re era legittimo, il suo potere non poteva essere influenzato da forze di altro ordine che non fossero spirituali: la sovranità era spirituale e pertanto Divina; solo a Dio corrispondeva intervenire con giustizia sulla la volontà del Re. Questo concetto si opponeva essenzialmente a quello sostenuto ai Golen, nel senso che il Papa rappresentava Dio sulla Terra e, pertanto, a lui corrispondeva controllare la volontà dei Re. In passato il Papa Gelasio I, 492-496, aveva dichiarato che esistevano due poteri indipendenti: la Chiesa spirituale e lo Stato temporale; contro la pericolosa idea che si sviluppava tra la Stirpe degli Ottoni e dei Salii, San Bernardo formalizza la tesi di Gelasio nella "Teoria delle due Spade". Secondo San Bernardo, il potere spirituale e il potere temporale, sono analoghi a due Spade; inoltre, siccome il potere spirituale procede da Dio, la Spada temporale deve sottomettersi alla Spada spirituale; ergo: il rappresentante di Dio sulla Terra, il Papa, all'impugnare la Spada spirituale, deve imporre la sua volontà ai Re, semplici rappresentanti dello Stato temporale e portatori solo della Spada temporale. Nonostante gli sforzi da parte della Chiesa di imporre l'inganno, l'idea va maturando e cominciano prodursi scontri tra i Re più spirituali e i rappresentanti delle Potenze della Materia. La "Lotta per le Investiture", protagonista l'Imperatore Enrico IV, antenato di

Federico II, e il Papa Golen Gregorio VII, segnala la fase culminante della reazione satanica: nell'anno 1077, l'Imperatore Enrico IV è obbligato a umiliarsi di fronte al Papa, a Canossa, per ottenere la cancellazione della sua precedente scomunica. Se non avesse accettato questa condizione, Enrico IV sarebbe stato privato della sua investitura imperiale ed anche della sovranità sui suoi Feudi familiari, per la semplice volontà "spirituale" del Papa. Naturalmente un'idea che nasce dal sangue e diventa più chiara e più forte dopo ogni generazione, non può essere repressa con penitenze e umiliazioni. Sarà Federico I, il Barbarossa, il nonno di Federico II, chi si opporrà con più rigore alla tirannia papale e dimostrerà che l'esistenza dell’Aristocrazia dello Spirito era più di un'idea. In quel momento, l'idea ha già preso corpo e conta con sostenitori disposti a difenderla con la propria vita: sono i chiamati ghibellini, nome derivato dal Castello di Waiblingen, dove nacque Federico I. La reazione della Chiesa contro Federico I polarizza la famiglia di sua madre Giudittah, discendente di Welf, o Guelfo IV, il duca di Baviera, acerrima sostenitrice del Papa, da dove viene il nome di "guelfi" dato ai suoi seguaci. Così, nonostante il lavaggio del cervello e l’indottrinamento clericale al quale fu sottomesso Federico II durante gli anni in cui rimase sotto la tutela del feroce Innocenzo III, niente poté evitare che la Voce del suo Sangue Puro gli rivelasse la Verità dello Spirito Increato, che la sua eredità Divina lo trasformasse nell'espressione viva dell’aristocrazia dello Spirito, nell’Imperatore Universale. Prima di partire per la Palestina nel 1227, Federico II si era convertito in Uomo di Pietra, in Pontefice Iperboreo, che aveva ricordato il Patto di Sangue degli Atlanti bianchi. E decise di lottare con tutte le sue forze per far tornare l’ordine della società europea, che era basata sull’unità del Culto, vale a dire, sul Patto Culturale, in favore del Patto di Sangue. La soluzione scelta da Federico II consisteva nel minare l'unità imperiale di quell’epoca, le cui monarchie erano totalmente condizionate dalla Chiesa, concedendo il maggior potere possibile ai Nobili Feudatari: essi sarebbero stati, naturalmente, quelli che avrebbero riconosciuto con il loro Sangue Puro il Vero Condottiero Spirituale d’Occidente, colui che sarebbe venuto a instaurare l'Impero Universale dello Spirito. In cambio la Chiesa Golen, di fronte al crescente potere dei principi, avrebbe visto solamente disintegrarsi l'unità politica che era tanto necessaria per i loro piani di dominazione mondiale: un'unità politica che aveva edificato sulle fondamenta di innumerevoli crimini perpetrati durante secoli di intrighi e inganni, che aveva proiettato nel Segreto dei monasteri benedettini e cistercensi, che aveva imposto nelle menti credulone e timorose dei nobili mediante la minaccia della "perdita del Cielo", la scomunica, il terrore del ricatto e ogni tipo di mezzo indegno. Quest’unità politica controllata discretamente dalla Chiesa, che adesso disponeva di una potente Banca e di un Ordine militare, sarebbe risultata fatalmente destabilizzata da Federico II. Nel 1220, quando ancora ubbidiva al piano dei Golen, Federico II concesse ai principi ecclesiastici i diritti di regolare il traffico commerciale nei loro territori e decidere sulla loro fortificazione. Quindi, nel 1232, conferì questi stessi diritti ai Nobili Feudatari autorizzando inoltre la giurisdizione completa dei loro paesi: in pratica, questo significava che questioni tali come la moneta, il mercato, la giustizia, la polizia e le fortificazioni, rimanevano per sempre soggetti alla potestà dei Nobili Feudatari, non avendo già né il Re, né il Papa, potere esecutivo alcuno nei loro rispettivi paesi. Dopo la morte di Federico II, nel 1250, la Chiesa Golen non sarebbe riuscita più ad avere una simile opportunità per realizzare i piani della Fraternità Bianca: in Germania arriverà l'Interregno, durante il quale i Nobili Feudatari diventeranno ogni volta più potenti e indipendenti; e in Francia, governerà Filippo IV, Il Bello, chi concluderà l'opera di Federico

II procedendo ad annichilare l'Ordine dei Templari e a smantellare l'infrastruttura della Sinarchia finanziaria. Come seconda causa del fracasso del piano Golen, causa principale, causa esoterica, ho menzionato "l'opposizione della Saggezza Iperborea": con tale denominazione mi riferisco, logicamente, all'opposizione cosciente che certi settori portarono avanti contro gli intrighi segreti dei Golen e le loro organizzazioni cistercensi e templari. Questi settori, che comprendevano la Saggezza Iperborea, contribuirono in maniera significativa a determinare il fracasso dei Golen; erano vari gruppi, fra i principali bisogna però citare i Bogomili in Italia, i Catari di Francia e i Signori di Tharsis in Spagna. I signori di Tharsis erano diventati forti in Spagna tanto nella regione mussulmana come in quella cristiana: a Turdes, conservavano il loro Vescovato e la proprietà della Villa, nella quale una parte della famiglia risiedeva tutto l'anno; a Cordova e a Toledo, vivevano sempre i chierici che si dedicavano all'insegnamento; in Catalogna e Aragona, e anche in vari altri paesi europei, abitavano quelli che erano teologi e dottori che ricevevano l'invito di qualche Signore per fungere da consigliere o istruire le famiglie reali. Ma, dovunque si trovassero, i Signori di Tharsis non dimenticavano mai il loro Destino e tutti gli sforzi erano diretti all’ubbidire quei due principi giurati dagli Uomini di Pietra: preservare la Spada Saggia e compiere la missione familiare. La loro priorità infatti, era sopravvivere; però sopravvivere come Stirpe, cosa che li obbligava a mantenersi permanentemente informati sulla Strategia nemica visto che uno degli obiettivi strategici dichiarati dal Nemico esigeva, giustamente, lo sterminio della Casa di Tharsis. Nel secolo XIII, i Signori di Tharsis avevano perfettamente chiari i piani della Fraternità bianca e sapevano quanto erano vicini i Golen a trasformarli in realtà. Per opporsi a questi piani, senza rischiare la sicurezza della Stirpe, i Signori di Tharsis compresero che avevano bisogno di operare protetti da un Ordine della Chiesa, un Ordine che, naturalmente, non fosse controllata dai Golen né fosse retta dalla Regola benedettina: giustamente, non esisteva un Ordine simile. L'onore di fondarla e salvare grazie ad essa la parte più sana del cristianesimo, sarebbe corrisposta a San Domenico.

Ventesimo Giorno Da oggi esaminerò, dottor Siegnagel, la questione catara, la più significativa delle manifestazioni della Saggezza iperborea che si oppose ai piani della Fraternità Bianca durante il secolo XIII. Fu nel contesto del catarismo quando San Domenico fondò l’Ordine dei Predicatori che avrebbe permesso ai Signori di Tharsis agire sotto copertura. È necessario, allora, descrivere detto contesto in modo che risulti chiaro l’obbiettivo ricercato da San Domenico e i Signori di Tharsis. Innanzitutto, bisogna chiarire che qualificare come "eresia" il capitalismo è tanto assurdo come farlo con il buddismo o l'islamismo: come questi, il terrorismo era un'altra religione, distinta da quella cattolica. Eresia è, per definizione, un errore dogmatico a proposito della Dottrina ufficiale della Chiesa; non è eretico chi professa un'altra religione ma chi distorce o mal interpreta il dogma cattolico, come Arrio o gli stessi Templari Golen, che furono gli

eretici più diabolici della loro Epoca. Naturalmente anche se allora si fosse accettato che i Cartari praticavano un'altra religione, come i sassoni, esso non avrebbe rappresentato nessuna differenza nel risultato: niente li avrebbe potuti salvare dalla sentenza di sterminio dei Golen. Eretici erano, senza dubbio, gli arriani; però non i Catari: essi erano si, nemici della Chiesa, alla quale denominavano "La Sinagoga di Satanàs ". Per comprendere il problema bisogna considerare che quello che i Catari conoscevano in realtà era la Saggezza Iperborea, che insegnavano valendosi di simboli presi dallo zoroastrismo, dal zervanismo, dal gnosticismo, dal giudeocristianesimo, etc. Di conseguenza, predicavano che il Bene era di natura assolutamente spirituale e si trovava totalmente al di fuori di questo Mondo; lo Spirito era Eterno e Increato e procedeva dall’Origine del Bene, il Male, al contrario, natura apparteneva a tutto ciò che era materiale e creato; il Mondo della Materia, dove abita l'animale uomo, era intrinsecamente maligno; il Mondo era stato Creato da Jehovà Satanàs, un Demiurgo demoniaco; rifiutavano, pertanto, la Bibbia, che era la "Parola di Satanàs", e ripudiavano essenzialmente la Genesi, nella quale si parlava dell'atto di Creazione del Mondo da parte del Demonio; la Chiesa di Roma, che accettava la Bibbia era, perciò, “La Sinagoga di Satanàs", la dimora del Demonio; l'animale uomo creato da Satanàs, aveva due nature: il corpo materiale e l'Anima; a essi era stato unito lo Spirito Increato, che rimaneva da quel momento prigioniero della Materia; lo Spirito, incapace di liberarsi, risiedeva nell'Anima e l’Anima animava il corpo materiale, il quale si trovava immerso nel Male del Mondo Materiale; lo Spirito si trovava, così, sommerso nell’Inferno, condannato al dolore e dal sentimento che Jehovà Satanàs imponeva all'animale uomo. I Catari, che significa, gli Uomini "Puri", dovevano pretendere il Bene. Questo significava che lo Spirito doveva ritornare alla sua Origine, detestando anteriormente il Male del Mondo Materiale. Assicuravano che lo Spirito Santo era sempre disposto ad aiutare lo Spirito prigioniero nella materia e che rispondeva alla sollecitudine degli Uomini Puri; allora i Catari avevano il potere di trasmettere lo Spirito Santo a coloro che avevano bisogno di aiuto per mezzo dell'imposizione delle mani, atto che denominavano “Consolamentun”. Affermavano, inoltre, l'esistenza di un Kristo Eterno e Increato, che chiamavano “Lucibel”, il quale era disceso volontariamente all’Inferno del Mondo Creato per liberare lo Spirito dell'uomo; rifiutavano la croce perché costituiva simbolo dell'incatenamento spirituale e della sofferenza umana; erano iconoclasta a oltranza e non ammettevano nessuna forma di rappresentazione delle verità spirituali; praticavano la povertà e l'ascetismo ed erano diffidenti nei confronti delle ricchezze e dei beni materiali, specialmente se procedevano da persone che essi dicevano religiose; sostenevano che la virtù più elevata era la comprensione e l'espressione della Verità e che il più grande errore era l'accettazione e la propagazione della menzogna; riducevano l'alimentazione al minimo e raccomandavano non abusare del sesso; proibivano la procreazione di figli perché contribuiva al perpetuare l'incatenamento dello Spirito alla Materia.

È evidente, dottor Siegnagel, che i concetti della religione catara non procedevano da un'eresia cattolica ma dalla Saggezza Iperborea. Tuttavia, coloro che non conoscevano tale affiliazione o erano fanatizzati e controllati dai Golen, non erano difficili da convincere che si trattava di una diabolica eresia; specialmente se lo sguardo si posava sulla forma esteriore del Catarismo. Infatti i Catari, con il fine dichiarato di competere con i cattolici per il favore del popolo, si erano organizzati come Chiesa. Il perché di questa decisione, che gli avrebbe fatto affrontare in modo svantaggioso con un'Europa cattolica, condizionata già dall'idea che è legittimo montare "Crociate" militari contro popoli che professano altre religioni, si deve ricercare nelle credenze ancestrali della popolazione occitana. Indubbiamente esistevano connessioni tra i Catari e i Manichei Bogomili della Bulgaria, della Bosnia, della Dalmazia, della Serbia e della Lombardia, inoltre questi contatti erano naturali fra i popoli o comunità che condividevano l'eredità della Saggezza Iperborea e non implicavano nessuna dipendenza. Il Catarismo è, piuttosto, un prodotto locale del paese di Oc, un frutto medievale del tronco razziale iberico. L'antica popolazione iberica di Oc, come quella di Tharsis, non aveva sofferto una grande influenza dei celti, a differenza degli iberici di altre regioni della Spagna e della Gallia che si confusero razzialmente con essi e caddero velocemente sotto il potere dei Golen. In Oc i galli non riuscirono a unirsi con gli iberici, nonostante il fatto che dominarono durante secoli la regione, con grande disgusto dei Golen che avrebbero usato ogni risorsa per distruggere la loro purezza razziale. Gli occitani si sarebbero uniti in seguito con popoli più affini, in modo simile a quello dei tartessi, specialmente con i greci, i romani e i goti. In un remoto passato, gli Atlanti bianchi avevano comunicato loro la stessa Saggezza che ai loro fratelli della penisola iberica, per includerli in seguito nel Patto di Sangue. Erano stati in possesso, infatti, della loro propria Pietra di Venus e l'avevano persa per mano dei Golen quando questi Sacerdoti del Patto Culturale favorirono le invasioni dei Volci Tectosagi e Arecomici, i Bebrici, i Gabali, gli Elvi, oltre ad installarsi nella costa mediterranea con i Fenici nelle loro colonie di Agde, Narbona e Port Vendrés, che in principio si chiamava “Porto di Astarte”. Ora, a parte quello che ho ricordato sulla Saggezza degli iberici del Patto di Sangue, bisogna aggiungere qui una particolare leggenda che era abbastanza diffusa tra gli abitanti dei Pirenei. Raccontava che, gli Atlanti bianchi avevano depositato in una caverna della regione un'altra Pietra di Venus, che denominavano il Gral di Kristos Lúcifer. Quella Pietra, che era stata portata dall'Inviato del Dio Inconoscibile, non serviva per riflettere il Segno dell'Origine a pochissimi Iniziati, ma per vincolare carismaticamente e liberare spiritualmente a tutta una comunità razziale, sarebbe stata incontrata solamente in momenti chiave della Storia. Credevano che il motivo fosse il seguente: il Gral costituiva una tabula regia imperialis, vale a dire, il Gral informava con esattezza chi era il Re dal Sangue Puro, a chi corrispondeva governare il popolo per la Virtù della sua spiritualità e la sua purezza razziale; inoltre il Gral aveva il Potere di rivelare chi doveva comandare comunicandolo carismaticamente nel Sangue Puro della Razza: non era necessaria la

Presenza Fisica della Pietra di Venus per ascoltare il suo messaggio; pertanto, se la comunità razziale dimenticava il Patto di Sangue, se cadeva sotto l'influenza soporifera del Patto Culturale o se si degradava il suo Sangue Puro, allora avrebbe perso il vincolo carismatico, sarebbe caduto nello sconcerto, avrebbe cominciato a errare nella scelta dei suoi leader razziali: sarebbero sopraggiunti cattivi Re, deboli o tiranni, chissà Sacerdoti del Patto Culturale, che in tutti i casi, avrebbero guidato il popolo verso la sua distruzione razziale; nonostante questo, anche quando il popolo fosse dominato dal Patto Culturale, l'eredità Iperborea del Sangue Puro non sarebbe potuto essere eclissata e,in momenti indeterminati della storia, sarebbe successa una coincidenza culturalmente non causale che avrebbe messo tutti i membri della Razza in contatto carismatico con il Gral: allora tutti saprebbero, senza ombra di dubbio, chi è il Leader della Razza. Si trattava di una doppia azione del Gral: da una parte, rivelava al popolo chi era il vero Leader dal Sangue Puro, senza che influisse la sua situazione sociale; vale a dire: che fosse Nobile o plebeo, ricco o povero, se il Leader esisteva, tutti avrebbero saputo chi era, tutti lo avrebbero riconosciuto simultaneamente. E dall'altra parte, sosteneva il Leader nella sua missione conduttrice, connettendolo carismaticamente con i membri della Razza in virtù dell'origine comune: nell'Origine, tutta la Razza degli Spiriti Iperborei starebbe unita, poiché il Gral, giustamente, sarebbe un riflesso dell’Origine. A causa della Grazia del Gral, il Leader razziale sarebbe apparso di fronte al popolo dotato di un evidente carisma, innegabile e irresistibile; avrebbe esibito chiaramente il Potere dello Spirito Increato e avrebbe dato prova della sua autorità razziale; e questo non avrebbe potuto essere d'altra forma visto che, per l'Origine, sarebbe tornato agli ordini del Grande Capo della Razza dello Spirito, il Signore dell’Onore Assoluto e la Bellezza Increata: Kristos Lucifer o Lucibel. Il divenire della Storia, l'avanzamento inesorabile dei popoli culturalmente dalla Strategia della Fraternità Bianca in direzione delle Tenebre del Kaly Yuga, avrebbe causato la manifestazione ogni volta più forte delle Potenze della Materia. Pertanto, i Leader razziali che eventualmente fossero sorti dal popolo, avrebbero dovuto dimostrare un Potere spirituale ogni volta maggiore per affrontare tali forze demoniache. La conseguenza di questo sarebbe che il confronto, tra la spiritualità emergente di purezza razziale e la degradazione della cultura materialistica, diventerebbe sempre più intenso fino, naturalmente, a una battaglia finale in cui il conflitto sicuramente si sarebbe deciso: essa coincide con la fine del Kaly Yuga. Nel frattempo, sarebbero sopraggiunti quei "momenti della storia", in cui il Gral poteva essere nuovamente incontrato e rivelare il Leader della Razza. Chiaramente, nel corso degli ultimi millenni, per essere la Razza sempre più sommersa nella Strategia del Patto Culturale, i successivi Leader razziali avrebbero dovuto essere di conseguenza più potenti, cioè, avrebbero dovuto essere Leader Imperiali, Guerrieri Saggi che avrebbero cercato di fondare l'Impero Universale dello Spirito: chi ci fosse riuscito, avrebbe liberato il popolo della strategia del Patto Culturale, dai Sacerdoti del Culto, e da ogni tipo di culto; costruendo una società basata sulla

Aristocrazia del Sangue Puro, basata nei Signori del Sangue e della Terra, come quella che, saggiamente, avrebbe cercato di promuovere Federico II Hohenstaufen. E arriviamo qui alla causa occulta dell’espansione catara del secolo XII: a quei tempi esisteva la convinzione generalizzata tra gli occitani, incomprensibile per coloro che non possedevano purezza razziale o che non conoscevano la Saggezza Iperborea, che era prossimo ad arrivare, o era già arrivato, uno di quei “momenti della Storia” nei quali nasceva il Leader Razziale, L’Imperatore Universale dello Spirito e del Sangue Puro. Era un presentimento comune che nasceva da una parte intima e univa tutti nella sicurezza dell’avvenimento regio. E quest’unità spontanea era causa di profonde trasformazioni social: sembrava come se tutti gli sforzi del popolo si fossero prontamente coordinati in un’impresa spirituale congiunta, in un progetto la cui realizzazione permanente era la generazione della brillante civiltà di Oc. La poesia, la musica, la danza, il canto corale, la letteratura, raggiungevano lì un grande splendore, mentre si sviluppava una lingua romantica di squisita precisione semantica, molto diversa dall’idioma più barbaro dei franchi dell’Est: era la “lingua di Oc”o “lingua d’Oc”, che dette nome alla provincia di Linguadoca. Nella struttura di questa civiltà nascente, come uno dei suoi elementi principali, sarebbe sorto il Catarismo, che già non sarebbe allora “un’eresia cattolica”, come pretendeva la Chiesa Golen, né una religione trapiantata dall’Asia Minore, come pretendevano altri. Al contrario, il catarismo era l’espressione formale dell’unione spirituale che esisteva a priori nella società occitana: era il Gral, così credevano tutti, quello che univa la società occitana e costituiva il fondamento della religione catara. Ma il Gral, al comunicare la prossima venuta dell’Imperatore Universale, annunciava anche la Guerra, l’inevitabile conflitto che la sua Presenza avrebbe portato alle Potenze della Materia, forse la Battaglia Finale, se i tempi erano maturi per quello. Il “momento storico”dell’apparizione del Gral esigeva, perciò, una speciale predisposizione del popolo per affrontare la crisi che fatalmente sarebbe avvenuta: era tempo del risveglio spirituale e della rinuncia materiale, discriminare chiaramente tra il Tutto dello Spirito e il Niente della Materia. Allora Voi comprenderete dottor Siegnagel, perché i Catari si organizzarono come Chiesa e si dedicarono a predicare pubblicamente la Saggezza Iperborea: stavano preparando il popolo per il momento storico, stavano fortificando la sua Volontà e cercando di fargli raggiungere lo “Stato di Grazia” che i tempi richiedevano. Se sopraggiungeva l’Imperatore Universale, Kristos Lucifer sarebbe stato più vicino che mai allo Spirito prigioniero dell’Uomo, favorendo la sua liberazione: per questo i Catari annunciavano l’imminente arrivo di Lucibel e spronavano il popolo nel dimenticare la Materia e fissare gli occhi interiori solo su di Lui. Se sopraggiungeva l’Imperatore Universale, si sarebbe richiesto di uomini profondamente spirituali, che possedessero la Saggezza Iperborea e si trasmutassero per il Ricordo dell’Origine, per la rivelazione della Nuda Verità di Sé Stesso, vale a dire, si avrebbe avuto bisogno di Uomini di Pietra: per questo i Catari istruirono e rilasciarono migliaia di trovatori iniziati nel Culto del Fuoco Freddo della casa di Tharsis; essi avevano la missione di ricorrere il paese e accender nei

Nobili di Sangue, Nobili o plebei, ricchi o poveri, la Fiamma del Fuoco Freddo, l’A-mort della Dea Pirena, che chiamavano semplicemente “la Dama” o “la Saggezza”; e i Nobili di Sangue, se comprendevano il Trobar Clus, si convertivano in Cavalieri sposati alla Spada, una Vruna di Navutan , che in alcune occasioni consacravano una Dama in carne ed ossa, una Donna Kalibur che fosse capace di immortalarli Più in Là dell’Oscurità Infinita del Suo Segnale di Morte.

Ventunesimo Giorno L’urgenza dei tempi aveva obbligato i Catari a esporsi pubblicamente, atto che avrebbe causato, presto o tardi, l'inevitabile attacco della Chiesa Cattolica. I benedettini, cluniacensi e cistercensi, cominciarono ben presto a elevare le loro proteste: già nel 1119, l'anno in cui i nove Golen si installano nel Tempio di Salomone, il Papa Calisto II fulmina con la scomunica gli eretici di Tolosa. Ma tali misure non produssero nessun effetto. Nel 1147 l’Abate di Claravalle, San Bernardo, Capo Golen della cospirazione dei templari, percorre la Linguadoca ricevendo da tutte le parti mostre di ostilità da parte del popolo e della nobiltà signorile. Da allora sarà il Cister chi si occuperà di accendere l'odio per formare un nuovo popolo Perseo per distruggere il "Dragone occitano”. Ma i Catari, lontani dallo spaventarsi a morte per queste minacce, convocano nel 1167 un Concilio Generale a San Felix di Caraman (oggi Saint-Félix de Lauragais): in quel luogo si decidono a dividere il paese, allo stesso modo della Chiesa Cattolica, in vescovati e parrocchie. La Chiesa Catara, allora, si organizzava in base a Vescovi, Presbiteri, Diaconi, Fratelli maggiori, Fratelli minori e rispondeva con argomenti superficiali a coloro che sostenevano le accuse di eresia. Tuttavia, dal punto di vista interno, solo esistevano due gruppi: i "credenti" e gli Eletti. I credenti costituivano la massa di coloro che simpatizzavano con il fatalismo o professavano la sua fede, però senza raggiungere l'iniziazione dello spirito Santo che caratterizzava gli Eletti più ultimi, in cambio, erano stati purificati dallo Spirito Santo e per questo i credenti li chiamavano puri, ossia, Catari. Bisogna chiarire che l'iniziazione al Mistero Cataro, essendo un atto sociale come ogni iniziazione, si differenziava dalle iniziazioni ai Misteri Antichi dal fatto che la forma rituale era ridotta al minimo: in effetti, i Catari, gli Uomini Puri o Iniziati, avevano il Potere di comunicare lo Spirito Santo ai credenti per mezzo dell'imposizione delle mani, e per mezzo del quale il credente si poteva anche convertire in Cataro; perché tale miracolo occorresse bisognava disporre di una "Camera Iperborea", nella quale il credente si posizionavano e riceveva il consolamentum dalle mani degli Uomini Puri; inoltre la Camera Iperborea non era nessuna costruzione materiale, come i Templi dei Golen, ma un concetto della Saggezza Iperborea degli Atlanti Bianchi la cui realizzazione costituiva in un segreto gelosamente custodito dai Catari: per fare chiarezza, dottor Siegnagel, vi dirò che era costituito dagli stessi principi che ho già spiegato nel Terzo Giorno come fondamenti del "modo di vita

strategico", vale a dire, il principio dell’Occupazione, il principio del Recinto e il principio delle Mura Strategiche. Nel concetto della Camera Iperborea intervengono i tre principi menzionati e la sua realizzazione poteva effettuarsi in qualunque luogo, anche se, ripeto, la tecnica litica, che solamente richiedeva la distribuzione nello spazio di alcune pietre senza lavorazione, era segreta. Così, con solamente alcune pietre nelle loro mani, i Catari iniziavano i credenti al Mistero dello Spirito Increato; e come per i rappresentanti del Patto di Sangue, opponevano in questo modo la Saggezza al Culto, Mura Strategiche al Tempio. Anche se la forma rituale era minima, il processo spirituale conseguente raggiungeva la massima intensità durante l'iniziazione catara. Il credente era "consolato" interiormente, vale a dire, era sostenuto dallo Spirito e si convertiva in Eletto. Ma, Eletto da chi? Da Se Stesso. Perché gli Iniziati Catari sono gli Autoconvocati Per Liberare Il Loro Spirito, quelli che si sono Eletti a Se Stessi Per Raggiungere L'Origine ed Esistere. Il credente, perciò, non sarebbe stato Eletto dai Catari, né la sua trasmutazione sarebbe dipesa solamente dalconsolamentum, se non che Il Suo Proprio Spirito Eleggeva e Investiva Se Stesso di Purezza al situarsi strategicamente sotto l'influenza carismatica degli uomini puri.

La Chiesa Catara era carente di Rituali, di Templi e di sacramenti: i Catari solo si permettevano la predicazione, l'esposizione del Vangelo di Kristos Lucibel a tutti gli uomini credenti. E risultava che l'infaticabile predica estendeva il fatalismo giorno dopo giorno, come un'epidemia, per il paese della Linguadoca, causando il conseguente allarme della Chiesa Cattolica che vedeva i suoi Templi vuoti e i suoi Sacerdoti Disprezzati e addolorati. Gli Uomini Puri attribuivano il successo alla prossimità del "momento storico" nel quale sarebbe apparso il Gral. In più, quello che in principio fu una semplice convinzione, un giorno, quando il fatalismo si trovava all'apice dell’adesione popolare, divenne un'effettiva realtà: verso la fine del secolo XII, moltissimi Uomini Puri assicuravano di aver visto fisicamente il Gral e aver ricevuto il suo Potere trasformatore. Nella contea di Foix, in piena regione dei Pirenei, si trovava la Signoria di Ramon di Perella, che comprendeva a parte castelli, villaggi e aree coltivate, un picco montagnoso molto impervio sulla cui cima esisteva un’antica fortezza in rovina. Il nome di quel luogo era Montsegur e il suo Signore, così come tutta la sua famiglia e i suoi sudditi, si contavano tra i credenti della Chiesa Catara. Nell'anno 1202 gli Uomini Puri sollecitarono a Ramon di Perella che facesse costruire a Montsegur uno strano edificio di pietra di forma pentagonale asimmetrica: in propria per la difesa, inadeguata per abitare, esteticamente scioccante, l'opera era concepita, tuttavia, d'accordo alla Più Alta Strategia Iperborea. La sua funzione non aveva niente a che vedere con la difesa, la dimora la bellezza, ma non il Gral, con la Manifestazione Fisica del Gral: Montsegur sarebbe stata un'area di

riferimento dalla quale gli Iniziati avrebbero potuto localizzare il Gral, e incluso, approssimarsi fisicamente a esso. La sua funzione non consisteva, perciò, da deposito per "custodire" il Gral perché il Gral non può stare né dentro né fuori di niente: come lo Spirito, Eterno e Infinito, la realtà del Gral sta Più In Là dell'Origine. Ma, localizzare l'Origine, significa la liberazione dello Spirito incatenato alla Materia ed è per facilitare questa localizzazione che il Gral si approssima agli uomini dormienti; e Montsegur avrebbe rappresentato, allora, le Mura Strategiche dalle quali si sarebbe visto il Gral, si sarebbe trovata l'orientazione verso l'Origine, dove lo Spirito avrebbe incontrato di nuovo Se Stesso e si sarebbe ascoltata nuovamente la Voce del Sangue Puro. E il Gral avrebbe parlato e avrebbe rivelato alla Razza Bianca l'identità del Re dal Sangue Puro, dell’Imperatore Universale. In sintesi, dottore, da Montsegur il Gral, come pietra poteva essere trovato e preso dagli uomini puri; ma, mentre essi fossero rimasti nelle Mura Strategiche , il Gral non sarebbe stato dentro ma fuori da Montsegur perché così lo esige la tecnica dell’area di riferimento; in cambio, una volta preso fuori, poteva essere trasportato se essi desiderava in qualunque altro luogo poiché il riferimento si sarebbe conservato mentre fossero esistiti l'area di riferimento recintata e gli Iniziati che la operavano. Naturalmente, il Gral può essere localizzato, sempre, da qualunque luogo che costituisca una piazza libera nello spazio del Nemico, un'area occupata alle Potenze della Materia secondo le tecniche della Saggezza Iperborea degli Atlanti bianchi, un luogo dove non agisca l'illusione del Grande Inganno: Si, dottore; da un'area strategica simile, ovunque, gli Iniziati Iperborei, che siano Guerrieri Saggi, Uomini di Pietra o Uomini Puri, potranno trovare nel momento di desiderarlo il Gral di Kristos Lucifer: in più, non ci sarà bisogno di insistere su questo, le Mura Strategiche costruite allora non saranno neanche simili a quelle di Montsegur, visto che la distribuzione incostante della materia nello spazio universale obbliga a variare puntualmente la forma Strategica impiegata. Come ho scritto due giorni fa, quando Innocenzo III prende il controllo del Vaticano, nell'anno 1198, i piani della Fraternità Bianca stavano sul punto di concretizzarsi. E in questi piani figurava, come questione pendente alla quale doveva darsi pronta soluzione, il compiere la sentenza di sterminio che pesava sui Catari. Al principio, Innocenzo III manda inviati speciali a ricorrere il paese di Oc mentre inizia una manovra destinata a sommettere il Re di Aragona, Pietro II, al vassallaggio di San Pietro, cosa che riesce a conseguire nel 1204: in quell'anno Pietro II era coronato a Roma dal Papa, che gli consegna le insegne reali, il manto, la tonaca, lo scettro, il globo, la corona e la mitra; subito dopo gli fece dare il giuramento di fedeltà e obbedienza al Pontefice, di difesa della fede cattolica, di protezione dei diritti ecclesiastici in tutte le sue terre e Signorie, e di combattere a morte l'eresia. Pietro II accedere a tutto, non sospettando la sua triste fine per mano dei cistercensi e, dopo aver ricevuto la Spada di Cavaliere dalle mani di Innocenzo III, cede il suo Regno a San Pietro, al Papa e ai suoi Successori.

Intanto, gli inviati avevano già allertato i Vescovi leali ai Golen e realizzato un accurato censimento dei prelati autoctoni che non avrebbero approvato mai la distruzione della civiltà di Oc e che avrebbero dovuto essere purgati fuori dalla Chiesa. Nel 1202 i Golen considerano che le condizioni sono mature per attuare i loro piani e decidono tendere una trappola mortale al Conte di Tolosa Raimondo VI: il meccanismo di questa trappola mira a fornire una giustificazione per l'imminente distruzione della civiltà di Oc e lo sterminio dei Catari; l'artificio, ideato per ingannare la preda, è una vittima propiziatoria, un monaco cistercense dell'abbazia di Frontfroide chiamato Pierre de Castelnau. Quel sinistro personaggio fu preparato molto bene per la funzione che avrebbe dovuto impegnare, senza saperlo, chiaramente, poiché eccelleva in materia tali come la crudeltà, il fanatismo, l'odio “all'eresia”, ecc; e, per potenziare la sua azione imprudente e intollerante, fu dotato di poteri speciali che lo mettevano al di sopra di qualunque autorità ecclesiastica salvo il Papa e gli fu ordinato di informarsi sulla fede degli occitani: in solamente sei anni Pierre de Castelnau riuscì a guadagnarsi l'odio di tutto un paese. Nel 1208, dopo aver sostenuto una disputa con Raimondo VI a causa della repressione violenta che reclamava contro l'eresia catara, Pierre de Castelnau fu assassinato dagli stessi Golen e la responsabilità del crimine fatta ricadere sul conte di Tolosa: la trappola si era chiusa. La risposta di Innocenzo III all'assassinio del suo inviato sarebbe stata la proclamazione di una santa Crociata contro gli eretici occitani. Logicamente, la chiamata a questa Crociata fu incaricato alla Congregazione del Cister. Erede della regione che i romani denominavano "Gallia Narbonese" e Carlo Magno "Gallia gotica", la Linguadoca costituiva un'enorme paese di 40.000 km², che confinava con il Regno di Francia: all'est, con un bordo del Rodano e al Nord, con il Forez, l’Alvernia, il Rouergue e il Quercy. Nel secolo XIII quel paese si trovava di fatto e di diritto sotto la sovranità del Re di Aragona: tra i Domini più importanti si trovavano il Ducato di Narbona, le Contee di Tolosa, Foix, Béarn, le contee di Carcassone, Béziers, Rodi, Lussac, Albi, Nîmes, ecc. oltre a questi vassalli, Pietro II aveva ereditato dagli Stati di Catalogna e le contee di Rossiglione e Pallars e della diritti sulla Contea della Provenza. Inoltre non tutto finiva lì: Pietro II, la cui sorella era sposa dell’Imperatore Federico II Hohenstaufen, aveva fatto sposare due figlie con i Conti di Tolosa, Raimondo VI e Raimondo VII, padre e figlio e gli corrispondevano per il suo proprio matrimonio con Maria di Montpellier, diritti su quella Contea della Linguadoca. Il compromesso del Re di Aragona con il paese di Oc non avrebbe potuto essere, perciò, maggiore. I cistercensi richiamarono alla Crociata in tutta Europa in seguito alla morte di Pierre de Castelnau, vale a dire, dal 1208. Nel luglio del 1209, l'esercito più numeroso che si fosse mai visto in queste terre attraversava il Rodano e marciava verso il paese di Oc; come capo, Innocenzo III nominò a un Golen sembrava provenire dal cuore dell'inferno: Arnaldo Amalrico, Abate di Citeaux, il monastero madre dell’Ordine cistercense. L'esercito di Satanàs , composto da 350.000 crociati, si trova presto assediando la piccola città fortificata di Bezier; la sentenza di sterminio alla fine sarà compiuta! Ore dopo i difensori cedono una porta e le truppe infernali si dispongono a conquistare la piazza; i capi militari

interrogano Arnaldo Amalrico sul modo di distinguere gli eretici dai cattolici, ai quali l'Abate di Citeaux risponde -"uccidete, uccidete tutti, che poi Dio li distinguerà nel Cielo” -. Nobili e plebei, donne e bambini, uomini e anziani, cattolici ed eretici, la totalità dei 30.000 abitanti di Bezier è l’Agnello Eucaristico della Comunione dei Crociati, il Sacramento di Sangue e Fuoco che costituisce il Sacrificio al Dio Creatore Uno Jehovà Satanàs. Castigo del Dio Creatore, Condanna della Fraternità Bianca, Sanzione degli Atlanti scuri, Espiazione dei Sacerdoti, Vendetta Golen, Lezione Ebrea, Penitenza Cattolica, la strage di Bezier è archetipica: è stata e sarà, ogni volta che i popoli di Sangue Puro provino a recuperare la loro Eredità Iperborea; fino alla Battaglia Finale. Dopo Bezier cade Carcassone, dove sono bruciati 500 eretici, deposti i prelati autoctoni e risulta catturato e umiliato il Visconte Raimondo Roger. Pietro II arriva a Carcassone per intercedere in favore del suo vassallo e amico senza ottenere niente dall'inviato papale: quest'impotenza da un'idea del potere che aveva acquisito la Chiesa, in quei secoli, sui "Re temporali". Il Re di Aragona si ritira, allora, e si concentra in un'altra Crociata, che sta succedendo nello stesso momento: la lotta contro i musulmani in Spagna; crede che partecipando a questa impresa il suo onore non sarebbe stato compromesso, come sarebbe il caso se intervenisse nella repressione dei suoi sudditi; tuttavia, la mancanza d'onore già era grande poiché li abbandonava nelle mani dei suoi peggiori nemici. Mentre la Crociata Golen continuava sterminando i Catari, castello per castello, cercando di distruggere la Contea di Tolosa, Pietro II affronta con successo i musulmani nella riconquista di Valencia. Ritorna alla fine, al Narbona, dove si riunisce con i Conti Catari di Tolosa e di Foix, con il capo militare della Crociata, Simone di Montfort e con gli inviati papali: nuovamente, non ottiene niente, però questa volta è messa in dubbio la sua condizione di cattolico e minacciato con la scomunica; finisce accettando la repressione indiscriminata e confermando la rapina effettuata da Simone: conviene che, se i Conti di Tolosa e Foix non abbandonavano pubblicamente il culto del Catarismo, detti titoli gli sarebbero stati trasferiti. Allora Pietro II credeva che la Crociata perseguitava solamente il fine “dell’eresia” e che la sua sovranità sulla Linguadoca non sarebbe stata messa in discussione. Così che, come "prova di buona fede", arrangia il matrimonio di suo figlio Giacomo con la figlia di Simone di Montfort: ma Giacomo, il futuro E di Aragona, Giacomo I il Conquistatore, ha solamente due anni; Pietro II lo consegna a Simone per la sua educazione, vale a dire, come ostaggio, e questi si appresta a metterlo dietro le mura di Carcassone. In seguito, Pietro II si unisce alla lotta contro gli Almohadi, insieme al Re di Castiglia Alfonso VIII e rimane due anni dedicato alla Riconquista della Spagna. Dopo aver svolto un ruolo di primo piano nella battaglia di Las Navas de Tolosa, ritorna ad Aragona, dove lo aspetta la triste sorpresa che i Crociati di Cristo si sono divisi le sue terre e minacciano con sollecitare la protezione del Re di Francia: Arnaldo Amalrico, l’Abate di Citeaux, e adesso "Duca di Narbona" e Simone di Montfort "Conte di Tolosa". Verso la fine del 1212 Pietro II reclama con Innocenzo III per l'azione di conquista aperta che i Crociati stanno realizzando nel suo paese; il Papa cerca di trattenerlo per dare tempo ai Golen di

completare l'annichilazione del Catarismo e la distruzione della civiltà di Oc, ma, di fronte all'insistenza del monarca aragonese, finisce per mostrare il suo vero gioco e lo scomunica. Così, Innocenzo III, che nel 1204 lo aveva incoronato e nominato gonfaloniere, vale a dire, alfiere maggiore della chiesa, adesso considerava che anche lui era un eretico: ma sarebbe stata un'ingenuità aspettare che un Golen, solo interessato nel compiere i piani satanici della Fraternità Bianca, avesse agito in maniera diversa. In un momento, Pietro II comprende tutto è marcio con un esercito improvvisato in soccorso del Conte Raimondo VI nell'assedio di Tolosa; ma già era tardi per combattere contro i Poteri Infernali: chi ha vissuto chiudendo gli occhi alla Verità è diventato debole per sostenere lo sguardo del Grande Impostore; Pietro II ha reagito ma le sue forze sono sufficienti solamente per morire. È quello che fa nella battaglia di Muret contro Simone di Montfort, nel settembre del 1213: muore incomprensibilmente, nel mezzo di un grande disastro strategico, nel quale risulta distrutto l'esercito aragonese e sepolta definitivamente l'ultima speranza dell’Occitania Catara.

Ventiduesimo Giorno

Come Tartesso, come Sassonia, come il paese di Oc, i popoli di Sangue Pura devono pagare un duro tributo per opporre la Saggezza Iperborea alla Culto del Dio Uno. La Crociata contro i Catari e "altri eretici della Linguadoca" sarebbe continuata, con alcune interruzioni, durante altri trenta anni; migliaia di occitani sarebbero finiti al rogo, e al finale il paese di Oc sarebbe ritornato lentamente nel seno della Madre Chiesa. Nel 1218 muore Simone di Montfort durante un assedio a Tolosa, che era stata riconquistata da Raimondo VII; suo figlio Amalrico, essendo carente della vocazione di Boia Golen che aveva così forte Simone, finisce per vendere i diritti della contea di Tolosa alla Re di Francia Luigi VIII, con il quale i Capetingi le idealizzano l'insegnamento e concluderanno con l’appropriarsi di tutto il paese. Ma questo non era casuale: l'occupazione franca della Linguadoca costituiva un obiettivo non rinviabile della Strategia Golen, principalmente perché avrebbe permesso di proibire la meravigliosa lingua di Oc, la "lingua dell'eresia", in favore del francese medievale, la lingua dei benedettini, cluniacensi, cistercensi e Templari. Quella sostituzione linguistica sarebbe stata il colpo di grazia per la Cultura dei trovatori, come i roghi lo erano stati per il Catarismo. Sommando la distruzione della civiltà di Oc alle restanti grandi opere realizzate da Innocenzo III durante il suo regno ecclesiastico, si capisce che al morire, nel 1216, abbia ipotizzato che i piani della Fraternità Bianca stavano sul punto di compiersi: come garanzia di questo, lo strumento della dominazione universale, sarebbe stato il giovane Imperatore Federico II, e in quei giorni si trovava totalmente d'accordo con la Strategia Golen. Ma, Federico II avrebbe cambiato sorprendentemente di attitudine e avrebbe assestato un colpo mortale ai piani della Fraternità Bianca: e la causa principale di questo cambio, di

questa manifestazione spirituale che sorgeva dal suo Sangue Puro e lo trasformava in un Signore dei Signori, era la Presenza effettiva del Gral di Kristos Lucifer. I Catari, in effetti, pagando il crudele prezzo dello sterminio al quale li avevano condannati i golen benedettini, riuscirono in 100 anni a far scontrare un intero popolo di Sangue Puro contro le Potenze della Materia. Il Patto di Sangue era stato così restaurato, però non si poteva vincere nello scontro perché ancora non era il tempo di liberare la Battaglia Finale sulla Terra: il momento era propizio, in cambio, per morire con Onore e aspettare nel Valhalla, ad Agartha, il segnale degli Dei Liberatori per intervenire nel Battaglia Finale che sarebbe giunta. Ma, anche se non si poteva vincere la battaglia attuale, le leggi della guerra esigevano di infliggere il maggior danno possibile al Nemico; e, in questo caso, la maggior disgrazia per i piani del Nemico era rappresentata dalla manifestazione del Gral. Per questo i Catari, nonostante le feroci persecuzioni dei Crociati e dei Golen che li stavano decimando e le spaventose uccisioni collettive di credenti, lavoravano senza sosta da Montsegur per stabilizzare spazialmente il Gral e approssimarsi a esso con il corpo fisico. Si può considerare che i risultati concreti di quella Strategia Iperborea si sarebbero prodotti nell'anno 1217: allora la Presenza fisica del Gral e seguì la tabula regia y confermò che Federico II Hohenstaufen era il vero Re della Razza Bianca, l'unico con condizioni spirituali per instaurare l’Impero Universale del Sangue Puro. E in coincidenza con l'apparizione del Gral in Montsegur, simultaneamente, Federico II raggiungere in Sicilia la comprensione della Saggezza Iperborea e si trasforma in Uomo di Pietra: da questo momento avrebbe cominciato la sua guerra contro i "Papi di Satanàs ”, "gli Anticristo”, come egli li denominavano denigrandoli; proibisce anche il transito e ogni tipo di operazione economica o militare dei Templari nel suo Regno, condannandoli a giudizio terra eresia. È allora quando Federico II afferma pubblicamente che "i tre Grandi Bugiardi della Storia furono Mosé, Gesù e Mohamed, rappresentanti attualmente dall’Anticristo che occupa il Trono di San Pietro". Con la decisa e imprevista azione di Federico II la delicata architettura di intrighi edificata dai golen cominciava a sgretolarsi. Ma la Fraternità Bianca e i Golen, F sapevano molto bene da dove procedeva l'attacco reale e, lontani dal bloccarsi in uno scontro diretto e inutile, contro l'Imperatore, concentrarono tutti i loro sforzi in Linguadoca che da quel momento si sarebbe trasformata in un autentico Inferno: era urgente trovare la costruzione magica che sosteneva il Gral e distruggerla; era necessario, infatti, ottenere l'informazione il più rapidamente possibile. Gli eretici non sarebbero stati inviati immediatamente al rogo: adesso era necessario ottenere la loro confessione, scoprire i loro luoghi segreti, il punto esatto delle loro cerimonie. Per questa missione si perfeziona la forma di inquisire sulla fede istituendo l'uso della tortura, l'estorsione, la corruzione, la delazione e la minaccia. E siccome tale compito di interrogare prigionieri, che apprezzavano morire prima di parlare, non poteva essere realizzata solamente da i legati papali, decidono di affidare la missione a un Ordine

speciale: il "beneficiario" dell'impresa sarebbe stato l'Ordine dei Predicatori, cioè, l'Ordine fondata, come vedremo, da San Domenico di Guzmán. Infatti, nonostante l'efficacia del lavoro sviluppato dall'Inquisizione con la cattura ed esecuzione di centinaia di eretici occitani, i Golen ci misero ventisei anni ad arrivare a Montsegur: nel frattempo, sia per false informazioni, sia per l'esistenza di un dubbio ragionevole, o per un semplice sospetto, demolirono, 1 × 1, migliaia di costruzioni di pietra in Occitania, contribuendo a rovinare ancora di più quel meraviglioso paese. Infatti, il Gral non fu incontrato e Federico II portò a termine quasi tutti i suoi progetti per debilitare il papato Golen. Recentemente nel 1244 i Crociati comandati da Pietro Amelino, l’Arcivescovo Golen di Narbona, si schierano di fronte a Montsegur e la Presenza del Gral occitano giunge alla fine: dopo che le truppe di Satanàs occuparono il castello di Montsegur "il Gral scomparve e non sarebbe stato visto mai più in Occidente". Montsegur fu conquistato e in parte distrutto; la famiglia della Signore di Péreille fu sterminata, insieme a 250 Catari che lì vivevano; ma il Gral non fu mai incontrato. Che successe alla Pietra di Venus di Kristos Lucifer? Fu trasportata molto lontano da alcuni Catari che avevano l'incarico della sua custodia. Bisogna ripetere, tuttavia, che il Gral, essendo un Riflesso dell'Origine, è Presente in ogni tempo e luogo da dove si pianifichi una disposizione strategica basata sulla Saggezza Iperborea e che potrebbe essere incontrato nuovamente se si diressero le condizioni necessarie, se esistessero gli Uomini Puri e le Mura Strategiche. I Catari, che riuscirono a sostenerlo come Pietra, vale a dire, come Lapsit Exilis, durante ventisette anni, decisero di trasportarlo prima della caduta di Montsegur. Cinque Uomini Puri si imbarcarono a Marsiglia verso il destino che avevano segnalato gli Dei Liberatori di K’Taagar: le terre sconosciute che esistevano più in là del Mare Occidentale, vale a dire, America. La nave apparteneva all’Ordine dei Cavalieri Teutonici e li stava aspettando da molto tempo per ordine espressa del Gran Maestro Ermanno di Salza: quell'evacuazione fu l'unico aiuto che riuscì a proporzionare Federico II, nonostante il fatto che durante molto tempo a Montsegur avessero atteso l'arrivo di una guarnigione imperiale. Il Costanza, così si chiamava la nave, dopo aver attraversato le Colonne di Ercole, si addentrò nell’Oceano e prese la rotta che secoli più tardi avrebbe seguito Juan Díaz de Solís. Quattro mesi più tardi, dopo aver risalito il Rio della Plata e il Rio Paraná, non in una regione vicina alla attuale città di Asunción del Paraguay. La mappa che usavano i Cavalieri Teutonici procedeva dalla lontana Pomerania, uno dei paesi del Nord Europa che stavano conquistando per ordine dell’Imperatore Federico II: esisteva lì un popolo di origine danese che navigava in direzione dell’America e possedeva una colonia di luogo dove si era diretto il Costanza; quei vichinghi commerciavano con "alcuni parenti" che, secondo loro, erano diventati Re di una grande nazione che si trovava al di là delle alte montagne nevose all'Occidente: un paese separato dalla colonia da un'estesa e

impenetrabile selva, che non era altra cosa che l'Impero Inca; nel Costanza viaggiavano alcuni danesi che conoscevano il dialetto parlato dai coloni. Trovarono la colonia nel punto indicato e li sbarcarono gli Uomini Puri, per compiere il loro obiettivo e dare un’adeguata protezione fisica al Gral mediante la costruzione di una Muraglia Strategica. La nave dell’Ordine Teutonico dopo poco tempo partì, ma gli Uomini Puri non sarebbero ritornati mai più in Europa: in cambio lavorarono durante anni, aiutati dai coloni e dagli indios guayakis, fino a completare un'incredibile costruzione sotterranea in uno dei pendii del Monte Corá. La Presenza fisica del Gral era adesso assicurata poiché era stato connesso di tal modo alla costruzione che la sua stabilità spaziale risultava sufficiente per rimanere molti secoli in quel luogo, fino a che altri Uomini Puri lo avessero cercato e incontrato. Naturalmente, i Templari, avvertiti in Europa dalla Fraternità Bianca, non ci misero molto a partire in persecuzione dei Patri. Essi navigavano abitualmente in America salpando dai porti della Normandia, dove disponevano di una potente flotta, poiché avevano bisogno di accumulare metalli preziosi, specialmente argento, per sostenere la banca della futura Sinarchia Finanziaria, metalli che in America si ottenevano facilmente. Alcuni anni dopo i fatti narrati, giunsero i Templari nella colonia vichinga e passarono tutti i suoi abitanti a fil di spada; ma il Gral, nuovamente, non apparve. I Golen non dimenticarono l'episodio e in seguito, in piena "conquista dell’America" da parte della Spagna, una legione di gesuiti, eredi naturali dei benedettini e dei Templari, si sarebbe stabilita nella regione per provare a localizzare e rubare la Pietra di Venus. Ma tutte le ricerche sarebbero state infruttuose e, al contrario, la Presenza del Gral si sarebbe fatta sentire in una maniera irresistibile sulla popolazione spagnola, purificando il Sangue Puro e predisponendo il popolo a riconoscere l’Imperatore Universale. Nel secolo XIX, dottor Siegnagel, un miracolo analogo a quello della civiltà di Oc era sul punto di ripetersi: la Repubblica del Paraguay si ergeva con luce propria sulle nazioni d'America. In effetti, quel paese possedeva un esercito potente e ben attrezzato, una propria lotta, terreni, industria pesante, Agricoltura Florida e un'organizzazione sociale invidiabile, con legislazione molto avanzata per l'Epoca, nella quale si mette in evidenza l'educazione obbligatoria, libera e gratuita: e questo nel 1850. La popolazione era agguerrita e orgogliosa della sua Stirpe e sapeva ammirare la spiritualità e il valore dei suoi Capi. Naturalmente, alla Fraternità Bianca non piaceva la direzione che stava prendendo quella società, che non si sarebbe integrata allo schema della "divisione internazionale del lavoro" proposto allora come modello di ordine economico mondiale: anteriore per la concretizzazione nel secolo XX della Sinarchia Finanziaria e il Governo Mondiale del Popolo Eletto, antichi piani che, come ho spiegato, furono rovinati durante il Medioevo. Per la Fraternità Bianca, il popolo Paraguaiano si stava ammalando; e il virus che lo affrettava si chiamava "nazionalismo", il peggior nemico moderno dei piani sinarchici.

Il colmo della situazione occorse nel 1863, quando il Gral appare nuovamente e conferma tutti che il Maresciallo Francisco Solano López è un Re dal Sangue Puro, un Signore della Guerra, un Imperatore Universale. Allora si decreta la sentenza di sterminio contro il popolo Paraguaiano e la dinastia di Solano López. Una nuova Crociata si annuncia in tutti gli ambiti: Argentina, Brasile e Uruguay apportano i mezzi e le truppe, però dietro a questi paesi semi coloniali si trova Inghilterra, vale a dire, la Massoneria inglese, organizzazione Golen ed ebrea. Al comando dell'esercito crociato, che adesso si denomina "alleato", si colloca il Generale argentino Bartolomé Mitre, un massone integralmente subordinato agli interessi britannici. Ma la capacità di operare come Boia Golen che dimostra il Generale Mitre supera ampiamente la diabolica crudeltà di Arnaldo Amalrico e Simone di Montfort: ed è logico che sia così, poiché la Pazienza del Nemico terminò secoli fa e adesso pretende dare un castigo esemplare, una lezione che dimostri chiaramente che il cammino del nazionalismo spirituale e razziale non sarà già tollerato. La Guerra della Triplice Alleanza inizia nel 1865. Nel 1870 quando gli eserciti di Satanàs occupano Asunción e il Maresciallo Solano López muore combattendo sul Monte Corá, la guerra finisce e lascia il seguente bilancio: popolazione del Paraguay prima della guerra: 1.300.000 abitanti; popolazione dopo la resa: 300.000 abitanti. Bezier, Carcassone, Tolosa, sono giochi per bambini di fronte a 1 milione di morti, dottor Siegnagel! E inoltre bisogna chiarire che dei 300.000 sopravvissuti, molti erano anziani, donne e indios; la popolazione di origine ispanica, quella che era agguerrita e orgogliosa, fu sterminata senza pietà, casa per casa, in massacri spaventosi che avranno causato il diletto delle Potenze della Materia. Un'altra volta, Perseo aveva tagliato la testa di Medusa. Un milione di eroici Paraguaiani, insieme al loro comandante di Sangue Puro, fu il sacrificio che le forze sataniche offrirono al Dio Uno nel secolo XIX, in quel remoto paese di America del Sud, dove comunque, si manifestò la Presenza trasmutatrice del Gral di Kristos Lucifer.

Bartolomé Mitre Mariscal

Francisco Solano López

Ventitreesimo Giorno Circulus Domini Canis

È ora già che mi riferisca a San Domenico e all’Ordine dei Predicatori. Domenico di Guzmán nacque nel 1170 nella villa di Caleruega, Castilla la Vieja, che si trovava sotto la giurisdizione del vescovo di Osma. Prima della nascita, sua madre fece un sogno nel quale vide il suo futuro figlio come un cane che portava tra le fauci un labris ardiente, vale a dire, un’ascia fiammeggiante a doppia lama. Quel simbolo interessò moltissimo ai Signori di Tharsis poiché lo consideravano segnale che Domingo era predestinato per il Culto del Fuoco Freddo. Da lì lo vigilarono attentamente durante tutta l'infanzia e, appena conclusa l'istruzione primaria, prepararono un posto per lui all'Università di Palencia, che allora si trovava all'apice del suo accademico. Il motivo era chiaro: a Palencia insegnava teologia il celebre vescovo Pietro di Tharsis, più conosciuto con il soprannome di "Petreño” (Petregno), il quale godeva di confidenza illimitata da parte del Re Alfonso VIII, del quale era uno dei suoi principali consiglieri. Quello che occorse cinquanta anni prima a suo cugino, il Vescovo Lupo, era un'avvertenza che non poteva essere pascolata e per questo Petreño viveva tra le mura dell’Università, in una cassa molto modesta che però aveva il vantaggio di essere provvista di una piccola cappella privata: lì custodiva, per la sua contemplazione, una riproduzione di Nostra Signora della Grotta in quella cappella, Petreño iniziò Domenico di Guzmán al Mistero del Fuoco Freddo e fu talmente grande la trasmutazione avvenuta in lui, che subito si convertì in un Uomo di Pietra, in un Iniziato I tale Iperboreo dotato di enormi poteri taumaturgici e immensa Accetta: tanto profonda era la deposizione di Domenico di Guzmán per Nostra Signora della Grotta che, si diceva, la stessa Santa Vergine rispondeva al monaco nelle sue preghiere. Fu lui che comunicò a Petreño che aveva visto Nostra Signora della Grotta con un collare di rose. Allora Petreño indicò che quell'ornamento equivaleva al collare di teschi di Frya Kalibur: Frya Kalibur, da fuori di Sé Stesso, appariva vestita di Morte e mostrava il collare con i teschi dei suoi amanti assassinati; i teschi erano i conti con le Parole dell’Inganno; in cambio Frya vista nel profondo di Sé Stesso, al di là del Suo Velo di Morte che la rappresenta Terribile per l'Anima, rappresentava la Nuda Verità dello Spirito Eterno, la Vergine di Agartha di una Bellezza Assoluta e Immacolata; sarebbe naturale che essa mostrasse un collare di rose nel quale ogni porticciolo rappresentava i cuori di coloro che l'avevano Amata con il Fuoco Freddo. Domenico rimase intensamente colpito da questa visione e non si fermò fino a inventare il Rosario, che consisteva in un cordone dove si trovavano inseriti, però fissi, tre giochi di sedici palline composte di petali di rosa, le sedici palline, tredici + tre serie (poste), corrispondevano ai "Misteri della Vergine". Il Rosario di San Domenico, si utilizza per pronunciare ordinatamente le preghiere, o mantras, che producono uno stato mistico nel devoto della Vergine e finiscono con l'accendere il Fuoco Freddo nel Cuore.

Non deve sorprendere che io menzioni sedici Misteri della Vergine e oggi se ne contino quindici, né che cambi il numero di poste del Rosario, né che oggi si associ il Rosario con i Misteri di Gesù Cristo e si siano nascosti i Misteri di Nostra Signora del Bambino di Pietra, poiché tutta l’opera di San Domenico è stata sistematicamente deformata e distorta, tanto dai nemici dell’Ordine, come dai traditori che sono esistiti in quantità ed esistono, in quantità ancora maggiore, dentro di quest’ultima. Domenico giunse fino a dettare cattedra de Scrittura Sacra all’Università di Palencia, ma la sua naturale vocazione per la predicazione e il suo desiderio di divulgare l’uso del Rosario, lo condussero a diffondere la Dottrina Cristiana e il culto di nostra Signora del Rosario nelle regioni più remote della Castilla e Aragona. Con questa azione si mise in luce quel tanto che convinse i Signori di Tharsis che si trovavano di fronte all’uomo indicato per fondare il primo Ordine anti Golen della Storia della Chiesa. Domenico era capace di vivere in estrema povertà, sapeva predicare e risvegliare la fede in Cristo e la Vergine, dava mostra di vera santità e sorprendeva con la sua inspirata Saggezza: a lui sarebbe stato difficile negare il diritto di congregare coloro che credevano nella sua opera. Inoltre, per fare in modo che tale diritto non potesse essere negato dai Golen, era necessario che Domenico si facesse conoscere fuori dalla Spagna, che desse al popolo l’esempio della sua umiltà e della sua santità. Il Vescovo di Osma, Diego d’Acebo, che condivideva segretamente le idee dei Signori di Tharsis, decise che il luogo migliore per inviare Domenico era il sud della Francia, la regione che in quel momento ara agitata da uno scontro con la Chiesa: la maggior parte della popolazione occitana si era convertita alla religione catara, che secondo la Chiesa costituiva “un’abominevole eresia” e senza che i benedettini di Cluny e del Cister, tanto influenti nel resto della Francia, avessero potuto impedirlo. Con questo fine il Vescovo Diego ottenne la rappresentanza dell’Infante Don Fernando per organizzare il matrimonio con la figlia del Conte della Marca, cosa che gli offriva la possibilità di viaggiare in Francia portando con sé Domenico di Guzmán, al quale aveva nominato Presbitero. Questo viaggio gli permise di rendersi conto “dell’eresia catara” e di proiettare un piano. Durante un secondo viaggio in Francia, alla morte della figlia del Conte e decisa la missione di Domenico, entrambi i clerici si dirigono a Roma: lì il Vescovo Diego, gestisce di fronte al terribile Papa Golen Innocenzo III, l’autorizzazione a ricorrere la Linguadoca predicando il Vangelo e insegnando l’uso del Rosario. Ottenuta l’autorizzazione i due partono da Montpellier a predicare nelle città del Mezzogiorno; lo fanno scalzi e mendicando il necessario per vivere, senza differenziarsi tanto degli uomini Puri che transitavano abbondantemente sugli stessi cammini. L’umiltà e l’austerità che mostravano contrastavano notevolmente con il lusso e lo sfarzo degli inviati papali che in quei giorni ricorrevano il paese cercando di mettere a freno il catarismo e contrastavano anche con la finta ricchezza degli Arcivescovi e Vescovi. Tuttavia, incontrano mostre di ostilità in molte città e villaggi, non per i loro atti, che gli Uomini Puri rispettano, e neanche per le loro prediche, ma per quello che rappresentano: la Chiesa di

Jehovà Satanàs. Ma quei risultati erano stati previsti da Petreño e Diego di Osma, che avevano impartito a Domenico istruzioni precise sulla Strategia da seguire. Il punto di vista dei Signori di Tharsis era il seguente: osservando dalla Spagna l'attitudine apertamente combattiva assunta dal Popolo di Oc verso i Sacerdoti di Jehovà Satanàs e considerando l'esperienza che la Casa di Tharsis aveva a proposito di situazioni simili, la conclusione è evidente indicava che la conseguenza sarebbe stata la distruzione, la rovina e lo sterminio. Secondo l'opinione degli Signori di Tharsis, il suicidio collettivo non era necessario e, al contrario, solo avrebbe beneficiato il Nemico; però hanno un'azione ma, era anche chiaro, che i Catari non si rendevano completamente conto della situazione, forse per il fatto di non conoscere la diabolica malvagità dei Golen, che costituivano il Governo Segreto del Chiesa di Roma e a causa del fatto di percepire solamente l'aspetto superficiale e più scandaloso dell’organizzazione cattolica. In più, sebbene i Catari non supponevano che i Golen, dal disprezzare Collegio di Costruttori di Templi del Cister, avevano decretato l'ordine di sterminio degli Uomini Puri e la distruzione della civiltà di Oc e che avrebbero compiuto questa sentenza fino ai suoi ultimi dettagli, non era meno certo che tale possibilità non li preoccupava in assoluto: come toccati da una pazzia mistica, gli Uomini Puri avevano i loro occhi fissati nell’Origine, nel Gral ed erano indifferenti al divenire del mondo. E già abbiamo visto quanto fu effettiva quella tenacità, che permise la manifestazione del Gral e dell’Imperatore Universale che causò il Fracasso dei Piani della Fraternità Bianca. Di fronte all'intransigenza dei Catari, Domenico e Diego ricorrono a un procedimento estremo, che non poteva essere disapprovato dalla Chiesa: avvertono, a coloro che desiderano ascoltarli, sulla sicura distruzione a cui li condurrà a sostenere dichiaratamente l'eresia. Ma non sono ascoltati. Ai credenti, che costituiscono la maggior parte della popolazione occitana e che, come ogni massa religiosa, non domina le sottigliezze filosofiche, diventa impossibile credere che possa trionfare il Male sopra il Bene, vale a dire, che la Chiesa di Roma possa distruggere effettivamente la Chiesa Catara. E ai Catari, che sapevano che il Male può trionfare sull'Bene sulla Terra, la corsa non importa poiché in ogni caso si tratta di variazioni dell'illusione: per gli Uomini Puri, l'unica realtà è lo Spirito; e questa Verità significa il definitivo e assoluto trionfo del Bene sulla Male, cioè, la Permanenza Eterna della Realtà dello Spirito e la Dissoluzione Finale dell'illusione del Mondo Materiale. Corre l'anno 1208 e, mentre il popolo si trova fermo su questa posizione, il Papa Innocenzo III annuncia la Crociata in rappresaglia alla morte di un suo mandato Pietro di Castelnaux. È tardi ormai perché la predicazione di San Domenico abbia alcun effetto. Tuttavia, l'obiettivo principale della missione, che era imporre la figura Santa di Domenico e far conoscere le sue capacità come organizzatore e fondatore di comunità religiose, si stava raggiungendo. In quell'anno, mentre succedeva la strage di Bezier e di altre atrocità Golen, San Domenico realizzava la sua prima fondazione a Fanjeaux, vicino a Carcassone. Aveva compreso con anticipo che le dame occitani presentavano una speciale predisposizione per l'A-mort spirituale e per questo

stabilisce il monastero di Prouille, le cui monache si dedicheranno a l'attenzione di bambini e al Culto della Vergine del Rosario: la prima Abbadessa fu Maiella di Tharsis, grande iniziata nel Culto del Fuoco Freddo, inviata dalla Spagna per questa funzione. E applicare allora uno dei principi strategici segnalati da Petreño: per scappare al controllo dei Golen, in una misura, era imprescindibile la Regula Monachorum di San Benito. Da lì viene fatto che San Domenico abbia dato alle monache di Prouille la Regola di Sant’Agostino. Naturalmente, San Domenico e Diego di Osma non agivano soli: li appoggiavano alcuni Nobili e clerici che professavano segretamente il Culto del Fuoco Freddo e ricevevano assistenza spirituale dai Signori di Tharsis. Tra essi si contavano l'Arcivescovo di Narbona e il Vescovo di Tolosa, i quali contribuivano a questa opera con importanti somme di denaro. Quest'ultimo, era un Iniziato genovese di nome Fulco, infiltrato dai Signori di Tharsis nel Cister e che non sarebbe stato scoperto fino alla fine: in quei giorni il Vescovo Fulco passava per un nemico giurato dei Catari, difensori dell'ortodossia cattolica e approfittava di questo prestigio per promuovere di fronte agli inviati papali e ai suoi superiori del Cister l'opera monastica di Domenico e la sua santità personale. Durante gli anni seguenti, San Domenico cerca di portare a termine il piano di Petreño e fonda una Fratellanza semi laica, sul tipo degli Ordini di cavalleria, chiamata " Militia Christi", dalla quale sarebbe uscita la Tertius ordo de paenitentia Sancti Dominici, i cui membri furono conosciuti come "monaci Terziari"; ma presto quest'organizzazione si dimostrò inefficace per gli obiettivi ricercati e si cercò di pensare in qualcosa di più perfetto e di maggior influenza. Durante vari anni si pianificò il nuovo Ordine, prendendo in considerazione l'esperienza raccolta e il formidabile compito che si proponeva portare a termine, cioè, lottare contro la strategia dei Golen: collaboravano con San Domenico in tali progetti un gruppo di 16 Iniziati, provenienti da distinti luoghi del la Linguadoca che si riuniva periodicamente a Tolosa, tre quali si contava il Vescovo Fulco. Come frutto di quelle speculazioni si decise che la cosa più conveniente era creare un "Circolo Iperboreo" camuffato da un Ordine cattolico: il "Circolo" sarebbe stato un Società super-segreta diretta dai Signori di Tharsis, che avrebbe funzionato dentro del nuovo descrizione ordine monastico. Solo così, conclusero, sarebbe conciliato l'obbiettivo ricercato con il principio della sicurezza. Quel gruppo segreto, integrato all'inizio solo dai 16 Iniziati che ho menzionato, si denominò Circulus Domini Canis, vale a dire Circolo dei Signori del Cane. Tale nome si spiega ricordando il sogno premonitore della madre di Domenico di Guzmán, nel quale il suo futuro figlio appariva come un cane che portava un ascia fiammeggiante e considerando che per gli Iniziati nel Fuoco Freddo il "Cane" era una rappresentazione dell’Anima e il "Signori", per eccellenza, era lo Spirito: per ogni Iniziato Iperboreo lo Spirito doveva dominare l’Anima e assumere la funzione di "Signore del Cane"; galli la denominazione adottata dalla Circolo di Iniziati, che inoltre aveva il vantaggio di con fondersi con il nome di dominicani, vale a dire, domenicani, che il popolo tappa a i

monaci di Domenico di Guzmán. Bisogna aggiungere che essere "Signore pelle Cane" nella Mistica del Fuoco Freddo è analogo a essere Signore del Rapallo, ossia, "A partire", nella Mistica della Cavalleria, dove l'Anima è simbolizzata dal "Cavallo". Uno degli Iniziati, Pietro Cellari, aveva donato varie case a Tolosa: alcune furono destinate a pochi segreti di riunione del Circolo e altre si adottarono per lusso del futuro Ordine. Quando tutto fu pronto, si cercò di ottenere l'autorizzazione di Innocenzo III per la fondazione di un Ordine di Predicatori mendicanti, somigliante a quella formata da San Francesco d'Assisi nel 1210: quell’Ordine Innocenzo III la testa rapata immediatamente, ma la nuova richiesta proveniva adesso da Tolosa, un paese in Guerra Santa nella quale ognuno era sospettato di eresia; e si doveva procedere con cautela; il piano era ambizioso ma suolo la personalità impressionabile di San Domenico avrebbe accennato tutte le difficoltà, esattamente come lo aveva fatto il proprio San Francesco; non bisogna dimenticare che i Golen controllavano tutto il monache atto occidentale dall’Ordine benedettino ed erano ostili alla creazione di nuovi Ordini indipendenti. L'opportunità si presentò nell'anno 1215, quando il Vescovo Fulco fu convocato al IV Concilio Lateranense e portò con sé San Domenico. Lì si scontrarono con la chiusura negativa di Innocenzo III che, come è risaputo, cedette solamente dopo aver sognato che la Basilica di Laterano, minacciando di crollare, era sostenuta dalle spalle di Domenico di Guzmán. Anche se, la sua autorizzazione fu semplicemente verbale, anche se perfettamente legale e si limitò ad accettare la Regola di Sant'Agostino riformata proposta da Domenico e a raccomandare la missione di lottare contro l'eresia. Dopo la morte di Innocenzo III, nel 1216, Onorio III da l'approvazione definitiva “all'Ordine dei Predicatori" o Ordo Praedicatorum che permette sua espansione, visto che allora solo possedeva i monasteri di Prouille e Tolosa. Al principio entrano nell'Ordine tutti i clerici della Casta di Tharsis che, come ho detto, erano in gran maggioranza professori universitari, trascinando con loro molti altri saggi ed eruditi del Epoca. In poco tempo, infatti, l'Ordine si trasformò in un'organizzazione idonea per l'insegnamento di alto livello, nonostante il fatto che il primo Capitolo Generale riunito a B, nel 1220, dichiarò che si trattava di un “Ordine mendicante", con minor rigore nella povertà che quello di San Francesco. San Domenico morì nel 1221, lasciando il controllo dell’Ordine nelle mani di un Iniziato di Sangue Puro, il Beato Giordano di Sassonia. Tuttavia: in quel momento i Golen stavano spingendo per ottenere l’istituzionalizzazione di un'inquisizione sistematica dell’eresia che gli permettesse interrogare qualunque sospettato e ottenere l'informazione che conduceva alla localizzazione del Gral; se tale istituzione era affidata ai benedettini, come si pretendeva, la fine della Strategia catara sarebbe stata più rapida del previsto, non dando il tempo a Federico II per realizzare i suoi piani di rovinare il papato Golen. Di lì l'insistenza e l'eloquenza mostrata dai domenicani per presentarsi come l’Ordine più adeguata per svolgere quella sinistra funzione; inoltre i

domenicani avevano alcuni vantaggi reali sui benedettini: costituivano non solo un Ordine locale, autoctono della Linguadoca dove i benedettini avevano perso influenza da tempo, se non che disponevano anche che i monaci con grande istruzione teologica, adeguati per analizzare le dichiarazioni che l'inquisizione della fede richiedeva. I domenicani disponevano di indubbia capacità di mobilitazione nella Linguadoca e quando i Golen si convinsero che il nuovo Ordine sarebbe stato sotto il loro controllo e avrebbe permesso l'ingresso dei loro propri inquisitori, approvarono anche loro la concessione. Nel 1224 l'Imperatore Federico II, che nonostante il fatto di trovarsi già affrontando il papato, aveva ben presente la situazione della Linguadoca e la necessità di appoggiare l'Ordine dei Predicatori, rinnova mediante una legge imperiale l'antica legislazione romana che considerava ai Culti non ufficiali "crimine di lesa maestà", vale a dire, passibili della pena di morte: in questo caso la legge si sarebbe applicata alla repressione dell'eresia. Nel 1231, stante il fatto che già stavano funzionando, il Papa Gregorio IX istituisce i "tribunali speciali dell'Inquisizione" e confida il suo ufficio agli Ordini di Santo Domingo e San Francesco, quest'ultimo su richiesta di frate Elia, un agente segreto di Federico II nell'Ordine francescana, che sarebbe stato ministro generale dal 1232 al 1239 e che al finale, scoperto dai Golen, sarebbe passato apertamente dalla parte ghibellina. Dunque, dopo poco tempo sarebbero rimasti solamente i domenicani a carico dell’Inquisizione. Devono rimanere ben chiari i fatti al valutare il passo dato dall'Ordine di San Domenico al accettare la responsabilità dell’Inquisizione. Uno è che esso rappresentava il male minore per i Country, visto che la repressione è seguita direttamente dai Golen sarebbe stata terribilmente più effettiva, come si evidenziò a Bezier e che in questo si sarebbe riusciti, almeno, a sabotare la ricerca del Gral e ritardare la caduta di Montsegur, obiettivo che si raggiunse in gran parte. L'altro fatto era che i Signori di Tharsis erano perfettamente coscienti che l’Ordine sarebbe stata infiltrata dai Golen e che questi avrebbero aperto le porte ai personaggi più crudeli e fanatici dell'ortodossia cattolica, i quali avrebbero distrutto senza pietà né rimorso i Catari e la loro Opera: ed anche così il bilancio indicava che sarebbe stato preferibile correre questo rischio al permettere che i Golen sbrigassero il compito per loro conto. Non si poteva ostacolare apertamente gli inquisitori più fanatici, che presto avrebbero agito dentro dell’Ordine, poiché esso avrebbe allertato i Golen. La tattica, infatti, nel deviare sottilmente l'attenzione verso piste false o altre forme di essa sia. Nel primo caso, in effetti, i Signori del Cane riuscirono a liquidare, con l'accusa di “eresia”, per i criminali, ladri, degenerati e prostitute dell'Linguadoca: questi, naturalmente, non fornirono mai alcuna informazione che servisse ai Golen, anche se gli si fece confessare l’eresia sotto tortura. Nel secondo caso, l'Inquisizione domenicana produsse un effetto non desiderato per i Golen benedettini, che quelli non furono capaci di contrastare: giustamente, per le stesse ragioni per cui i Signori del Cane non potevano impedire che i Golen sterminassero i Catari, cioè, per non rimanere in contraddizione con le leggi vigenti, i Golen non

potevano impedire che si reprimesse i membri del Popolo Eletto, facilmente inquadrati sotto l'accusa di eresia. I Signori di Tharsis, che non avevano dimenticato i conti che con essi avevano pendenti fin dall'Epoca del Regno Visigoto di Spagna e la partecipazione nell'invasione araba, così come gli intrighi posteriori per distruggere la Casa di Tharsis, avevano adesso nelle loro mani, con l'Inquisizione, un'arma formidabile per restituire colpo su colpo. Fu così come i Golen scoprirono con sgradevole sorpresa che la repressione dell’eresia derivava in molte occasioni nella sistematica persecuzione degli ebrei, ai quali si inviava al rogo con uguale o maggiore accanimento che ai Catari. Questo era, naturalmente, l'effetto dell'opera occulta dei Signori del Cane, che purtroppo non fu del tutto effettiva come essi desideravano, perché, uguale che ai Catari, agli eretici ebrei bisognava offrire la possibilità di convertirsi al cattolicesimo, gesto con il quale si salvavano la vita e al quale solevano accedere senza problemi trasformandosi in marrani, vale a dire, conservando la loro religione in segreto e simulando essere cristiani, contrariamente agli Uomini Puri, i quali preferivano morire piuttosto che perdere l’Onore e mentire sulle loro credenze religiose. In sintesi, il tempo passò, l’eresia catara iniziò a cedere il passo alla più tranquillizzante religione cattolica, i furori iniziali dell’Inquisizione cominciarono a calmarsi e l'Ordine dei Predicatori iniziò a complementare la sua ingiustificata celebrità di organizzazione repressiva con un'altra fama più d’accordo con lo Spirito se i suoi fondatori: quella di Ordine dedicato allo studio e all'insegnamento e alla predicazione della fede cattolica. Il grande sistema teologico della Scolastica si deve in alto grado all'opera di notabili pensatori e scrittori domenicani, che in quasi tutti i casi non erano Iniziati ma erano guidati segretamente da essi. Per sviluppare questa attività che l'Ordine si concentrò su due università prestigiose, quella di Oxford e quella di Parigi: basterà con il ricordare che professori come il tedesco San Alberto Magno o San Tommaso d’Aquino furono domenicani, per comprendere che la fama acquisita dall’Ordine era qui sì, pienamente giustificata. Furono domenicani inoltre Rolando di Cremona, che insegnò a Parigi fra il 1229 e il 1231; Pietro di Tarantasia, che lo fece dal 1258 al 1256 e giunse a essere Papa con il nome di Innocenzo V nel 1276; Ruggero Bacone, Riccardo di Fischare, Vincent de Beauvais, a Oxford, ecc. Bisogna tener presente, dottor Siegnagel, che i Signori di Tharsis possedevano la Saggezza Iperborea e, di conseguenza, operavano d'accordo a una prospettiva storica millenaria; consideravano per esempio che quei decenni di influenza dei Golen erano inevitabili però che, finalmente, sarebbero passati: e sarebbe giunto allora il momento di spurgare l'Ordine. Perché questo era lo strategicamente importante: preservare il controllo dell’Ordine e dell'istituzione dell’Inquisizione per un'opportunità futura; quando questa si fosse presentata, tutta la forza dell'orrore e la repressione scatenata dai Golen cistercensi, come un colpo di Jiu-Jitsu, poteva essere rivolta contro i suoi generatori; e nessuno si sarebbe sentito offeso per quello, specialmente in Linguadoca. Il peso della

Strategia, come si avverte, riposava nella capacità del Circolo dei Signori del Cane di mantenere in segreto la loro esistenza e di conservare il controllo dell’Ordine; esso non sarebbe stato facile poiché i Golen finirono per sospettare che una strana volontà frustrava i loro piani da dentro della stessa Organizzazione inquisitoria, in più, ogni volta che qualcuno si avvicinava alla verità, quelli del Domini Canis lo perseguitavano occultamente e attribuivano la morte a prevedibili vendette degli eretici occitani. A queste motivazioni puramente strategiche che animavano i Signori di Tharsis per operare occultamente nel Circulus Domini Canis, si sarebbe raggiunta molto presto la pura necessità di sopravvivere, a causa degli avvenimenti che successero in Spagna e che comincerò a esporre da domani. Come si vedrà, la distruzione dell’Ordine Templario e con quello l'effettivo fracasso dei piani sinarchici della Fraternità Bianca, si sarebbe convertita in una questione di vita o morte per la Casa di Tharsis. L'ultima Strategia del Circulus ci porterà a quella causa esoterica del fracasso dei piani nemici, che fu Filippo IV e alla quale mi sono riferita quattro giorni fa.

Ventiquattresimo Giorno

Mentre l’Ordine dei Predicatori si sviluppava d'accordo ai piani dei Signori di Tharsis, qualcosa di terribile stava per succedere in Spagna: il ritorno di Bera e Birsa. E ci mancò poco, dottor Siegnagel, perché quell'avvenimento non significasse la fine della Casa di Tharsis. A continuazione, svelerò come successero i fatti. Ricordate, Dottore, che la antica Onuba, città maggiore della Turdetania, si trovava fin dal secolo VIII sotto la dominazione degli arabi, i quali la denominavano "Uelva”. Nell'anno 1011 era la testa di uno dei Regni di Taifa, Abu-Zaíd-Mohammed-ben-Aiyub, seguito da Abul Mozab Abdalaziz; ma nel 1051 fu e così rimase fino al 1248. Come ho già spiegato, durante questi secoli di occupazione araba la Capo di Tharsis senza problemi e raggiunse un'invidiabile potere economico; la Villa di Turdes, la cui esistenza dipendeva essenzialmente dallo sfruttamento delle proprietà dei Signori di Tharsis nella regione, era cresciuta e aveva prosperato abbastanza, contando allora con circa 3500 abitanti; a parte del nucleo diretto della famiglia Tharsis-Valter, che abitava la residenza Signorile ed era composta da 50 membri, vivevano nella Villa di Turdes varie famiglie del lignaggio della Casa di Tharsis ma di linee sanguigne collaterali. Così, infatti, nell'anno 1128, quando Bera e Birsa celebrano il Concilio Golen di Monzón, il Regno di Huelva si trovava subordinato al Taifa di Siviglia. Il Re di Castiglia e Leon, Fernando III il Santo, Riconquista Siviglia nel 1248 però muore sul luogo nel 1252; suo figlio Alfonso X il Saggio, con veletta la campagna conquistando

nel 1258 l’Algarve e i centri di Niebla e Huelva. Il Re che dette in questa regione come dote a sua figlia naturale Beatrice, che la unì alla corona di Portogallo al matrimonio con Alfonso III. Siccome tale annessione sezionava i diritti antichissimi che la Casa di Tharsis aveva sulla regione, la Corona di Portogallo compenso il Cavaliere Odielón di Tharsis Valter con il titolo di "Conte di Terseval”. In verità, sullo Stemma che Portogallo consegnò alla Casa di Tharsis, si trova scritto a modo di leggenda: "Con. Tar. Et Val.”, con la quale si abbreviava il titolo "Conte di Tharsis e Valter"; la posteriore lettura diretta della leggenda finì per agglutinare le sillabe della trebbiatura e formare quella parola "Terseval” che identificò la Casa di Tharsis durante i secoli successivi. Il disegno di quel blasone fu il prodotto di un'ardua negoziazione fra Odielón e gli Araldi portoghesi, nella quale il nuovo Conte di imposte il suo punto di vista afferrando si alla differenza di lingua e a una spiegazione fantasiosa degli emblemi sollecitati. Supponendo che nell'antica Lusitania non ricordavano già niente sulla Casa di Tharsis, reclamarono l'incisione di molti dei Simboli familiari nello Stemma: ed essi iniziarono ad accettare, così, di galli come "rappresentazione dello Spirito Santo a destra e a sinistra delle Armi di Tharsis"; il barbo unicorno, animale chimerico, come "il simbolo del Demonio che circonda l'ombelico della Casa di Tharsis"; la fortezza nell'ombelico come "equivalente all'antica Proprietà della Casa di Tharsis"; i fiumi Odiel e Tinto come "propri del paese e necessari per definire la scena"; ecc; e, finalmente, incluso l'immagine della Spada Saggia "come espressione della Dama, a quel tempo la Vergine della Grotta, alla quale i Cavalieri di Tharsis erano consacrati"; gli Araldi incisero sulla lamina il Grido di Guerra dei Signori di Tharsis: “Honor et Mortis”. Il seguente Re di Castiglia e Leon, Sancho IV, integrò nuovamente la regione di Huelva alla Corona di Castiglia e vi installò come Signore Juan Mathé de Luna, però assimilò il titolo e le Armi della Casa di Tharsis a detto Regno. Come vedremo in seguito, la Contea di Terseval, vittima di grande mortalità anni prima, si trovava allora asservito da un Cavaliere catalano, che aveva ceduto i diritti della sua fiorente Contea mediterranea in cambio di quelle lontane regioni andaluse. Era passato più di un secolo da quando Bera e Birsa avevano ordinato ai Golen di eseguire due missioni: compiere la sentenza di sterminio che pesava sui Catari e edificare un Castello Templario ad Aracena. La prima "missione", come abbiamo visto, fu portata a termine con cura dai Golen Cistercensi; sulla seconda pensione, in cambio, ancora non erano avanzati per niente. Mentre Fernando III il Santo Riconquista Siviglia nel 1248 e suo figlio Alfonso X il Saggio si impossessa nel 1258 del Algarve e di Huelva, il Re Sancho II di Portogallo, poco prima di morire nel 1248, conquista Aracena, piazza che passa a integrare la Corona di Castiglia nel 1252. È da supporre allora la premura con la quale agirono i Templari dal momento stesso in cui si riconquistò la piazza di Huelva. Già nel 1259 avevano ottenuto una parcella da Alfonso X che li autorizzava "nell'occupare un terreno sulle montagne di Aracena e di fortificarlo convenientemente, agli effetti di ospitare e difendere una guarnigione di 200 Cavalieri". Tuttavia, anni prima che tale permesso fosse messo, i Templari avevano localizzato la Grotta di Odiel, tracciando i piani e

scavando le fondamenta del Castello. Tutta la Catena montuosa di Aracena rimase per vari anni sotto il controllo dei Templari, inclusa la città di Aracena e vari villaggi minori. Ma i membri del Popolo Eletto che accompagnavano i Templari nell'impresa, non giungevano a un luogo sconosciuto: il nome di Aracena, in effetti procede dalla radice ebrea Arai che significa montagne, ed essendo Arunda, la montagnosa, sinonimo di Aracena. Questa curiosa etimologia non ha niente di misterioso se si pensa che il villaggio fu fondato da commercianti ebrei che viaggiavano con i Fenici durante l'occupazione di Tarshish, 1000 anni prima dell’Era attuale; in seguito fu chiamata Arcilasis da Tolomeo; Arcena dai greci; Viriato, che esisti in testa alle legioni romane, la nominava Erisane. Per gli arabi fu Dar Hazen e, a causa dell’orribile cibo che i saraceni prepararono quando i cristiani presero di sorpresa la villa, la Caracena dei mori. A partire dal 1259, si inviarono truppe verso Aracena da molte regioni della Spagna e anche della Francia, in modo che durante la costruzione del Castello rimasero accampati 2000 Cavalieri assistiti da frati servitori. Quelle forze si distribuirono intorno alle Colline ed esercitarono una rigorosa vigilanza per impedire che la popolazione vicina, di Cortegana, Almonaster la Real, Zalamea la Real, o altre città, potessero avvicinarsi e osservare le opere di costruzione. I Compagni di Salomone, la setta massonica controllata dal Cister, concordò il lavoro su richiesta del Gran Maestro poiché, anche se Ordine dei Templari contava con una sua propria divisione specializzata in costruzioni militari, "questa" fortezza avrebbe avuto qualcosa di differente. In primo luogo, doveva possedere una grande inchiesta; in secondo termine, questa chiesa avrebbe dovuto avere un'entrata segreta che comunicasse le sue navi con la Grotta sotterranea: era così imprescindibile il concorso del Collegio di Costruttori di Templi. Il collegio raccomandò l'edificazione della chiesa all'Maestro Pedro Millán. Questi fu autorizzato dal feroce Papa Golen Alessandro IV, lo stesso che in questi momenti scomunicava Manfredi di Suabia e si occupava dello sterminio degli Hohenstaufen e la rovina del partito ghibellino, a consacrare la Chiesa al culto della Vergine Dolorosa. Tale dedica, naturalmente, non era casuale ma ubbidiva al piano dei Golen di sostituire la Vergine di Agartha, la Divina Madre Atlante di Navutan, con una Vergine Maria Ebrea, che piangeva, tremando nel suo Cuore di Fuoco per il dolore della crocifissione di suo figlio Gesù: la Vergine di Agartha, al contrario, non sperimentò nessun dolore nel suo Cuore di Ghiaccio quando suo Figlio di Pietra si auto crocifisse all’Albero del Terrore e morì, ma si rallegrò e sparse la Sua Grazia sugli Spiriti incatenati, perché suo figlio era morto come il più coraggioso Guerriero Bianco che fronteggia l'illusione delle Potenze della Materia. La celebrazione del Culto alla Vergine del Dolore fu istituita, come potrebbe essere altrimenti, dall'ineffabile Papa Golen Innocenzo III all'introdurre la sequenza Stabat Mater nella Messa dei Dolori, del Venerdì della Passione di Gesù Cristo. Il Maestro Pedro Millán eresse, infatti, vedere i Templari, la chiesa di Nostra Signora del Dolore, padrona da quel giorno di Aracena, dedica che contrastava

apertamente con la Vergine della Grazia e l’Allegria, Nostra Signora della Grotta, che si venerava nella vicina Signoria di Tharsis, o Turdes. Quando il Tempio fu terminato, si depositò sull'altare l'immagine di Nostra Signora del sale dolore Maggiore, che ancora si conserva e che ricevette da Urbano IV la gerarchia di Priorato dell’Ordine del Tempio. Parallelamente, si lavorava febbrilmente nella costruzione del Castello, innalzato insieme alla Chiesa, a 700 m di altezza, circondando con mura e fossato una piazza adiacente a una torre mudéjar. Cinque anni dopo, la Chiesa e il Castello erano terminati e le truppe in eccesso, così come i fratelli Costruttori di Salomoneone, si ritirarono tranquillamente dalla zona; nonostante questo, sarebbero passati molti anni prima che gli abitanti del luogo si azzardassero ad avvicinarsi alla Collina del Castello di Aracena. Ma questo compito non fu tutto quello che realizzarono i Templari contro la Casa di Tharsis in questi anni: il Castello di Aracena era un obbligo imposto dagli Immortali, al quale avevano dato fedele compimento; adesso avrebbero aspettato pazienti il ritorno di Bera e Birsa per fare in modo che Essi lo passero nei loro piani. Ma questa pazienza non significava immobilità; al contrario appena furono riconquistate le regioni il potere degli arabi, l'Ordine cominciò una campagna di occupazioni in tutta la regione di Huelva, sia stabilendo guarnigioni nelle fortezze e nelle città riscattate, sia costruendo nuove chiese e fortificando i punti importanti. La distribuzione di quei occupazioni non succedeva a caso ma ubbidiva a una rigorosa pianificazione, i cui obiettivi non perdevano mai di vista la necessità di circondare la Cassa di Tharsis e cospirare contro il Patto di Sangue. Per ricordare solo i più importanti luoghi di questi sviluppi vale la pena menzionare la cessione ottenuta del Convento di Santa Maria della Rabida, a Palos de la Frontera, di fronte a Huelva, della quale ritornerò a parlare. Ho la possessione completa di Lepe, l’antica Leptia dei romani, situata a 6 km da Cartaya,con lo scopo dichiarato di controllare la foce del Fiume Piedras, da dove supponevano che avrebbero potuto navigare segretamente i Signori di Tharsis. O il sospettoso interesse nel risiedere nella insignificante Trigueros, a 25 km da Valverde del Camino, molto vicino a Turdes, dove costruirono la chiesa parrocchiale che ancora esiste: è che Trigueros, antica popolazione romana, si trova incassata nel mezzo di una fertile ed estesa campagna che costituiva in tempi remoti il cuore della Tartesside iberica; nei suoi campi, si trovano disseminati saggiamente decine di dolmen e menhir, l'eredità del Patto di Sangue, che i Templari si dedicarono in quei giorni a distruggere accuratamente: solo si salvò un Dolmen a Villa de Soto, che è possibile visitare oggi giorno, poiché i Signori Moyano de la Cera, del Sangue di Tharsis e tradizionali fabbricanti di dolci e di miele, impedirono ai Cavalieri di Satanàs concretizzare la loro infame missione: Villa de Soto si trova a 5 km da Trigueros e il Dolmen si trova nella "Grotta del Zancarrón de Soto". Nella Cassa di Tharsis, come è logico, quei movimenti non passarono inosservati e obbligarono i Signori di Tharsis apprendere alcune precauzioni: fortificarono anche la Villa

di Turdes e la Presidenza Signorile, poiché credevano che i Golen si cingevano a lanciare una Crociata contro di loro con il pretesto di alcuna eresia, chissà denunciando il Culto alla Vergine della Grotta; stabiliscono nella roccaforte una forza di 500 almogaveri e 500 Cavalieri, che era il massimo che si poteva armare il Conte di Tarseval per altri fini che non fossero quelli della Riconquista. Penosamente niente di tutto questo sarebbe stato necessario, infatti i Signori di Tharsis non indovinarono, ancora una volta, come prevenire i piani diabolici di Bera e Birsa. In tutto questo, vi starete chiedendo, dottor Siegnagel, che successe alla Spada Saggia dal giorno in cui cadde Tartesso e le Vraya la nascosero nella Caverna Segreta. La risposta è semplice: rimaste nella Caverna per tutto il tempo, vale a dire, durante 1700 anni fino a quel momento. Si portò a termine, così, il giuramento che fecero allora gli Uomini di Pietra: la Spada Saggia non sarebbe stata esposta nuovamente alla luce del giorno fino a che non fosse giunta la possibilità di partire, fino a che i futuri Uomini di Pietra non avessero visto riflesso nella Pietra di Venus il Segnale Litico di K’Taagar. Per quello, i Signori di Tharsis stabilirono che una Guardia doveva rimanere perpetuamente vicino alla Spada Saggia, cosa che non sempre fu possibile dovuto al fatto che solo alcuni Iniziati erano capaci di entrare nella Caverna Segreta. Come ricorderete Dottore, l'entrata segreta era sigillata con le Vrune di Navutan fin dall’Epoca degli Atlanti bianchi e risultava impossibile localizzarla a tutti coloro che non fossero un Iniziato Iperboreo: le Vrune erano Segni Increati e solo potevano essere percepiti e compresi da coloro che disponessero della Saggezza dello Spirito Increato, vale a dire dagli Iniziati nel Mistero del Sangue Puro, dagli Uomini di Pietra, dai Guerrieri Saggi. Tuttavia, tranne alcuni brevi e oscuri periodi, la Casa di Tharsis non smise mai di produrre Iniziati adatti a esercitare la Guardia della Spada Saggia. Anche se non erano già tanto numerosi come ai tempi di Tartesso, quando il Culto del Fuoco Freddo si praticava alla luce della Luna ed esisteva un Collegio di Gerofanti; nei secoli seguenti, bisognò occultare la Verità del Fuoco Freddo ai romani, i visigoti, arabi e cattolici, riducendo la celebrazione del Culto all'ambito strettamente familiare: incluso, dentro quell'ambito familiare riservato, si doveva convocare solamente coloro i quali dimostravano una conveniente predisposizione gnostica per affrontare la Prova del Fuoco Freddo, che in niente era cambiata e continuava a essere i terrificante e letale come prima. A parte quei periodi che ho menzionato, durante i quali non ci fu nessun membro della Casa di Tharsis capace di entrare nella Caverna segreta, la normalità era la formazione minima di due Iniziati ogni secolo, nelle peggiori Epoche e di cinque o sei nelle più prolifiche. Se l’Iniziato era una Dama di Tharsis, gli si dava il titolo di "Vraya", in ricordo alle Guardiani iberiche. Se si trattava di un Cavaliere, si denominava Noyo, che era stato il nome, secondo gli Atlanti bianchi, dei Pontefici Iperborei che ad Atlantide custodivano l’Ark, cioè, la Pietra Basale, della Scala Infinita che Essi sapevano costruire e che conduceva verso l’Origine. È ovvio che, per compiere il giuramento degli Uomini di Pietra, i Noyo e le Vraya dovevano convertirsi in eremiti, vale a dire, dovevano stabilirsi nella

Caverna Segreta e rimanere tutto il tempo possibile vicino alla Spada Saggia: e nessuno poteva servirli perché nessuno, a parte essi, poteva entrare nella loro dimora. Ma quella solitudine non aveva importanza che gli Iniziati: la rinuncia e il sacrificio che esigeva la funzione di Guardiano della Spada Saggia era considerato un Alto Onore per i Signori di Tharsis.

Spagna – La regione di Huelva

D'accordo con quello riferito da coloro che erano entrati e usciti dalla Caverna Segreta, il lavoro realizzato durante secoli dagli Iniziati che dimoravano li, aveva adottato il luogo di alcune comodità. In effetti, anche se fin dal principio si convenne nel non introdurre oggetti culturali, la verità è che Noyo e Vraya s'colpirono pazientemente la pietra della Caverna e modellarono sedie, tavoli, letti, un altare e una rappresentazione del Dea del Fuoco Freddo. E di fronte al Volto di Pyrena, ardeva ancora una volta la Fiamma della Lampada Perenne.

Questa volta il Volto della Dea non sorgeva da un menhir ma era scolpito su una gigantesca stalagmite verde. Non esisteva neanche un meccanismo che facesse aprire gli Occhi poiché questi erano stati profondamente scavati che stavano sempre aperti, pronti a rivelare agli Iniziati l’Oscurità Infinita di Se Stesso. Di fronte alla Volto, giaceva l'altare, che consisteva in una colonna cubica sormontata da due scalini: la superficie dello scalino superiore arrivava a livello del mento della Che e, sopra di essa, c'era un foro verticale nel quale si introduceva l'impugnatura della Spada Saggia fino alla guardia, in modo tale che la stessa maniera in piedi e allineata con il Naso della Dea, come se fosse una di simmetria del Volto; in questo modo, la Pietra di Venus che è incastonata nella croce del impugnatura, appariva nel centro della scena, disposta per la contemplazione. Sulla superficie dello scalino inferiore, sotto il livello del impugnatura, e si provava depositata la Lampada Perenne. Quel settore della Caverna Segreta aveva la forma di una nave semi sferica, sfruttando la stalagmite con il Volto di Pyrena in un estremo vicino alla parete di pietra; questa sembrava schizzata di lava e sali, mentre il tetto è ispido di verdose stalattiti; il pavimento al contrario, era stato attentamente pulito da protuberanze e livellato, in modo tale che era possibile sedersi comodamente di fronte al Volto di Pyrena e contemplare, allo stesso tempo, la Lampada Perenne e la Spada Saggia con la Pietra di Venus. Gli alimenti necessari per sussistere rifornivano di Signori di Tharsis mantenendo sempre piena la dispensa di una Cappella che esisteva ai piedi del Monte Candelaria. Tale Cappella, che era stata costruita per i fini segnalati, che rimaneva chiusa la maggior parte dell'anno e solo era visitata dai Signori di Tharsis che andavano lì a pregare nella solitudine totale: approfittavano allora per depositare i viveri in una piccola stanza sul retro, la cui unica porta dava sul pendio del Monte. Fino a lì scendevano furtivamente, preferibilmente di notte, varie volte all'anno gli Iniziati della Caverna per rifornirsi di alimenti. Normalmente trovavano un asino in un recinto adiacente, con il quale caricavano i pacchetti fino all'entrata segreta e che poi lasciavano libero, visto che l'animale ritornava docilmente al suo recinto. Ma in altre occasioni di Signori di Tharsis tendevano nella Cappella settimane intere fino a coincidere con alcune di quelle visite notturne: allora, nel mezzo dell'allegria dell'incontro, i Noyo e le Vraya ricevevano notizie della famiglia, se alcuni di essi si preparavano seriamente per la Prova del Fuoco Freddo che se c'erano possibilità che potesse superarla. Niente preoccupava di più gli Uomini di Pietra e le Dame Kalibur del fatto che al non essere rimpiazzati da altri Iniziati, la Spada Saggia rimanesse senza Custodia. I Signori di Tharsis, da parte loro, si informavano con i Noyo e le Vraya sulle loro visioni mistiche: non si era ancora manifestato il Segnale Litico di K’Taagar? Avevano ricevuto alcun messaggio dagli Dei Liberatori? Quando, oh Dei, che sarebbe giunto il giorno del Battaglia Finale? Quando la Guerra Totale contro le Potenze della Materia? Quando avrebbero abbandonato l’Universo Infernale? Quando l’Origine? Sempre era successo nello stesso modo. Fino ad allora. Perché da quando terminarono il Castello di Aracena, a una dozzina di kilometri dalla Monte Candelaria, un alone di

minaccia sembrò estendersi per tutta la regione. Bisognò, infatti, estremizzare le misure di precauzione per rifornire la Caverna Segreta e si ridussero al minimo gli incontri con gli Iniziati eremiti. A quel tempo abitavano la Caverna Segreta tre Iniziati: una anziana Vraya, una donna di più di settant'anni, che durante cinquant'anni non abbandonò mai la Guardia; un Noyo di 50 anni, Noso di Tharsis, che fino ai trent'anni fu Presbitero nella Chiesa di Nostra Signora della Grotta e adesso era ufficialmente morto; e un giovane Noyo di 32 anni, Godo di Tharsis, che compieva la funzione di approvvigionare la Caverna Segreta. Godo, figlio del conte Odielón di Tarseval, non era un improvvisato in questione di rischi: portato da lì in Sicilia da uno dei Cavalieri aragonesi che servivano la corte di Federico II, fu paggio nel palazzo di Palermo e in seguito scudiere di un Cavaliere Teutonico in Terra Santa; nominato a sua volta Cavaliere, a 20 anni, entrò nell’Ordine dei Cavalieri di Teutonici e lottò cinque anni nella conquista di Prussia; da sette anni rimaneva di Guardia nella Caverna Segreta, anche se passava per star ancora combattendo nel Nord della Germania. Si trattava, perciò, di un guerriero esperto, che sapeva muoversi con precisione nel campo di battaglia: le sue incursioni alla Cappella erano attente e studiate, cercando di evitare la possibilità di essere sorpreso dal Nemico. Questo lo chiarisco per scartare il caso che una disattenzione fosse responsabile di quello che successe in seguito. La verità è che il Nemico conosceva quel luogo e questo non lo ignoravano i membri della Casa di Tharsis: secondo la saga familiare, in effetti nel luogo dove si ergeva la iniziale Cappella del Monte Candelaria, gli Immortali Bera e Birsa avevano assassinato le Vraya 1700 anni prima. Per quello i Signori di Tharsis spezzarono ricambiare il punto di approvvigionamento; ma l'intensa vigilanza che mantenevano su Aracena non rivelava alcun movimento in direzione del Cappella e le cose seguirono così durante i seguenti quattro anni ogni tre o quattro mesi del Noyo Godo scendeva dalla montagna di sorpresa e di forma imprevedibile e procedeva a trasportare dalle provvigioni alla Caverna Segreta; e solamente una volta all'anno stabiliva contatto con qualcuno dei Signori di Tharsis. Però le notizie erano invariabilmente le stesse: i templari non effettuavano nessun movimento in quella direzione. Inoltre, anche se non agivano, adesso stavano lì, troppo vicino, della loro presenza costituiva una minaccia che si percepiva nell'ambiente. Naturalmente, i Templari non agivano perché stavano aspettando gli Immortali. E quelli, finalmente arrivarono, 140 anni dopo la assassinato di Lupo di Tharsis nella Fortezza di Monzon. Una nave dell'armata templaria, proveniente dalla Normandia, li fece sbarcare a Lisbona nel 1268 insieme al Abate di Claravalle, il Gran Maestro del Tempio e una custodia di 15 Cavalieri. Il Gran Maestro spiegò alla Regina Beatrice che la spedizione aveva come destino il Castello di Aracena, dove si sarebbe nominato un Provinciale, ottenendo tutto il suo appoggio e la conseguente autorizzazione del Re Alfonso III; la presenza di Bera e Birsa non fu notata lì perché simulavano di essere frati servitori e vestivano come tali. Giorni dopo i viaggiatori prendevano l'antica strada romana che

andava da Olisipo (Lisbona) a Hispalis (Siviglia) e passava per Corticata (Cortegana) a pochi kilometri da Aracena. Ad Aracena, gli Immortali approvarono tutto il lavoro fatto dai templari in quanto all'edificazione del Castello. All'interno della chiesa, nel pavimento dell'abside, c'era la porta botola che comunicava con la Grotta di Odiel: in verità,la Grotta non si trovava esattamente sotto la chiesa ma bisognava arrivare a essa attraverso la rampa di un tunnel, al quale si accedeva con una scala di legno dall'abside. Bera e Birsa trascurarono i dettagli della costruzione poiché il loro interesse maggiore radicava nella Grotta. La esplorarono palmo a palmo, durante ore, parlando fra di loro con un linguaggio strano che i quattro accompagnanti non osavano interrompere; questi erano l’Abate di Claravalle, il Gran Maestro del Tempio, entrambi i Golen e due recettori Templari "esperti in lingua ebrea", vale a dire, due Rabbini, rappresentanti del Popolo Eletto. Quanto pareva, l'ispezione aveva dato risultati positivi; questo lo capivano dalle espressioni degli Immortali poiché essi erano sommamente parchi in tutto quello che si riferiva alla Grotta e alla loro presenza lì. In tutti i casi, solo fecero una richiesta: che si adattasse a certa forma simbolica, che descrissero con precisione, lo specchio di un piccolo lago sotterraneo, che era alimentato da un filo d'acqua di poca quantità. Bisognava anche interrompere momentaneamente quel piccolo affluente, deviando l’eroso canale di alimentazione. Che bisognava distribuire in determinati punti, intorno al lago, candelabri Menorah.

Venticinquesimo Giorno Il Dorché

Gli Immortali esposero la situazione attuale al cistercense, al Templario e ai Rabbini: il Supremo Signore della Fraternità Bianca, “Ruge Guiepo” e il Supremo Sacerdote, Melchisedec, avevano ricevuto con disgusto il tradimento di Federico II e la sua pretesa di erigersi a Imperatore Universale. Quegli atti gridarono il potere del papato e impedirono fino al presente concretizzare i piani tracciati durante secoli dai Golen: è ancora possibile il trionfo, però si doveva operare con mano dura; eliminare alla radice ogni possibilità di opposizione. La Crociata contro i Catari era stata un successo, però era arrivata tardi per impedire la nefasta influenza del Gral. Per queste ragioni, Ruge Guiepo ordinava, in primo luogo, di sterminare il lignaggio maledetto degli Hohenstaufen ed espellere la Casa di Suavia dai Regni siciliani: tali direttive erano già state comunicate al Papa Clemente IV. In secondo termine, il Benedetto Signore mandava a eseguire immediatamente l'antica sentenza che pendeva sulla Casa di Tharsis: nella Fraternità Bianca non si dimenticava che la Pietra di Venus dei tartessi non era ancora stata ritrovata fino ad allora; e adesso non era possibile correre il rischio di una nuova improvvisa apparizione di un nuovo Gral. La soluzione consisteva in eliminare ipsofacto ai suoi proprietari e possibili operatori.

L’Amato dall’Uno desiderava che questa volta la missione degli Immortali si approssimarsi alla perfezione e per questo gli confidò, con un gesto straordinario, il Dorché, il Suo Scettro Divino: con il quale, secondo quello che spiegavano con eccitazione gli Immortali, tutto era possibile. Quello Scettro, il metallo è di Pietra, che formavano parte di un insieme di strumenti che gli Dei Traditori fabbricarono per i Supremi Sacerdoti, quando milioni di anni prima fondarono la Fraternità Bianca e si compromisero a lavorare per mantenere lo Spirito Increato incatenato nell'animale uomo e a favorire l'evoluzione dell'Anima Creata. Con il Dorchè la parola acquista il Potere della Parola e la voce diventa il Verbo; tutte le cose create e nominate dall’Uno erano sensibili al Logos del detentore del Dorché; solo l'increato, o trasmutato dallo Spirito, non era danneggiato dal Potere dello Scettro. Ovviamente, il nome che gli Immortali davano allo strumento era un altro, però i francesi lo traducevano come meglio potevano con la parola “Dorché”. Riassumendo, l’Anziano dei Giorni voleva che non ci fossero errori nel nuovo tentativo degli Immortali per distruggere i Signori di Tharsis che li avevano dotati di un’arma terribile: gli aveva trasferito il Suo Potere. Che avrebbero fatto di Immortali con il Dorché? Avrebbero procurato di disintegrare i fondamenti della Stirpe agendo sul sangue, sul messaggio contenuto nel sangue. E per questo avevano bisogno di una mostra di quel sangue, un rappresentante del lignaggio maledetto dall’Uno: a contenere questa mostra sarebbero andati gli Immortali impersona poiché, chiarirono, i Signori di Tharsis erano esseri terribili, i quali, i Templari non potevano lontanamente sognare di fermare. Con grande sorpresa dei Golen, poiché il Monte Candelaria distava vari kilometri da Aracena, manifestarono la loro intenzione di viaggiare a piedi; ma lo stupore fu maiuscolo quando osservarono i seguenti dati di Bera e Birsa: si fermarono uno di fronte all'altro, separati dalla distanza di cinque o sei passi e si guardarono fissamente negli occhi senza battere le ciglia; allora cominciarono a pronunciare in contrappunto una serie di parole in una lingua sconosciuta, alle quali davano una particolare cadenza ritmica; un momento dopo, entrambi davano un prodigioso salto che li elevava in cima delle Mura del Castello. Si trovavano allora nel cortile delle armi e, sparati fuori, di quella delle mura e si persero nella notte. In Golen corsero per le scale fino ai merli e aguzzarono la vista in direzione dell'orizzonte; e osservarono sotto la luce della luna, a una enorme distanza, due punti che si allontanavano a grandi salti: erano Bera e Birsa avanzando verso la Cappella del Monte Candelaria. A partire dall'arrivo di Bera e Birsa i fatti si successero in maniera vertiginosa, lasciando praticamente senza capacità di reazione di Signori di Tharsis. Gli Immortali dovettero aspettare solamente 15 giorni nelle vicinanze della Cappella del Monte Candelaria: passato questo tempo, Godo, che inspiegabilmente non aveva notato la presenza dei suoi nemici, si trovava di fronte ad Essi. Al rendersi conto che a pochi passi da lui si trovavano

quei due personaggi vestiti con abiti da monaco cistercense, un impulso istintivo gli fece impugnare la sua spada; ma riuscì a realizzare nient'altro che il gesto: con grande rapidità Bera alzò il Dorché, pronunciò una parola che un raggio di colore arancione colpì nel petto il giovane Noyo, lanciandolo a vari metri di distanza. Gli Immortali presero allora per i gomiti il corpo senza coscienza di Godo di Tharsis e, dopo aver ripetuto la serie di parole in contrappunto mentre si fissavano negli occhi, abbandonarono il luogo realizzando quei grandi salti, che permisero loro attraversare i chilometri in questione di minuti. Bera e Birsa avrebbero perso qualche tempo cercando di ottenere la confessione di Godo sulla Chiave dell’entrata segreta. Con questo proposito non lo assassinarono d’immediato e si dedicarono a tentare quello che avevano provato altre volte senza successo: ma questa volta, con più calma si concentrarono sulla sua struttura psichica, cercando di leggere in alcuna memoria il registro sul modo di entrare e uscire dalla Caverna Segreta. Tuttavia, fu nuovamente tutto inutile; né la Chiave sembrava essere registrata nella sua mente; né la più raffinata tecnica di tortura riusciva a sciogliere la lingua del Noyo. Durante questo tempo, i Signori di Tharsis ricevevano il triste annuncio della scomparsa di Godo. Erano appena trascorse dodici ore da quando era uscito dalla caverna, il Noyo Noso comprese che Godo non sarebbe tornato e decise di avvisare il Conte di Terseval; si congedò allora dalla Vraya, discese dal Monte Candelaria e si diresse verso le rive dell’Odiel, dove i Signori di Tharsis mantenevano una piccola barca per casi del genere: un’ora dopo scendeva a terra a due chilometri dalla Residenza Signorile. Così il Conte di Terseval venne a sapere del rapimento di suo figlio Godo da parte dei Golen. Se qualche volta decide di visitare Huelva, egregio Dottor Siegnagel, sicuramente vorrà conoscere la Caverna delle Meraviglie e le Rovine del Castello Templario, *******. Per farlo prenderà la strada che passa per Valverde del Camino, molto vicino dell'antica posizione della Casa di Tharsis e arriva sino a Zalamea la Real; dal lì è necessario deviare per una strada secondaria che va salendo fino alle Miniere del Río Tinto, sfruttate in tempi remoti dagli iberici e 20 km dopo arriva ad Aracena. Naturalmente, non c'è nessuna ragione turistica che giustifichi il prendere un altro cammino, a meno che non si desideri viaggiare per strade migliori e si continui a Zalamea la Real verso Jabugo, dove il cammino si unisce con l'ampia strada che va da Lisbona a Siviglia e segue l'antico tracciato romano dal quale arrivarono Bera e Birsa. Ma, se questo non è il motivo e uno desidera mettersi in complicazioni in necessarie, allora può seguire per quest'ultimo cammino e prepararsi per prendere una piccola stradina di, la cui entrata si trova circa 2 km dopo il ponte sulla Fiume Odiel. Da quel momento è meglio condurre con cautela poiché il sentiero abitualmente è trascurato, quando non completamente intransitabile; si succedono un paio di comuni dal nome incerto e alcune fattorie poco prospere, abitate da gente ostile agli stranieri: se a qualcuno viene in mente di entrare da quelle parti dovrebbe farlo disposto a tutto poiché nessun aiuto potrebbe aspettarsi dai suoi abitanti; sembra una menzogna, ma

700 anni dopo ancora perdura il timore per i fatti successi nei momenti che sto riferendo! Non è un'esagerazione, in tutta la regione percepisce un clima lugubre, minaccioso, che si accentua nella misura in cui si avanza verso Nord; gli abitanti dei villaggi, ogni volta più ostili o francamente aggressivi, conservano numerose leggende familiari sui fatti occorsi nei giorni della Casa de Tharsis, anche se si guardano bene di farle conoscere agli estranei. Il timore è pratica nella possibilità che la storia di rete, che torni a cadere sul paese il terribile castigo di quei giorni. Per questo non bisogna iniziare la conversazione con loro e molto meno fare domande concrete sul passato: dopo aver sentito un brivido d'orrore per l'interrogatorio, scoppierebbe su tutte le furie e attirerebbe con le sue grida altri contadini; allora chi non riuscisse a scappare in tempo, sarebbe attaccato da tutti e avrebbe molto fortuna se riuscisse a salvare la vita. Dopo aver percorso altri 18 km, molto vicino già ad Aracena, si arriva a una minuscola valle elevata, situata nel cuore della Catena di Aracena. Li esiste un villaggio che bisogna attraversare rapidamente per evitare le pietre che lanciano i bambini o qualcosa di peggio; è un villaggio del secolo XV che non sembra essersi evoluto molto da allora: la maggior parte delle case sono di pietra, con le aperture mascherate con legno lavorato con accetta e tetti in ardesia irregolari; molte di queste abitazioni si trovano disabitate, alcuni totalmente distrutte, mostrando che una crescente decadenza e popolazione affetta il villaggio e che solo la tenacità delle famiglie più antiche ha impedito la sua estinzione. Il suo nome, "Catrame", gli fu imposto in quell'Epoca e costituisce una specie di maledizione per i suoi abitanti, che non sono mai riusciti a sostituirlo con un altro dovuto alla persistenza che ha tra gli abitanti dei villaggi vicini. L'origine del nome si trova 2 km più avanti, quasi alla fine della valle, dove uno scolorito cartello mostra in latino e castigliano "Campus pix picis", "Campo de la pez", "Campo della Pece". In sostanza, è inutile cercare la pece lì perché tale denominazione procede dal secolo XIII, quando veramente in quel campo ci fu molta pece, o perlomeno qualcosa che le somigliava molto: da lì il nome del vicino villaggio di minatori, i quali, al fondarlo nel XV secolo dovettero sopportare il tenebroso nome che gli imposero i loro vicini e finirono per accertarlo con rassegnazione. Inoltre da dove era uscita la pece che caratterizzava quella valle perduta tra le montagne deserte? È la pece, quel catrame, Dott. Siegnagel, è tutto quello che rimase dell'esercito che il Conte di Terseval aveva messo insieme per attaccare il Castello di Aracena e riscattare suo figlio Godo. In quella valle, in effetti, il Conte Odielón con le sue truppe che accendevano più di 1000 effettivi, cinquanta cavalieri, 500 almogaveri e 500 uomini della Villa. Più che sufficiente per attaccare e distruggere il Castello Templario che solo puntava con una guarnizione di 200 Cavalieri; anche se i Templari avevano la fama di lottare tre contro uno, non potevano fare niente con forze che li superavano di cinque volte. Tutto quello che si richiedeva per terminare con la minaccia Templaria e riscattare Godo se è ancora vivo, era evitare che il Castello ricevesse rinforzi e per questo sarebbe stato fondamentale dominare il fattore sorpresa. Per quello il Conte Odielón decise di marciare verso Aracena per un sentiero

secondario che solo conoscevano i Signori di Tharsis e che passava per quella piccola valle nella quale si sarebbero accampati durante le ore notturne per poi attaccare di sorpresa all'alba. Ma l'alba non sarebbe mai arrivata per quei Signori di Tharsis. Erano le undici della notte quando Bera e Birsa si apprestavano a consumare il Rituale satanico. Il Noyo giaceva vicino al bordo del lago sotterraneo, ancora vivo ma svenuto a causa della tortura ricevuta e delle multiple mutilazioni sofferte: a questo punto aveva perduto le unghie delle mani e dei piedi, gli occhi, le orecchie e il nastro; e, come ultimo atto di fanatismo e crudeltà, gli avevano appena tagliato la lingua "come premio alla sua fedeltà alla Casa di Tharsis e agli Atlanti bianchi". Curiosamente non lo torturarono agli organi genitali, chissà dovuto alla devozione che quei Sacerdoti sodomiti professavano per il fallo. Anche se le quarantanove candele, dei sette candelieri, illuminavano abbastanza la Grotta di Odiel, l'aspetto dei sei personaggi che si trovavano presenti era oscuro e sinistro: l'Abate di Claravalle, il Gran Maestro del Tempio e i due Precettori Templari, erano avvolti in un'aria taciturna e funebre; la loro immobilità era talmente assoluta che sarebbero passati per statue di pietra, se non fosse stato per la brillantezza maligna degli occhi che tradiva la vita latente. Ma chi realmente avrebbe infuso terrore in qualunque persona non avvisata che avesse avuto l'opportunità di presenziare la scena, erano gli Immortali Bera e Birsa: erano vestiti con una tunica di lino in questo momento spaventosamente macchiata dal sangue del Noyo e avevano messo dei pettorali d'oro tempestati con dodici file di pietre di diverso tipo; ma quello che impressionerebbe il testimone non sarebbero i vestiti ma la fierezza dei loro volti, l'odio che fuoriusciva da loro, si diffondeva tutto intorno come una radiazione mortifera; che l'odio contraeva o creava spasmi sul volto degli Immortali: al contrario l'odio era naturale per loro; non si sarebbe potuto distinguere nei volti di Bera e Birsa né sul gesto che indicasse da solo l'odio atroce e inestinguibile che sperimentavano verso lo Spirito Increato e terzo tutto quello che si opponeva ai piani dell'Uno, infatti i loro erano, integri, completi nella loro espressione, i Volti dell'Odio. Che adesso avrebbe raccolto le sue vittime sacrificali, l'offerta che Jehovà Satanàs reclamava. Il Rituale, se si giudicava dagli atti di Bera e Birsa, fu piuttosto semplice; ma se si considerano gli effetti catastrofici prodotti sulla Casa di Tharsis, bisognerà convenire che tali atti erano il termine di cause profonde e complesse, la manifestazione sconosciuta del potere di "Ruge Guiepo". Il Rituale si svolse così: mentre Bera sosteneva il Dorché con la mano sinistra e il braccio stirato all'altezza degli occhi, Birsa alzava la testa del Noyo prendendo un pugno di capelli con la mano destra e collocando un coltello d'argento sopra al suo orecchio con la mano sinistra; la scena del rituale era disposta in questo modo: la testa di Godo di Tharsis era sospesa a pochi centimetri dallo specchio d'acqua; fu allora, che con un'azione simultanea, evidentemente convenuta in precedenza, Bera pronunciò una parola e Birsa sgozzò il Noyo con un abile taglio sulla gola; en verità la punta del

coltello era stata appena appoggiata sull'orecchio sinistro del Noyo e al sentire la parola di Bera, descrisse una curva perfetta che sezionò la gola e si concluse nell’orecchio destro: letteralmente il Noyo fu sgozzato "da orecchio a orecchio"; il sangue uscì a schizzi e cominciò a mischiarsi con l'acqua intanto che Bera seguiva recitando altre parole senza muovere il Dorché; poco a poco occorse il primo miracolo: l'acqua, che appena si stava tingendo con il sangue, cominciò a diventare rossa e molto più spessa fino a che tutto il lago sembrò essere un immenso coagulo; da quel momento, una luminosità rossiccia era rilasciata dall'acqua in forma di vapore, un bagliore intenso, somigliante a quello che emetterebbe un forno incandescente; quando tutta l'acqua si convertì in sangue, ossia, quando già non rimaneva neanche una goccia di sangue nel corpo esangue di Godo di Tharsis, Bera abbassò il Dorché e lo punto verso il lago nello stesso momento in cui emise un urlo agghiacciante: allora il colore del lago cambiò dal rosso al nero e la sua sostanza si trasformò in una specie di pece o di catrame scuro; e lì concluse il Rituale. Bisogna aggiungere che tale sostanza, somigliante alla pece, non era altro che una sintesi organica di un cadavere umano, come si sarebbe ottenuto dopo un periodo di evoluzione geologica di milioni di anni, ma accelerato in un istante con il Potere meraviglioso del Dorché. Quella pece nera, era dunque l'essenza della morte fisica, l'ultimo estremo di quello che era stata la vita e che si trova scritto potenzialmente nel messaggio del sangue. Ma il sangue è unico per ogni Stirpe. Per questo la conseguenza cercata dagli Immortali attraverso la magia nera consisteva nella propagazione di quella trasmutazione ai restanti membri della Stirpe, a quelli che appartenevano a questo sangue maledetto, vale a dire, ai Signori di Tharsis. Ripetendo quello che ho detto prima, se si deve giudicare il Rituale degli Immortali Golen per i catastrofici effetti prodotti sulla Casa di Tharsis, bisogna convenire che celava un grande segreto relativo al potere del suono, delle parole e alla funzione del Dorché. Perché, nello stesso momento in cui il lago di sangue cambiò di colore e si trasmutò in pece nera, il novantanove per cento dei membri della casa di Tharsis esalò il suo ultimo sospiro: solo sopravvissero gli Uomini di Pietra, vale a dire, coloro che avevano trasmutato la loro natura umana con il Potere dello Spirito. Naturalmente tra essi si trovavano il Noyo e la Vraya, ma entrambi molto vecchi per procreare nuovi membri della Stirpe. Tuttavia, a centinaia di chilometri da lì, altri Uomini di Pietra erano ancora vivi e si sarebbero presi l'incarico di compiere la missione familiare. Del resto della Casa di Tharsis non rimase nessuno vivo per raccontarlo. Gli almogaveri di sentinella che custodivano il bivacco del Conte di Terseval cominciarono a preoccuparsi non appena percepirono il ronzio; non avrebbero potuto affermare quando iniziò, ma di certo stava crescendo e adesso riempiva tutta la valle; al diventare udibile, i rudi guerrieri credevano di riconoscere, insolitamente, quel suono: era il tono esatto, il suono oscillante di uno sciame di api, ma tremendamente amplificato per qualche causa spaventosa e sconosciuta. Ma il ronzio, nonostante fosse sorprendentemente anormale e di aver guadagnato un'intensità capace di generare stordimento, fu prontamente

dimenticato. Le sentinelle, en effetti, avvertirono che qualcosa di grave stava succedendo poiché un grido allucinante ruppe la continuità di quell'impressionate vibrazione; ma tale grido non proveniva non proveniva da fuori ma da dentro del bivacco e non consisteva in uno ma in una moltitudine di lamenti che avevano coinciso all'istante: l'instante in cui l'acqua del lago sotterraneo si trasmutò nel sangue dei Signori di Tharsis. Allora tutti i membri della Stirpe sperimentarono un calore ardente mille volte più potente del Fuoco Caldo della Passione Animale: e gridarono all'unisono. Ma nessuno sarebbe riuscito a soccorrerli giacché pochi minuti dopo sarebbero morti "nello stesso momento in cui l'acqua del lago si trasformò in pece nera". In questione di minuti cessò completamente il ronzio e un silenzio sepolcrale si impossessò della valle. E allora cominciò la pazzia per gli scarsi duecento sopravvissuti dell'esercito del Conte di Terseval: erano tutti almogaveri oriundi della regione di Braga, vale a dire, di Razza celta. Al principio lo spavento li aveva paralizzati, ma quei temibili guerrieri non erano propensi a fuggire in nessuna circostanza; l'alba, in cambio, li colse deliberando aggruppati nel centro dell'accampamento: secondo i costumi, di fronte all'assenza di Signori o Cavalieri, avrebbero eletto Comandante uno di loro. Tale carica cadde su un soggetto che era tanto coraggioso in guerra come poco intelligente fuori di essa, noto come Lugo di Braga. Quel comandate si sentiva veramente perplesso come il resto dei soldati per la mortalità improvvisa e, in seguito a un'ispezione di tutte le tende e i luoghi in cui erano morti i guerrieri, dedusse che la causa del male era una peste sconosciuta: i cadaveri, in effetti, non presentavano fino a quel momento nessun segnale che rivelasse che tipo di peste aveva causato la morte; ma cosa faceva pensare che si trattasse di una peste? Solo una peste, d'accordo al criterio dell'epoca, era capace di uccidere in questa maniera! Naturalmente, nel medioevo la peste era temuta come il peggior nemico, al di fuori di quelli che i Signori di Tharsis indicavano come tali e bisognava affrontare. I soldati sarebbero scappati allora, ma non lo fecero per la compromettente presenza di tanti Nobili morti; non potevano abbandonare impunemente il Conte di Terseval perché sarebbero stati perseguitati per tutta la Spagna; ma non potevano neanche trasportare un cadavere contaminato di peste; la cosa corretta, spiegò Lugo, era vincere il timore e dare sepoltura cristiana ai morti. Così, dominando la paura al contagio che li avvolgeva, i forti almogaveri allinearono gli ottocento cinquanta cadaveri che avrebbero sotterrato; pianificavano di scavare tre tipi di tombe: una fossa comune per gli almogaveri, un'altra uguale per gli abitanti della villa e tombe individuali per i Cavalieri. Erano totalmente compromessi con questo compito, a confezionare croci e a impaccare quello che conveniva riportare al quartier generale, quando qualcuno scoprì la liquefazione dei cadaveri e lancio il primo grido di terrore: pix picis! Pix picis! Vale a dire, la pece, la pece!

In pochi secondi corsero tutti vicino ai cadaveri e si resero conto che un incredibile processo di disintegrazione organica li stava riducendo a un liquido nero e viscoso, simile al bitume, ma dal quale usciva un liquido nero più leggero simile alla liscivia: da lì la leggera identificazione con la pece, fatta da un annebbiato almogavero. Ma un processo così brusco di decomposizione di un cadavere era molto al di sopra di quello che potevano sopportare quelle menti superstiziose senza relazionarlo con la magia nera o la stregoneria. Per questo al correre, questa volta con molta fretta, verso i cavalli, molti che erano caduti in presa al panico esclamavano: bruttia! bruttia! Vale a dire, pece, pece! Altri: Lixivía! Lixivía! Ossia liscivia! liscivia! E altri ancora pix picis! pix picis! Pece! Catrame! Al giungere alla Villa di Turdes, Lugo di Braga si trovò di fronte all'incredibile spettacolo della pestilenza che l'aveva anticipato. Ma lì la distruzione della piaga era tremenda: dei tremila cinquecento abitanti della Villa, cinquecento morirono nella valle, vicino al Conte di Terseval e dei tremila restanti solo rimanevano in vita cinquecento, tutti procedenti da regioni e Razze diverse dagli iberici di Tartesso. Quello che era successo era stato analogo ai fatti successi nell'accampamento notturno del Conte: prima il ronzio, poi il grido, emesso all'unisono da tutte le vittime e per ultima l'orribile morte simultanea. A quanto sembrava, lì la trasformazione in bitume era più lenta, ma già si avvertivano i sintomi nei cadaveri esposti. E nessuna sapeva se quella peste era contagiosa né ne conosceva i primi sintomi. Lugo di Braga decise allora di fuggire dalla regione per sempre; ma prima, fece la cosa più ragionevole, reazione propria dell'Epoca: si lasciò andare al saccheggio con i suoi duecento compagni. Non esistevano in quel momento Signori di Tharsis, né Cavalieri o Nobili, che difendessero quel patrimonio. Lugo di Braga si diresse alla Residenza Signorile e la saccheggiò a coscienza, ma non si azzardò a incendiarla come reclamavano i suoi uomini. Dopo si ritirò in direzione del suo paese, portandosi dietro moltissimi cavalli caricati con il bottino. Naturalmente, tutti sarebbero stati perseguitati anni dopo per questo crimine e molti sarebbero finiti sulla forca. Anche se nessuno poteva immaginarlo in quel momento, mentre la peste si appropriava della Casa di Tharsis, rimanevano alcuni di essi vivi e in seguito avrebbero reclamato il suo. Con questa eccezione, la maggior parte dei membri della Casa di Tharsis erano morti per la stessa causa e nella stessa nefasta notte, in luoghi talmente distanti come Siviglia, Cordova, Toledo o Saragozza.

Ventiseiesimo Giorno La Peste

Dottor Siegnagel, sarà d'accordo con me che gli Immortali quasi avevano eseguito

con successo la sentenza di sterminio contro la Casa di Tharsis. Almeno così lo credevano Bera e Birsa, che se ne vantavano di fronte ai Golden e i Rabbini. Si trovavano ancora nella grotta di Odiel. Il lago traboccante di bitume, ancora ribolliva rilasciando odori nauseabondi. In primo luogo, si evidenziava la fiera figura di Bera, l’Immortale che i Golen denominavano Bafoel e i Templari Bafomet, e in realizzavano come espressione del perfetto androgino. Senza lasciare il Dorché, disse in un latino eccellente: - Finalmente si è estinto il lignaggio maledetto di Tharsis. Questo rallegrerà il Supremo Sacerdote. - Avete contemplato un grande prodigio, avete visto in azione il Potere di YHVH Sebaoth -affermò Birsa nello stesso idioma. - L'asfalto, il bitume, la Morte e la Peste, sono la stessa cosa, siamo Noi - rispose Bera con sicurezza. - Riconoscete questa sostanza? - interrogò a sua volta Birsa, dirigendosi al Rabbino Nasi. - Si, affermò questi. È “Bitume della Giudea” lo stesso che contamina il lago Asfaltide, che noi chiamiamo Mar Morto. I Golen e i Rabbini sapevano che Bera e Birsa erano stati gli ultimi Re di Sodoma e Gomorra. E sapevano anche come avevano raggiunto una gerarchia tanto alta nella Fraternità Bianca: durante il loro regno, in un momento di meravigliosa illuminazione, Essi scoprirono il Segreto del Supremo Olocausto di Fuoco. In seguito cadde il Fuoco del Cielo che ridusse in cenere quelle popolazioni e Bera e Birsa partirono per Chung Shambalá, una delle Mansioni di Jehovà Satanàs e i suoi Ministri, i Seraphim Nephilim. Così, infatti, molto prima che Israele esistesse, quando il suo seme si trovava ancora dentro di Abramo e nessuno sacrificava al Dio Uno, Essi furono capaci di offrire i loro rispettivi popoli in Olocausto per la Gloria di Jehovà Satanàs. Il bitume della Giudea, evidente residuo dell’annichilazione dei loro popoli, giunse per causa Loro alla regione del Mar Morto. Tale sacrificio valse loro l'essere ricevuti da Melchisedec, il Supremo Sacerdote della Fraternità Bianca, che li consacrò al Grado Più Alto del suo Ordine. Quale Sacerdote del Patto Culturale non vorrebbe imitare Bera e Birsa? - Oh; pensavano i quattro presenti, che non dare ebbe un sacerdote per disporre un giorno di una popolazione intera da sacrificare, come avevano fatto senza dubitare Bera e Birsa? Questo sarebbe un Olocausto degno di Jehovà Satanàs s! - Qual è la Maledizione di Jehovà Satanàs s per colui che non compie la Legge? Chiese in questo momento Bera al Rabbino Beniamino. - “Lancerò contro di voi bestie selvagge. Dica spiegherò sette volte per i vostri peccati. Porterò la spada sopra di voi; vi fuggirete nelle vostre città, però Io invierò la sua iniziale peste in mezzo a voi. E vi ritirerò il sostentamento del pane”.- sintetizzò Beniamino, ripetendo Isaia. - Così è Scritto! - confermò con ferocia Birsa -. Questo sarebbe il castigo per la nostra debolezza ma può anche essere la nostra Forza! Dovete riflettere su questa cosa

come facemmo Bera e Io millenni fa, quando ancora la Legge non era Scritta nella forma in cui l'avete espressa. Allora fummo capaci di comprendere il Segreto della Supremo Olocausto e di portarlo a termine a Sodoma e Gomorra: per questo e per la Volontà del Dio Jehovà, adesso Noi siamo la Peste. Dovete riflettere sulla Maledizione con serenità, ve lo consigliamo. Perché solamente coloro che abbiano la calma per contemplare il Principio e la Fine del Tempo, potranno comprendere il Segreto del Supremo Olocausto di Fuoco, il finale dell'Umanità. Inoltre il premio di questa conoscenza significa l'immortalità dell'Anima, l'Alto Sacerdozio e i Poteri che ci avete visto applicare. Riflettete su questo, Sacerdoti: Noi sei siamo la Manifestazione di Jehovà e non dobbiamo infrangere la legge. Però possiamo indurre Gentili a farlo in modo che li raggiunga la Maledizione, in modo che la Peste si stabilisca in mezzo a loro: allora sarà possibile il Supremo Olocausto di Fuoco! - E in che consiste?! - Ruggì l'Abate di Claravalle senza potersi contenere. - La risposta è lì - disse Bera, segnalando con il Dorché il lago di bitume -. Però questo lo comprenderà solamente chi copre che la nostra è una guerra fra la Pietra e la Liscivia. La Pietra, situata alla Principio del Tempo, rappresenta il Nemico; mentre l'Umanità, situata al Finale del Tempo, è la Liscivia, il Supremo Olocausto, la Purificazione attraverso il Fuoco Bollente che e si c'è il Sacerdozio di Melchisedec. Nonostante l'insistenza degli Immortali, nessuno dei quattro compresse che gli avevano appena rivelato il Segreto del Supremo Olocausto. Il concetto della guerra fra la Pietra e la Liscivia era per loro estremamente misterioso. Solamente Nasi si azzardò a chiedere: Vi riferite alla Morte del Giudizio Finale, la Morte Ardente dei condannati? No! È scritto che la carne non morirà realmente, anche se il corpo si disintegri nella tomba, poiché tutti gli uomini resciteranno per essere giudicati d'accordo ai loro peccati. Questo sarà possibile perché l'uomo esiste in molti mondi alla volta, mondi che sono stati i monti che non sono stati: in alcuni di questi mondi è ancora vivo e in altri potrebbe essere già morto; ma da qui mondi sarà estratto il corpo che vivrà nuovamente, chissà per 1000 anni, chissà per molto di più; alcuni saranno condannati, sì, e moriranno definitivamente; però altri diverranno di nuovo sulla Terra. Non è, allora, a quella Morte alla quale ci riferiamo. In verità parliamo di qualcosa di molto posteriore e conclusivo: dell’estinzione della conoscenza umana. Il Finale del Umanità arriverà quando il Il Fuoco Bollente abbracci tutti i mondi dove esiste l'uomo e l’Anima dell'uomo e solo rimanga la Liscivia come testimone. In quel momento noi, la Manifestazione di Jehovà Satanàs, avremmo raggiunto la Perfezione dell’Anima, la Divina Finalità proiettata dal Principio. Ma non sarà così per i Gentili, che già non avranno ragione di esistere all'interno dei mondi, poiché l'oggetto della loro creazione non fu favorire la nostra perfezione: sarà la Volontà dell’Altissimo che le loro ceneri coprano la Terra in modo che l'Acqua Salata del Cielo li converta fiumi di Liscivia. Ascoltate bene, Sacerdoti dell’Altissimo: quanto prima si interferisca l'Umanità, più presto si avvicinerà la Perfezione per voi! Convertite l'uomo in Liscivia e consumerete il Supremo Olocausto che aspetta il Creatore alla Fine dei Tempi! - Spiegò Bera, mostrando notevole pazienza.

E continuò parlando, poiché i quattro Sacerdoti erano rimasti ammutoliti.- È la Fede nella Perfezione Finale che raggiungeranno i credenti in Jehovà Satanàs mediante il Sacerdozio della Suo Culto, quella che opererà i miracoli più grandi. Se siete capaci di vedere il Finale sarete andati avanti fino al Finale, la Perfezione sarà in voi e il momento della Supremo Olocausto sarà arrivato: la vostra Fede indistruttibile nella Perfezione Finale e la Comprensione del Finale, porterà al Presente il Fuoco Bollente del Finale, che incenerirà l'uomo imperfetto; e sulle sue ceneri pioverà in seguito l'Acqua e il Sale del creatore; allora il Segno Abominevole che sta nella Pietra di Fuoco sarà lavato con Liscivia. Così successe a Sodoma e Gomorra; e in altre dieci città della Valle del Siddim, quando io e Birsa raggiungemmo la Perfezione Finale e stabilimmo la differenzia con l'imperfezione dei suoi popoli, ottenendo che esibissero pubblicamente la loro degradazione: allora discese la Shekhinah di Dio e gli Angeli di Dio e cadde il Fuoco del Cielo che ridusse in cenere quei popoli insensati; e cadde in seguito l'acqua e il Sale di Dio; e nacque il Lago Asfaltide, il Mare di Bitume della Giudeo, il Mar Morto; in verità il Mare della Liscivia. Quello fu, Sacerdoti, il nostro Olocausto al Dio Jehovà. Però quel Mare di Liscivia non fu sufficiente per lavare il Segno della Pietra: questa missione è riservata al Popolo Eletto di Jehovà Satanàs, alla Sua Razza Sacra; quando Essi saranno sul trono di tutti i popoli Gentili della Terra, quando l’intera Umanità sarà soggetta al loro Governo Mondiale, allora sarà arrivato il momento dell’Olocausto Supremo. Per questo dovette lavorare senza riposo, con la Fede fissa nella Perfezione Finale e lo sforzo applicato nel raggiungere la Sinarchia Universale del Popolo Eletto! Solo il Supremo Olocausto di tutta l'Umanità eseguito per mano dei Sacerdoti del Popolo Eletto produrrà la Liscivia che laverà il Segno Abominevole nella Pietra di Fuoco! Tutti i nostri sostenitori, i Grandi Sacerdoti, conoscono questo Segreto e hanno consacrato i loro popoli con il Segnale della Cenere! Perfino i Sacerdoti Brahminici hanno unto gli ariani con il Segnale della Cenere, sforzandosi di coprire il Segno Abominevole e aspettando che la Grazia del Cielo gli conceda l'acqua che forme la liscivia e lavi la Pietra di Fuoco! Per questo la cenere è sempre stata segnale di dolore e afflizione, segno del pentimento e della penitenza: l'uomo unto con cenere è colui che chiede misericordia Divina, chi s’inginocchia davanti al Creatore e sollecita Perdono per i suoi peccati, specialmente il più grande peccato, quello di Essere IO di fronte all’Uno che è tutto, peccato che può essere lavato solamente con la liscivia! I membri del Popolo Eletto ungono le loro teste con cenere in segno di penitenza, ma i Sacerdoti dell’Agnello aggiungono acqua benedetta alla cenere per creare la Liscivia del perdono di Jehovà. Più niente salverà l'uomo dall’Olocausto di Fuoco e dalla Cenere e la Liscivia del Giudizio Finale! Jehovà avvertì millenni fa contro i falsi Sacerdoti che impiegano la cenere dell’incenso per concedere un falso perdono: solo la cenere umana costituisce la Liscivia che lava il Segno Abominevole e Jehovà ha promesso di convertire in cenere i falsi Sacerdoti che non rispettano il necessario Olocausto di Fuoco! Ripetete, Cohens di Israele, le parole di Jehovà! Il Rabbino Beniamino ripeté immediatamente.

-"Un Profeta, per comando di Jehovà, arrivò da Giuda a Betel, mentre Geroboamo stava per bruciare incenso sull'altare. Per comando di Jehovà, iniziò a gridare verso l'altare: «Altare, altare, così parla Jehovà: Ecco nascerà un figlio nella casa di Davide, chiamato Giosia, il quale immolerà su di te i falsi sacerdoti delle alture, che ti hanno usato pero offrire incenso. Su di te brucerà ossa umane e le ossa dei falsi sacerdoti. E ne diede una prova quello stesso giorno, dicendo: «Questa è la prova che Jehovà parla: ecco l'altare si spaccherà e si spanderà la cenere che vi è sopra”. [ I Re, 13,1 ].

-Così è scritto! Solo con la cenere umana si compone la liscivia che reclama la Giustizia di Jehovà! E questa è la cenere della vera penitenza quella che impiega Giobbe quando confessa le sue colpe di fronte a Jehovà! Beniamino, non ebbe bisogno di altro che di un gesto per chiarire la citazione:

- “Allora Giobbe rispose a Jehovà e disse: comprendo che puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile per te. Chi è colui che, senza aver scienza, può oscurare il tuo consiglio? Sono io quello che oscura i tuoi piani con ragioni carenti di significato, ho esposto dunque senza discernimento cose troppo superiori a me, che io non comprendo. Ascoltami ed io parlerò, io t'interrogherò e tu istruiscimi. Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono. Perciò mi riconosco colpevole e mi pento con la polvere e la cenere”. [Giobbe, 42]. - La Giovenca Rossa è il Simbolo dell'Umanità consacrata a Jehovà per il Sacrificio Rituale della cenere e la liscivia, per l'elaborazione dell'acqua lustrale! - Jehovà parlò con Mosè e il Supremo Sacerdote Aronne e gli impose il dovere di sacrificare la Giovenca Rossa dell’Umanità per purificare il Popolo Eletto, dovere che sarebbe stato legge perpetua d’Israele! Ricordatelo Cohens! - Jehovà disse a Mosè e ad Aronne "Colui che avrà bruciato la Giovenca Rossa si laverà le vesti nell'acqua, farà un bagno al suo corpo nell'acqua e sarà impuro fino alla sera. Un israelita puro raccoglierà le ceneri della Giovenca Rossa e le depositerà fuori del campo in luogo puro, dove saranno conservate per la comunità d’Israel per la preparazione dell'acqua di lustrale purificazione: è un rito espiatorio. Colui che avrà raccolto le ceneri della Giovenca Rossa si laverà le vesti e sarà impuro fino alla sera. Questa sarà una legge perenne per gli Israeliti e per lo straniero che soggiornerà presso di loro”. [Numeri, 19,9]. – Ricordò senza errori Beniamino. - Jehovà parlò con Mosè e Aronne e gli disse: “Per l’israelita impuro si prenderà la cenere della vittima bruciata per l'espiazione e vi si verserà sopra l'acqua viva, in un vaso; poi un Israelita puro prenderà un issopo, lo intingerà nell'acqua lustrale e spruzzerà il Santuario di Jehovà, tutti i mobili e tutte le persone presenti”. [Numeri, 19,17].

Declamò Beniamino senza dubitare. -E come si purifica Tamar, dopo che era stata violentata da suo fratello Ammon? -“Tamar si pose quindi cenere sulla testa” [II Samuele 13,19]. Replicò velocemente Beniamino.

-Solamente la liscivia laverà il Segno Abominevole! Per questo peccato non c'è perdono né redenzione possibile al di fuori della liscivia: non bastano il pentimento e la penitenza o la mortificazione del vestito di sacco! Solo dopo aver spruzzato acqua lustrale sulla cenere, il penitente indosserà il vestito di sacco! Come Ha fatto il Popolo Eletto quando fu attaccato dall'assiro Oloferne, la cui testa fu tagliata dalla divina Giuditta! Beniamino riferì la citazione: -“Tutti gli israeliti invocarono con fervore Jehovà e si umiliarono devotamente di fronte a lui. Tutti gli uomini di Israele e le donne e i bambini, coloro che abitavano a Gerusalemme, si prostrarono di fronte al santuario, coprirono di cenere le loro teste e si presentarono vestiti di sacco di fronte a Jehovà. Anche l'Altare fu coperto di cenere e alzarono le mani tutti insieme con fervore a Jehovà”. [Giuditta, 4,9]. Adesso comprenderete il significato di quest’antica legge! I Savi di Sion, disse Geremia, hanno coperto la sua testa con cenere come segno di penitenza! E in seguito, il Profeta, con parole di Jehovà, parla a sua Moglie, Israel Shekhinah, e la avverte che non sarà facile togliersi la macchia dell’Infedeltà! Immediatamente, Beniamino recitò la metafora di Geremia: -"La parola di Jehovà mi è stata diretta in questi termini. Va e grida nelle orecchie di Gerusalemme quanto segue: poiché già da qualche tempo hai infranto il tuo giogo, hai spezzato i tuoi legami e hai detto: Non ti servirò! Infatti sopra ogni colle elevato e sotto ogni albero verde ti sei prostituita. Io ti avevo piantato come vigna scelta, tutta di vitigni genuini;ora, come mai ti sei mutata in tralci degeneri di vigna bastarda? Anche se ti lavassi con la soda e usassi molta liscivia, davanti a me resterebbe la macchia della tua iniquità. Oracolo di Jehovà Sabahoth” [Geremia, 2,20]. -L'Agnello comandò anche al popolo eletto di pentirsi nelle ceneri e vestendosi di sacco, ma i Gentili hanno preso la prevenzione alla lettera e hanno assunto che è veramente facile rimuovere il Segno Abominevole; ma, per la sua impurità, non ci sarà altra purificazione che trasformare quei popoli in liscivia, come abbiamo fatto per lavare la macchia di Sodoma e Gomorra! Anche quello ha predetto l'Agnello! Ripeti, Sacerdote dell'Agnello!: -“Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsàida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti gli stessi miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da qualche tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere”. “Ebbene io ve lo dico: La terra di Sodoma, nel giorno del Giudizio Finale, avrà una sorte meno dura della vostra”! [Matteo, 11,21]. Sacrificato l'Agnello, i suoi stessi discepoli si pentano con l'acqua lustrale! -Sì,affermò l'Abate di Claravalle. Durante la Quaresima, prima della Resurrezione, i penitenti ricevono la cenere, l'acqua benedetta e si pentono dei loro peccati, si confessano e aspettano la salvazione durante il Giudizio Finale, però essi non capiscono che il Segno Abominevole non può essere lavato in questo modo, nonostante il Sacerdote aperte virgolette dica loro: “Ricordati che polvere sei e in polvere ti convertirai“

A questo punto tacque Bera ma Birsa aggiunse: - il momento del trionfo del Creato sull’Increato, dell’Essere sul Niente, della Luce sulle Tenebre dell’Anima, è ormai prossimo! Molto presto la Sinarchia sarà una realtà e l'Umanità rimarrà in ginocchio di fronte al Potere del Popolo Eletto! Sarà arrivato allora il tempo di ammorbidire l'uomo per obbligarlo a esibire la sua imperfezione e la sua bestialità, quella cattiveria primordiale che nasconde nel fondo della sua Anima. Sarà il tempo di rimpiazzare il Serpente del Paradiso con il Drago di Sodoma. Ricordate Sacerdoti che la Tentazione del Serpente fa sprofondare l'uomo nel peccato, ma lascia intatta la sua funzione virile; e che l'uomo di lire può sempre elevarsi dalla miseria morale mediante la guerra e l'eroismo e cadere in potere dei Nemici della Creazione! L'uomo virile, il Guerriero, l’Eroe, ritarderà la concretizzazione dell'Olocausto Finale: non basterà per impedirlo, la massificazione e il pareggiamento a cui sarà sottomessa l’Umanità da parte del Popolo Eletto; i vizi e le perversioni che in essa prospereranno a causa della Tentazione del Serpente, se l'uomo conserva la sua virilità e riesce a convertirsi in Guerriero e in Eroe, se ha la volontà per ribellarsi ai piani della Fraternità Bianca, che è la Gerarchia di Jehovà Elohim. La Tentazione del Serpente del Paradiso non può nulla contro questa Lucifer e ricca determinazione di Essere ed Esistere più in là degli Esseri Creati dal Dio Uno: solamente il Drago di Sodoma ha il Potere di togliere all'uomo la sua virilità; e solamente Noi, la Teste, sappiamo convocarlo! Rispondete, Cohens: qual è l'Emblema di Israele!?! Di fronte all'inaspettata domanda, Beniamino si affrettò a rispondere: - È scritto, dai Profeti, che l'Emblema di Israele è la Colomba."I figli d'Israele seguiranno Jehovà : ruggirà come un leone, ed essi verranno come una colomba", disse Osea [Os. 7 e 11] perché Jehovà aveva comandato, attraverso la bocca di Geremia: "Israele, sii come la Colomba che nidifica sul bordo dell'abisso. [Geremia. 48]. Birsa continuò, soddisfatto dalla risposta di Beniamino: Non dimenticate mai, Sacerdoti, che l’Emblema di Israele è la Colomba, perché questo simbolo segnalerà la Fine dei Tempi! Ho detto prima che il momento del trionfo è vicino, che la Sinarchia del Popolo Eletto molto presto sarà instaurata: allora l’Emblema di Israele sarà imposto agli uomini e giungerà l'opportunità per il Nostro intervento. Così sarà fatto, così l’ha deciso la Fraternità Bianca e l’ha approvato Melquisedec, il Supremo Sacerdote: in tutto il mondo, migliaia e migliaia di Sacerdoti e sostenitori della Causa di Israele, ed esporranno bandiere con il suo Emblema; solamente gli uomini virili resisteranno e cercheranno scappare alla massificazione sociale per mezzo della ribellione e la guerra: cercheranno di fondare un Nuovo Ordine Morale basato sull’Aristocrazia del Sangue, però saranno affogati nel loro stesso sangue; e Noi risponderemo al clamore di quelli che portano come segnale l’Emblema di Israele; lasceremo andare in mezzo agli uomini il Drago di Sodoma; e l'uomo perderà la sua virilità e si ammorbidirà, diventerà come una donna; anche quando possa procreare, la sua volontà di combattere sarà debilitata da un’effeminatezza crescente che si estenderà

a tutta l'Umanità; perplessi, molti confonderanno la morale sodomita con un prodotto di alta civilizzazione, ma in verità succederà che il Cuore dominerà sulla Mente e indebolirà la Volontà; alla Fine, tutti finiranno accettando il modo di vita sinarchico; e l'uomo sostituirà l’Aquila con la Colomba, la Guerra con la Pace, il Rischio eroico con la Comodità passiva. Ma questa Pace della Colomba, di cui godranno con la Sinarchia del Popolo Eletto, sarà il cammino più corto verso l’Olocausto Finale nel quale saranno sacrificati a Jehovà Satanàs, verso l'Oceano di Liscivia nel quale saranno convertiti terra lavare il Segno Abominevole nella Pietra di Fuoco! Questa è la "Peste" che la Maledizione dell’Altissimo garantisce a quelli rimangono al di fuori della Legge! Immediatamente, come se le loro menti fossero stranamente sincronizzate, riprese la parola Bera: Sì, Sacerdoti! Che sopravvenga la Sinarchia del Popolo Eletto, che l'Umanità esponga la bandiera con l’Emblema della Colomba e Noi riporteremo la Peste della Morte Finale, il Fuoco Bollente, l'Acqua e il Sale del Cielo! Ma saremo preceduti dal Drago di Sodoma, che annuncerà il nostro arrivo! Voi avete visto gli estremi del processo in questa Grotta: il sangue, degradato con l'acqua; e l'acqua, trasformata in sangue; e dopo il lago di sangue, la Peste della Morte Finale, il bitume della Giudea, la Liscivia Nera. Ditemi, Sacerdoti di Israele! Qual è stata la prima piaga che Jehovà ha mandato in Egitto per imporre la Causa di Israele? - L'acqua si è trasformata in sangue! Affermò Beniamino. - E quale fu l'ultima piaga, con la quale fu assicurato il trionfo del Popolo Eletto? -La Peste in mezzo ai Gentili! La Peste offrì la vita dei gentili a Jehovà come Olocausto per la prossima Gloria di Israele! Solamente quelli che erano macchiati con il Sangue dell'Agnello non furono toccati dalla Peste! -E ora, voi Sacerdoti dell'Agnello! Quale sarà la piaga che porterà il Terzo Cavaliere alla Fine dei Tempi? - L'acqua diventerà Sangue! Rispose l'abate di Claravalle. "E quale sarà, la piaga del Quarto Cavaliere?" -La Peste in mezzo ai Gentili! Il Fuoco Bollente li brucerà e la Peste offrirà le loro vite come un olocausto a Jehovà per la prossima Gloria del Nuovo Israele e l’avvento della Nuova Gerusalemme! Solo coloro che espongono il sangue dell'Agnello e l’Emblema della Colomba non saranno toccati dalla Peste! -E cosa succederà dopo la peste, quale sarà l'ultima piaga? -La distruzione completa e totale dell'Umanità in un mare di Zolfo e Fuoco! Solo il Nuovo Israele e la Gerusalemme Celeste sopravvivranno al Supremo Olocausto Finale! – sostenne categoricamente l'Abate di Claravalle, chiaramente ispirato dal discorso degli Immortali. Bera chiarì il significato che dovrebbe essere attribuito a quelle risposte tratte dall'Apocalisse di San Juan. Riflettete, Sacerdoti, su quelle Profezie e ciò che ci avete visto fare in questa Grotta: da lì emergerà il Segreto dell'Olocausto Supremo. L'Acqua, il Sangue, il Fuoco

Bollente, la Morte, la Liscivia, la Peste, Noi: ecco il Mistero. Di come la maledizione del Dio Jehovà, che è la nostra debolezza, può essere la nostra Forza. Ecco come è stato e sarà. Se ci avete compreso, renderete Vostre le parole con le quali Geremia condanna coloro che si allontanano dalla Legge: rappresentano la nostra Forza sui Gentili! - "Jehovà disse; coloro che sono al di fuori della Legge saranno toccati: la schiavitù ,la fame, la spada, la Peste "[Ger. 15]. - Il volto del rabbino Beniamino brillava mentre ripeteva le quattro forme della Maledizione di Jehovà, poiché ora trovava le parole del Profeta piene di un nuovo significato. "E allora saprete," continuò Bera imperturbabile, "qual è in verità la nostra debolezza, un Mistero che i Gentili non devono capire mai. E Beniamino aggiunse le seguenti parole di Geremia: - " Jehovà avvertì il popolo di Israele di quattro tipi di mali, di fronte ai quali sarebbero stati deboli: Fai attenzione alla Spada, perché Essa può ucciderti; Prenditi cura dei Cani, perché Essi possono farti a pezzi; Prenditi cura degli Uccelli del cielo, perché Essi possono divorarti; Attenti alle Bestie, perché vi annienteranno "[Ger. 15]. - È così che è scritto! -Approvò Bera. -E contro quella debolezza abbiamo quattro rimedi, che i Gentili non dovrebbero mai sapere ", completò Birsa: Contro la Spada, la Pace dell'Oro Contro i Cani, l’illusione della Rabbia Contro gli Uccelli, l'illusione della Terra Contro le Bestie, l'illusione del Cielo. Era tutto più che misterioso, e i Sacerdoti rimasero momentaneamente sommessi in profonde riflessioni. Il Gran Maestro del Tempio, tuttavia, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, pensava a qualcos'altro: -Oh, Tzadikim! Disse. Le vostre spiegazioni costituiscono la Luce più Brillante per la nostra comprensione e siamo molto grati per il privilegio di ascoltarle. Non voglio abusare del favore che ci avete fatto, chiedendo chiarimenti che forse non dovreste dare; ma non posso fare a meno di dire che il nostro cuore sarebbe pieno di gioia se voi poteste dirci qualcosa di più sulla Pietra del Fuoco. -Dici bene, Sacerdote; la Pietra del Fuoco racchiude un Mistero molto grande. Ve ne parleremo, ma saremo brevi, perché è ora di tornare in Oriente. Era evidente che Birsa si esprimeva in chiave allegorica, dal momento che gli Immortali non se ne sarebbero andati prima del giorno successivo.- Ma prima di partire vi parleremo anche della tua prossima missione, ora che il Seme Maledetto di Tharsis è morto, e sarà utile farlo nell’ambito di quel Mistero. Avete portato il libro che abbiamo richiesto? "Come avete richiesto, il libro è stato trasportato - disse l'Abate di Claravalle. Si trova nella biblioteca del Castello sotto la custodia permanente dei tre Cavalieri che

uccideranno chiunque tenti di avvicinarsi. Abbiamo anche portato da Claravalle un maestro scultore veggente, che si trova nella sua cella in attesa di una nostra chiamata. - Andiamo, allora, alla biblioteca! -Ordinò Bera,- nascondendo il temibile Dorché sotto la sua tunica. Salirono dalla botola che conduce alla Chiesa di Nostra Signora della Sofferenza e pochi istanti dopo si trovarono, tutti e sei, in una stanza i cui mobili consistevano in scaffali e tavoli coperti di libri e rotoli; diversi leggii esposti, aperti, alcuni libri enormi, illustrati in maniera squisita dai monaci benedettini e costruiti con piani incrostati in oro e argento. Da un baule rinforzato con ferro battuto e un voluminoso lucchetto, l’Abate di Claravalle estrasse il Sepher Icheh e lo depositò su un tavolo grande, con doppio piano inclinato ma ben illuminato da un candeliere centrale. A un segnale di Birsa, i quattro sacerdoti si sedettero di fronte al libro, mentre gli Immortali rimanevano in piedi, uno a ciascun’estremità del gruppo. - Apritelo a pagina 12, Lamed! - chiese Birsa. Il libro conteneva solo immagini, cioè mancava qualsiasi tipo di testo, ad eccezione delle parole distribuite nei disegni. Sulla pagina richiesta è stata esposta la rappresentanza delle dieci Sephiroth del Creatore in forma di Arbor Philosophica. Tutti stavano guardando Bera, che immediatamente prese la parola.

Ventisettesimo Giorno La Shekhinah

Come è risaputo, dottor Siegnagel, il "libro sacro" per eccellenza, per gli ebrei è la Torà, che essenzialmente è composta dai cinque libri del Pentateuco come furono presentati dallo Scriba Esdras nel V secolo A.C. Ma questa è la Torà scritta, Torà Shebikhtab, che deve essere considerata una Dottrina profana ed essoterica, poiché la sua vera "Saggezza Divina", Hokhmah, è codificata nella Scrittura e non può essere interpretata senza conoscere le chiavi crittografiche della Kabbalah. C'è anche, poi, una Torà orale, Torà Shebalpeh, che tratta di queste chiavi e costituisce la dottrina esoterica nota ai membri della "catena kabbalistica", shalsheleth haqabbalah. Il tema principale della Torà è la rivelazione del Sinai, cioè la Hokhmah che Jehovah, YHVH, rivela a Mosè sul Monte Sinai e che è sintetizzata nel Decalogo delle Tavole della Legge. Ora, Mosè ricevette le Tavole, Mocheh Qibbel Thorah Mi Sinai, sul monte Sinai, e da questo fatto deve necessariamente iniziare la catena cabalistica visto che Cabbala deriva dal verbo qabbel che significa ricevere. Tuttavia, se lo shaquahlah haquabbalah inizia con Mosè, bisogna ricordare che ricevette due Tavole della Legge: solo la prima conteneva la rivelazione della "Saggezza Divina", Hokhmah, oggetto della dottrina esoterica della

Kabbalah; le seconde erano una sintesi essoterica di quelle rivelazioni e furono criptate, come tutta la Torà scritta. Secondo la Kabbalah, le prime Tavole provenivano dall'Albero della Vita, cioè dall'Intelligenza dell'Uno, Binah, mentre le seconde vennero prese da un lato dell'Albero del Bene e del Male. L'albero della Scienza del Bene e del Male, di cui aveva mangiato i frutti, fu la causa dell'espulsione di Adamo dal Paradiso: - "Allora il Signore Jehová disse: ecco qui che l'Uomo è diventato come uno di noi, avendo conosciuto il Bene e il Male. E non sia che adesso allunghi la sua mano e prenda anche dall'Albero della Vita, ne mangi e diventi Immortale. E il Signore Jehová lo gettò fuori dal giardino dell'Eden per coltivare la terra con cui era stato creato. Quindi scacciò l'Uomo e appostò all'Est del Giardino dell'Eden, cherubini armati con Spade di Fuoco, per mantenere sicuro il Sentiero all'Albero della Vita "(Genesi, 3). Pertanto, le seconde tavole sono destinate a coloro che desiderano redimersi dal peccato di Adamo ma che rimangono ancora soggetti ad esso; le prime, invece, rivelano la Hokmah a coloro che hanno superato la condizione umana, lo "stato adamico" e meritano di vincere l'immortalità che viene da Binah, l'Intelligenza dell'Albero della Vita: questi possono essere solo, naturalmente, i Più Alti Sacerdoti del Popolo Eletto. Per questo Mosè ha nascosto la Hokhmah al popolo e la ha comunicata solo a Giosuè; Giosuè la trasmise agli Anziani d'Israele e questi ai Profeti. Salomone nascose le prime Tavole nel Tempio e sigillò magicamente il nascondiglio, in modo tale che potessero essere trovate solo nel XII secolo D.C. dai Templari, che la trasportarono a Claravalle. Altri profeti, tuttavia, comunicarono verbalmente la Hokhmah ai Sacerdoti della Grande Sinagoga, che continuarono la catena Kabbalistica. Dopo la prigionia di Babilonia non ci furono più Profeti in Israele ed Esdra, lo Scriba, presentò al popolo ebraico la Dottrina essoterica della Torà scritta, basata sulle seconde Tavole della Legge. Tale dottrina fu sostenuta dai Sacerdoti della Grande Sinagoga, che furono poi chiamati Scriba, Sofrim, fino ad arrivare ai Tanaiti, Tannaim, dal I al III secolo D.C. I grandi cabalisti di quel periodo, tra cui spicca Simeon Ben Yohaí, chiamato "La Lampada Sacra", riuscirono a trascendere la Torà scritta e ad ottenere di nuovo la Hokhmah. Più tardi, la Torà orale fu trasmessa dagli Amoraítas, Amoraim e Rabbis, Rabbí, fino al Medioevo. Oltre alla Torà scritta, tre libri possono essere considerati i più importanti per i cabalisti ebrei: il Sepher Ha Zohar, il Sepher Yetsirah e il Sepher Icheh. Il Sepher Ha Zohar, o Libro dello Splendore, fu scritto da Simeon Ben Yohaí nel II secolo D.C., ma l'unica versione esistente dal XIII secolo è la traduzione in aramaico fatta dal cabalista spagnolo Moisés de León. Il Sepher Yetsirah, o Libro della Formazione, è più antico e la tradizionale catena Kabbalistica riconduce la sua origine ad Abramo. Ma, di gran lunga, il libro più segreto e misterioso, nonché il più ambito dai cabalisti, è il Sepher Icheh, o Libro dell'Olocausto di Fuoco, che dovrebbe essere contemporaneo con Adamo e provenire, come il primo uomo, dal Giardino dell'Eden. In verità, il libro originale sarebbe stato scritto in Paradiso dall'AngeloRaziel per l'istruzione di Adamo, e il suo contenuto sarebbe la stessa Hokhmah; non si deve confondere quel libro mistico, con il "Libro di Raziel", scritto

nel dodicesimo secolo dal cabalista Eleazar Ben Judah, di Worms, e basato su notizie di seconda mano sulle Tavole di Zaffiro. Secondo la tradizione rabbinica, il vero Libro di Raziel, inciso in Tavole di Zaffiro, sarebbe stato rubato dal Paradiso da Rahab, il Re del Mare, e gettato nell'Oceano; quindi, sarebbe stato trovato dagli egiziani e sarebbe rimasto per millenni in potere dei faraoni. Mosè l'avrebbe portato con sé nell'esodo e l'avrebbe lasciato in eredità a Giosuè, dal quale, seguendo la catena cabalistica, avrebbe raggiunto il re Salomone. Quest'ultimo avrebbe ottenuto la msua famosa Sapienza, Hokhmah, dall'interpretazione delle Tavole di Zafiro del Libro di Raziel, ma, realizzato il suo enorme potere, lo avrebbe nascosto nel tempio in modo che solo i Templari Golen lo avrebbero trovato, tra le sue rovine, venti secoli dopo. È chiaro, dott. Siegnagel, alla luce di quanto già affermato in questa lettera, che le Tavole di Zaffiro e le Tavole della Legge sono la stessa cosa; Vale a dire, che le prime Tavole, con la Hokhmah proveniente dall'Albero della Vita, non sono altro che il Libro di Raziel ceduto a Mosè in Egitto dai Sacerdoti del Patto Culturale. La spiegazione è questa: se spogliamo il mito ebraico dal suo costume culturale, si scopre che Rahab non è altro che Poseidone, "Re del Mare" e leggendario Sovrano di Atlantide. Arriviamo così ad Atlantide, il "Giardino dell'Eden", patria del "primo uomo": da quel "Paradiso Perduto" arrivavano gli Atlanti scuri, fondatori della gerarchia sacerdotale egiziana. Dopo il cataclisma, Essi avrebbero trasportato in Egitto uno dei "Libri di Cristallo" che esisteva nella Biblioteca di Atlantide, che conteneva la documentazione della Costruzione dell'Universo da parte del Dio Uno, YHVH Elohim. Quel Libro di Cristallo sarebbe stato il Libro di Raziel, nel quale sono state registrate le trentadue operazioni eseguite dal Creatore per costruire l'Universo: dieci Sephiroth e ventidue Lettere. In altre parole, le Tavole insegnano, mediante segni, ventidue suoni e misure dell'alfabeto sacro "impiegato dal Creatore l'Uno, YHVH Elohim", dal quale deriva l'alfabeto ebraico, e la Forma Cosmica presa da LUI per creare e sostenere l'universo, vale a dire, le dieci Sephiroth: è ciò che si conosce come "il Segreto del Serpente". Nell'Epoca di Mosè, i Sacerdoti egiziani ignoravano il modo di interpretare le Tavole, ma ricordavano che gli Atlanti scuri li avevano lasciati lì per essere consegnati al "Popolo Eletto dall'Uno" come fondamento di un'Alleanza Divina. Mosè riceve segretamente, quindi, le Tavole di Pietra e parte con il suo popolo verso il Monte Sion, dove Jehová celebra con la sua Stirpe l'Alleanza del Fuoco, Berith Esch, e rivela la Hokhmah delle Tavole della Legge: la retribuzione richiesta da Jehová al Popolo Eletto sarebbe costituito, come risulta dalle dichiarazioni di Bera e Birsa, nel supremo Olocausto del Fuoco, Icheh, da cui prende il nome il libro che gli Immortali richiesero ai quattro Sacerdoti nel Castello di Aracena. In breve, i Templari trovarono le prime Tavole della Legge, il Libro di Raziel, che permise alla Chiesa Golen di ottenere la Hokhmah per il Collegio dei Costruttori di Templi e di lanciare la rivoluzione Architettonica dell'arte gotico o gaulico. Ma, anche se la decifrazione matematica cabalistica, geomatica, del Libro di Raziel permetteva di conoscere i segreti della Costruzione del Cosmo, alcune immagini presenti, rimasero

incomprensibili per i Golen cistercensi: furono quelle figure, rappresentate simbolicamente dai Rabbini e Sacerdoti Golen, quelle che costituirono il Libro Sepher Icheh. Le figure, riferite in gran parte al Supremo Olocausto del Fuoco e intitolate in ebraico e latino, stavano appena cominciando a essere comprese dai Golen dopo le spiegazioni di Bera e Birsa. Oggi, Dr. Siegnagel, si ritiene che ci sia solo una copia del Sepher Icheh, che è custodito in una sinagoga segreta di Israele, a cui hanno accesso solo i Saggi di Sion: non permettono che ne siano fatte copie e autorizzano solo i Rabbini e gli iniziati della Kabbalah più elevati a stabilire un contatto visivo, essendo condannata con la morte rituale qualsiasi rappresentazione o successiva riproduzione di quello che si è osservato. Tuttavia, al di fuori quella copia in Israele, esiste un'altra copia del Sepher Icheh: è quella che sequestrò nella Grande Sinagoga di Granada l'Inquisitore Riccardo "Il Crudele", Riccardo di Tarseval, vale a dire, il padre di Lito di Tharsis, e che ha portato in America nel 1534. Si tratta di una replica abbastanza precisa del libro Templario, datata a Granada nel 1333, vale a dire, dopo lo scioglimento dell'Ordine, e probabilmente copiato dal libro originale che i Golen e i Rabbini portarono con loro quando fuggirono dalla Francia. Questa edizione di Granada, che per secoli è stata in un baule della nostra casa a Tucumán, è il fac-simile della pagina 12 che accludo per una migliore comprensione delle descrizioni di Bera e Birsa. -Molto bene, Sacerdoti! -Esclamò Bera, esaminando attentamente la figura che era stata esposta a pagina 12 del Sepher Icheh. -Il nostro Ordine ha fatto una Grande Opera rappresentando nelle immagini la Sapienza del Libro di Raziel. Ma il pericolo che tale Hokhmah cada nel potere dei Gentili è enorme: dovete quindi evitare copie superflue di questo libro e sottoporlo al controllo più rigoroso. Che sarebbero dei nostri piani, che sono i Piani di YHVH, se i Gentili ricordassero il Segreto del Melograno, dell'Albero Rimmon, praticamente svelato da questo disegno? Cosa risponderemmo se sapessero di nuovo che un Melograno era l'Albero della Vita, l'Albero del Paradiso a cui non fu permesso di raggiungere ad Adamo per impedirgli di conoscere il Segreto della Vita e della Morte? I Gentili sanno già che l'Albero della Scienza del Bene e del Male era un Albero di Mele e lo hanno riferito alla Rosa, capendo che si tratta di una famiglia di piante tra le quali c'è anche l'Albero di Mandorlo; Loro sanno, bene, che in tutte queste piante ci sono diverse parti di un Messaggio unico, di un'idea plasmata dal Creatore l'Uno. Tuttavia, non saranno mai in grado di collegare il Granado con nessun altro Albero per formare una famiglia poiché Rimmon è Archetipo della Creazione: in esso scopriranno elementi simili a quelli di tutte le altre specie, ma esso stesso non può essere derivato da nessun altro; come YHVH, che contiene tutti con la sua Forma, ma non è contenuto da nessuno. La missione che ti affidiamo ha a che fare con il Melograno della Vida, ma in particolare si riferisce a uno dei suoi Frutti, al Sephirha Binah, nel quale vi dovrete ispirare per combattere l'atroce eresia della Casa di Tharsis .

-Sì, sacerdoti! Sebbene la Stirpe di Tharsis sia morta, sussiste ancora l'effetto dei suoi atti luciferici, dei quali non è minore il Culto della Vergine della Grotta. Contro questa impostura inizierete a combattere immediatamente, sviluppando l'attacco secondo le istruzioni che vi daremo ora! In questo momento la Storia, che il Santissimo ha progettato per il Popolo Eletto, ci sorride: presto la Sinarchia Universale sarà fondata in Europa; allora sorgerà il Governo Mondiale del Popolo Eletto, durante il quale si manifesterà sull'umanità Gentile l'irresistibile potenza del Messia , a cui sarà offerto l'Olocausto di Fuoco. Ma molto prima che questo meraviglioso atto si realizzi, direi che in questi giorni, se possibile, l'Ordine di Melchisedek solleverà nella Sefard di Spagna un uomo della Casa d'Israele dotato della Parola di Metatron; egli

possederà la necessaria Hokma per chiudere le Porte che hanno aperto i Demoni Iperborei e per aprire le Porte dei Palazzi Celesti, Hekhaloth, dell'Eden; il nome cabalistico di questo Sommo Sacerdote è "Quiblòn". Quiblòn sarà dotato di un grande Potere: sorgerà dal nulla e trascinerà tutta la Spagna dopo l'Oro che offrirà loro in abbondanza. Cieca, come Perseo, la Spagna alzerà la sua Spada e taglierà Tre Teste di Medusa in una tana, oltre il Mare Tenebroso, in un nuovo Tartaro, di cui lui insegnerà il percorso. - Prestate attenzione, Sacerdoti, perché vi stiamo profetizzando! È la parola di YHVH che scaturisce dalle nostre labbra! Ve lo ripetiamo: Quiblòn sarà un inviato dal Cielo, un ambasciatore di YHVH. E dovete sapere che questa regione di Huelva è stata designata da Melquisedec come sede dell'Ambasciata di Quiblòn, come porto e scogliera dei suoi viaggi magici. Sì; la terra dove si commise il più grande sacrificio dopo l'Atlantide, la terra in cui gli Atlanti Bianchi iniziarono il loro piano luciferico destinato a predisporre lo Spirito Increato a condurre una Battaglia Finale contro la Bontà del Creatore l'Uno; questa terra, Sacerdoti, sarà redenta dal suo peccato, benedetta e santificata, dal Triplice Olocausto di Quiblòn. Ecco perché vi comunicammo, a suo tempo, che dovevate occupare il Picco di Saturno: lo avete fatto? -Infatti, o divino Aralim! -Confermò il Gran Maestro del Tempio, che ancora aspettava la spiegazione sul mistero della Pietra di Fuoco -. Non appena abbiamo ricevuto il Vostro messaggio, abbiamo chiesto l'autorizzazione papale e abbiamo preso possesso del Convento della Rábida, con il fine di stabilirci sul sito del Picco di Saturno. - Beh, dovresti sapere, anche, che Rus Baal, o Picco di Saturno, è un luogo consacrato a Binah, l'Aspetto con cui YHVH è si manifesta come Grande Madre: quando il Quiblòn arrivi in quel luogo sacro, YHVH rifletterà in Lui la Shekhinah e lo doterà della Parola di Metatron. Quante volte la Shekhinah è scesa sulla Terra? - Dieci volte davanti a Israele! Il rabbino Nasi rispose rapidamente: Prima volta: nel Giardino dell'Eden: "E hanno sentito la voce delle orme di YHVH Elohim, che stava camminando nel Giardino della brezza del giorno, e l'uomo e la sua donna si nascosero dalla presenza di YHVH Elohim tra gli alberi del Giardino "[Genesi, 3,8]. Seconda: per osservare la Torre di Babele: "Scese YHVH per vedere la città e la torre che stavano costruendo i figli degli uomini" [Genesi 11,5]. Terza: a Sodoma: "YHVH disse: - devo andare giù e vedere se proprio hanno fatto tutto secondo il clamore che mi ha raggiunto; e se no, lo saprò "[Genesi, 18.21]. Quarta: il Roveto Ardente: "YHVH apparve in una Fiamma di Fuoco in un cespuglio; e Mosè vide che il cespuglio ardeva nel fuoco, ma non si consumava "[Esodo, 3,2]. Quinta: in Egitto: "Sono sceso in Egitto, per liberare il mio popolo dalle mani degli Egiziani e portarlo in una terra bella e spaziosa, un paese dove scorre latte e miele, dove vivono i Cananei, gli Hittiti, gli Amorrei, i Perizziti, gli Evei, i Gebusei "[Esodo 3.8].

Sesta: sul Monte Sinai: "YHVH scese sul monte Sinai, sulla cima della montagna. E YHVH chiamò Mosè sulla cima del monte "[Esodo, 19,20]. Settima: circa gli Anziani: "YHVH discese nella nuvola e gli parlò; e prese dello Spirito che era in Lui e lo mise sui settanta Anziani. Non appena lo Spirito si posò su di loro iniziarono a profetizzare; ma poi non poterono più farlo "[Numeri, 11.25]. Ottava: sul Mar Rosso: "Il Signore inclinò i Cieli e discese, c'erano nuvole fitte sotto i suoi piedi "[II Samuele, 22.10]. Nona: nel Santuario del Tempio: "YHVH mi ha detto: Questa porta rimarrà chiusa. Non sarà aperta, così che nessuno vi entri, perché YHVH, Dio d'Israele, è entrato attraverso di lei; per questo rimarrà chiuso "[Ezechiele,44.2]. Decima: Egli arriverà nell'era di Gog e Magog: "Uscirà allora YHVH e combatterà contro quelle Nazioni, come in passato ha combattuto nei giorni della Battaglia (di Atlantide). I suoi piedi si poseranno sul Monte degli Ulivi, che si affaccia su Gerusalemme, a est; e il Monte degli Ulivi si dividerà a metà verso est e verso ovest, formando un'immensa valle: metà della montagna si sposterà verso nord e l'altra metà verso sud. E YHVH sarà Re su tutta la Terra. In quel giorno YHVH sarà unico e unico sarà il suo nome. L'intero paese diventerá una pianura, da Geba a Rimmon, cioè Granada, nel Negeb. Ma prevarrà Gerusalemme "[Zaccaria, 14,3]. -E una volta tra il Popolo Eletto! Aggiunse l'abate di Claravalle. Undicesima: riguardo al Messia: "Appena battezzato Gesù, se ne andò subito lontano dall'acqua; ed ecco, si aprirono i Cieli ed egli vide lo Spirito di YHVH scendere come una Colomba e venire su di lui, mentre dal cielo si udiva una voce che diceva: "Questo è mio Figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto '" [Matteo, 3.16]. "Prendete nota, quindi, delle altre due volte in cui la Shekhinah scenderà sulla Terra!" Consigliò Bera. L'undicesima, di cui parlava l'abate, è segnata dalla lettera Aleph (1), che governa l'essenza dell'Aria: fu una discesa pneumatica, simboleggiata dall'uccello dello Stendardo di Israele. Ciò significa che il cristianesimo è un Olocausto d'Aria per YHVH Shaddai. La dodicesima, oggi ha annunciato, avrà luogo sul Picco di Saturno, in Rus Baal, di fronte a Quiblòn, quando Quiblòn cercherà là l'intelligenza della Grande Madre Binah: sarà questa discesa contrassegnata dalla lettera Mem (13), che esprime l'essenza dell'Acqua. Ciò significa che la Scoperta di Quiblòn costituirà un Olocausto d'Acqua per YHVH Shaddai. E laTredicesima accadrà durante il governo mondiale del Popolo Eletto, allora la Shekhinah scenderà sul Messia, davanti a Israele; e il Messia sarà Uno con Israele; e Israele sarà Uno con la Shekhinah; e Israele sarà Uno con YHVH; e Israele sarà YHVH. Benedetto sia il Mistero di Israele !; e Israele Shekhinah terminerà per sempre con tutti i Gentili e con due terzi del suo stesso sangue, propiziando il giudizio di Elohim Gibor Din, il rigoroso giudizio di Geburah; e Israele Shekhinah compierà la Sentenza di YHVH Sabaoth, che è stata pronunciata nei Cieli: questa discesa sarà

caratterizzata dalla lettera Sin (21), che definisce l'essenza del Fuoco. Ciò significa che la Sentenza del Giudizio di Din, del Giudizio Finale, costituirà un Olocausto di Fuoco per YHVH Shaddai. I quattro sacerdoti assistevano con immenso interesse alle parole degli Immortali, ma il più colpito era il Gran Maestro del Tempio, direttamente responsabile dell'occupazione di Rus Baal dal Convento di Nostra Signora della Rábida.

Ventottesiomo Giorno Il Mito Greco

Rus Baal, il Picco di Saturno, che si trova a cinque chilometri da Onuba, l'attuale città di Huelva, su un'elevazione di 37 metri di altezza che domina il distretto di Palos, cioè sulla riva sinistra della confluenza dei fiumi Tinto e Odiel. Nel momento in cui i Fenici conquistarono Onuba, costruirono il Tempio di Rus Baal per soddisfare, in particolare, la richiesta dei mercanti ebrei, che erano quelli che noleggiavano le navi in quei porti lontani. Quelli erano i giorni di Salomone, quando la ricchezza di Israele poteva affittare la flotta fenicia. "Tutti i bicchieri utilizzati per bere dal Re Salomone erano d'oro, e tutti gli utensili della casa del bosco del Libano erano d'oro puro. No non c'era l'argento, non aveva nessun apprezzamento al tempo di Re Salomone, perché il Re aveva in mare una flotta di Tharsis, insieme con quella di Hiram; e ogni tre anni arrivava la flotta di Tharsis, portando oro, argento, avorio, scimmie e pavoni "[I Re 10:21]. Come si legge in altri capitoli del Libro dei Re, Salomone, che possedeva realmente la Hokhmah, scoprì che YHVH si manifestava anche sotto altri Aspetti, generalmente identificabili con Dei stranieri, e gli rendeva Culto, o consentiva ai Sacerdoti di farlo, innalzando altari e templi. Con le "flotte di Tharsis", viaggiarono i Sacerdoti che costruirono il Tempio di Rus Baal nella lontana Tartesside. Duecento anni dopo Salomone e cinquecento anni prima della caduta di Tharsis per mano di Cartagine, la colonia di Tiro. Isaia, che possedeva anche la Hokhmah e quindi conosceva il piano dei Golen, fu in grado di "profetizzare" con precisione matematica la sua prossima fine: "Gemete, navi di Tharsis; che il vostro porto è devastato ". "Chi l'ha pianificato?" "YHVH Sebaoth lo progettò per profanare l'orgoglio, per svilire la gloria di tutti i Signori di quel paese" [Isaia, 23,1]. Ma ai tempi di Salomone la più importante colonia fenicia, oltre a Tiro, era Sidone, dal cui porto arrivavano e partivano le "flotte di Tharsis": inoltre, "Sidone" non è un nome fenicio ma greco, paese con il quale gli uomini punici erano alleati contro i medi o i persiani. Che cosa significa questo nome, qual è la sua origine? Bene, né più né meno, significa "Grande Albero di Melograno", poiché Melograno (granado), in greco, si pronuncia Side; Per quanto riguarda l'origine, i Greci glielo dettero a causa di un culto ebraico che lì era praticato sotto gli auspici del Re Salomone, cioè il Culto della Divina

Madre d'Egitto, Side, la Grande Melagrana Saggia; Rimmon Binah, in ebraico. Side, come Anchinoe, era la moglie di Belo nei Miti Greci. I sacerdoti ebrei trasportarono in questo modo il Culto della Grande Madre Rimmon Binah alle colonie fenicie e assegnarono il nome, tra l’altro, all'attuale città andalusa di Granada. I Fenici, infatti, fondarono una fabbrica fortificata chiamata Rimmon, in onore del Culto praticato dai suoi principali clienti, tuttavia i nativi iberici, che erano Pelasgi come gli Etruschi, chiamavano il frutto con il termine grana, che ha la stessa radice del romano etrusco malum granatum, cioè "frutto dai molti grani". Quella cittadella dei mercanti semitici, Rimmon, era localmente chiamata Granata, Granad e Granada. In verità, il sito scelto dai Fenici per installare la sua fabbrica era un crocevia di strade iberiche già occupate dagli stessi iberici e dai greci, come più tardi sarebbero state occupate dai Turduli, i Tartessi e i Celti; Ma, essendo l'obiettivo principale del commercio, si comprende che ciascuna città fortificò la sua particolare base urbana e, quindi, sorsero numerose cittadelle molto vicine, in modo tale che la sua unità più recente costituisse la moderna città di Granada. C'era, per esempio, davanti a Granada, un'antica città contemporanea di Tharsis, chiamata Vira o Virya, nella lingua indoeuropea, com’è pronunciata in sanscrito o iraniano, e ciò significa Uomo Semi-divino, Eroe, Uomo che partecipa alla divinità, Guerriero, Saggio, ecc. Entrambe le città, una popolata da sostenitori del Patto di Sangue, cioè Vira, e l'altra da strenui difensori e propagatori del Patto Culturale, Granada, non potevano che vivere in un conflitto permanente. Tuttavia, il tempo avrebbe dimostrato che, almeno in questo caso, il Dio di Granada era più forte del Dio di Vira, e Granada finì col dominare Vira e le altre Città, e assorbendole tra le sue mura. Questo fu preso dagli Ebrei come un segno inequivocabile del loro destino messianico e non lo avrebbero mai dimenticato. Non confondere Vira con Iliberi, Iliberri, o Elíberi, l'Eliberge che ha menzionato il greco Ecatone di Rodi, perché erano diverse città. Durante la dominazione romana le città erano ancora separate, e tale situazione rimase anche con i Visigoti. Gli arabi, in cambio dei favori dati per la loro invasione, accordano agli ebrei il controllo della città di Granada, o Garnatha secondo la nuova denominazione; che da quel momento in poi l’avrebbero chiamata "il castello degli ebrei". Ma fanno di più: dopo aver distrutto Iliberri, installano la loro cascina nel cuore di Castala, Cazala o Gacela, più comunemente conosciuto come Casthilla, una città adiacente, e promuovono l'espansione economica della Medinat Garnata, il "Palazzo degli Ebrei". È la fine di El-Vira, o Elvira, i cui abitanti devono capitolare dopo migliaia di anni di resistenza, lasciare la collina con lo stesso nome e trasferirsi a Garnata. Lo stesso accadrà con Medinat Alhambra e Medinat Casthilla: tutto finirà per cadere sotto il controllo degli "ebrei di Granada". Nel 13 ° secolo, quando si verificarono gli eventi narrati, sopravvisse solo il regno arabo di Granada, essendo la città composta dall'influente "quartiere ebraico" situato nella primitiva posizione del castello di Granada, il quartiere arabo dell'Alahambra, il quartiere mozarabico di Castiglia, di primitiva radice gallo-romana, e la spopolata Elvira. Infine, aggiungerò che se gli Ebrei chiamano al melograno (granata) "Rimmon", gli arabi la conoscono come "Román", il che spiega

perché per qualche tempo la città fu chiamata Hizn-Ar-Román, che significa "Castillo de Granada". Ma, in una lingua o in un'altra, è provato che il significato del nome non è cambiato in migliaia di anni. È alla luce di quell'attività missionaria dei sacerdoti ebrei, che viaggiavano con le "flotte di Tharsis", che devono essere osservate le fondamenta del Tempio di Rus Baal o del Picco di Baal. I Fenici consacrarono ciascuna città a Baal e designarono l'Oriente con un nome particolare: così, il Baal dei Sidoni fu chiamato Baal-Sidon, quello del Tiro di Baal-Tsur e quello degli abitanti del Tharshish, Baal-Tars. . Dei tre aspetti principali di Baal, che è, Baal Chon, il Produttore, Baal Tammuz, il Conservatore, e Baal Moloch, il Distruttore, gli ebrei accettavano quest'ultima come una personificazione di YHVH Sabaoth, l'aspetto Netsah di "YHVH degli Eserciti" che porta alla Vittoria per la distruzione dei nemici del Popolo Eletto o Shekhinah. Il tempio di Rus Baal era dedicato, però, al culto di Baal Tammuz o Jehovà Adonai. Quando la Casa di Tharsis si prese cura di quella Signoria iberica, ora libera dei Fenici dopo una sanguinosa guerra, impedì la continuazione del culto di Baal Tammuz-Jehovà e dedicò il luogo, in un primo momento, al Culto del Fuoco, e in una seconda istanza culturale, il Culto di Fuoco Freddo Dopo l'invasione di Amilcare Barca e la distruzione dell'Impero dei Tartessi, i Golen stabilirono il Culto di Baal Moloch a Rus Baal, fino alla riconquista romana. Furono questi, che riconobbero in Baal Moloch e Jehovà il Dio Saturno, che chiamò "Picco di Saturno" Rus Baal. Ma Saturno non era altri che il dio greco Kronos o Xronos, che allora era attivo nel pantheon romano; I Sacerdoti di Saturno, come si vedrà, sostituirono soltanto il Culto di Saturno, con quello di sua nipote, Proserpina o Persefone. È facile da dimostrare, confrontando il mito ebraico con il greco, che Jehovà è equivalente a Kronos e, naturalmente, a Tammuz, a Moloch e a Saturno. Per cominciare, Kronos è il figlio di Urano, il Cielo Supremo, come YHVH Elohim lo è di Ehyeh: ed entrambi Kronos e YHVH Elohim, sono Dei del Tempo immanente del Mondo, Xronos o Berechit. E, la cosa più importante: entrambi sono nemici dei Ciclopi, cioè degli Atlanti Bianchi. A questo proposito, dobbiamo ricordare ciò che i Miti greci raccontano su Urano, Crono, Zeus, Demetra e Persefone, e chiarire queste leggende attraverso la Sapienza Iperborea. Urano è il Cielo Supremo, Padre dei Titani e delle Titanidi, i Ciclopi e gli Ecatonchiri, Generazioni di divinità da cui discendono tutte le altre divinità greche e il genere umana. Vale a dire che Urano, è un'altra rappresentazione dell'Origine, da cui ha raggiunto l'Universo il suo proprio Creatore, Jehovà Satanàs e i Successivi Spiriti Iperborei, i primi "Dei", tanto i "traditori" che incatenarono i loro Camerati all'animale uomo, quanto i "Leali" o "Liberatori", che procurano il loro Orientamento e Ritorno all'Origine. Però uno dei Figli di Urano, Kronos-Jehovà, castra suo padre e dichiara guerra ai Ciclopi, ai quali impedisce di vivere nella loro solita dimora e li fa precipitare nel Tartaro Infernale. Ciò significa che Kronos-Jehovà chiude l'accesso all'Origine, il punto di precedenza e di ritorno di Tutti gli Spiriti Increati come lo è Jehovà Stesso, "castrando" il principio generatore degli Dei, evitando la loro nascita divina. È coinvolto, quindi, in una guerra con i Ciclopi. Ma chi erano i Ciclopi? Bene, Gli Atlanti Bianchi, i Costruttori di Armi di Atlantide: secondo le

leggende greche, i Ciclopi fabbricarono l'arco e le frecce di Apollo, l’Iperboreo, e quelli di sua sorella Artemide, la Dea Orsa; in precedenza, durante la guerra di Jehovà Kronos, Zeus fu munito delle armi dei Lampi, dei Fulmini e del Tuono; a Poseidone, Re di Atlantide, l'Arma del Tridente; e ad Ade, o Vides, il famoso Elmo dell'Invisibilità. Dopo la Battaglia di Atlantide e del Cataclisma che sommerse il continente, gli Atlanti Bianchi dovettero marciare verso le terre infernali, dove solo abitava l’animale uomo e le razze Ibride più degradate della Terra: è allora quando nasce la leggenda che rappresenta i Ciclopi, Divini Costruttori, vagando per le regioni Infernali. E durante il loro transito per quelle terre di follia, lo abbiamo già visto, erano seguiti da vicino dagli Atlanti oscuri, gli scagnozzi di Kronos-Jehovà. Ma Kronos, nonostante tutti i suoi sforzi, non può impedire la nascita di Zeus, un altro Figlio dell’Origine. L'immagine di Zeus è stata atrocemente degradata dai Sacerdoti del Patto Culturale, inoltre, tornando alle versioni più antiche del Mito, è possibile riconoscere in Lui Kristos Lucifer, il Signore di Venere che discese ad Atlantide per portare il Gral che avrebbe permesso l'orientamento e la liberazione dello Spirito incatenato alla Materia, il risveglio dello Spirito dell'Uomo. Ecco perché Zeus è un alleato naturale dei Ciclopi, che gli forniscono le Armi con cui sconfigge Kronos-Jehovà e rafforza il suo potere nella regione olimpica della Terra, cioè in K'Taagar (Agartha), dove inizia il Cammino verso Venere. Zeus-Lucifer combatte contro Kronos-Jehovà in compagnia di Poseidone e Ade e con il supporto tecnico dei Ciclopi. Una volta vincitori, in una versione primitiva della Battaglia di Atlantide, gli Dei si sistemano in certe parti dell'Universo: Zeus-Lucifer va verso l'Olimpo, cioè a K'Taagar, ma, attraverso la sua Porta, la sua vera dimora la costituisce "in Cielo", cioè su Venere; Poseidone in Atlantide, come Re, e anche come Dio del Mare; e Ade va ugualmente a K'Taagar, ma senza tornare su Venere, come fece Zeus-Lucifer, ma rimanendo come Signore della Dimora Terrestre degli Dei Liberatori dello Spirito dell'Uomo, un luogo che i Sacerdoti del Patto Culturale, come ho spiegato il decimo giorno avrebbero identificato con il Tartaro infernale: Ade è, quindi, Vides, il Signore di K'Taagar. Con Demetra, una Figlia dell’Origine, Zeus genera Persefone, cioè Proserpina, la Dea che i sacerdoti romani di Saturno-Crono-Jehovà, evocarono in Rus Baal, per il suo Culto e alla quale dedicarono il tempio cartaginese di Baal Moloch-Jehovà. Questa era una Dea Crudele, che viveva nel Tartaro infernale insieme a Ade e conciliava perfettamente con quella remota regione della Tartesside, famosa per le antiche leggende che la contrassegnarono come residenza di Medusa. Demetra era la Dea del Grano, che ha dato agli uomini per la prima volta quel cereale, e viveva con Zeus sull’Olimpo. Non aveva altri figli, tranne Persefone, che fu rapita da Ade e condotta nel Tartaro in un palazzo che richiedeva attraversare la Terra dei Morti per raggiungerlo. Racconta il Mito greco che allora, rattristata per la sua assenza, Demetra abbandona l'Olimpo e scende sulla Terra per cercarla, perché ignorava il suo luogo di permanenza infernale. Scopre così che Zeus è stato complice di Ade nel rapimento. Durante nove notti Demetra cerca invano Persefone, portando una torcia in ogni mano; infine, guidata da Ecate, la Dea della

Stregoneria, che incontra all'incrocio di alcune strade, scopre che Persefone si trova nella Terra dei Morti. Discende laggiù da sola, per scoprire che il ritorno finale di sua figlia è impossibile: Persefone ha mangiato un chicco di Melograno e non può più tornare nel mondo dei vivi, infatti, tutti coloro che provano il cibo nella Terra dei Morti, rimangono prigionieri per sempre: negli inferni è necessario digiunare per evitare la morte. Alla fine, Demetra ritorna all'Olimpo con Persefone, che tuttavia deve periodicamente tornare all'Inferno per eseguire la Morte. Il Mito di Persefone era parte dei Misteri di Eleusi, dove era spiegato a livello esoterico agli Iniziati. Gli attributi di Demetra, d'altra parte, erano la Spiga di Grano e la Gru. Fino a qui il mito greco; ma cosa si nasconde dietro la leggenda di Demetra e Persefone o Proserpina:? Ho spiegato che Ade è il nome degradato di Vides, il Signore di K'Taagar, che la congiura del Patto Culturale equiparò a un Dio che è il Signore dell'Inferno o Tartaro. Allo stesso modo, i Sacerdoti hanno gettato lì anche Persefone, antica Dea Atlante Bianca; a chi mi riferisco? Ebbene a Frya, la moglie di Navutan . Per scoprire la verità dei fatti dietro la storia di Persefone e interpretare il motivo di calunnia, di tenere presente che per gli Atlanti Bianchi, come per ogni membro della Razza Iperborea, la "Sposa" è anche la "Sorella" identità che va oltre la semplice associazione simbolica, e si riferisce al Mistero della Coppia Originale degli Spiriti Increati. Frya, oltre che moglie, è anche "sorella" Navutan e, di conseguenza, Figlia come lui di Ama, la Vergine di Agartha o K'Taagar, che i sacerdoti greci del Patto Culturale abbinavano con Demetra, la Dea che ha dato agli uomini per la prima volta la pianta di grano, la portatrice di semi. Quindi non si è mai parlato di un Figlio di Demetra, che sarebbe stato concepito essendo ancora Vergine su Venere, cioè, sull'Olimpo, come ho riferito il Dodicesimo Giorno. Suo Figlio spirituale, Navutan , si auto-crocifisse sull’Albero del Terrore, il Melograno della Vita, per scoprire il segreto della Morte, e sarebbe stata sua moglie Frya che lo avrebbe fatto risorgere al rivelargli con la sua danza il Segreto della Vita e della Morte. Ecco perché le leggende citano solo Frya-Persefone la cui memoria è profondamente radicata nei popoli del Patto di Sangue, e gettano il mantello di un tabù sull’Impresa di Navutan : gli atlanti oscuri, e i Sacerdoti del Patto Culturale, volevano nascondere con tutti i mezzi, la successiva eredità che il risorto Gran Capo Bianco lasciò agli uomini, vale a dire, il Mistero del Labirinto. Navutan fu, in effetti, il vero ispiratore del Mistero del Labirinto, nel corso del quale era presentato all'Iniziato Iperboreo un segno chiamato Tirodinguiburr, formato con Vrune Increate. Tale segno permetteva allo Spirito Incatenato di risvegliarsi e orientarsi verso l'Origine, trovando l'uscita dal Labirinto dell'Illusione in cui si era perduto. Tuttavia, come nel caso della Prodezza di Navutan , l'uscita non può mai essere trovata se l'Eroe non ha il sostegno della sua Coppia Originale (altra metà spirituale): altrimenti può morire, spiritualmente, dopo nove notti di crocifissione all'Albero del Terrore. È così che lo scherzo culturale dei Sacerdoti vuole che Ama-Demetra, cerchi Frya-Persefone per nove notti. Chi la guida, infine, è Ecate, con cui coincide a un bivio, cioè all'interno di un Labirinto: Ecate è, quindi, una rappresentazione generale di ciò che sarebbe individualmente Frya

per Navutan : la Coppia Originale. Per gli antichi greci, a tutti i crocevia delle strade c'era Ecate, pronta a guidare il viaggiatore perduto verso la sua destinazione migliore, un simbolo che, come visto, arrivava da molto lontano. Tuttavia, a questa meravigliosa Dea, per la quale erano statue a tre teste che indicavano la triplice natura dell'uomo bianco, Corpo fisico, Anima e Spirito increato, alla fine divenne la Dea della Stregoneria e Strega, conseguenza, naturalmente, del Patto Culturale. Naturalmente, il "rapimento" di Frya-Persefone è un rapimento spirituale, realizzato da sola di far risorgere suo Marito, vale a dire, è l’impulso di un'estasi sacra. Zeus-Lucifer, presumibilmente padre di Navutan stesso, e Ade-Vides, il Signore di K'Taagar, sono i "Saggi Iperborei" che Lei consulta sul modo di salvare Navutan . E il consiglio che riceve da Loro è quello che la fa decidere di scendere nell'Inferno dell'Illusione, nel Paese degli ”spiritualmente Morti", cioè, sulla Terra, nel Mondo degli Uomini Addormentati. Ed è saputo, che chi si "nutre" dell’illusione, chi lascia entrare in se stesso il Grande Inganno dell’Uno, rimane incatenato per sempre alla Materia e non può tornare all’Origine, si perde nel Labirinto Incantato della Vita Calda. Ma Frya non aveva assaggiato il Frutto Proibito, era libera di tornare, se voleva, all'Origine, portatrice del Segreto della Morte: fu sua la decisione di resuscitare Navutan , rivelandogli attraverso la danza, la conoscenza della chiave Kalachakra. Ma per questo, dovette credere nella Morte e dovette mangiare un chicco di Melograno e diventare una Pernice, dovette trascendere la Maschera della Morte e arrivare al fondo di Se Stesso di Navutan . E Navutan , vedendo la Morte di Fronte, si svegliò e comprese la Morte, resuscitando poi e svelando agli Uomini Dormenti il Segreto del Labirinto. Ma in questa eredità, Navutan ha compromise la sua Sposa Divina, che accettò di rimanere regolarmente nel Tartaro infernale, cioè, nel mondo degli Uomini Addormentati e mostrarsi di fronte a loro, con l'immagine della Morte: in modo che essi possano trascendere il Mistero del Fuoco Freddo e possano resuscitare, inoltre, come Uomini di Pietra, come Iniziati Iperborei, come Guerrieri Saggi. Un pallido riflesso di questa parte della storia è conservata nella leggenda della giovane Perdix, "Sorella" e quindi Moglie, di Dedalo, l'"inventore" del Labirinto, cioè di Navutan : quando Perdix stava cadendo in un Abisso, la Dea della Saggezza, Atena ebbe pietà di lei e la trasformò in una Pernice, da dove nacque la convinzione greca che la danza della pernice risolve l'enigma del Labirinto, si alzò, e portò la creazione di un collegio di sacerdotesse impegnate in riprodurre quella danza. Ho già spiegato che Kronos-Saturno-Jehovà "chiude l'accesso all'Origine, punto di provenienza e ritorno di tutti gli Spiriti Increati", cioè, taglia il Cammino verso l'Uscita del Labirinto. Nel Mito di Creta, l'inventore del Mistero del Labirinto è Dedalo-Navutan , e chi chiude l'Uscita, è il Minotauro, un essere metà uomo e metà toro. Ma il Dio che aveva anche i piedi di toro era Dioniso, un difetto che lo costringeva a indossare stivali o coturni; e Dionisio, il Dio del Vino, era classicamente assimilato a Jehovà dagli antichi ebrei, che videro in entrambi il Dio dell’Orzo. Questo chiude così un cerchio tracciato dai Sacerdoti del Patto Culturale in cui si uniscono, in Epoche e luoghi diversi, le rappresentazioni di Kronos, Saturno, Jehovà, Dioniso e il Minotauro o Guardiano dell'Uscita.

Infine, dirò che già al tempo del profeta Amos, VIII secolo A.C., era stabilita l'identità di Jehovà e Saturno; e accettata dai Sacerdoti: “Voi avete portato al Santuario a Sacut, Saturno, l'idolo del Vostro Dio; ma Io Vi deporterò oltre Damasco ", dice YHVH, il cui nome è Adonai Sebaoth" [Amos 5,26]. Ma la situazione non cambiò dopo la prigionia, dal momento che al tempo del profeta Ezechiele, VI secolo A.C., si adorava indistintamente sia Jehovà, sia Tammuz Adonis, cioè, Adonai: "Poi mi portò all'ingresso della porta del Tempio di YHVH che guarda a nord, e ho visto che c'erano alcune donne sedute a piangere la morte di Adonis (Rimmon) Tammuz "[Ezechiele, VIII, 14] Ventinovesimo Giorno Il Melograno e il Mandorlo Per capire ora il perché del culto di Proserpina in Rus Baal, bisogna andare abbastanza avanti nel tempo storico, e arrivare a un momento in cui i Sacerdoti del Patto Culturale avevano ottenuto di confondere profondamente le caratteristiche individuali di DemetraAma e Persefone-Frya, che furono semplicemente chiamate "le Dee". Lo scopo dei Sacerdoti era quello di sostituire le Dee Iperboree Atlanti con l'immagine della Grande Madre Binah, uno degli aspetti di YHVH, il Creatore, l’Uno. Qui è dove dovrebbe essere situata l'origine del mito di Adone, nome greco di Adonai Signor YHVH. Secondo il mito greco, la madre era Mirra, che gli dei trasformarono in albero quando era incinta di Adone; Mirra, lo stesso vegetale di uno dei Magi d'Oriente, inviato dalla Fratellanza Bianca, offrì al piccolo Gesù. Dopo dieci mesi, l'Albero della Mirra da alla Luce e nasce Adone, un bambino che rappresenta la bellezza, che non è altro che un modo simbolico per dire che Tiphereth, la bellezza nel cuore di YHVH, uno dei Dieci Aspetti , nasce dall'albero di Melograno. Segue il Mito affermando che Afrodite, la Dea del Fuoco dell'Amore, cioè l'Archetipo del Fuoco Caldo nel Cuore, si innamora del bambino e lo affida alle cure di Persefone-Proserpina. Abbiamo già in mente, quindi, la Grande Madre Binah, l'Aspetto "Intelligenza" di YHVH. Le due Dee, Afrodite e Persefone, finiscono in lizza per conquistare l'amore di Adone-Adonai, il che significa che nell'uomo naturale o uomo comune, immagine di Adamo, è normale che entrino in conflitto il Fuoco Caldo nel Cuore, Tipheret, e l’Intelligenza che infonde Binah nel Cervello. Questa ambivalenza si nota nell’irresoluzione del Mito: Adone-Adonai deve accontentarsi di stare alternativamente con ciascuna delle Dee, anche se i Sacerdoti concedono un maggior risalto al Cuore come sede dell'Anim e questo volle che il Dio Bello "passasse più tempo con Afrodite che con Persefone". Al Cuore è legato il simbolo della rosa, ed è così che la morte di Adone-Adonai porta le rose rosse al mondo, nate dalle gocce di sangue dalla sua ferita: è Artemide, la dea Orsa, che causa che un cinghiale ferisca mortalmente il Dio. L'opposizione tra Cinghiale, una delle manifestazioni di Vishnu, e l’Orsa è un tema classico della Sapienza Iperborea. Mi limiterò a dire qui che il Cinghiale è legato al Mistero dei Golen, come si è visto durante l'omicidio delle Vraya di Tharsis; inoltre il Mito indica allegoricamente un Grado raggiunto da Loro, un livello gerarchico che consentirà loro di portare avanti la bandiera di Israele quando lo

stesso Popolo Elettonon sia in grado di farlo, quando Adone-Adonai sanguinerà momentaneamente nel Pardes Rimmonim per creare le rose che fioriscano durante la Sinarchia Universale. In Frigia, i Golen officiavano come sacerdoti di Cibele e adottarono la pratica della Sodomia rituale, un vizio che esiste ancora negli alti gradi della Massoneria creati da Loro. Il mito frigio di Adone-Adonai era quello di Attis, nel cui Culto i Golen avrebbero sviluppato un ruolo fondamentale. Lì la Grande Madre Binah era chiamata Cibele, Dea che propiziava scandalose orge ed esigeva che i suoi "Sacerdoti del Cane" fossero eunuchi: nel corso del Culto era comune che, spinti dalla frenesia orgiastica, molti partecipanti si castrassero volontariamente, come l'Archetipo Attis, passando a integrare più tardi, se sopravvivevano alla mutilazione, la corte di sodomiti che adoravano e servivano la Dea. Secondo la leggenda frigia, Cibele era adorata come una Pietra di Fuoco; desideroso di copulare con lei, Zeus-Hokhmah depone il suo sperma sulla Pietra, un atto che lascia incinta la Dea. Nasce Agdistis, un essere ermafrodita che Dioniso-Jehovah inebria e castra, al fine di individualizzare il suo sesso. Dalla ferita di Agdistis scorre abbondante sangue, che si trasforma nell'Albero di Melograno, motivo per cui Attis, così come Adone, era chiamato Rimmon, Granado. Tuttavia, il fallo mutilato di Agdistis, lanciato sulla Terra, viene trasformato a sua volta in un Albero di Mandorlo, della famiglia delle rose. Una Melagrana, frutto del Melograno di Agdistis, lascia incinta Nana, figlia del Dio fluviale Sangario. Attis, nato da quella gravidanza, è bello come un Dio somigliante ad Adone; e come per Adone, anche per Attis combatteranno la Grande Madre Binah e la Dea del Fuoco Caldo nel Cuore, Thifereth: Agdistis, ora convertito in una donna, si innamora di Attis, come Cibele, con la quale deve disputarsi i faori del Dio Bello. Ovviamente, Attis è un Adone frigio, un rappresentante della Bellezza di YHVH nel Cuore, preteso allo stesso tempo dalla Grande Madre Binah-Cibele e da Tipheret AgdistisAfrodite. Ma il mito frigio contiene maggiori dettagli. Attis, impazzito per colpa di Agdistis, si castra e muore, a causa della mutilazione, durante il Culto di Cibele. La Dea lo seppellisce e pianta un Albero di Mandorle sulla sua tomba. Attis era, quindi, un eunuco e una sodomita, contrassegnati dai simboli del Melograno e del Mandorlo, che dimostra chiaramente che l'origine del Mito è ebraico. Ricordate, Dottor Siegnagel, d'altra parte, che i Giacobini che hanno prodotto la Rivoluzione Francese, i cui Capi erano ebrei e Golen, si identificavano con il berretto frigio, cioè con il cappello dei Sacerdoti di Frigia, che ha la forma di prepuzio tagliato per indicare il carattere sodomita dei Sacerdoti della Grande Madre Cibele-Binah, la " Dea Ragione " degli enciclopedisti. Non deve sorprendere, a questo punto, che sia stato Dioniso, un Dio dell’orzo come Jehovà, chi abbia castrato Agdistis dopo averlo ubriacato con vino d'orzo. Jehovà aveva santificato il Sabato, giorno che in tutto il Mediterraneo era dedicato al culto di Saturno a cui era dedicato il Melograno. Saul, il primo Re di Israele, consacrò il Regno, Malkhouth, al Melograno che rappresentava YHVH. Dioniso,quello con i piedi di toro e le ghette, era un Dio zoppo, come il Minotauro, cosi come zoppicante era la Danza del Labirinto che

ballavano, e ancora ballano, le pernici maschio. Questa danza era eseguita dai Sacerdoti ebrei di Baal Tammuz Adonis ai tempi di Elia, nel secolo IX A.C.: "Sollevarono i Sacerdoti il torello che era stato portato e, dopo averlo preparato, invocarono il nome di Baal Tammuz Adonis dalla mattina fino a mezzogiorno, dicendo: Baal, rispondici! Ma non ci fu né voce né risposta. Nel frattempo, ballavano zoppicando vicino all'altare che avevano preparato "[I Re, 18, 26]. La parola ebraica di Pesach, che designa la Pasqua, significa semplicemente " danza zoppicante ", dovuto al fatto che quella festa era la stessa di quella di Baal Adonis, il Dio Rimmon che era stato ucciso da un cinghiale: questa identità è la fonte del divieto ebraico di mangiare carne di maiale il giorno sabato. Inoltre, la tradizione levitica decretava che l'agnello pasquale, la vittima dell'olocausto della Pasqua, fosse servita su un piatto di legno di Melograno. Il melograno era l'unico frutto che poteva essere introdotto nel Sancta Sanctorum e il Sommo Sacerdote, quando faceva l'ingresso annuale al Tempio, aveva piccole nappe a forma di un melograno cucite nel suo efod. Il rotolo della Thora era avvolto attorno ad un bastone chiamato Es Chajim, che significava l'Albero della Vita, che era sormontato da due melagrane intagliate alle estremità. E il lampadario ottuplo, Chanukah, possiede una granata che incorona ogni braccio, su cui brilla Yod, l'Occhio di YHVH. Il settuplo candelabro, Menorah, ha sette calici di Flore di Mandorlo, che ricordano l'istituzione del Sacerdozio di Aronne, quando fiorì il bastone di Mandorlo che Mosè gli aveva dato: "E avvenne che il giorno dopo Mosè entrò nella tenda del testimone, il bastone di Aronne, quello della casa di Levi, aveva germogliato fiori e boccioli e prodotto mandorle "[Numeri, 17,23]. Per perpetuare la memoria di questo miracolo, YHVH dice: "Farai un candelabro di oro puro, sia la sua base che il suo gambo. I suoi calici, i suoi boccioli e i suoi fiori formeranno un corpo con esso. Sei braccia usciranno dai suoi lati, tre braccia su un lato del candelabro e tre braccia sull'altro. Tre calici come il fiore di mandorlo avrà il primo braccio, con i suoi boccioli e i suoi fiori; allo stesso modo il secondo; ecc. "[Esodo, 25,31]. E, secondo la visione del profeta Zaccaria, "Queste sette lampade sono gli occhi di YHVH che coprono tutta la Terra" [Zaccaria, 4:10], cioè una rappresentazione della Shekhinah. I Culti di Rus Baal, l'antichissimo Baal Tammuz Adonis, praticato dai Sacerdoti ebrei e quello di Baal Moloch, officiato dai Golen, furono interpretati dai romani come forme di adorazione a Kronos-Saturno, Dio equivalente a Jehovà Adonai o Rimmon-AttisAdone-Dioniso. Dal III secolo A.C., i Sacerdoti del Patto Culturale, che proliferarono a Roma, dedicarono Rus Baal al culto di Proserpina o Persefone, l'amante infernale di Adone; nella stessa epoca, a breve distanza, i Signori di Tharsis si consacravano al Culto di Vesta, la Dea del Fuoco della Casa, dietro alla quale nascondevano la loro concezione del Culto del Fuoco Freddo. I due Culti opposti, quello del Fuoco Freddo di Vesta a Tharsis e quello del Fuoco Caldo di Proserpina a Palos, si sviluppano contemporaneamente senza che nessuno cercasse di superare l'altro. E vale la pena

ripetere che quella versione di Proserpina era equivalente a una Persefone recente, più vicina alla Grande Madre Cibele Binah che all'antica Persefone, o Frya, la Moglie di Navután. Nel II secolo D.C., sempre furtivamente, Bera e Birsa arrivano a Huelva; ma questa volta non attaccano la Casa di Tharsis ma vanno a Rus Baal, "per supervisionare il Culto di Proserpina per ordine di Melchisedek", un Sacerdote Supremo della Fratellanza Bianca. Dopo la partenza degli Immortali, il Tempio della regione di Palos inizia a farsi conoscere per i miracoli che la Dea esegue, il principale dei quali consiste nella cura dell'idrofobia: da tutte le regioni della penisola, e anche da oltreoceano, arrivavano allora quelli morsi o infettati dai morsi di cane per recuperare la salute perduta. Solo ora, quando sentirono Birsa dire "contro i cani, l'illusione della rabbia", i quattro Sacerdoti compresero che quegli antichi miracoli erano legati ai poteri di Bera e Birsa. Un secolo più tardi, nel corso dell'anno 159, il missionario Ciriaco coverte il culto di Baal Rus in cristiano per il semplice processo di identificazione di Proserpina con la Vergine Maria, chiamata da allora "Nuestra Señora de la Rabida", dal momento che la Dea continuò a curare l’idrofobia. Ma allora, come Maria "Madre di Dio", ProserpinaPersefone era già l'immagine finale della Grande Madre Ebrea Binah. Il nome "de la Rabida" era, quindi, di cinquecento anni anteriore alla denominazione, Rapta o Rapita con cui gli arabi indicavano l'eremo costruito a Rus Baal, sulle fondamenta dell'antica Cappella della Madonna del Rabida. Prodotta la Reconquista, l'eremo passò in mano ai monaci solitari di San Francesco, che costruirono il convento con le sue dimensioni attuali, ma presto fu concesso dal Papa ai Templari, che lo occuparono fino alla dissoluzione dell’Ordine. Il Vescovo. San Macario, per celebrare la liberazione del convento, donò al soldato Costantino Daniele una scultura che la tradizione attribuiva all'apostolo San Luca e che rappresentava la Vergine Maria. Nel momento che sto evocando, quando gli Immortali di Bera e Birsa si sono riuniti con i quattro Sacerdoti del Castillo de Aracena, quella scultura si trovava ancora nel Convento della Rabida, a Rus Baal, di fronte a il distretto di Palos.

Convento de La Rábida

Trentesimo Giorno La Vergine viva – Le Sephiroth

I quattro sacerdoti di Jehovà Satanàs riflettevano sull'Annuncio degli Immortali: presto la dodicesima manifestazione della Shekhinah sarebbe avvenuta, molto vicino a lì, in Rus Baal; ed Essi sarebbero stati protagonisti di quel portento straordinario: solo un altro Sacerdote d'Israele poteva capire l'estasi che i quattro sperimentavano di fronte a una tale possibilità! Perché solo l'Anima di un ebreo è capace di comprendere la Shekhinah! Il più eccitato era il Gran Maestro del Tempio: "Oh, che grande onore, pensava rabbrividendo, che al mio Ordine è stata affidata la custodia di un luogo così sacro! Dio stesso scenderà ora, in mezzo a noi! "-. E così, ognuno dava libero sfogo alle loro fantasie rabbiniche e di Golen. -Infatti, Sacerdoti! - Approvò Birsa, indovinando il pensiero dei presenti - Voi contribuirete come nessun altro a realizzare i Piani di Dio! Migliaia di monaci Golen e Dottori ebrei lavorano per stabilire la Sinarchia universale: godono tutti del favore di Elohim e saranno ricompensati magnificamente! Ma solo voi quattro conoscete oggi l'Annuncio della Shekhinah: e solo Voi e coloro che chiamerete a collaborare, YHVH Sebaoth sarete considerati responsabili dell'Olocausto d'Acqua che Quiblòn gli offrirà quando saranno i tempi! Rallegratevi, allora, Sacerdoti perché il Triplice Olocausto di Quiblòn, uno dei più sanguinosi della Storia, vi sarà attribuito se adempirete la Missione che vi affidiamo! Da essa dipende che si realizzi il piano di YHVH; su di essa riposa, Sacerdoti, uno dei pilastri della Storia!

"Ora che il Male è stato estirpato a Huelva", continuò Bera, "ora che il Sangue di Tharsis si è trasformato in liscivia, vi affideremo una Missione molto semplice, che è quella di affermare il Bene sulla Terra! E il bene è YHVH! E YHVH può discendere solo in Terra Santa! Spetta a voi, Sacerdoti di YHVH, purificare la Terra! Lo sguardo di Bera era interrogativo. "Sì, " esclamarono Nasi e Benjamin all'unisono. Purificare la Terra è il compito dei Sacerdoti! Santificarla è la facoltà di YHVH! D’accordo Sacerdoti! Noi, i rappresentanti di Melchisedek, vi ordiniamo: purificate questa terra di Huelva, cancellate tutte le tracce del Mistero del Fuoco Freddo, pulite la Macchia del Culto della Madonna della Grotta! Soprattutto: eliminate il ricordo di questa Divinità tenebrosa! Perché non ci sarà pace, né sulla Terra né in Cielo, e Rus Baal non sarà Terra Santa, finché perdura la Presenza inquietante della Vergine di Agartha, portando con sé il suo Seme Maledetto. "Naturalmente," disse Bera, "una tal espiazione sarà efficace solo se un Culto viene sostituito da un altro. Di conseguenza, vi ordiniamo anche, di impiantare in tutti i luoghi necessari, il Nuovo Culto della Vergine dei Miracoli: Lei illuminerà con il suo fuoco caldo l'oscurità che l'Intrusa ha versato! Quando i Gentili le concederanno il loro Cuore senza riserve, l'Intrusa sarà dimenticata, il ricordo del suo abominio sarà estinto, e la Terra sarà purificata: allora, e solo allora, la Shekhinah scenderà a Rus Baal! -Ma questo Culto esiste già! Interruppe il Gran Maestro del Tempio. Proprio nella Rabida è adorata la Vergine dei Miracoli, l'antica Proserpina de Palos, Signora della Rabbia! -Vi sbagliate, Sacerdoti! Assicurò Bera, sorridendo orribilmente. Mi riferisco a un Nuovo Culto che sostituirà anche quello che menzionate: il Culto della Grande Madre Binah, che invocherete come Vergine dei Miracoli per impedire ai Gentili di sospettare la sostituzione, ma che riceverà diversi Nomi Sacri, conosciuti solo dai Sacerdoti Iniziati, Golen e Rabbini. Mi riferisco, quindi, alla Vergine del Melograno, o alla Vergine del Nastro, o alla Vergine della Barca, o alla Vergine del Bambino di Argilla, o alla Vergine del Fuoco Caldo. "Cercate Sacerdoti e portate il monaco scultore che avete fatto venire dalla Francia! L'Abate di Claravalle uscì di corsa dalla Biblioteca e un attimo dopo ritornò, seguito dall'umile monaco cistercense, che teneva tra le mani un rotolo di pergamena e un pezzo di carbone. Il monaco si fermò davanti a Bera, seguito dall'Abate, e fissò terrorizzato la faccia diabolica dell'Immortale. - Ascoltate bene, miserabile! Scattò Bera con gli occhi fiammeggianti di odio. Vi farò un avvertimento: di quello che vedrete in questo posto, non

ne parlerete mai con nessuno. Completerete il vostro lavoro e vi rinchiuderete a vita in un Monastero di clausura. E non pensate nemmeno di disobbedire al nostro mandato perché la Terra sarà piccola per nascondere il vostro tradimento! Tuttavia, non ci fidiamo di voi e sarete vigilato giorno e notte fin da ora. Ma dovete sapere, creatura mortale, che nemmeno la Morte vi può liberare da Noi, perché negli inferni stessi verremo a punirti! Avete compreso i rischi che correte? Il povero monaco si era gettato a terra ai piedi di Bera e tremava come un cane spaventato. - "N ... no…. non ... oserei tradirvi" balbettò, senza alzare lo sguardo dai piedi di Bera, non osando rivedere la minaccia mortale dei suoi occhi. "È meglio che tu dica la verità", disse ironicamente il Re della Menzogna, che era Bera. Alzati, cane! - Ordinò duramente - e guarda la pagina di questo libro aperto. Che cosa vedi in esso? I quattro sacerdoti si guardarono l'un l'altro, meravigliati che gli Immortali mostrassero al monaco scultore, che non era né un Teologo né un Cabalista, per non dire Iniziato, un disegno segreto di Sepher Icheh. Cercando di calmarsi, il creatore di immagini si appoggiò con entrambe le mani sul bordo del tavolo e osservò il foglio indicato. Ciò che vide, presto gli fece dimenticare gli amari minuti anteriori e, se lo sarebbe ripetuto per tutta la vita, lo ricompensò delle sofferenze patite fino ad allora. Per la prima volta si sentiva libero di colpe e senza peccato, perdonato da una Pietà proveniente da dentro l'Anima, come se l'Anima partecipasse a un Giubileo Divino: e chi ispirava quella sensazione di libertà mentale, la sicurezza di essere approvato da Dio e amato da Cristo, era l'immagine più Bella e Maestosa della Madre di Dio che il monaco avesse mai visto; perché, senza dubbio, quella Signora, era viva; mentre sosteneva il bambino in braccio, la Madre lo guardò di sfuggita, e fu in quel momento che egli si sentì perdonato, in pace, come se lei gli aveva detto - Vai, figlio di Dio, io intercederò in modo che il Rigore della Sua Legge, non sia recalcitrante con te. Compi la tua missione e ritrai la mia immagine come mi vedi, nella Pienezza della Mia Santità, così che anche gli uomini vedano il Miracolo che tu vedi; realizza tutto il tuo talento e il Grande Volto di Dio ti sorriderà. -E 'così bella! Lo scultore gridò, completamente sbalordito. Solo le mani guidate dalla Grazia di Dio e una pietra benedetta dall'Altissimo possono eseguire l'Opera che mi viene richiesta. Ma metterò le mie mani al servizio di Dio, e voi, che siete potenti, mi fornirete la migliore pietra di alabastro del mondo! E aprendo la pergamena accanto al libro, cominciò a disegnare febbrilmente il ritratto di una Vergine con il Bambino di caratteristiche nuove. I quattro sacerdoti lo guardarono sorpresi, perché era evidente che la sua visione non proveniva dal libro Sepher Icheh, almeno dalla foglia che era in vista, ma da un'altra realtà, da un Mondo Celeste che si era aperto davanti ai suoi occhi e la Signora della sua ispirazione aveva rivelato. Con insolita pazienza, gli Immortali attesero una lunga ora prima che il monaco sembrasse tornare alla realtà: sul tavolo, la sintesi grafica della visione soprannaturale era

completa. "Eminenze: ora capisco le vostre riserve", disse l'intagliatore, ancora eccitato. - Voi indubbiamente, con l'autorizzazione del Signore, mi avete permesso di guardare in Cielo e contemplare la Santissima Madre. Siate certi che, anche se lo ricorderò sempre, e la mia Opera rimane una testimonianza di questa visione, la sua origine non uscirà mai dalla mia bocca. Come mi avete avvertito all'inizio, ne rispondo con la mia vita! Ma - eccolo socchiudere e riflettere ad alta voce, con se stesso - cos'è la Morte, di fronte alla possibilità ancora più spaventosa di perdere il favore della Madre di Dio, di mancarle? Io compirò! -Continuava adesso gridando- Oh, sì. Io rispetterò Per lei compirò! - Pensi di poter scolpire la statua di cui abbiamo bisogno? Birsa chiese, senza molta considerazione per lo stato mistico del monaco scultore. -Oh sì! Metterò tutta la mia Arte e la Divina Ispirazione che ora mi invade, per dare il tocco più perfetto a questa immagine! E indicò gli schizzi delineati a carboncino sulla pelle pregiata della pergamena. In quella era esposta una Madre Sublime, dotata di un bel volto di tratti israelitici e vestiti di eguale nazionalità, che copriva la testa con una lunga manta, fino al di sotto della vita, tenendo il Bambino con la mano sinistra, mentre nella destra Portava uno scettro coronato da un Melograno. Il corpo della Madre dava l'impressione di essere leggermente inclinato a sinistra, forse per lasciare che il Bambino Divino occupasse il centro della scena. Il Bambino, d'altra parte, guardava dritto davanti a sé e benediva quello che stava osservando con un gesto della mano destra, mentre nella sinistra sosteneva uno sphaera orbis terrae. Sia la Madre, sia il Bambino erano incoronati: la Madre indossava la Corona della Regina, che il disegnatore appuntò, doveva essere costruita in oro puro; e il Bambino aveva un’aureola fatta con un anello d'argento, tre fiori di mandorlo separati in proporzione: dal sesto petalo di ogni fiore, sorgevano nove raggi, simbolo dei Nove Poteri del Messia. Ai piedi della Vergine, vari simboli, come conchiglie e pesci, indicavano la natura marina della vocazione: lei stessa era appoggiata sulle onde. "Fino a un certo punto ci fidiamo di te, ma sarai comunque osservato", disse Birsa, dopo aver esaminato lo schizzo. Ci piace quello che hai visto e quello che pensi di fare. Sei fortunato, Servo di Dio! Ora ritirati nella tua cella, hai molto da pregare e meditare. Qualche istante dopo i sei si riunirono nuovamente di fronte al Sepher Icheh. - Che cosa ha visto il monaco, oh Immortali? Certamente non questa figura della pagina Lamed, - chiese l'Abate di Claravalle. "Certamente no, " rispose Birsa "Bera ha fatto mangiare allo scultore un grano di quel frutto" e indicò il Melograno Binah. - In effetti; - Confermò Bera - abbiamo permesso al monaco di vedere il Settimo Cielo, il Palazzo dove dimora il Messia, tra le braccia amorevoli di sua Madre Binah. E ha visto la Madre e il Messia, la Divina Coppia di Aspetti YHVH che governano il Settimo Cielo: Madre Binah, liberando l'Intelligenza Creativa di YHVH Elohim con il Fuoco Caldo del Suo Amore; e il Respiro del YHVH che è l'Anima del Messia, il Bambino la cui Forma è

quella di Metatron, il cui destriero è Araboth, le nuvole, la cui ronda viene compiuta sulle acque dell’Avir, l’Etere, e la cui Manifestazione è la Shekhinah, la Discesa di YHVH nel Regno. Lo abbiamo fatto perché abbiamo bisogno di rappresentare quella visione su una prima pietra, ed esporla nella Rabida, in sostituzione della statua del vescovo Macario che custodiscono i Templari. La scultura sarà realizzata in segreto e, quando sarà pronta, la sostituirete con la massima discrezione. Poi affermerete, con più enfasi che mai, che è opera dello stesso Evangelista, che proprio San Luca la scolpì nel primo secolo. È importante che questo sia fatto in questo modo perché Quiblòn, un giorno arriverà a Rus Baal per confermare la chiave, che è S.A.M., cioè Shekhinah, Avir, Metatron, la chiave universale del Messia: a causa della nuova immagine della Vergine dei Miracoli, egli saprà che si lì su manifesterà la Shekhinah per dotarlo della Parola di Metatron attraverso Avir, l’Etere. Come sapete, questa immagine dell'Albero Sefirotico Rimmon simboleggia Adam Ilaah, l'Uomo Superiore, chiamato anche Adam Kadmon, l'Uomo Primordiale, cioè la Forma Umana di YHVH, che si riproduce in Adam Harishón, l'uomo terrestre. Nei frutti del Divino Melograno della Vita ci sono i Dieci Nomi-Numero (Nomi Archetipici) con cui Egli ha adottato questa Forma e ha dato l’esistenza a tutte le entità create. Questi NomiNumeri chiamate Sephiroth sono il nesso tra l'Unità di YHVH e la pluralità delle entità: per YHVH, le Sephiroth sono identiche e uno con L'Uno; per il Mondo, le Sephiroth sono diverse e danno vita al molteplice che costituisce la realtà. Visto dal Mondo, da Noi, dal nostro punto di vista, degli Esseri Creati, le Dieci Sephiroth emanano successivamente dall'Uno senza dividerlo, ed emergono dall'Albero Rimmon. Il primo frutto è Kether, la Corona di Ehyeh, l'Aspetto essenziale di YHVH: sotto Kether c'è il Trono di Dio, il Più Alto della Creazione. Kether è il Santo Anziano, attiká kadisha, o ancor più, l’Anziano degli Anziani, attiká deatikim. Egli si siede sul Trono e solo Metatron giunge fino a Lui, che a volte discende fino agli uomini, quando parlò con Mosè sul Sinai, e lo condusse davanti all'Anziano dei Giorni. È colui che disse a Mosè: "Io sono quello che sono", Ehyeh Asher Ehyeh [Esodo, 3,14]. Il potere di Ehyeh si estende direttamente sui Seraphim o Serafini, Haioth Hakadosch, cioè Anime Sante, Angeli Costruttori dell’Universo. Da Kether arriva la seconda delle Sephiroth, la Sephirah Hokhmah, la Sapienza di Yah, il Dio Padre. L'Hokhmah è il Pensiero Divino di tutte le entità: non c'è nulla che sia esistito, esiste o esisterà, che anteriormente non esisteva in potenza nella Hokhmah; Molti sono i grani di questo Frutto, Padre di tutti i frutti della Terra. Questa stessa immagine dell'albero Rimmon è il prodotto della Sephirah Hokhmah, che in questo caso si rivela a se stessa. È Raziel, l'Angelo che ha scritto per Adamo il Primo Libro della Legge, che si rende presente nella Hokhmah e introduce gli uomini nella sfera del Padre. Ma la Saggezza del Padre attraversa il canale Dahat e si riflette in Binah, la terza Sephirah, la cui Intelligenza Divina è necessaria per la creazione delle entità da realizzare. Binah è la Grande Madre Universale: da Lei la Saggezza del Padre produce i frutti dei Mondi e il contenuto dei Mondi. Il Fuoco Caldo del suo Amore Universale inonda l'Etere

Avir e trasmette a tutti i Mondi l'Intelligenza di YHVH Elohim, il terzo Aspetto dell'Uno. Sotto il suo Potere ci sono gli energici Angeli Aralim, che agiscono nella sfera di Saturno, ma l'Angelo principale, colui che comunica l'uomo con la Divina Madre, è Zaphkiel (Zerachiel o Zachariel) colui che fu la guida di Noè, il grande navigatore: Binah è, quindi, la Signora dei Marinai. - Kether, Hokmah e Binah sono il Grande Volto del Vecchio, Arikh Anpin: le sette Sephiroth di Costruzione rimanenti sono, a loro volta, il Piccolo Volto di Dio, un riflesso del Grande Volto e primo accesso all’Uno che l’uomo può ottenere a partire da qualunque cosa creata. -Le seguenti Sephiroth sono Numerazioni emanate dalla Trinità essenziale Kether, Hokhmah e Binah: Hoesed e Netsah, che sono alla destra dell'Albero Rimmon, sono maschili come il Padre; Din e Hod, femminili come la Madre, danno frutto alla sinistra del Melograno. Nella colonna centrale di un tronco crescono i frutti neutri, che sintetizzano gli opposti delle due trinità successive: Din, Tiphereth, Hoesed, creativa e produttrice, e Hod, Yesod, Netsah, esecutrice e realizzatrice delle entità. Infine, c’è il centro Malkhouth, il Regno, che riflette Kether, la Corona, ed è la sintesi manifesta della Forma dell'Anziano dei Giorni: per il Regno discende la Shekhinah sulla Terra e il Regno di Dio si materializzerà sulla Terra quando la Shekhinah assumerà la forma del Popolo eletto, governato dal Re Messia. La quarta Sephiroth è, quindi, Hoesed, la grazia di Elohai, la sua Misericordia e la sua Pietà. È La Mano Destra di YHVH e sotto il suo Potere si trovano quelle creature dei Cieli chiamate Dominazioni o Hasmalim, che agiscono nella sfera di Giove. L'angelo principale è Zaphkiel (Zadkiel), che fu la guida di Abramo. La quinta Sephiroth è Din, il Rigore di Elohim Gibor. Da questo frutto deriva la Legge di Dio, e i suoi grani sono le Sentenze del Suo Tribunale: ogni atto umano, e ogni essere della Creazione, deve sottomettersi al Giudizio, di Geburah, di Elohim Gibor. È la Mano sinistra di YHVH e sotto il suo potere ci sono le Potenze chiamate Serafini, che influenzano la sfera di Marte. Il suo angelo principale è Camael, il protettore di Sansone. La sesta Sephiroth è Tiphereth, la Bellezza di YHVH. Unita alle Sephiroth Hoesed e Din compone la triade produttrice delle entità create, Din, Tiphereth, Hoesed, ma in realtà Tiphereth è il Cuore di YHVH, la sede del Fuoco Caldo della Grande Madre Binah. In Tiphereth, le Forme acquisiscono la perfezione archetipica della Bellezza Suprema: gli atti degli uomini, ispirati a Tiphereth, possono essere solo atti d'amore; e gli esseri creati sono ricollegati insieme dall'Amore Universale che irradia il Cuore di YHVH. In Tiphereth tutto è Bello e Perfetto, perché la Saggezza di Hokhmah delle cose pensate in forma perfetta e l'Intelligenza Binah della sua concezione, prodotte dalla Grazia Hoesed e adattate al Rigore Din della Legge, risplendono nel suo Frutto. Inoltre Tiphereth non è un Melograno ma una Fragola, cioè una Rosa, un'altra parte del Messaggio Uno dell'Amore di YHVH verso l'Uomo Animico. La Fragola Tiphereth viene trasformata in Rosa quando il Cuore dell'Uomo Terrestre ospita il Fuoco Caldo della Passione Animale. Sotto la Sua Potenza ci sono gli Angeli che operano attraverso la sfera del Sole, le Virtù

chiamate Malachim. Qui ci sono due potenti Angeli: uno, Raffaele, che fu la guida di Isacco; e un altro, Peliel (o Peniel), che diresse il destino di Giacobbe. E agiscono qui anche alcuni Angeli che dovrebbero stare più in alto: sono i Seraphim Nephilim che gli Atlanti bianchi accusano di "Angeli Traditori", ma che in realtà servono YHVH con dedizione energica, portando avanti i suoi Piani di progresso umano e favorendo la creazione del Sinarchia Universale del Popolo Eletto. Essi fondarono la Fratellanza Bianca e stabilirono lo loro residenza nel cuore di YHVH; e da loro dipende la Gerarchia Occulta di Sacerdoti della Terra. La settimo Sephiroth, Netsah, rivela la vittoria di YHVH Sebaoth, il Dio degli Eserciti Celesti. È La Colonna Destra Del Tempio, Jaquim, e sotto il Suo Potere ci sono i Principati o Elohim, gli Angeli che influenzano dalla sfera di Venere. Cerviel, l'angelo direttore di Davide, la presiede. L’ottava Sephiroth è Hod, la gloria di Elohim Sebaoth, la Colonna Sinistra Del Tempio, Boaz. Domina gli Arcangeli Ben Elohim, che hanno espressione nella sfera di Mercurio: Michele, l'ispiratore di Salomone, è qui l'angelo principale. La nona Sephiroth è Yesod, la Fondazione della Creazione di YHVH Saddai, l'Onnipotente. È l'organo riproduttivo di YHVH e, insieme a Netsah e Hod, compone l'ultima triade costruttiva o esecutiva: Hod, Yesod, Netsah. Il Suo Potere comprende gli Angeli noti come Cherubini, che si manifestano dalla sfera della Luna, e il loro Angelo principale è Gabriele, protettore di Daniele. La decima Sephiroth è Malkhouth, il Regno di Adonai Melekh, il Signore Re della Creazione, il riflesso finale del Anziano degli Anziani. Per questo sotto il Suo Potere ci sono tutti i membri della Gerarchia Occulta e della Fratellanza Bianca, gli Issim del Popolo eletto. Ed è per questo che il suo Angelo principale è Metatron, l'anima del Messia. Malkhouth è la Madre Inferiore, come Binah è la Madre Superiore, inoltre, se la discesa della Madre Inferiore viene materializzata nel Popolo eletto, diventa la Shekhinah, la Mistica Sposa di YHVH.

Trentunesimo Giorno La Pietra Fredda e la Pietra di Fuoco

Tutto questo, lo sai bene ", aggiunse Bera, che stava descrivendo il disegno di Sepher Icheh," ma ho ripetuto l'essenziale per evitare incomprensioni, perché adesso spiegheremo il Mistero della Pietra del Fuoco. Tale spiegazione, richiesta dal Gran Maestro del Tempio, richiede una comprensione preliminare ed esatta dell'Opera dell'Uno, della Creazione di YHVH, della Sua Manifestazione nel Creato como Albero Rimmon dei Principi immanenti e assoluti, del suo triplice principio di azione immanente, Shekhinah, Avir, Metatron. Sospirò, sollevato, il Gran Maestro, che già temeva che la spiegazione richiesta non arrivasse mai.

- Osserva le radici del Melograno della Vita: sorgono dal decimo Sephiroth, il Regno, che ritrae nel suo tronco il Segno della Mandorla. Come il candelabro Menorah, le radici sono sette e culminano nei calici di fiori di Mandorlo, dove si affacciano al mondo terrestre gli Occhi di YHVH, gli Occhi che non dormono mai, gli Occhi che vedono tutto, gli Occhi che vedevano il Profeta Zaccaria. Queste radici ottiche dell’Albero di YHVH rappresentano Israele Shekhinah, il Popolo Eletto, essendo Uno con l'Uno, cioè, mostrano la realizzazione del Piano, mostrano il Popolo Eletto realizzando il Governo Mondiale per conto di L’Uno: infatti, sarà l’ineffabile Uno che si presenterà nella Shekhinah di Israele alla Fine dei Tempi. Il Profeta disse: - continuò Birsa - Così dice YHVH:. Il cielo è il mio trono, e la Terra la Pietra di Fuoco sotto i miei piedi". YHVH fa riposare, i suoi piedi, le radici dell’albero Rimmon, su una Pietra di Fuoco, che non è altro che l'anima del Messia, che si manifesta nella Shekhinah: questa Pietra terrestre, è una replica di Metatron, Uomo Celeste, Archetipo di tutti gli uomini di calda argilla. Perché quella Pietra di Fuoco, che esisteva dall'inizio della Creazione, ma non fu utilizzato dai Costruttori, si adatterà perfettamente alla del Tempo, quando il Tempo sia finito e diventi Pietra Angolare, Chiave di Volta dell'intera costruzione: "La pietra che lo Scultore ha scartato, è diventata una Pietra Angolare" [Salmo, 118,22]. E dove si posa questa Pietra di Fuoco, l'Anima del Messia, Metatron, che è il modello di tutti gli uomini di calda argilla? Secondo il Profeta: "Così dice Adonai YHVH: Ecco Io sto ponendo in Sion una Pietra, una pietra provata, una pietra angolare preziosa, fondamentale, messa a terra; chiunque creda, non si muoverà da quella fondazione "[Isaia, 28,16]. Gli uomini mortali, Pietre di Fango, diventerebbero alla fine come la Pietra del Fuoco, come Metatron, l'Uomo Celeste; diventerebbero così quando il Tempio fosse pronto, e ognuno di loro avesse preso il suo posto nella costruzione, secondo il modello del Messia; sarebbero così nei giorni in cui il Regno di YHVH si materializzasse sulla Terra; e regnasse il Re Messia; e la Shekhinah si manifestasse come Popolo Eletto. Perché solo per Israele YHVH ha creato il Regno e il Re: nessun popolo tra i Gentili è mai stato un vero Regno, anche lo poteva sembrare, né è mai esistito un vero Re, al di fuori del Popolo Eletto: per questo il nome di Melchisedec, il Sommo Sacerdote del nostro Ordine, in realtà significa "Colui che detronizza i Re" e non "il Re di Sedec", come abbiamo fatto credere ai Gentili. Melchisedec, e coloro che appartengono al nostro Ordine, dobbiamo distruggere ogni falso Regno e ogni falso Re, prima di riprodurre sulla Terra il vero Regno di YHVH, Malkhouth, con il Governo Mondiale del Popolo Eletto. Tuttavia, Sacerdoti, il Piano di Dio è stata disturbato e ora sarà necessario sacrificare gli uomini di argilla in un Olocausto di Fuoco, alla Fine del Tempo, proprio quando il Tempio sia eretto e il Regno si realizzi nella Shekhinah di Israele: come Vi assicuriamo, la Pietra del Fuoco dovrà essere lavata con la liscivia per cancellare il Segno Abominevole. La Pietra di Fuoco, che era un Archetipo Puro al Principio del Tempo, si moltiplicò, senza perdere la sua unicità nell’Uno che caratterizza tutte le Sephiroth: ed

ogni Pietra di Fuoco, identica a quella del principio, era un'Anima che avrebbe raggiunto la perfezione alla Fine, all’essere come tutte Una con l'Uno; l'uomo di argilla diventerebbe così Pietra di Fuoco, simile a Metatron: per questo avrebbe dovuto solo adempiere alla Legge e muoversi nel Tempo fino in direzione del Finale, dove c’era la Perfezione. Ma un giono, Loro, i Seraphim Nephilim, creatori della Fratellanza Bianca, incisero il Segno Abominevole sulla Pietra di Fuoco su cui si trova ogni Anima degli uomini di argilla. E il Segno Abominevole raffreddò la Pietra del Fuoco, Aben Esch, e la rimosse dalla Fine del Tempo. Allora, Sacerdoti, la Pietra che deve essere lavata con liscivia alla Fine del tempo, è la Pietra Fredda che non dovrebbe essere dove si trova, perché non è stata messa al Principo del Creatore Uno. Pietra Maledetta, Pietra dello Scandalo, Seme di Pietra: Essi la incisero dopo il Principio nell'Anima dell'uomo di argilla e ora si trova nel Principio. Il tempo è il costante fluire della coscienza dell’Uno: tra il Principio e la Fine del Tempo c’è la Creazione; e alla Fine del Tempo c’è la Perfezione dell'Anima come Pietra di Fuoco. È la volontà di YHVH che l'anima raggiunga La Perfezione Finale secondo il modello di Metatron. Ma ora l'Anima non può vedere la Pietra Fredda che è nascosta nel suo petto. Non la percepisce fino a quando essa attraversa il suo cammino e diventa una Pietra dell’Ostacolo per l'Anima, un Ostacolo insuperabile per realizzare il Bene della Perfezione Finale. Senza il Seme di Pietra nell'Anima dell'uomo d'argilla non sarebbe esistito il Male né l'Odio per la Creazione, l'evoluzione si sarebbe realizzata attraverso la Forza dell'Amore al Creatore, la Perfezione Finale sarebbe stata assicurata per tutte le Anime Create: ora questo Piano di YHVH sarà impossibile da realizzare, e il Giudizio Din dell'Anziano dei Giorni determina che solo coloro che raggiungono il Bene della Perfezione Finale, in qualsiasi Tempo, arrivino vivi alla Fine del Tempo; Invece i contaminati dal Male, gli uomini d’argila nelle cui anime risieda, anche se inconsapevolmente, il Seme di Pietra, saranno dissolti e trasformati in liscivia per lavare con essa il Segno Abominevolee nella Pietra di Fuoco. - Sì, Sacerdoti: - continuò Birsa - Ehyeh creò tutti gli esseri, inclusa la Pietra. La estrasse dal Fuoco Caldo ed è per questo che la designò come "Pietra di Fuoco". E mise tutti gli Esseri creati nel Divenire del Tempo, che è il Flusso della Sua Coscienza: perché prima del Principio non c'era nulla di creato eccetto l'Ineffabile Essere Supremo. Lo Spirito dell'Uno uscì al Principio dall’Ein Sof, l'Infinito Presente, che rappresenta il nulla per tutte le Anime create. Così l'Uno, che anche lui emerse da questo nulla, tirò fuori da esso gli Esseri Creati, il primo dei quali fu il Fuoco Caldo, creato il primo Giorno: in tal modo ha dato Principio al Tempo. L’Anima dell’uomo di argilla, creata in seguito, cominciò a evolversi da allora, verso la Perfezione Finale. Ma quell'evoluzione era molto lenta. Per accelerarla vennero i Seraphim Nephilim col consenso dell'Uno; emersero anche loro da Ein Sof: a tali Angeli, i nostri nemici li chiamano "Dei Traditori". La cosa certa è che Essi estrassero dal nulla il Segno Abominevole Non creato (Increato) e lo incisero sulla Pietra Calda: e quella fu l'Origine del Male. La Pietra Segnalata si trasformò a causa di quel Segno in "Pietra Fredda" e si trasferì immediatamente al Principio del Tempo, retrocedette al nulla iniziale per sostenere un'esistenza abominevole al di fuori del Tempo. Tra gli

Esseri Creati, tra le Pietre Create, la Pietra Fredde respinse l'Ordine della Creazione, si ribellò alla volontà dell’Uno e si dichiarò Nemica della Creazione. Coloro che avevano introdotto il Segno Non Creato nel Mondo, introdussero la Pietra Fredda nell'Anima dell'Uomo come Seme di Pietra, per fare in modo che crescesse, maturasse e fruttificasse, in modo che la forza del suo sviluppo elevasse l’Anima rapidamente verso la Perfezione Finale. Ma quel seme, come abbiamo detto, avrebbe prodotto un Frutto estremamente ostile verso il Dio Uno e la Sua Creazione: un Frutto che accetterebbe di esistere solo al di fuori del tempo, prima del Principio, un frutto che solo avrebbe il desiderio di abbandonare il mondo degli Esseri Creati e perdersi nel nulla originale; un Frutto che non poteva essere previsto dall'Anima perché il suo Seme sarebbe rimasto invisibile fin dal Principio; un frutto sarebbe denominato "l'Io". E la causa di quel Frutto non sarebbe la Pietra Fredda, né il Seme di Pietra, ma quegli abitanti dell'Abisso che conoscete come Spiriti Iperborei. Sono i nostri veri nemici, ma, fortunatamente, possono manifestarsi solo nell'Anima dell'uomo attraverso la Pietra Fredda; capirete che ciò che li incatena all'Anima dell'uomo, senza che Essi se ne accorgano, è la Pietra Fredda messa nel Principio. Tuttavia, se la Pietra Calda fu estratto da Fuoco Caldo, il Fuoco Freddo, al contrario, scaturì dalla Pietra Fredda: per questo Fuoco Increato, la Stirpe Maledetta di Tharsis, che abbiamo appena sterminato, sfuggì durante secoli al nostro controllo e infettò il mondo con Uomini di Pietra che pretesero di distruggere le basi del Culto. .. Apparentemente, i Seraphim Nephilim non contano col fatto che il Fuoco Freddo sarebbe sorto dalla Pietra Fredda e avrebbe rivelato agli uomini luciferici ciò che Essi chiamano "L’Oscurità Infinita di Se Stesso"; quindi è necessario, dal momento in cui tale odioso Mistero fu possibile, evitare in Futuro che il Seme di Pietra maturi e dia i suoi frutti, che il Bambino di Pietra che riceverà la rivelazione del Fuoco Freddo e spegnerà il Fuoco Caldo del Cuore; è necessario lavare la Pietra Fredda con la liscivia per fare in modo che recuperi il Fuoco Caldo, il Fuoco che non deve mai lasciare il Cuore dell'uomo. In effetti, Sacerdoti, anche se Loro incolpano l'Uno e i suoi rappresentanti terreni della disgrazia che li affligge, furono i Seraphim Iperborei, quelli che abitano nel cuore di YHVH, Tiphereth, che conservano l’incatenamento spirituale; è vero che essi operarono con il consenso dell’Uno e nessuno sa quando o perché li creò, né perché gli concesse, inoltre, il Potere di estrarre esseri dal nulla. A meno che non si conceda credito a ciò che Essi stessi affermano: che non sono Esseri Creati dall’Uno ma procedono, come Ehyeh, da un Mondo esistente oltre l'Ein Sof; e che la loro natura spirituale è uguale a quella dell’Uno. Ma credere loro sarebbe come commettere la più grande eresia contro l’Hokhmah del Maestro di Tutto, infatti, per caso non ha dichiarato l’Uno stesso la sua Unità Assoluta ed Esclusiva? Tutto, quindi, il Sé non ha dichiarato il suo Assoluto e Compreso l'Unità? "A chi mi paragonerai che mi somigli?", Dice il Santo Anziano. Alza gli occhi in alto e guardate: chi ha creato tutto questo? "[Isaia, 40.25] "Così dice YHVH, Re d'Israele, il suo Redentore, YHVH Sebaoth: Io sono il Primo e l'Ultimo, e non c'è nessun Dio al di fuori di Me. Voi siete i miei Testimoni. C'è alcun Dio al di fuori di me? Non c'è un’altra Pietra; Io non la conosco "[Isaia, 44,6]. "Voi

siete il mio testimone, dice YHVH, poiché voi siete il Popolo Eletto da Me in modo che possiate sapere e capire che Io Sono, Ehyeh. Prima di Me, nessun Dio è esistito, e non lo farà dopo di Me. Io, io sono YHVH, e al di fuori di me non c'è Salvatore. Io sono Dio da sempre e anche oggi sono lo stesso e non c'è nessuno che possa scappare dalla mia mano: farò ciò che voglio e chi lo cambierà? "[Isaia, 43,10]. Sì, Sacerdoti; non dobbiamo dubitare dell’Uno. Ma non dobbiamo neanche dimenticare che i Serafini Iperborei hanno fondato la Fratellanza Bianca a cui apparteniamo tutti e nella cui Gerarchia abbiamo raggiunto il Sommo Sacerdozio. In sintesi, secondo i piani dei Seraphim Nephilim, mentre si sviluppava il Seme di Pietra, l'Anima dell'uomo di argilla si sarebbe evoluta in modo accelerato in direzione della Perfezione Finale. Ma la realtà contraddisse quei piani: quel Seme del Male, al dare frutto, lungi dall’impulsare l'Anima a elevarsi verso la Perfezione Finale, l’avrebbe fatta sprofondare nel Terrore di Abissi Senza Nome, nell’Eternità di un’Oscurità Infinita. Alla fine, il Seme di Pietra avrebbe finito per dominare l'Anima dell'uomo di argilla e trasformarlo in un Nemico del Creatore e della Creazione, indurendo il suo Cuore e trasformandolo in un essere privo di Amore, trasformandolo in un Uomo di Pietra. Questo è il motivo per cui Noi, i Sacerdoti Perfetti, dobbiamo propiziare l'Olocausto di Fuoco, per lavare con liscivia alla Fine il Segnale Abominevole nella Pietra-che-è-piantatanell'Anima-dell’Uomo–d’Argilla. - concluse Birsa.

Trentaduesimo Giorno L’Intrusa, Lucifer. La Vergine del Melograno

Immediatamente, Bera aggiunse quanto segue: 'Per millenni, nel Continente sommerso di Atlantide, che i Gentili non devono mai sapere che è esistito, i Sacerdoti dell’Uno combatterono contro l'effetto ostile che la Pietra Fredda causava nell'Anima degli uomini di argilla. Si cercava, con vari mezzi, di fare in modo che lo Spirito increato, incatenato all’Anima dalla Pietra Fredda, dimenticasse la sua Origine, al di là dell’Ein Sof. E i risultati furono incoraggianti perché alla fine il sangue degli uomini d’argilla si era degenerato in modo tale, che lo Spirito increato era incapace di orientasi in direzione della Pietra Fredda che gli avrebbe rivelato la sua Origine Divina. Poi ci fu un’Età dell’Oro Culturale, in cui un altro Popolo Eletto, simile a Israele, instaurò la Sinarchia Universale e si preparava per il Regno della Shekhinah. Fu allora che alcuni Uomini di Pietra, che sfuggirono dallo sterminio al quale li sommettevano i Sacerdoti e i “Serafini Nephilim”, riuscirono a chiamare in suo aiuto altri Serafini, chiamati "Iperborei", ci quali entrarono all'Universo Creato attraverso la sfera di Venere (La Porta di Venus). Il più terribile di questi Serafini era conosciuto come Lucifer, Lucifero, Phosphoro o Espero, dal momento che, affrontando tutte le Legioni Celesti di YHVH Sabaoth, si precipitò sulla Terra per lasciare in eredità la sua Corona allo Spirito, incatenato negli uomini d’argilla. Lasciò qui, infatti, la Gemma Maledetta del Gral, che ha il potere di impedire che lo

Spirito dimentichi la sua Origine. Fatto questo, ritornò da dove era venuto, però lasciando dietro di sé i germogli fecondati delle Stirpi Luciferich conto cui ancora combattiamo, in tutto simili alla Casa di Tharsis, che abbiamo appena finito di sterminare. E sarebbero state quelle Stirpi, condannate da YHVH, in particolare quelle derivanti dalla Razza Bianca, quelle che non avrebbero più dimenticato l'Origine, quelle che si proposero di germinare il Seme di Pietra in tutti gli uomini di argilla, quelle che evrebbero innescato la ribellione contro la Legge di YHVH e l’odio per la Creazione. E fu così che inevitabilmente si giunse alla Battaglia di Atlantide, che si concluse con una catastrofe planetaria. Tuttavia, il Male più grande non era ancora avvenuto: questo giunse a causa di Lucifer e di quella Donna, L’Intrusa Ama, che fu in grado di entrare nella sfera di Venere e ottenere il Segreto del Seme di Pietra. Sì Sacerdoti: il Seraphim Lucifer consegnò a L’Intrusa la Spiga dei Semi di Pietra, che fino ad allora possedevano solo i Seraphim Nephilim. E al suo ritorno il Male Superiore colpì gli uomini di argilla, infatti L’Intrusa scelse l più coraggiosi e cominciò a piantare nei loro cuori il Seme di Pietra che spegne il Fuoco Caldo della Passione Animale, l'Amore della Grande Madre Binah: ogni Seme di Pietra sarebbe diventato un Guerrero Saggio, un Uomo di Pietra collocato al di fuori della legge di YHVH, al posto dell’uomo identico a Metatron che era destinato a essere alla Fine del Tempo. Con il suo atto inqualificabile, L'Intrusa, La Vergine di Agartha, offese profondamente la Grande Madre Binah, a cui strappò l'amore di molti Figli: per questo bisogna purificare questa terra di Huelva, che per tanti secoli è stata dedicata al suo Culto Empio. Solo così la Shekhinah scenderà a Rus Baal. Lei, Sacerdoti, è il Nostro Più Potente Nemico, il suo Male è al di sopra di tutti i mali; la sua Ostilità verso la Creazione supera quella di qualsiasi Uomo di Pietra; il suo Coraggio nell’affrontare l'Uno supera quello del Guerriero Saggio più coraggioso: davanti a Lei e al suo Mistero Infinito, tutti tremano di Terrore; e dopo il Terrore e la Morte sopravvivono solo gli Spiriti Increati, che sono della sua stessa essenza Iperborea. Lei ritornò da Venere, portando la Spiga dei Semi di Pietra e portando nel suo grembo il Demone della Guerra, Navután, suo Figlio Increato. Tutto fu una cospirazione del Serafino Lucifer: Egli voleva che Ama avesse un Figlio di Pietra, un Figlio che si mettesse alla testa della Razza Bianca e fondasse per i suoi membri un Mistero; e che gli Iniziati in quel Mistero acquisissero l'Immortalità e ricevessero nel loro Cuore il Seme di Pietra della Vergine di Agartha. Guardate il Sepher Icheh! Ordinò Bera, a cui questa parte della Storia produceva una strana mistura di Odio e Terrore. Qui Navután si auto-crocifisse, - indicò i rami che andavano dal tronco alle Granate Hoesed e Din. L'Ase (Nella mitologia nordica gli Asi, maschile singolare Ase, femminile singolare Asinia, sono gli abitanti di Asgard – Agartha N.D.T.) fu soggettatto dal Braccio Destro e dal Braccio Sinistro al Santo Aziano, sotto al suo Grande Volto e senza notare che la Pietra di Fuoco, Aben Esch, pendeva sopra la sua testa. Per Nove Notti agonizzò sulla Croce di Rimmon fino a che Frya, un demone femminile tanto terribile come Ama, uscì dal suo occhio e scoprì il Segreto della Morte. Ma per poterlo rivelare a Navután, che era appena morto, dovette ingerire un chicco del

melograno Hokhmah e diventare una pernice: poi iniziò a ballare per Navután la Danza Zoppicate che permette di uscire dal Labirinto di Illusione della Morte; ma, quel cibo la incatenò all'Illusione, come Persefone, e non potette ritornare all'Origine da cui era venuta per salvare il suo Sposo. È così che Frya, un nuovo Nemico della Creazione, rimase insieme a Vides, il Signore della Agartha, il rifugio dei Demoni Increati, e insieme a Navután, suo Marito, per combattere la Guerra Essenziale contro l’Uno. Navután, nel frattempo, resuscitò e rivelò ai membri della sua Razza il Segreto della Morte attraverso il Mistero del labirinto, nel corso del quale gli Iniziati ricevono nel loro cuore il Seme di Pietra della Vergine di Agartha e possono diventare Uomini di Pietra. I discepoli di Navután furono gli Atlanti Bianchi, che seminarono il Mondo di Pietre empie, quelli che aprirono le porte delle Dimore Celesti per prenderle d'assalto. Per questo, non dimenticate, Sacerdoti, le condizioni del Patto Culturale! Gli Uomini di Pietra sono i nostri più terribili Nemici perché si sono proposti di impedire la realizzazione dei piani che YHVH ha disposto per l'umanità: ma lo sono anche le Pietre degli Uomini di Pietra. Non dimenticate che è necessario distruggere le loro Pietre maledette perché in esse potrebbero esserci Semi di Pietra, germogli di esseri inconcepibili che potrebbero dare i suoi frutti e nascere in certi momenti della Storia. Non dimenticate che la Pietra Fredda è sempre al di fuori del Tempo, al di là del Principio degli Esseri Creati, invisibile alla nostra anima, ma pronta a manifestare la sua ostilità essenziale quando l’opportunità, vale a dire, il kairos, lo permetta: ignoriamo, infatti, se da questo o quel Menir sorgerà un Uomo di Pietra, ma in ogni caso dobbiamo distruggerlo. Non dimenticate che combatiamo la Guerra Essenziale contro il Nemico della Creazione, che la nostra è la guerra tra la Liscivia e la Pietra Fredda, tra il Fuoco Caldo e il Fuoco Freddo, tra il Creato e l'Increato, tra l’Essere e il Nulla. Birsa riprese la parola per riferirsi esclusivamente alla missione che gli Immortali lasciavano ai Sacerdoti. La riunione stava per finire e sarebbero passati molti anni prima che Essi avessero fatto ritorno: forse, allora, come anticamente, come sempre, ci sarebbero stati altri Sacerdoti a riceverli. Non dovevano, infatti, perdere nessuna parola di quelle che Essi pronunciavano, dal momento che nessuno avrebbe potuto ripeterle in seguito. E l'errore, nell'Ordine di Melchisedek, si pagava a caro prezzo. "Conoscete già, in parte, la vostra missione", - concesse Birsa -. Dedicherete tutti i vostri poteri e le vostre influenze per purificare questa regione di Huelva. La Casa di Tharsis è stata distrutta e, sebbene non abbiamo recuperato la Pietra di Venere, non sarà nemmeno usata contro di noi. Questa era uno delle ultime Pietre di Lucifer, che permettevano agli Iniziati Iperborei orientarsi nel Labirinto dell’Illusione della Vita; senza di esse nelle vicinanze, tranquillo potrà stare il guardiano del Labirinto, YHVH Adonai: solo i Sacerdoti di Israele conoscono la danza zoppicante che segnala l'Uscita. Sacerdoti: il nemico è quasi sconfitto! La Sinarchia del Popolo Eletto fra non molto sarà una realtà, presto discenderà la Shekhinah, presto regnerà il Re Messia! L'Olocausto di Fuoco già s'intravede! Quiblòn verrà a Rus Baal a cercare la Grande Madre Binah ed esibirà il suo nome S.A.M., Shekhinah, Avir, Metatron; e Lei amorevolmente pianterà nel suo cuore il Seme di Argilla del Pardes

Rimmonim Barro, il Germoglio di Metatron sarà al Finale la Pietra di Fuoco, Anima Perfetta del Popolo Eletto! Abbattete senza rispetto gli Altari dell'Impostora! Togliete dalla sua mano l'abominevole Spiga dell’Odio! Che nessuno ricordi il suo Sacrilegio Essenziale, i suoi Semi di Pietra condannati da YHVH! Distruggete i loro luoghi di Culto e le loro Immagini, uccidete perfino la loro memoria e, naturalmente, bruciate fino alla cenere, e fate con essa la liscivia, tutti coloro che credano nella Vergine di Agartha e abbiano l'ambizione di ricevere il Seme di Pietra! Siate duri, Sacerdoti, perché il Nemico lo merita! Alzate invece gli altari per la dolce Madre Binah! Collocate nella sua mano il magnifico Melograno dell'amore di YHVH! Che tutti conoscano il suo Sacrificio Essenziale, essere depositaria dei Semi di Argilla benedetti da YHVH! Costruite luoghi per la sua Adorazione e invocate le sue Immagini, generate nella gente memoria di Essa e, naturalmente, ricompensate con i più grandi benefici per tutti coloro che credano nella Vergine dei Miracoli, o della Rabida, o del Melograno, o del Nastro o della Barca o del Bambino di Argilla o del Fuoco Caldo! Siate efficaci, Sacerdoti, perché i Piani di YHVH lo richiedono! In breve, inizierete sostituendo la statua del Vescovo Macario con la nuova scultura di Nostra Signora dei Miracoli, che il monaco scolpirà secondo la visione del Sepher Icheh. E questa scultura le installerete nel Convento di Nostra Signora della Rabida, ma subito dopo vi dedicherete al compito di promuovere la costruzione nelle vicinanze di un grande santuario dedicato alla Vergine del Nastro: il quale ospiterà una Confraternita di marinai e i proprietari di Naos, che chiederanno la loro protezione e si riuniranno attorno al suo Culto. Il sito ideale sarà una collina vicino al Mare, da dove si possa vedere l'estuario dell’Odiel, la città di Huelva, Palos, la Rabida e Moguer. E l'immagine che li sarà adorata sarà molto simile a quella che ha visto il monaco scultore, ma dotata di maggiori attributi sacri: la Grande Madre Binah esibirà nella sua mano sinistra la Granata, vale a dire, il Melograno acido della Vita Calda, tagliato in forma di vulva e mostrando dalla sua apertura i grani dei Semi di Argilla; con la mano destra sosterrà il Messia, che apparirà completamente nudo tranne i suoi piedi, che si copriranno con borceguies (calzature medioevali che coprivano fino alle ginocchia) per nascondere la zoppia di Dionisio. La mano sinistra del Bambino Divino sarà diretta verso il Melograno, mentre la destra sosterrà il nastro Sefirotico, il cordone con le dieci misure dell'Universo, il simbolo dei marinai d'oltremare. Inoltre nel vestito della Madre di Dio, ben visibili e contrastate, devono apparire le lettere ebraiche del Nome di Quiblòn, S.A.M., cioè Samekh, Aleph e Mem. Infine, sopra l'immagine della Vergine del Nastro, farete dipingere due dei Seraphim Nephilim, sostenendo con le loro mani il Simbolo Celtico della Chiave Kalachakra. Farete creare anche altre immagini e sculture ispirate alle recenti descrizioni. Ma ricordate che, in ogni caso, il Bambino Messia dovrebbe essere spogliato del libro sacrilego che ostenta il Bambino di Pietra della Vergine di Agartha, il libro della Sapienza Iperborea: invece, mettete uno sphaera orbis terrae, come simbolo del Potere Universale che il Re Messia raggiungerà nel Regno di Israele Shekhinah. Simile a questa, quindi,

saranno le immagini e le sculture che distribuirete in tutti i luoghi che saranno necessari. E ora attenzione, Sacerdoti, profetizzeremo per l'ultima volta. Ascoltate questo Messaggio, che si compierà in qualsiasi momento e luogo perché rappresenta la Parola di YHVH: YHVH Sebaoth dice: Verranno Giorni di Gloria per il Popolo Eletto. Io scenderò, Shekhinah, su di esso e regnerò, nel mezzo dell'Olocausto di Fuoco in cui i malvagi saranno consumati. E in quei giorni, quando la Gloria e la Vittoria di Israele siano vicine, invierò un segno inequivocabile che l'ora è arrivata: Quel Segno sarà la caduta di Granada, la Casa degli Ebrei. In verità sarà sempre Granada a indicare quest’ora. Granada, che sarà in quel momento posseduta da un Regno decadente, sarà conquistata da un Impero emergente. Sarà offerto in seguito il Triplice Olocausto dei Popoli Gentili; e poi Io discenderò; e inizierà la Gloria e la Vittoria di Israele. Quiblòn, la cui Voce chiude la Porta degli Inferi e apre la Porta dei Cieli, mi offrirà il Triplice Olocausto e mi Annuncerà e Annuncerà così l'Ora di Israele. -Rallegratevi Sacerdoti di YHVH Sebaoth, che oggi il Lignaggio di Tharsis è stato sterminato e Noi Vi Annunceremo la prossima Shekhinah! Rispettate, esaudite i nostri ordini con fermezza e accuratezza, e presto Quiblòn verrà a ricevere la Parola di Metatron e celebrerà il Triplice Olocausto atteso da YHVH! Possa la Vittoria Netsah di YHVH Sebaoth accompagnarvi! - Salutò Birsa. - E che la Gloria di Elohim Sebaoth incoroni i vostri sforzi! - Disse Bera dicendo addio. Il giorno dopo, gli Immortali partirono per Shambalá, lasciando i quattro sacerdoti immersi in cupe elucubrazioni. Certo, l'arroganza diabolica di Bera e Birsa si sarebbe placata un poco se avessero appena sospettato che ancora esistevano Signori di Tharsis con vita e che la Stirpe Condannata, come la Fenice, sarebbe rinata dalle sue stesse ceneri nella Casa di Tharsis.

Trentatreesimo Giorno Circulus Dominis Canis, Vrunalda e Valentina

Egregio dott. Siegnagel: Spero che voi abbiate abbastanza pazienza e tempo per continuare a leggere. Forse questa lettera si è estesa troppo, ma non ho potuto abbreviarla di più, perché corro il rischio di oscurare il messaggio che, giustamente, voglio rivelarvi con la sua lettura. Certamente, mi sono limitata a menzionare solo i fatti più salienti della complessa storia della Casa di Tharsis; con un altro criterio espositivo sarebbe stato impossibile persino arrivare fin qui. D'ora in poi cercherò di riassumere ancora di più la parte mancante, non perché il messaggio sia già stato rivelato, o perché ciò che segue non è importante, ma perché il tempo sta per scadere, perché sento che Essi si stanno avvicinando e voglio che

Voi riceviate la lettera prima che i Golen eseguano la Sentenza. Vi chiedo solo Dottore, piuttosto vi supplico, di portare a termine la lettura completa e poi giudicare: so che la mia condizione di "malata di mente" toglie non poco credito al suo contenuto se lo stesso fosse giudicato razionalmente; ma, non lo negherò, confido che finalmente adotterete un altro punto di vista. Devo abbandonare, pertanto, i satanici Immortali, che presto avrebbero fatto ritorno al Tempio di Melchisedek, per riferirmi nuovamente ai Signori di Tharsis. Ora si capirà come la necessità che la Casa di Tharsis aveva di sopravvivere abbia influenzato e dato un’orientazione definitiva alla Strategia del Circolo Domini Canis; e come questa strategia culminò quando l’ispirata gestione di Filippo IV concretizzò i suoi obiettivi. Noso de Tharsis si stava preparando a tornare alla Caverna Segreta quando la Peste fece la sua presenza nella Casa di Tharsis. Immediatamente capì che era l'unico sopravvissuto e, dominando la furia bellicosa che fluiva dal suo Spirito, cercò di valutare con calma la situazione. Trattandosi di un attacco dei Golen, non c'era speranza per i restanti membri della famiglia, tranne che per gli Uomini di Pietra che, come lui, erano evidentemente invulnerabili. Decise, quindi, di attendere la conferma di ciò che era accaduto alla spedizione del conte Tarseval e durante quell’attesa, verificò con orrore che i corpi dei suoi parenti erano stati trasformati in bitume. All’arrivo di Lugo de Braga e all’inizio dei saccheggi, Noso non ebbe bisogno di altri dati per conoscere la sorte del Conte e dei suoi Cavalieri: e in quel momento solo pensò alla Basilica della Madonna della Grotta e alla sua preziosa immagine che era stata lasciata lì, la cosa più importante per un Uomo di Pietra. Senza meditarlo due volte, corse alla Chiesa con la spada in pugno. Un gruppo di quindici soldati era appena arrivato, forse con l'intenzione di rubare il Calice d'Oro e dovette affrontare la furia del Guerriero Saggio: battaglia impari per gli Almogaveri e per qualsiasi guerriero non iniziato, costò loro la vita. Mentre si avvicinava all'altare, Noso, che era sicuro di arrivare per primo, verificò con stupore una mutilazione nella statua del Bambino di Pietra, qualcuno aveva reciso la mano di pietra che esprimeva la Vruna Bala. Ma non era quello il momento di risolvere l'enigma. Il Noyo avvolse i busti della Vergine e il Bambino con un mantello e raggiunse a cavallo il lato sinistro del fiume Odiel, dove un piccolo sentiero poco frequentato lo avrebbe portato verso la Sierra Candelaria. La notizia lo sterminio di gran parte della famiglia commosse la dura anziana: 1700 anni prima, un’altra Vraya aveva vissuto una situazione simile. Non era possibile, disse quasi a se stessa, che tanto sforzo fosse stato invano. Nonostante tutti gli attacchi subiti fino allora, la Casa di Tharsis era riuscita a superare sempre i momenti difficili, anche se nessuno così critico come il presente; ma anche i progressi erano molti: il modello familiare era quasi compiuto; erano secoli che il Culto del Fuoco Freddo forniva Uomini di Pietra ai Signori di Tharsis; e avevano conservato la Pietra di Venere, il trofeo più prezioso per il Nemico; mancava solo una purificazione del sangue come ultimo sforzo, che la famiglia producesse un Uomo di Pietra in grado di comprendere il Serpente con il Simbolo dell’Origine, vale a dire, a uno che fosse in grado di proiettare il segno dell’Origine sulla

Pietra di Venere; Quell’Iniziato Iperboreo raggiungerebbe la Più Alta Saggezza, la localizzazione dell’Origine, e la Pietra di Venere gli mostrerebbe il Segnale Litico di K'Taagar; allora i Signori di Tharsis potrebbero marciare verso il destino a loro riservato dagli Dei Liberatori; e quel momento non sembrava essere lontano, la Casa di Tharsis era a conoscenza dell'imminenza con cui stava per arrivare un Uomo di Pietra, un Pontefice che avrebbe compreso maggiori segreti; Erano stati ad aspettare con ansia per anni, ma tutti erano d'accordo sul fatto che sarebbe arrivato presto; e i segnali degli Dei coincidevano. In che modo, allora, avvenne quel disastro? In cosa avevano fallito? Forse per eccessiva sicurezza? Avevano ancora sottovalutato ancora una volta il nemico? Indubbiamente questa era la risposta. Non era stata mantenuto un sufficiente stato di allerta ed era stato permesso al Nemico di agire; invece, sarebbe dovuto essere attaccato preventivamente appena arrivato nella regione di Aracena. Stando così le cose, quello che era successo fu spiegato, almeno strategicamente, dal momento che contro la conoscenza impiegata dagli Immortali non avevano alcun tipo di difesa al di fuori della Purezza del Sangue. Non era possibile, ripeteva la Vraya, che gli Dei Liberatori li avessero lasciati alla mercé dei Golen; quel colpo non poteva significare la fine della Casa di Tharsis, non prima di aver compiuto la missione di famiglia; sicuramente altri Signori di Tharsis erano ancora in vita per salvare la Stirpe e consentire la generazione dell'atteso Uomo di Pietra. Era necessario cercarli! Noso de Tharsis sarebbe dovuto partire e visitare i luoghi in cui vivevano gli altri parenti, anche se era inutile sperare nella sopravvivenza di chiunque non fosse stato iniziato. E questi ultimi, gli Uomini di Pietra, erano tutti incorporati nell'Ordine dei Predicatori, lavorando in diversi monasteri e università in Francia e in Italia. Il Noyo doveva viaggiare immediatamente. Lei sarebbe rimasta di Guardia; razionando il più possibile il cibo disponibile avrebbe resistito per sei mesi, quindi, naturalmente, sarebbe morta proprio lì, se Noso non fosse tornato in tempo. La Vraya aveva ragione: c'erano ancora Signori di Tharsis con vita e con la possibilità di salvare la Stirpe; ed era altrettanto vero che quella sarebbe stata la situazione più critica che avessero mai affrontato, compresa la distruzione di Tartesso. Quella volta sopravvissero sedici membri del lignaggio: ora ne restavano solo otto, contando la vecchia Vraya e il Noyo. In effetti, durante il suo viaggio a Siviglia, Cordoba e Toledo, Noso trovò solo il lutto e la paura dei parenti non di sangue, ai quali nulla era successo, e seppe che la Peste non conosceva le distanze. Solo a Toledo incontrò un altro Uomo di Pietra, che sapeva già che stava succedendo qualcosa di terribile e stava per recarsi a Turdes: anche lì erano morti parenti a causa della strana Peste. Dopo aver sentito la grave notizia, decise di partire con Noso verso Saragozza e Tolosa, nella provincia della Linguadoca, dove risiedeva il Capo dei Domini Canis. A Saragozza si resero conto che la Morte Finale aveva trasformato in bitume alla bella famiglia di una delle sue cugine, madre di dodici figli: i tredici morirono nello stesso momento, nella stessa fatidica notte; il marito, un Cavaliere bizantino, talentuoso professore di greco, non aveva alcuna consolazione. Come disse agli Uomini di Pietra, la defunta gli aveva rivelato anni

prima che una setta esoterica composta di esseri terribili chiamati "Golen" perseguiva da lungo i Signori di Tharsis; all’esalare quel grido spaventoso, prima di morire, essa si era aggrappata a Pietro di Creta, il quale credete di distinguere la parola "Golen", modulata con l'ultimo respiro. Per questo giurò in seguito, sui tredici corpi, di vendicare quelle morti se davvero fossero state il prodotto della magia nera dei Golen, come suggerito dalla decomposizione orrenda si poteva osservare nei corpi: la sua vita, disse Pietro, era stata distrutta, e avrebbe accettato di morire mille volte quella notte piuttosto che sopravvivere sopportando il dolore di ricordare coloro che amava così tanto. Avrebbe consacrato la sua esistenza a cercare i Golen, ora i suoi nemici, e avrebbe cercato di mantenere il suo giuramento; si sarebbe vendicato o sarebbe morto nel tentativo: era evidente, disse innocentemente, che solo la furia che si accendeva nel sangue gli permetteva di rimanere in vita. Pietro di Creta non sapeva da dove iniziare la ricerca quando arrivarono i monaci, parenti di sua moglie, che sicuramente avrebbero saputo come orientarlo. Gli Uomini di Pietra, i cui parenti morti erano centinaia, non erano dell'umore per essere commossi dal piccolo dramma del Cavaliere bizantino; tuttavia, ammiravano la sua nobile ingenuità, il valore illimitato che esibiva e la meravigliosa fedeltà del suo amore. Era ovvio che non aveva idea dei nemici che aveva di fronte e che non aveva nessuna possibilità di fronte a Loro; ma sarebbe stato quasi impossibile per lui trovarli da solo e quell'impotenza sarebbe stata la sua migliore protezione. Così i Signori di Tharsis si ritirarono, senza aver detto una parola, quando furono raggiunti da Pietro di Creta: l'uomo non li aveva creduti minimamente; Al contrario, era sicuro che gli nascondessero qualcosa e decise di accompagnarli; offrì la protezione della sua spada ai monaci, ma, se lo avessero rifiutato, li avrebbe seguiti a distanza. Non ci fu modo di persuaderlo a lasciar perdere. Gli Uomini di Pietra non ebbero scelta: o gli permisero di accompagnarli o avrebbero dovuto ucciderlo. Decisero la prima scelta, perché Pietro di Creta era, chiaramente, un uomo d'Onore. Il comandante del Domini Canis li stava aspettando. Si chiamava Rodolfo ed era nato a Siviglia, ma nell'Ordine lo chiamavano come "Rodolfo di Spagna". La sua saggezza era leggendaria ma, per ragioni strategiche, non aveva mai voluto eccellere in ambienti accademici e solo aveva accettato quel priorato alla periferia di Tolosa; dal suo monastero gestiva il gruppo più interno Circulus Domini Canis. Proveniva dalla stessa famiglia di Petregno, aveva un grado di parentela di zio di secondo grado con i nuovi monaci arrivati, che erano cugini tra loro. Localizzato Pietro di Creta in un monastero che ospitava pellegrini laici, parlò francamente: -So tutto! La Voce del Sangue Puro me l'ha rivelato al momento di succedere. E lo sguardo interiore mi ha permesso di osservare il Rituale dei Demoni. Ora sono tornati al Tempio di Melchisedek con la convinzione di essere riusciti a sterminare la Casa di Tharsis. Abbiamo, quindi, un piccolo vantaggio strategico che dobbiamo sfruttare correttamente per salvare la Stirpe di Tharsis. Questo è il quadro della situazione: di tutta la Spagna, solo voi due e la Vraya siete sopravvissuti; qui ci sono due suore, che sono le

mie nipoti Vrunalda e Valentina; e rimangono anche due Iniziati, uno a Parigi e uno a Bologna: gli ho inviato messaggeri con urgenza chiedendo che si presentino di persona a Tolosa. Signori: dobbiamo tenere un Consiglio di Famiglia! Quindici giorni dopo i sette si riunirono in una cripta segreta, sotto la chiesa del Monastero di Rodolfo di Tharsis. In effetti, non c'era molto da discutere, perché i rimanenti sei avrebbero accettato qualsiasi proposta di Rodolfo, di gran lunga il più Saggio dei Signori di Tharsis. E non avevano torto perché il suo piano, semplice ed efficace, produsse risultati veramente contundenti contro la Strategia nemica, e permise di salvare la Stirpe di Tharsis. Lo spiegò in questo modo: "Prima di tutto, devo confermare che la Casa di Tharsis si trova come mai prima di fronte alla possibilità di estinzione; e che le possibilità di continuazione della Stirpe sono minime: concretamente, si basano sulle due Dame presenti qui. Non vi è ignoto che in tutta la storia della nostra discendenza gli Uomini di Pietra sono sempre nati dall'eredità materna: il messaggio del Sangue Puro viene trasmesso da figlia a figlia, e solo dalle Dame di Tharsis nascono gli Uomini di Pietra e le Dame Kalibur. Quindi, la principale priorità della strategia da seguire è quella di collegare queste signore con matrimoni adatti ai nostri scopi. Ciò significa che tali matrimoni devono essere rigorosamente sotto il nostro controllo: tutto deve essere sacrificato a favore della missione familiare, incluso un marito sterile! Vrunalda e Valentina annuirono. Rodolfo continuò a parlare: - Il Circulus Domini Canis darà a tutti voi nuove identità perché, naturalmente, non tornerete dove siete stati finora. I Golen non dovranno mai sospettare che siamo vivi e che nessuno di noi appartiene al lignaggio di Tharsis. Torneremo ai nostri nomi solo il giorno in cui riusciremo a spezzare il potere dei Golen, o distruggendo il loro Ordine satanico, o rafforzando al massimo il Circulus Domini Canis. Nel frattempo lavoreremo segretamente nell'Ordine dei Predicatori e faremo in modo che i matrimoni di Vrunalda e Valentina diano i suoi frutti. Non potremo tornare in Spagna finché esiste la possibilità di essere scoperti o riconosciuti. Dobbiamo mantenere la finzione che la Casa di Tharsis si sia effettivamente estinta. So che significa lasciare la Vraya abbandonata al suo destino, ma questo è preferibile davanti al rischio di un nuovo assedio degli Immortali nella Caverna Segreta. Ricordate che molti sono morti per preservare la Spada Saggia e che la Vraya sarà solo un’altra di coloro che daranno la loro vita per una missione così nobile. Tuttavia, un giorno dovremo tornare alla Caverna Segreta per ripristinare la Guardia. Dovremo prevedere in quel momento come recuperare il patrimonio della Casa di Tharsis. Per questo nulla sembra meglio che intraprendere le seguenti azioni: c'è un Iniziato nel Circulus Domini Canis, un giovane Conte catalano, che sarebbe disposto a cedere i diritti di una sua ricca Signoria mediterranea a favore di un figlio di Alfonso III, in cambio della contea di Tarseval. Vi anticipo che il Re del Portogallo concederà questa misericordia, dati i vantaggi ottenuti in

prestigio e reddito al beneficiario della contea catalana. Tutto sarà organizzato dall'Ordine, ma c'è qualcos'altro: ho pensato che questo Conte è il marito ideale per Vrunalda. Qui la sorpresa si dipinse su tutti i volti. Vrunalda, una ragazza di quindici anni che, da quando ne aveva tredici, era novizia a Fanjeaux, arrossì. Rodolfo spiegò il suo piano: - Non siate sorpresi, presto ne capirete la ragione. Capisco che l'idea di mandare Vrunalda in Spagna debba sembrare una pazzia, dopo i pericoli che ho confermato e la strategia che ho proposto, ma vi mostrerò come potrebbe essere possibile. Se noi agiamo con cautela e ci prendiamo un tempo ragionevolmente prudente per regolare i dettagli, per esempio circa quattro anni, nulla permette di anticipare maggiori pericoli o difficoltà, al contrario, la presenza di Vrunalda nelle terre della Casa di Tharsis è necessaria per fare in modo che il potere Il carismatico della Pietra di Venere agisca sul suo seme. Ovviamente, non la invieremo senza protezione, perché abbiamo il potere di dotarla di una nuova identità, il cui cambio sarà difficilmente notato dai Golen. Il fatto è che uno dei membri tedeschi del Circulus Domini Canis è un Proprietario Terriero vassallo della Casa di Svevia, vedovo da molti anni e consacrato alla predicazione nell'Ordine. Alla morte di sua moglie, il Nobile ci affidò la sua piccola figlia di nove anni come novizia del monastero di Fanjeaux, la quale morì tre anni dopo, più o meno per la data d’ingresso di Vrunalda. Ho parlato con lui, e lui è d'accordo sul fatto che Vrunalda prenda il posto di sua figlia; è persino disposto a giurare che essa è sua discendente legittima e di morire prima di tradire un tale giuramento. Porterà Vrunalda al suo Castello in Austria e la presenterà come sua figlia, che ha abbandonato la vita religiosa per essere stata promessa sposa a un Conte catalano. Per quattro anni lo integrerà nei costumi germanici e le fornirà tutte le informazioni sulla sua recente famiglia. Spero che alla fine di questo tempo, Vrunalda sia in grado di passare per una dama germanica e di rispondere a tutti gli interrogatori sulla sua discendenza. Pertanto, qui abbiamo sostituito le lapidi e adulterato i certificati di morte del monastero, facendo in modo che chi morì, e fu sepolto tre anni fa, in questo momento sia Vrunalda di Palencia. Cosa ne pensate di questo piano adesso? Il sorriso illuminò i volti degli Uomini di Pietra, mostrando piena fiducia nel piano di Rodolfo. Approvarono quanto aveva appena proposto e rispettosamente ascoltarono la fine della sua esposizione: - Per quanto riguarda Valentina, devo dire che non ho ancora deciso nulla e che bisognerà trovarle un marito che soddisfi le condizioni da noi richieste. Ma, in ogni caso, deve scomparire definitivamente come membro della Casa di Tharsis. Pertanto, vi annuncio che Valentina di Palencia, suora dominicana del convento di Fanjeaux, a tutti gli effetti della legge morì quella notte in cui la Peste colpì la Casa di Tharsis: la sua morte è stata trascritta nel verbale e risulta il suo sepolcro nel il cimitero dell'Ordine. Mentre prepariamo il suo futuro, resterà nascosta in una fattoria che possediamo a Saint Felix di Caraman (Saint-Felix-Lauragais NDT). Tale proprietà apparteneva ad un Nobile della stirpe dei Raimondo, che fu bruciato da Simone di Montfort durante una delle loro avanzate verso Tolosa: l'unico erede vivente, eretico confesso, era stato costretto a entrare a vita in uno dei monasteri di clausura dell'Ordine dei Predicatori. Dopo la sua

morte, i diritti passarono all'Ordine, che ora aveva deciso di venderli a un Cavaliere Romano disposto a vivere in queste regioni e in possesso di molto oro per pagare. Quel Cavaliere, "Arnaldo Tiber", non è altri che il nostro parente appena arrivato da Bologna, qui presente: la sua missione sarà quella di realizzare la produzione agricola della fattoria e ricostruire il Castello, ormai in rovina; dovrà anche sposare una Dama scelta tra le famiglie dei Domini Canis. Valentina dovrà passare per sua sorella, o nipote, fino a quando la sua situazione non sarà risolta. Momentaneamente, rimarrà a vivere lì l'Uomo di Pietra proveniente da Toledo e asseconderà in tutto il supposto Cavaliere romano. Tenete a mente che sarete vassallo del Conte di Tolosa e, quindi, del Re di Francia; Ma, come l'Ordine dei Predicatori si riserva i diritti religiosi della donazione, la vostra spada sarà effettivamente al servizio del Papa e della Chiesa. E vi consiglio sistemare nel castello, come comandante della guarnigione o maggiordomo, il Cavaliere vedovo che vi ha accompagnato dalla Spagna: non ho alcun dubbio che si tratta di una persona di confidenza. Le cose si manifestarono come previsto da Rodolfo, con un'eccezione che cambiò gli obiettivi, come vedremo in seguito. Il Re del Portogallo fece spazio alla richiesta del Cavaliere catalano, fortemente sostenuto dall'Ordine dei Predicatori, e concesse la Contea di Tarseval. Ciò accadde un anno dopo che la Peste che causasse l'estinzione della Casa di Tharsis e, per allora, i Golen avevano già ispezionato a fondo la Villa de Turdes e la Residencia Signorile. Se ne sarebbero andati convinti che non rimanessero Signori di Tharsis in vita, anche se avrebbero esteso la ricerca a tutta la Spagna e poi al resto dell'Europa. Ma quelle indagini avrebbero dato risultato negativo; o positivo, secondo il vostro punto di vista, perché in tutti i luoghi in cui avevano vissuto i membri della Stirpe condannata, essi verificarono che il passaggio della Peste non aveva lasciato superstiti. Il nuovo Conte di Tarseval ripopolò la Villa de Turdes con cinquecento famiglie di Barcellona e organizzò una guarnigione alla Residencia Signorile di trecento soldati catalani. Dove c’era la Cappella, ai piedi della Sierra Candelaria, ordinò la costruzione di una piccola fortezza composta da una torre e delle mura: da quel momento in poi, quel punto sarebbe stato sempre sotto osservazione delle sentinelle della Contea. Non essendoci Noyo o Vraya a fare la guardia nella Caverna Secreta, la cosa migliore da fare era sorvegliare la Sierra per allontanare i curiosi o possibili sospettosi. Tre anni dopo, il Conte di Tarseval si recò in Austria e contrasse matrimonio con Vrunalda, ora trasformata in una Dama germanica. La Residencia Signorile rimodernata e fortificata dai catalani, ricevette quella timida Signora, che non aveva mai imparato la lingua di Alfonso X e preferiva trascorrere ore a pregare nella chiesa della Grotta piuttosto che godersi le usanze di corte. La famiglia risultò prolifica di figli e figlie, così che la continuità del lignaggio di Tharsis era in certa misura assicurata. Per il resto, la Contea godette di relativa tranquillità negli anni seguenti, soprattutto a causa deel’attenzione con cui il Conte fece in modo di non lasciarsi trascinare dalle lotte d’interessi sostenute dai monarchi di Portogallo e Castiglia. Quando il Re Sancho IV riannesse la regione di Huelva e concesse la sua signoria a Don Juan Mate de Luna, la contea di Tarseval passò senza problemi alla

Corona di Castiglia, che confermò i diritti e le armi del Conte catalano. Un uguale rispetto avrebbero mostrato Fernando IV e i successivi proprietari e Signori del paese di Huelva. In breve, la famiglia che si sviluppò in Spagna, nei vecchi domini della Casa di Tharsis, avrebbe più che soddisfatto gli obiettivi proposti da Rodolfo e dai Signori del Cane, anche se avrebbe preservato fino alla metà del XIV secolo il segreto della suo lignaggio. Ma non tutto accadde come previsto da Rodolfo: ci fu un'eccezione, ma, come ho detto prima, non cambiò gli obiettivi della strategia. Il problema fu sollevato da Valentina, che era una giovane donna piena di doni ma estremamente appassionata. Rodolfo aveva pattuito con un Signore delle Fiandre, sostenitore, lui e la sua famiglia, del Domini Canis, l'impegno di matrimonio tra suo figlio e Valentina: il fidanzato, un capitano sotto gli ordini del Duca delle Fiandre, era certamente conforme con il matrimonio. Ma non Valentina. Perché? Quello che nessuno immaginava in quel Consiglio di Famiglia, era successo a San Felix de Caraman; Valentina si era perdutamente innamorata di Pietro di Creta. Naturalmente, c'era qualcosa di speciale nel Cavaliere bizantino in quanto era già stato amato da un altra Dama di Tharsis, la sua defunta moglie. Però questa volta la passione risvegliata nel Cuore Freddo di Valentina, superò tutti gli argomenti Rodolfo e ogni ragionamento o consiglio degli Uomini di Pietra; la Dama non sentiva ragioni: o si sposatva con Pietro di Creta o la Strategia di sopravvivenza del Lignaggio non l’avrebbe vista come partecipante. E cosa diceva Pietro di Creta di tutto questo? Non c'è dubbio che anche lui era innamorato, però, affermava, che il giuramento contratto di fronte alla sua famiglia assassinata lo inibiva a formalizzare un altro matrimonio: prima avrebbe dovuto vendicarsi, in qualche modo punire i dannati Golen. Con questo scopo era arrivato fino a lì e aspettava ancora di essere orientato verso la tana dei Demoni. Ma la sua pazienza si stava esaurendo e se non avesse ottenuto presto la direzione desiderata, sarebbe partito da solo, prendendo una direzione, come un cavaliere errante nelle mani di Dio. Come potete vedere, la situazione era intricata ma non impossibile da risolvere. Il dilemma che Pietro di Creta avrebbe potuto presentare, sul fatto di essere o meno degno di sposare una Dama di Tharsis, era già stato chiarito grazie al suo precedente matrimonio. La sua famiglia apparteneva alla nobiltà bizantina; nella distribuzione di un'eredità, era rimasto in una brutta situazione grazie agli intrighi di alcuni parenti e, infine, era stato costretto a fuggire. Uno dei Signori di Tharsis lo conobbe a Costantinopoli e gli offrì quella posizione in Spagna. Aveva adesso trentotto anni; e ho già spiegato le circostanze della sua vedovanza. In linea di principio, quindi, non c'era alcun impedimento insormontabile alla realizzazione del desiderio di Valentina: tutto era ridotto a convincere il Cavaliere dell'importanza di quell'unione. Ma non sarebbe stato nemmeno questo un compito facile, dal momento che avrebbe dovuto fornire spiegazioni; e molte. Un nuovo Consiglio di Famiglia decise alla fine di annullare l'impegno con il Signore delle Fiandre e di parlare chiaramente con Pietro di Creta. Gli fu detta la verità. Gli fu fatto capire che il terribile potere dei Golen non poteva essere affrontato da nessun uomo se contava solo sul sangue e la spada: anche la

Saggezza era necessaria; e la poteva trovare tra i Domini Canis, con i quali gli offrivano di integrarsi. Ma non gli nascondevano il pericolo mortale che avrebbe affrontato se fosse stato scoperto il suo matrimonio con Valentina de Tharsis: doveva esserte consapevole, dolorosamente consapevole, che in tal caso la sua famiglia sarebbe stata nuovamente sterminata dai Golen. Pietro di Creta capì che il maggior danno possibile al Nemico sarebbe stato causato dalla costituzione di una famiglia dal sangue di Tharsis che perpetuasse in segreto l'eredità del lignaggio. E allora sì, si domostrò disposto a seguire il piano di Rodolfo di Spagna! La presenza di Pietro di Creta fu giustificata dall'amicizia che aveva con il Barone di San Felix, cioè con il "Cavaliere romano" che rappresentava l'Uomo di Pietra, e poi dal matrimonio con la "sorella" di quest'ultimo, una giovane castigliana di nome Valentina. La coppia trascorse gran parte della loro vita nel Castello, così come la famiglia di Arnaldo Tíber, senza mai risvegliare i sospetti del Nemico sulla loro vera origine. Per lo sfruttamento della proprietà e per coprire tutti i possibili sospetti tra gli abitanti del villaggio, i castigliani contavano sull'aiuto inestimabile di una famiglia di contadini a cui la fattoria era stata affidata. I Nogaret, come venivano chiamati, provenivano da un vecchio lignaggio occitano profondamente devoto “all'eresia catara”, cioè alla saggezza iperborea. Molti dei suoi membri furono bruciati da Simone di Montfort durante l'assedio di Albi; il resto della famiglia avrebbe avuto la stessa sorte se il Domini Canis non l’avesse protetta, accettando nei tribunali d’inquisizione, che controllavano, la loro conversione al cattolicesimo e spostandoli a San Felix de Caraman. Questi Catari coraggiosi, fedeli fino alla morte, e velenti per temerarietà, erano uniti ai Signori del Cane dallo stesso odio verso la Chiesa Golen e il suo Dio Creatore Jehovà Satanàs s, solo aspettavano un'opportunità per contribuire alla lotta contro i piani della Fraternità Bianca. E quell'opportunità i Signori del perro la offrirono, trent'anni dopo, a Guglielmo di Nogaret. Pietro di Creta e Valentina di Tharsis procrearono quattro figli, che vissero tutta la vita a San Felix. Furono sei nipoti loro, insieme ad altri dieci parenti di Arnaldo Tiber, quelli che ritornarono in Spagna dal 1315: tra questi c'era Enrico Cretez, antenato diretto di Lito di Tharsis. È chiaro, dottor Siegnagel, perché mi sono detenuta così tanto a parlarne: discendo direttamente da quella coppia formata da Pietro e Valentina.

Trentaquattresimo Giorno Domini Canis, Pietro III il Grande.

All'inizio del tredicesimo secolo, i piani della Fratellanza Bianca sembravano compiersi inesorabilmente: e tuttavia fallirono. Cosa successe, allora? " Questa era, Dr. Siegnagel, la domanda posta il diciottesimo giorno. La risposta, che ora sarà in grado di comprendere in modo più approfondito, affermava che due cause essoteriche e una esoterica, e fondamentale, spiegavano il fallimento; sinteticamente, le cause essoteriche erano centrate su due uomini della Storia, Federico II di Germania e Filippo IV di Francia;

Tuttavia, essi solo esprimevano l'azione di certe forze occulte, che ho chiamato "opposizione della Saggezza Iperborea". La prima causa essoterica e l'opposizione della Saggezza Iperborea sono già state esposte. Sarebbe ora necessario, per completare la spiegazione, mostrare come il Circolo Domini Canis applica il Colpo di grazia alla strategia nemica, dirigendo contro i suoi piani gli atti di Filippo IV di Francia, la seconda causa essoterica. Nel 1223 morì Filippo II Augusto, Re anestetizzato dai Golen, che rimase indifferente durante la Crociata contro i Catari e permise il consolidamento dell’Ordine dei Cavalieri Templari in Francia. Gli successe Luigi VIII il Leone, monarca fisicamente e spiritualmente debole, che avrebbe partecipato nel 1226 della seconda Crociata contro i Catari e sarebbe morto quello stesso anno. Da allora fino al 1279, governa Luigi IX il Santo, che lascia definitivamente risolta la questione della Linguadoca, incorporando tutti i territori alla Corona di Francia per matrimonio, forzato, dell'unica figlia del Conte di Tolosa con suo fratello Alfonso di Poitiers. Più tardi, il Re guelfo Giacomo I d'Aragona avrebbe confermato a Luigi IX conquiste territoriali occitane cedendo, con il trattato di Corbeil nel 1257, i diritti di Aragona su: Carcassonne, Rodes, Lussac, Bezier, Albi, Narbona, Nîmes, Tolosa, etc., tradendo così la causa per la quale il padre, Pietro II, era morto nella battaglia di Muret lottando contro Simone di Montfort; concesse anche sua figlia Isabella come moglie di Filippo III, figlio di Luigi IX. È che questo Giacomo I era quel bambino che Pietro II aveva dato in ostaggio a Simone di Montfort "per la sua educazione": una volta morto Pietro II, una delegazione di Nobili catalani richiese ufficialmente a Innocenzo III il ritorno del minore, ciò che il Papa Golen accettò a condizione che fosse educato dai Templari in Spagna, vale a dire, nella Fortezza di Monzon, la stessa in cui Bera e Birsa assassinarono Lupo di Tharsis, Lamia e Rabaz. Aveva sei anni Giacomo I, quando fu consegnato nelle mani dei Templari, i quali dedicarono diversi anni a lavargli lentamente il cervello e a trasformarlo in uno strumento della loro politica Sinarchica: non deve sorprendere, infatti, il suo comportamento poco solidale con la Causa della morte di suo padre, né le critiche sui suoi atti riversate nel suo libro di memorie. Del tutto opposto alla politica guelfa di Giacomo I sarebbe stato, in cambio, il comportamento di suo figlio Pietro III il Grande, che avrebbe fatto la sua parte per intero di fronte alla teocrazia papale. Così, quando morì Luigi IX il Santo, nel 1270, suo figlio, Filippo III, salì al trono, accompagnato dalla Regina Isabella d'Aragona, sorella di Pietro III. In quel tempo accaddero gli eventi che ho narrato ieri, cioè il Conte catalano ricostruisce la Contea di Tarseval e Valentina s’innamora di Pietro di Creta. Filippo III governò fino al 1285, data in cui Filippo IV salì al trono, il braccio 'esecutore dei Domini Canis. Ma cosa succede nel frattempo al vertice del Potere Golen, cioè nel papato? Per rispondere dobbiamo ritornare alla morte di Federico II, quando stava affrontando con successo una guerra contro Innocenzo IV, una guerra che minacciava di porre fine per sempre ai privilegi papali: in quelle circostanze, i Golen lo avevano avvelenato nel 1250. Ma l'Imperatore aveva già

causato danni irreparabili all'unità politica europea e lasciato in Italia un partito ghibellino fortemente consolidato che non si sarebbe sottomesso facilmente all'autorità papale. Bisogna notare che l'odio che i Golen stavano provando in quel momento per la Casa di Svevia era superato solo dall'odio che avevano sentito per millenni nei confronti della Casa di Tharsis: quella Stirpe, come questa, avevano giurato di distruggerla senza pietà. Innocenzo III e i seguenti Papi decisero di privare gli Hohenstaufen di tutti i loro diritti sull'Italia, cioè su Roma, Napoli e Sicilia, e impediscono a qualsiasi membro di quella Casa di accedere al trono imperiale. A Federico II succede il figlio Corrado IV, prontamente scomunicato da Innocenzo IV, morì nel 1253, lasciando come erede il suo unico figlio, il piccolo Corradino, nato nel 1252. Come tutore del bambino, governa la Sicilia Manfredi, figlio naturale di Federico II. Eccellente generale, questo Re continuò la guerra condotta da suo padre contro il papato Golen: ricevette tre scomuniche da Urbano IV, un'arma terribile del tempo ma che non intaccò il potente esercito saraceno che si era formato. Manfredi vince ovunque e minaccia di concludere l'opera di purificazione di Federico II; e per la disgrazia di Urbano IV, fa sposare sua figlia Costanza con il piccolo Pietro di Aragona, cioè con il futuro Re Pietro III il Grande. È in questo momento che i Golen decidono di effettuare una manovra ambiziosa, che inizialmente avrebbe avuto successo, ma che alla fine, avrebbe provocatola rovina dei loro piani: cercano di sostituire la Casa di Svevia di Germania con la Casa dei Capeto di Francia nel ruolo di esecutore dei piani Fratellanza Blanca. Nonostante ciò che si dica, il piano non era assurdo perché, particolarmente rafforzati, ma a sua volta divisi dal carattere feudale dei loro Stati, i Nobili Signori germanici potevano essere facilmente indeboliti nelle loro aspirazioni imperiali; infatti l'Interregno, l'attuale periodo in cui non esisteva un accordo per eleggere il Re di Germania, poteva essere mantenuto indefinitamente. Sarebbe stata questa, quindi, l'occasione per sostenere il Re di Francia e assegnargli il ruolo che una volta era stato affidato a Federico II. Ma i Golen non pensavano in questo Re Luigi IX, dalla personalità forte e ingombrante, ma nel suo successore Filippo III, debole e facilmente influenzabile dai chierici della sua corte. Quando Urbano IV offre il trono di Sicilia a Luigi IX, il Re di Francia non lo accetta perché considera legittimi i diritti della Casa di Svevia a: chi sì accetta è suo fratello Carlo d'Angiò, Conte di Provenza. Questo Cavaliere, eroe delle Crociate, vuole essere Re come i suoi fratelli e accetta di diventare un boia della Casa di Svevia. Con il suo intervento negli affari d'Italia, i Golen riescono a coinvolgere la Francia nella sua politica teocratica e si preparano a ripristinare il potere del papato secondo la concezione di Gregorio VII e Innocenzo III: in seguito verrà, suppongono, il Governo Mondiale e la Sinarchia del Popolo Eletto. Secondo l'organizzazione feudale dei Provenzali, i Signori potevano cedere le loro truppe solo per quaranta giorni, e a condizione di non trasportarle troppo lontano. Non

potendo ricevere aiuto da quella parte, l'Ordine cistercense finanzia a Carlo d'Angiò un esercito mercenario di trentamila uomini. Quell’armata di avventurieri senza legge penetrò in Italia nel 1264 e sconfisse completamente Manfredi nella battaglia di Benevento: poi si dedicarono a massacri e saccheggi senza precedenti, paragonabili solo alle invasioni barbariche. Nella battaglia sopra menzionata, oltre a Manfredi, persero la vita molti Cavalieri del lato ghibellino, tra cui il padre di Ruggero di Lauria, un ragazzo cresciuto nelle camere del Re di Aragona, Pietro III, poiché sua madre era una Dama di Compagnia della Regina di Costanza; Ruggero de Lauria fu, certamente, il brillante ammiraglio dell'esercito catalano, la più potente della sua Epoca, con la quale Pietro III conquistò il regno di Sicilia anni dopo. Morto Manfredi, e distrutto il partito ghibellino, rimane solo il bambino Corradino di Svevia come ultimo rampollo virile dei ribelli Hohenstaufen. Carlo d'Angiò concorda con Urbano IV l'usurpazione dei suoi diritti: si fa proclamare Re di Napoli e si impossessa della Sicilia. Stabilisce immediatamente un regime di terrore, orientato principalmente contro la fazione ghibellina; l'espropriazione di beni e titoli, le esecuzioni e deportazioni, continuano senza sosta; in breve tempo i francesi sono odiati tanto come i saraceni di Terra Santa. Una delle vittime più illustri è Giovanni da Procida, il Saggio delle Corte di Federico II e Manfredi: membro di una nobile famiglia ghibellina, il Signore de Salerno, dell'isola di Procida, e di diverse Contee, non solo fu spogliato dei suoi titoli e beni, se non che Carlo d'Angiò violentò vigliaccamente sua moglie e sua figlia; solo riuscì a salvare la sua vita grazie all'ammirevole prudenza con cui seppe trattare il Papa Golen Urbano IV. Un grande clamore cresce negli anni seguenti contro la dominazione francese. Nel 1268 Corradino, che all'epoca aveva sedici anni, scese in Italia alla testa di un esercito di diecimila uomini, fiducioso che al giungere alla penisola si sarebbero aggiunte altre truppe. Carlo lo annienta a Tagliacozzo, rendendo orribile la sofferenza dei Cavalieri che riesce a catturare. Corradino, l'ultimo Hohenstaufen, tenta di imbarcarsi per fuggire dall'Italia ma viene tradito e portato di fronte al potere da Carlo d'Angiò. Una richiesta unanime viene fatta per il nipote di Federico II al fine di essere perdonato, ma Clemente IV è inflessibile: "La morte di Corradino è la vita di Carlo d'Angiò"; i Golen non erano disposti a sospendere lo sterminio della Stirpe che causò così tanto male ai piani della Fratellanza Bianca. Dopo un finto processo, Corradino viene condannato a morte a Napoli. Prima di consegnare la testa al carnefice, il bambino mostra la sua galanteria con un gesto che significherà nel breve periodo, la sconfitta virtuale di Carlo d'Angiò: si toglie un guanto e lo getta in mezzo alla folla che è venuta a vedere l'esecuzione, mentre urla: sfido un vero Cavaliere di Cristo a vendicare la mia morte per mano dell'Anticristo! Un attimo dopo viene decapitato in presenza di Carlo d'Angiò, il legato pontificio, numerosi cardinali e vescovi e decine di Golen che non riescono a nascondere la loro gioia per l'estinzione della stirpe degli Hohenstaufen: in quel momento rimaneva vivo solo il Re di Sardegna Enzo, figlio di

Federico II, ma prigioniero a vita in un Castello di Bologna dal 1249, il quale sarebbe stato rapidamente avvelenato per sicurezza. Tuttavia, il gesto di Corradino non sarebbe stato vano, perché c'erano ancora Cavalieri disposti a combattere contro le forze sataniche: il guanto viene raccolto da Giovanni da Procida nel nome di Pietro III d'Aragona, marito di Costanza di Svevia. La figlia di Manfredi, cugina di primo grado di Corradino, era adesso l'erede legittima dei diritti che la Casa di Svevia aveva sul trono delle due Sicilie e l'unica speranza del partito ghibellino. Bisogna vedere nell'azione svolta da allora da Giovanni da Procida, un altro aspetto dell'opposizione della Saggezza Iperborea ai piani della Fratellanza Bianca, cioè della causa esoterica del fallimento di questi piani. In effetti, quel grande Iniziato Iperboreo si rifugiò ad Aragona, insieme ad altri illustri perseguitati da Carlo d'Angiò e dai Golen, e fu incorporato nella nobiltà aragonese. Il Re gli concesse diverse Signorie a Valencia, da dove prese contatto con il Circulus Domini Canis e si integrò nella sua Strategia. A lui, più di ogni altro, corrisponde il merito di aver persuaso Pietro III sulla giustizia della Causa Ghibellina. Per anni questo Signore del Cane consiglia il Re d'Aragona sugli affari d'Italia e pianifica il modo per conquistarla; Lo assecondano con animo entusiasta, Costanza, che desidera vendicare suo padre Manfredi e la distruzione della sua famiglia, Ruggero di Lauria, Corrado Lancia e altri Cavalieri siciliani non iniziati. Nel 1278 Pietro III si sente abbastanza forte per mettere in pratica il suo progetto siciliano. Invia allora Giovanni da Procida in missione segreta in Italia e nel Medio Oriente. Il Cavaliere siciliano viaggia indossando l'abito dominicano. Incontra i principali rappresentanti del partito ghibellino italiano e siciliano, che promettono di aiutare il Re d'Aragona, e nel 1279 arriva a Costantinopoli per accordarsi con l'imperatore Michele Paleologo, che stava per essere attaccato con una flotta da Carlo d'Angiò. Tuttavia, il fatto che Carlo d'Angiò non sospetta, è che non esiste in quel momento nel mondo una flotta più potente dell'armata catalana del re d'Aragona. Il bizantino contribuisce con trentamila once d'oro a sostenere la campagna e Giovanni intraprende il cammino di ritorno, dopo aver attraversato l'isola della Sicilia; lì raccoglie l'impegno del nobile Alaimo da Leutini e di altri per preparare una rivolta contro i francesi; Tutti questi sforzi sono in linea con la strategia di Pietro III, che vuole evitare uno scontro diretto tra Francia e Aragona e preferisce che il cambiamento debba sorgere da un complotto locale contro Carlo d'Angiò.

Nel 1281 tutto è pronto per la rivolta quando una manovra dei Golen costringe a sospendere i movimenti. Carlo d'Angiò forza a Viterbo l'elezione di Simon de Brieu, un cardinale francese molto informato sui piani della Fratellanza Bianca, che professa un odio feroce verso la Casa di Svevia e la Causa di Ghibellina. Prende il nome di Martino IV e immediatamente scatena una terribile persecuzione contro i ghibellini di tutta Italia: evidentemente i Golen sospettano che qualcosa venga tramato contro Carlo e cercano di

fermarlo. Martino IV è un tipico esponente della mentalità del Golen, la quale allora si chiamava impropriamente "Guelfa": dell’indole fanatica di Gregorio VII e Innocenzo III, possiede anche la crudeltà di Arnaldo Amalrico; per suo ordine gli omicidi, gli stupri e i saccheggi si ripetono senza sosta, sottoponendo i siciliani a un regime di terrore insopportabile: alla fine Roma stessa finirà per ribellarsi a lui. Ma nel 1282 questo stato di cose arriva alla sua fine in Sicilia. Durante la celebrazione della Pasqua, il 30 marzo, un soldato francese tenta di abusare di una giovane siciliana a Palermo e, gridando "morte ai Francesi", scoppia l'insurrezione generale: i francesi sono sterminati a Palermo, Trapani, Corleone, Siracusa e Agrigento; in un giorno ottomila muoiono e il resto deve fuggire precipitosamente dall'isola. Entro un mese, non si poteva trovare nessun francese vivo in tutta la Sicilia. Quelle rivolte popolari furono i famosi "Vespri Siciliani", che non accadddero casualmente poiché in quei giorni Pietro III aveva lasciato Barcellona con il suo potente esercito ed era in Africa, a poca distanza dalla Sicilia. I suoi progetti a lungo termine erano stati eseguiti con grande precisione; a giugno avvista diverse navi siciliane: sono ambasciatori di Palermo che vengono a offrire la Corona di Sicilia al Re d'Aragona e alla Regina Costanza. Poco dopo sbarca sull'isola nel mezzo del giubilo generale del popolo, che si vedeva con quell'atto di sovranità finalmente libero dalla dominazione francese e da quella Guelfa. Non fu, quindi, un'invasione, ma una scelta legittima reale: il popolo siciliano, liberatosi con mezzi propri dall'occupazione francese, si diede i suoi propri re, ripristinando così gli antichi diritti della Casa di Svevia nella persona della nipotina di Federico II. Ma i Golen non abboccano all’amo Osservate, Dr. Siegnagel, che sembrava ancora una volta che i Golen avessero vinto la partenza: non esistevano già né Catari eretici, né si lasciava percepire la presenza del Gral, né c’era un preteso Imperatore Universale come Federico II che disputasse al Papa il Potere Spirituale, neanche esisteva un Re in Germania, ma sì un Re di Francia, Filippo III, completamente controllato dalla Chiesa; e una Sinarchia Finanziaria Templaria in pieno svolgimento, e un Re francese, Carlo d'Angiò, occupando le due Sicilie e mantenendo a bada i luciferici ghibellini. Ma all'improvviso il Colpo di Pietro III, che essi non potevano prevedere perché era un prodotto dell’Alta Strategia Domini Canis, fece riemergere il pericolo di ghibellinismo e minacciava con il fallimento dei piani della Fratellanza Bianca. I Golen non l'avrebbero permesso impunemente. Nel novembre dello stesso anno Martino IV scomunica Pedro III e lo invita a ritirarsi dalla Sicilia e ad amare Carlo d'Angiò, fedele vassallo del Papa. Di fronte all'indifferenza dell’aragonese ripete la scomunica nel gennaio e marzo 1283, preparando la mano per assestargli una pugnalata alla schiena: nell'ultima Bolla Pontificia afferma, infatti, che il Regno di Aragona è vassallo del Papa per un impegno di Pietro II, il nonno di Pietro III che morì nella battaglia di Muret, e che il Pontefice ha la facoltà di nominare Re chi gli sembra migliore; toglie quindi la Corona allo scomunicato aragonese e priva dei sacramenti della Chiesa le

città e i luoghi che gli obbediscono. Il piano di Golen consisteva nel liberare un combattimento a morte nei confronti di Pietro III e ampliare il Dominio della Francia a scapito di Aragona: sarebbe stato il primo passo perché un Re della Chiesa fosse elevato al trono di un Governo Mondiale, sostenuto dalla Sinarchia Finanziaria Templaria, e preparasse i mezzi per stabilire la Sinarchia Universale. In quel piano, ovviamente, i Golen sottovalutano Pietro III. in verità, tutti si sbagliano con l’Aragonese perché ignorano la forza spirituale che ha sviluppato sotto l'influenza di Giovanni da Procida e del Domini Canis. Inoltre questi dimostra molto presto il segno di avere un valore infallibile; un'intrepidità senza limiti; un'incondizionata lealtà ai principi della Sapienza Iperborea, cioè, all'eredità del Sangue Puro della sua Stirpe, che gli conferisce il diritto divino di regnare senza rendere conto a nessuno tranne che a Se Stesso; e un monolitico senso dell'onore, dettato dal suo Spirito, e che lo spinge a combattere fino alla morte per il suo ideale, senza mai arrendersi. Un nemico formidabile hanno sfidato questa volta i Golen. La pugnalata alla schiena significava compromettere il regno di Aragona in una guerra con la Francia, quello che Pietro III giustamente stava cercando di evitare. I Golen ritengono che la presenza di Pietro III in Aragona lascerà libera la piazza di Sicilia a Carlo d'Angiò,per consumare una nuova occupazione. Ma l'isola, protetta dalla marina catalana, è diventata una fortezza inespugnabile: Pietro III si ritira tranquillamente ad Aragona nel 1283 lasciando la difesa nelle mani del temerario e fortunato ammiraglio Ruggero di Lauria. Carlo d'Angiò possiede la seconda maggiore flotta del Mediterraneo, finanziato dall’Ordine Cistercense della Provenza, dal Regno di Napoli, e dal Papa, ma non riesce a trovare una tattica coerente per affrontare Ruggero di Lauria, che in seguito a scontri successivi lo distruggerà inesorabilmente. Dopo aver affondato alcune navi e averne catturate altre, si impossessa delle isole di Malta, Gozo e Lipari; poi va a Napoli e tende una trappola ai francesi mostrando solo una parte della sua flotta. Carlo d'Angiò è assente e suo figlio, Carlo lo Zoppo, principe di Salerno, decide di rispondere alla sfida pensando in una vittoria facile: si lancia allora all'inseguimento dei catalani con tutte le navi a disposizione, scontrandosi in poco tempo con il resto della flotta nemica. Quella fu la più importante battaglia navale dell'Epoca,nella quale Ruggero di Lauria affondò un gran numero di galere francesi, ne catturò molte altre, e solo pochissime riuscirono a sfuggire. Destino che non toccò alla nave ammiraglia, che fu catturata da Ruggero in persona e sulla quale si trovavano Carlo lo Zoppo, Jacobo di Bruson, Guglielmo Stendaro, e altri valorosi cavalieri provenzali e italiani. Il figlio di Carlo d'Angiò viene portato prigioniero in Sicilia, dove tutti rivendicano la sua esecuzione come vendetta per la morte di Corradino; Tuttavia, oh mistero della nobiltà spirituale iperborea, è la regina Costanza che lo salva e ordina che lo confinino a Barcellona. Giorni dopo la sconfitta di suo figlio, Carlos Carlo d'Angiò arriva a Gaeta ma non

osa attaccare gli spagnoli; l'indecisione è sfruttata da Ruggero per devastare la guarnigione di Calabria e conquistare altri punti all’interno; in breve tempo la Sicilia dispone di un governatore in Calabria che minaccia, ora via terra, il dominio francese di Napoli. Ma quando Carlo d'Angiò si decide a inviare il resto della sua flotta al largo della costa della Provenza, per sostenere l'avanzata del Re di Francia, le sue navi sono prese tra due fuochi di fronte a Saint Pol e completamente sconfitte da Ruggero di Lauria: quel disastro, che costò settemila vite francesi, rappresentò la fine del potere navale napoletano di Carlo d'Angiò. In tutto questo, il papa Martino IV nel 1284 scaglia il colpo che, pensa, sarà fatale per l'aragonese: mediante una Bolla offre l'investitura di Aragona, Catalogna e Valencia al Re di Francia per uno dei suoi figli non primogenito. Accetta Felipe III in nome di suo figlio Carlo di Valois e si prepara a invadere Aragona. La gigantesca impresa guerriera sarà finanziata questa volta da tutta la Chiesa di Francia. E, come al tempo dei Catari, Martino IV convoca una Crociata contro lo scomunicato Re d'Aragona: gli ordini benedettini, cluniacense, cistercense e dei Templari, agitano l'Europa intera chiedendo di lottare per Cristo, a unirsi contro l'abominevole eresia ghibellina di Pietro III il Grande. Presto Filippo III, che è anche re di Navarra, riunisce nel paese un esercito integrato da duecento cinquanta mila fanti e cinquantamila cavalieri, formato principalmente da francesi, piccardi, tolosani, longobardi, bretoni, fiamminghi, borgognoni, provenzali, germanici, inglesi ecc. Con il concorso di quattro monaci di Tolosa che rivelano a Filippo III un passaggio segreto attraverso i Pirenei, i Crociati invadono Catalogna nel 1285. Circondando il Re e incoraggiandolo in modo permanente, troviamo i principali Golen Cistercensi, che considerano la guerra una questione di vita o di morte per i loro piani di dominazione del mondo: difficilmente quel Re, che in nessun modo meritava il soprannome "l’Audace" si sarebbe lanciato in quest’avventura della crociata, senza l'insistenza sostenuta da Martino IV e la pressione dei Golen francesi. Il legato pontificio avverte Pietro III "che deve obbedire al Papa e consegnare i Suoi Regni al Re di Francia", a cui risponde l'Aragonese, "è facile prendere e dare Regni che nulla sono costati. Il mio, acquisito con il sangue dei miei nonni, dovrà essere pagato allo stesso prezzo. " In Catalogna la resistenza diventa feroce; tutte le classi sociali supportano Pietro III in quella che viene percepita come una Guerra Totale. I Cavalieri Aragonesi, gli infallibili balestrieri catalani, i feroci guerrieri almogaveri, i servi e i soldati del popolo, fermano, bloccano e infliggono sconfitte permanenti ai Crociati. Infine, un'epidemia finisce per demoralizzarli e scelgono di ritirarsi sui Pirenei. Ma sulle colline di Paniza li sta aspettando Pietro III, che li ha anticipati per tagliargli la strada, e scoppia per due giorni la grande battaglia. L'esercito francese viene annientato: dei trecentomila Crociati solo quarantamila tornano indietro vivi; Il Re Filippo III muore nella campagna e la Francia non sarà più in grado di conquistare Aragona. È in queste circostanze che accede al trono di Francia Filippo IV, il Bello.

Trentacinquesimo Giorno Il 7 gennaio 1285, muore Carlo d'Angiò, malato e disperato. Nel marzo del 1285 muore il Papa Golen Martino IV. Filippo III, Re di Francia, muore il 5 ottobre del 1285. E alla fine di quell'anno fatidico,l’11 novembre del 1285, espira Pietro III d'Aragona, il Re che riuscì a sconfiggere la forza combinata dei tre precedenti e vanificare in larga misura i piani della Fratellanza Bianca. Alla sua morte, il suo Regno viene diviso tra i suoi figli, sostenendo Alfonso la Triplice Corona di Aragona, Catalogna e Valencia, e Giacomo della Sicilia, in seguito da Federico I. Ma Giovanni da Procida ei Signori del Cane (Domini Canis) continuano la consulenza del Re d'Aragona. Così, con la morte di Filippo III, i Golen presumono che i loro piani siano momentaneamente rimandati. Ma solo momentaneamente ritardati o i loro piani erano definitivamente frustrati, senza che loro se ne fossero resi conto in tempo? Come vedremo in seguito, i Golen si renderanno conto troppo tardi che qualcosa di molto strano è accaduto al successore di Filippo III. In effetti, che il Re, la cui formazione era stata affidata ai monaci più eruditi di Francia, vale a dire, i Domenicani, era diventato un Iniziato Iperboreo, un potenziale nemico dei piani Fratellanza Bianca. Come avvenne tal eresia? Chi lo iniziò alla Saggezza Iperborea? La risposta, l'unica risposta possibile sarebbe l'incredibile possibilità che all'interno della Chiesa, nell'Ordine dei Predicatori, esistesse un complotto di sostenitori Patto di Sangue, un gruppo di Iniziati nella Saggezza degli Atlanti Bianchi. Non sospettano, naturalmente, dei Signori di Tharsis, che considerano definitivamente estinti, non riescono a scoprire tempestivamente i colpevoli del disastro: il colpo sarà troppo scioccante per essere assimilato con la velocità necessaria. E questa perplessità inevitabile e questa sorpresa paralizzante causata dall’alta strategia dei Signori di Tharsis e del Circulus Domini Canis, segnano l'inizio della fine della Strategia nemica: da allora in poi, dopo che Filippo IV svolse brillantemente la sua missione, i Golen e la Fratellanza Bianca avrebbe dovuto aspettare fino al ventesimo secolo prima di avere un'altra opportunità storica per stabilire il Governo Mondiale e la Sinarchia del Popolo Eletto. Come ho detto, i Golen non sarebbero stati in grado di contrastare le conseguenze della nuova situazione. Avevano manovrato per diversi anni per rafforzare in Europa la Casa di Francia, e dal suo seno sorgeva un Re ostile all'egemonia papale. Avevano ceduto il campo dell’insegnamento accademico ai frati domenicani e sarebbe risultato che tra loro si erano infiltrati i nemici del Dio Uno. E, quel che era peggio, a quell'Ordine di Predicatori erano stato affidato il Tribunale del Sant'Uffizio, responsabile della ricerca sulla fede. Fino ad allora, l'Inquisizione aveva permesso loro di eliminare o neutralizzare l'opposizione sotto la minaccia dell’accusa di eresia, ma, e questo era assunto in modo chiaro, i più grandi eretici erano loro: da quel momento in poi, avrebbero dovuto essere molto prudenti perché altrimenti, come il Jujitsu, la forza propria dell'attaccante potrebbe

essere rivolta contro. Incapaci di sottometterlo all'autorità pontificia, i Golen avrebbero cercato inutilmente di eliminare Filippo IV, fallimento che fu dovuto al Recinto di sicurezza che formarono i Domini Canis intorno al Re; quando finalmente riuscirono ad avvelenarlo, nel 1314, Filippo IV aveva regnato ventinove anni e compiuto con onore la missione affidata: e di fronte alla grandezza della sua opera, niente contano le calunnie di una Chiesa Golen sconfitta e di un Popolo Eletto che vide perdersi la sua occasione storica, anche se sono state ripetute infondatamente per oltre settecento anni. Ma, durante i ventinove anni del suo regno, non avrebbero avuto alcuna personalità politica equivalente per sostituirlo o opporsi a lui. Il Re d'Inghilterra, Edoardo I, anche se interviene negli affari europei, lo fa solo indirettamente ai tempi di Filippo il Bello, specialmente attraverso i suoi alleati, il Conte delle Fiandre e il Duca di Guyenne: la sua feroce guerra contro gli scozzesi lo tiene impegnato sull'isola britannica. E in Germania, il guelfo Rodolfo d'Asburgo, eletto nel 1273 per terminare l'interregno, muore nel 1291 dedicandosi alla guerra contro i ghibellini e ad aumentare la ricchezza della sua Casa; gli succede Adolfo di Nassau, che regna solo sei anni bloccato in battaglia con i figli di Rodolfo; e segue Alberto I, che si sarebbe inteso pacificamente con Filippo IV e si sarebbe accordato con questo che il corso del Reno sarebbe stato il confine tra Francia e Germania. I Golen non potevano fare nulla con questi sovrani per affrontare una personalità come quella di Filippo il Bello; e sappiamo già cosa potevano aspettarsi dai Re d'Aragona e dalla Sicilia. Voglio mostrarvi con questo, dottor Siegnagel, che perdendo il controllo sul Re di Francia, la Strategia del Golen si vedeva seriamente compromessa. Per cinquanta anni il Circulus Domini Canis attese la sua opportunità. Questa si presentò con Filippo IV, su cui esercitarono una grande influenza fin dall'infanzia, dato l'elevato numero di istruttori infantili che si trovavano tra le loro fila. Quando Filippo III morì, suo figlio aveva diciassette anni ed era stato segretamente iniziato alla Saggezza Iperborea. È possibile affermare, infatti, che quando cominciò a regnare, disponeva già di un progetto chiaro sulla sua missione storica; e aveva anche al suo fianco gli uomini che lo avrebbero consigliato e gli avrebbero permesso di eseguire le sue idee. Bisogna infatti distinguere chiaramente tra due strategie, complementari, che diventano in quel momento l’obiettivo: una è proposta dal Circulus Domini Canis, come ho spiegato, che cercava di fermare semplicemente la strategia nemica e impedire ai Golen in termini concreti di realizzare la Sinarchia del Popolo Eletto; un’altra era un obiettivo, che allora nasceva dal Sangue Puro di Filippo IV, che consisteva, come nel caso di Federico II, nell'esprimere al suo massimo grado la funzione Regia. Per quanto riguarda il secondo, non va dimenticato che in tutto il lignaggio dei Capetingi, come in tutte le Stirpi Iperboree, esisteva una missione familiare plasmata dai loro lontani antenati al momento della caduta nel Patto Culturale; e la Stirpe di Filippo IV era di Sangue molto Pura, anche se le ultime generazioni erano state dominate dai Sacerdoti del Patto Culturale, vale a dire da monaci e vescovi Golen: quella dinastia, in effetti, ebbe inizio nel 987 con il primo Re di Francia, Ugo Capeto, figlio di Ugo il Grande e nipote del Conte di Parigi e Duca di Francia,

Roberto; questo era, a sua volta, figlio di Roberto il Forte, membro della casa reale sassone, nominato da Carlo il Calvo, nipote di Carlo Magno, con il titolo di Conte d'Angiò, per fare in modo che con le sue truppe germaniche fermasse gli attacchi dei Normanni. Con Filippo IV rinasceva così, come era accaduto con Federico II, un frutto che veniva dalla stessa radice razziale sassone e che si era sviluppato segretamente nel campo fertile di Sangue Puro. Si vedrà come entrambi gli obiettivi vengono raggiunti insieme; come la Funzione Reale, assunta interamente da Filippo IV, deposita nella società il seme della nazionalità; e come le misure prese dal suo governo, misure basate sulla Saggezza Iperborea, avrebbero causato il fallimento dei piani della Fratellanza Bianca. Sfortunatamente, Filippo IV non sarebbe giunto a vedere i suoi desideri pienamente realizzati per la stessa ragione per cui non li raggiunse completamente neanche Federico II: l'Epoca non era propizia per l'applicazione integrale di una Strategia che poteva finire solamente con la Battaglia Finale contro le Potenze della Materia; un’Epoca tale sta ancora in sospeso nella storia e forse stiamo già entrando in essa; in tutti i casi Filippo IV si avvicinò abbastanza, per gli quanto fu possibile, al suo obiettivo; e in questo fatto innegabile sta la sua Gloria. In primo luogo di importanza gli istruttori Domini Canis rivelarono al giovane in che consisteva la Funzione Regia del Patto di Sangue, concetto che Federico II, settant'anni prima, aveva capito chiaramente: se esiste un popolo razziale, una comunità di sangue, sempre, sempre , si conformerà al suo interno un’Aristocrazia dello Spirito, da dove sorgerà il Re Sovrano: il Re sarà colui che ostenti il grado più alto dell’Aristocrazia, il Sangue più Puro; chiunque possieda tale valore, sarà riconosciuto carismaticamente dal popolo e governerà per Diritto Divino dello Spirito. La sua Sovranità non potrà essere messa in discussione o argomentata e, pertanto, il suo potere dovrà essere Assoluto. Non c'è niente di più alto dello Spirito e il Re di Sangue esprime lo Spirito; e nel Sangue Puro del Popolo si trova lo Spirito; e per questo il Re di Sangue Puro, che esprime lo Spirito, è anche la Voce del Popolo, la sua Volontà individualizzata di tendere verso lo Spirito. In modo che niente di materiale si può interporre tra il Re di Sangue e il Popolo, d'altra parte, il Sangue Puro li unisce carismaticamente, in un contatto che avviene al di fuori del Tempo e dello Spazio, in quell’istanza assoluta oltre la materia creata che si chiama L'Origine comune della Razza dello Spirito. E quindi tutto ciò che si conforma materialmente al popolo deve essere subordinato al Re di Sangue: tutte le volontà devono unirsi o piegarsi alla sua Volontà; tutti i poteri devono essere subordinati al suo Potere. Anche il potere religioso, che solo raggiunge i limiti del Culto, deve inchinarsi sotto la Volontà dello Spirito che il Re di Sangue manifesta. In secondo luogo, a Filippo IV viene spiegata la caduta che i popoli del Patto di Sangue soffrono a causa della "fatica della guerra" e dei modi usati dai Sacerdoti del Patto Culturale per distorcere, deformare e corrompere la Funzione Reale. Nel caso dell'Impero

Romano, i concetti precedenti, ereditati dagli Etruschi, erano contemplati nel Diritto Romano antico e in molti aspetti sarebbero stati presenti fino all'Epoca degli Imperatori Cristiani. Concretamente sarebbe stato Costantino ad aprire la porta ai più strenui sostenitori del Patto Culturale, quando autorizza con l'Editto di Milano la pratica del Culto Giudeo-Cristiano; ma il maggior danno alla Funzione Regia sarebbe stato causato da Teodosio I settanta anni dopo, formalizzando il Giudeo-Cristianesimo come unica religione di stato. Sarebbe iniziato allora il lungo ma fruttuoso processo in cui il Diritto Romano sarebbe diventato Diritto Canonico; vale a dire, tutto ciò che del Diritto Romano era conveniente per dare fondamento alla supremazia del papato sarebbe stato conservato nel Diritto Canonico, e il resto saggiamente espurgato o ignorato. Quel processo avrebbe fornitola giustificazione legale per il Cesaropapismo, il tentativo del Papa di imporre un assolutismo religioso sui Re di Sangue, i cui esponenti più ferventi erano Gregorio VII, Innocenzo III e Bonifacio VIII. Prima del declino dell'Impero, i Re e gli Imperatori Romani si attribuivano origine divina e questo era incluso anche nel Diritto Romano. Il compito di canonici cattolici era, se si vuole, molto semplice: consistette nel sostituire "gli Dei Pagani", fonte della sovranità reale, con il "Vero Dio"; e nello scambiare il massimo rappresentante del Potere, Re o Imperatore, con la figura del "Pietro" il Vicario di Gesù Cristo. Anche se è ovvio, devo chiarire che, dopo queste sostituzioni ogni origine divino fu bandito dal Diritto Canonico, che d'ora in poi sarebbe stato la Legge ufficiale del mondo cristiano: Gesù Cristo era apparso solo una volta e aveva detto: - "Tu sei Pietro, e su questa pietra costruirò la mia Chiesa". Il diritto Divino a governare la Chiesa, e tutte la sue congregazioni, ricchi o poveri, nobili o plebei, corrispondevano quindi unicamente a Pietro; e, naturalmente, ai suoi successori, i Sommi Sacerdoti del Signore. Pietro era stato scelto da Gesù Cristo come suo rappresentante ed esprimere il suo Potere; e Gesù Cristo era il Figlio di Dio; e il Dio Uno nel mistero della Trinità, il Dio Creatore di Tutto ciò che Esiste: non vi era nulla, quindi, nel mondo che potesse essere considerato superiore al rappresentante di Dio Creatore. Di conseguenza, se qualcuno osasse opporsi a Pietro, se pretendesse di esercitare un Potere o una Volontà opposta a quella del Vicario di Gesù Cristo, se si arrogasse un Diritto Divino, per quello, sarebbe chiaramente un eretico, un uomo maledetto da Dio, un essere che per sua stessa insolenza si è posizionato al di fuori della Chiesa e che bisogna, in tutta onestà, sopprimere dal mondo. Il Diritto Canonico non lasciò, quindi, alcuna possibilità per i Re di Sangue di esercitare la Funzione Reale: la Sovranità reale proveniva ora dal culto cristiano; e i Re dovevano essere investiti dai successori di Pietro, i Sacerdoti maximus. E se la sovranità reale doveva essere confermata, il principio dell’Aristocrazia del Sangue Puro fu cancellato, come era conveniente al Patto Culturale. Naturalmente, come tante altre volte, i popoli si sarebbero sottomessi all'incantesimo dei Sacerdoti e sarebbero arrivati i tempi oscuri dell'assenza di un Re, in cui la Funzione Reale sarebbe stata usurpata dalle Potenze della Materia. I Re del Diritto Canonico non sono Re di Sangue ma semplici governatori, agenti del Potere di Stato, secondo la definizione di Papa Gelasio I: "oltre al

Potere di Stato c'è l'Autorità della Chiesa, da cui procede la sovranità dell'uno" . Da questa idea gelasiana deriva la teoria delle Due Spade, formulata da San Bernardo Golen: il Potere di Stato è analogo alla "Spada Temporale", mentre l'Autorità della Chiesa è equivalente alla "Spada Spirituale"; Pietro e i suoi successori, quindi, brandirebbero la "Spada Spirituale", davanti alla quale dovrebbe inchinarsi la "Spada Temporale" dei Re e degli Imperatori. Ma nulla di tutto questo è vero, sebbene sia codificato nel Diritto Canonico. La cosiddetta "Spada Spirituale" della Chiesa del Golen è solo una Spada sacerdotale. E il Potere che un Re di Sangue è autorizzato a esercitare per il Diritto Divino dello Spirito Eterno, non è esattamente analogo a una "Spada temporale", ma a una Spada dalla Volontà Assoluta, una Spada la cui impugnatura si trova nell’Origine, al di là del tempo e dello spazio, ma la cui lama può attraversare il Tempo e lo Spazio e manifestarsi al popolo. In ogni caso, il Re di Sangue brandisce la Spada Volitiva, la cui azione si chiama Onore, e plasma con i suoi tocchi le forme del Regno: di questi colpi di Volontà reale, da questi atti di Onore, germoglierà la Legislazione, la Giustizia, e la saggia Amministrazione dello Stato Carismatico. Se Filippo IV vuole presentarsi come Re di Sangue, chiariscono i Domini Canis, sarà necessario innanzitutto ripristinare la Funzione Regia, sarà necessario abbandonare l'illusoria "Spada temporale," che fu imposta ai suoi antenati dai Sacerdoti del Patto Culturale, e impugnare la vera Spada Volitiva dei Signori del Patto di Sangue, la Spada che manifesta la Potenza Assoluta dello Spirito. Tuttavia, il Diritto Canonico, in vigore in quel momento, legalizza la gerarchia delle Spade secondo le regole del Patto Culturale: per prima la Spada sacerdotale, papale; per seconda la Spada "temporale", regale. È necessario, quindi, modificare l'ordine giuridico esistente, circoscrivere il Diritto Canonico alla sfera esclusivamente religiosa e stabilire un Diritto civile separato: la Funzione Reale richiede inevitabilmente la separazione tra Chiesa e Stato. Ora, di fronte a questa esigenza, Filippo IV non era nella situazione per iniziare qualcosa di nuovo, una sorta di "rivoluzione legale"; al contrario, il Circulus Domini Canis stava preparando il terreno per questa situazione sin dal tempo di Luigi IX, il nonno di Filippo IV. Iniziando in quel periodo, infatti, i Signori del Cane cominciavano a influire sottilmente nella Corte Francese per favorire la formazione di una intera classe di giuristi laici, la cui missione segreta sarebbe stata quella di rivedere e aggiornare il Diritto Romano. Filippo III, figlio di Luigi IX, fu un Re completamente dominato dai Golen cistercensi, che lo mantenevano in una tale ignoranza che raccontano, per esempio, che non gli fu mai insegnato a leggere e scrivere; la sua struttura mentale, sapientemente modellata dagli istruttori Golen, corrispondeva più al monaco che al guerriero. I Signori del Cane non cercarono mai di modificare questo controllo perché la loro Strategia non includeva lui, ma il figlio Filippo IV; tuttavia, in un determinato momento riuscirono a influenzare Filippo III perché approvasse una legge, apparentemente proficua per la Corona, nella quale si riservava il diritto di concedere titoli nobiliari ai giuristi laici; questo strumento giuridico si fece valere in seguito per promuovere molti e importanti Domini

Canis alle più alte cariche e magistrature della Corte, fino ad allora chiusa a tutte le classi plebee. Quei giuristi laici, appartenenti al Circulus Domini Canis, si dedicarono con grande impegno alla loro specifica missione e, per 1285, avevano già sviluppato i fondamenti che avrebbero permesso di costituire uno Stato nel quale la Funzione Regia fosse al di sopra di qualsiasi altro Potere. Filippo IV avrebbe contatto all’inizio, con una squadra di consulenti e funzionari altamente qualificati nel Diritto Romano, colori i quali lo avrebbero assecondato fedelmente nel suo scontro con il papato Golen. Dalle più prestigiose università francesi, in particolare da Parigi, Tolosa e Montpellier, ma anche dall'Ordine dei Predicatori, e anche dalla nuova borghesia istruita, usciranno gli avvocati e i giuristi che daranno supporto intellettuale a Filippo IV: tra i principali vale la pena ricordare: i Cavalieri Pierre Flotte, Roberto d'Artois e il Conte di Saint Pol; Enguerrando di Marigny, dalla borghesia normanna e suo fratello, il vescovo Filippo de Marigny; Guglielmo di Plasian, Cavaliere di Tolosa e fervente Cataro; e Guglielmo di Nogaret, un membro di una famiglia di contadini che vivevano nelle terre di Pietro di Creta e Valentina, a San Felix de Caraman: i suoi nonni erano stati bruciati ad Albi da Simone di Montfort, ma lui professava segretamente il catarismo ed era membro del Circulus Domini Canis; fu professore di diritto a Montpellier e Nimes, prima di essere chiamato alla corte di Filippo il Bello.

Trentaseiesimo Giorno Dai concetti precedenti, inculcati a Filippo IV dagli istruttori Domini Canis, viene disegnata la sua futura Strategia: prima di tutto, dovrà ripristinare la Funzione Regia; per questo, cercherà di separare la Chiesa dallo Stato; e tale separazione sarà basata su precisi argomenti legali del Diritto Romano. Inoltre la partecipazione della Chiesa si manifestava nei tre principali poteri dello Stato: nel legislativo, per la supremazia del Diritto Canonico sulla giurisdizione civile; nel giudiziale, per la supremazia dei Tribunali ecclesiastici per giudicare tutti i casi, indipendentemente e al di sopra della giustizia civile; e nell'amministrativo, per l'assorbimento di grandi rendite dal Regno, senza che lo Stato potesse esercitare alcun controllo su di esse. Le misure che Filippo IV adotterà per cambiare quest'ultimo punto saranno quelle che provocheranno la reazione più violenta della Chiesa dei Golen. Quando Filippo IV sale al trono, la Chiesa era politicamente ed economicamente potente, ed era invischiata nello Stato. Suo padre, Filippo III, aveva compromesso il Regno in una crociata contro Aragona che era costata una terribile sconfitta all’esercito francese. La monarchia era debole di fronte alla nobiltà terriera: i Signori feudatari, al cadere nel Patto Culturale, iniziarono a dare un valore superlativo alla proprietà della terra, abbandonando o dimenticando il vecchio concetto strategico di occupazione che sostenevano i popoli del Patto di Sangue; pertanto, ai tempi di Filippo IV, si accettava che una relazione assurda esisteva tra la nobiltà di un lignaggio e la superficie delle terre di

sua proprietà, in modo che il Signore che più terra possedeva, pretendeva di essere il più nobile e potente, arrivando a disputare la sovranità allo stesso Re. Prima di Filippo Augusto (1180-1223), per esempio, il Duca di Guyenne, il Conte di Tolosa o il Duca di Normandia, possedevano individualmente più terre che la Casa regnante di Capetingi. Il Re d'Inghilterra, in teoria, era un vassallo del Re di Francia, ma in più di un'occasione il suo controllo territoriale lo rendeva un pericoloso rivale; questo si vide chiaramente durante il regno di Enrico II Plantageneto, che, oltre ad essere Re d'Inghilterra, era anche governatore di gran parte della Francia: Normandia, Maine, Angiò, Touraine, Aquitania, Alvernia, Annis, Saintonge, Angoumois, Marche e Perigord. Solo quando Giovanni Senzaterra commise gli errori che si conoscono, il Re Filippo Augusto recuperò per la sua Casa la Normandia, l'Angiò, il Maine, la Touraine e il Poitou. Tuttavia, Luigi IX, compagno di Crociata di Eduardo I, avrebbe restituito a questo Re inglese i feudi francesi. Dal momento della rottura dell'Impero di Carlo Magno, e fino a Filippo III, infatti, non esisteva niente si simile alla coscienza nazionale nei Re di Francia, ma un'ambizione di dominio territoriale finalizzato a sostenere il potere feudale: la nobiltà era allora puramente culturale, era basato sui titoli di proprietà e non sul sangue come corrisponderebbe a un'autentica Aristocrazia dello Spirito. In modo che l'espansione territoriale degli antenati di Filippo IV non aveva altro scopo che ottenere potere e prestigio nella società feudale: in alcun modo quei possedimenti avrebbero condotto all'unità politica della Francia, alla monarchia assoluta, a un’amministrazione centralizzata e razionale, e alla coscienza nazionale. Questi risultati furono opera esclusiva della Strategia di Filippo IV. Pertanto una "Strategia Iperborea" non è una mera serie di misure, ma la struttura dinamica di un'azione finalmente efficace. La Strategia di Filippo IV, era basata sul seguente concetto di Saggezza Iperborea: se un popolo si organizza d’accordo al Patto di Sangue, allora la Funzione Reale richiede un modo di vita strategico. Ciò significa che il Re del Patto di Sangue deve guidare il suo popolo applicando i principi strategici dell'Occupazione, del Recinto e delle Mura Strategiche; completato con il principio della Coltivazione Magica, cioè con il patrimonio Atlante bianco dell'Agricoltura e del bestiame. A questo concetto, di cui ho parlato il terzo giorno, dobbiamo fare riferimento a comprendere strutturalmente il cambiamento della politica francese dopo l'avvento di Filippo il Bello. In termini pratici, la strategia che Filippo IV intendeva implementare consisteva nell'esecuzione dei tre principi citati attraverso tre eventi politici corrispondenti. Spiegherò ora, in ordine, come Filippo IV aveva compreso tali principi, legati alla Funzione Reale, e poi mostrerò come i suoi atti politici rispondevano fedelmente alla strategia Iperborea del Domini Canis.

Primo: occupazione dello spazio reale. Questo principio ammette diversi gradi di comprensione; ovviamente, nel caso della Funzione Reale, l'occupazione deve essenzialmente includere il territorio del Regno. Ma chi dovrebbe occupare le terre del Regno? Il Re di Sangue e la Casa regnante, in nome della comunità razziale, cioè dello Spirito, che questo è un popolo del Patto di Sangue. Perché il Re è, secondo quanto si disse, "la Voce del popolo", "la sua Volontà individualizzata"; il Re deve occupare il territorio del Regno in modo che si realizzi la sovranità popolare. Il sistema feudale patrimoniale, prodotto del Patto Culturale, attentava contro la Funzione Reale perché manteneva il Re separato dal popolo: il popolo medievale, infatti, doveva obbedienza diretta ai Signori Territoriali, e questi al Re; e il Re poteva rivolgersi al popolo solo attraverso i Signori feudali. Ecco perché Filippo IV avrebbe sancito una legge che

obbligava tutto il popolo di Francia a giurare fedeltà al Re, senza intermediari di alcun tipo: "Nulla di materiale si può interporre tra il Re di Sangue e il Popolo". In breve, l'Occupazione del Regno, da parte del Re, "è" la Sovranità. Secondo: applica il principio del Recinto nello spazio reale occupato. Nel grado più superficiale del significato, si riferisce anche all'area territoriale: l'area propria deve essere isolata strategicamente dal dominio nemico per mezzo del principio della Recinto; questo suppone, in ogni caso, la definizione di un confine di stato. Ma questa seconda fase strategica è quella che fa diventare reale il concetto di "Nazione": secondo il Patto di Sangue, un popolo di Origine, Sangue e Razza in comune, organizzato come uno Stato Sovrano, occupando e recintando le terre del suo Regno, costituisce una Nazione. All'interno del recinto c'è la Nazione; fuori, il Nemico. Tuttavia, una tale separazione ideale può essere alterata da diversi fattori e non è senza una lotta che si arriva a realizzare il principio del Recinto e a far nascere la nazionalità: può accadere, come si vedrà in seguito, che l'area di Recinto ecceda, in certi strati dello spazio reale, l'area territoriale, e invada lo spazio di altre nazioni; ma può accadere, anche, che il Nemico esterno penetri nell'area Statale stessa e minacci internamente la nazione. Quest'ultimo non è difficile a causa della natura culturale del Nemico, cioè procedente dal Patto Culturale: il "Nemico Esterno" è anche il "Nemico Interno", perché il Nemico è Uno, è l'Uno e i suoi rappresentanti, vale a dire il Nemico manca di nazionalità o, piuttosto, è "internazionale"; il nemico non conosce l'inizio del Recinto e non rispetta i confini di nessun tipo perché tutto il mondo è per lui il suo campus belli: e in questo campo di guerra universale, dove cerca di imporre la sua volontà, sono incluse le Nazioni e i popoli, le città e i chiostri, le Culture che danno senso all'uomo e il campo fertile della sua Anima. Resta inteso, quindi, che il principio del Recinto è un concetto più ampio di quello suggerito a prima vista e che solo la sua esatta definizione e applicazione consentono di scoprire il Nemico. Il principio si riferisce, in verità, a un Recinto strategico, la cui esistenza dipende solo dalla Volontà di coloro che la applichino e la sostengano. Ecco perché il Recinto racchiude molteplici campi, a parte quello meramente territoriale: un'area occupata può essere efficacemente recintata, ma tale area geografica non è altro che “l’applicazione" del principio del Recinto; Non è il Recinto strategico in sé. Il Recinto strategico non descrive mai un'area geografica, nemmeno geometrica, ma carismatica. Questo è chiaramente dimostrato nel caso della Nazione. I membri di una nazione ammettono molti confini nazionali oltre che geografici: i confini territoriali di Babilonia erano forse segnati dai fiumi Tigri ed Eufrate, ma le frontiere della paura ispirate dal loro esercito nazionale si estendevano all'intero Mondo Antico; e lo stesso principio può essere usato per indicare qualsiasi altro aspetto della Cultura di una Nazione, che presenterà sempre un'area d'influenza nazionale diversa dallo spazio geografico dello stato. Ma, e questa è la cosa importante: solo i membri di una Nazione sanno dove

iniziano e finiscono i suoi confini; coloro che ne sono estranei potranno intuire le regioni in cui si manifesta la nazione, ma la definizione precisa la conoscono solo coloro che appartengono alla Nazione. E questa percezione, che non è né razionale né irrazionale, si dice che sia carismatica. La Sapienza Iperborea afferma che il principio del Recinto determina una forma e un contenuto: alla forma, si chiama "Mistica"; e al contenuto, "Carisma". I membri di una Nazione, d'altra parte, sono soggetti strategici. Una nazione, perché prodotto di un Recinto strategico, determina la propria forma mistica, che viene percepita carismaticamente dai soggetti strategici che le appartengono. Ogni Mistica, nazionale o qualsiasi altra, è indipendente dal tempo e dallo spazio fisico: la sua manifestazione è puramente carismatica. Quindi, tutti coloro che percepiscono la Mistica, cioè coloro che si trovano sotto lo stesso Recinto strategico, acquisiscono una conoscenza identica della sua forma, senza differenze di prospettiva: tale unità è possibile perché tutti i soggetti strategici hanno una connessione a priori, che è l'Origine Comune del Sangue Puro; sotto forma di una Mistica, i soggetti strategici sperimentano un Vincolo Carismatico, che li unisce nell'Origine e gli rivela la stessa identica Verità. S'intende così il concetto di centralità della Mistica: ogni soggetto strategico è il Centro della Mistica; ma, poiché la percezione è carismatica, non temporale o spaziale, è chiaro che lo stesso centro agisce simultaneamente in tutti i soggetti strategici. Per quanto riguarda la Nazione Mistica, per esempio, esiste un Centro che radica simultaneamente in tutti i membri della sua gente, i soggetti strategici: ognuno di essi proietta il principio del Recinto in qualsiasi campo, sia esso geografico o culturale, e riceve carismaticamente la Mistica nazionale; e la Nazione è una e la stessa per tutti. E ora dottor Siegnagel sarà compreso meglio, il carattere carismatico della Funzione Regia: secondo la Sapienza Iperborea, se il Centro di una Mistica nazionale è incarnato in un uomo, lui, senza dubbio, è il Re del Sangue Puro, guida razziale, comandante carismatico, ecc. di quel popolo. Il Re di Sangue, infatti, rappresenta il Centro fondamentale della Mistica del Regno, che è lo stesso centro che si trova contemporaneamente in tutti i suoi sudditi, "in modo che nulla di materiale può frapporsi tra il Re di Sangue e il popolo" perché tra loro c'è il Vincolo Carismatico nella Comune Origine del Sangue Puro. All’applicare il principio del Recinto al suo Regno, Filippo IV percepisce la Mistica della Nazione francese e osserva inoltre, come per contrasto, il Nemico, esterno e interno. Chi è il nemico? Ci sono diversi gradi da considerare. In primo luogo, il Nemico è chiunque si opponga alla creazione del Recinto strategico: chi riconosce un confine nazionale ma non lo accetta; chi preme contro uno qualsiasi dei confini nazionali. Ecco, per esempio, un'altra nazione, vicina o no, ma che esercita il potere indiscusso di espandere il proprio Recinto nazionale, sulla base del Diritto Divino dello Spirito a Regnare sui popoli razzialmente inferiori e di occupare il loro territorio: la controversia sarà deciso dalla guerra, il mezzo con cui si determina in modo inequivocabile quale nazione abbia la

migliore Strategia Iperborea e, di conseguenza, qual è il Popolo con il Sangue più Puro e chi è il Re con il Sangue più spirituale. Però questo è un Nemico degno, in quanto riconosce l'esistenza della Nazione avversaria, anche se non rispetta i limiti del suo Recinto : con un Nemico tale, è sempre possibile negoziare un accordo di convivenza nazionale, il che non significa, naturalmente, la pace definitiva perché non è possibile sospendere l'effetto carismatico dell’Aristocrazia del Sangue Puro: sia in una come in un'altra nazione, sorgeranno capi che cercheranno di risolvere il problema. La pace permanente non è concepita nella Strategia nazionale dei popoli del Patto di Sangue, ma un concetto completamente diverso, conosciuti come Mistica nazionale, che sarà raggiunta da entrambi i popolo lì alla fine della guerra: il primo obiettivo della guerra nazionale non è quindi la semplice occupazione del territorio nemico o l'imposizione di una Cultura straniera, né l'annientamento del popolo affrontato; tutti questi obiettivi, messi in primo termine, obbediscono alle deviazioni strategiche introdotte dai Sacerdoti del Patto Culturale; l'obiettivo principale è l'incorporazione della Nazione nemica alla propria Mistica Nazionale, il Vincolo Carismatico tra i due popoli e la coincidenza con il Re di Sangue, qualunque essa fosse; e se questo significava la distruzione di una Casa Reale, l'estinzione di una Voce del Popolo, la Mistica trionfale si manifesterà, per tutti i soggetti strategici in competizione, in un altra Voce del Popolo di carattere carismatico superiore che rappresenterà tutti allo stesso modo . Ma in secondo grado, bisogna considerare al Nemico che non ammette neppure il diritto di esistere delle Nazioni Mistiche. Con questo Nemico non sono possibili conciliazioni di nessun tipo. Naturalmente neppure lui le richiede, dal momento che non dichiara mai guerra apertamente, che dice di rinnegare, preferendo operare in segreto dall'interno del Recinto strategico. Si propone quindi di corrompere e distruggere le basi carismatiche dello Stato mistico e causare l'indebolimento ed eventuale eliminazione dei limiti del Recinto nazionale, cioè, causare la deformazione e disintegrazione della forma mistica. Questo Nemico, che deve essere qualificato come sinarchico,conta in tutte le Nazioni e in tutti i livelli delle strutture statali, con organizzazioni di agenti indottrinati alle finalità del Patto Culturale: tali internazionali sataniche cospirano contro l'esistenza stessa della Nazione mistica; e quindi contro l’applicazione del principio del Recinto e il Vincolo Carismatico tra il Re e il Popolo, che mette la nazione fuori del loro controllo, vale a dire al di fuori del Controllo della Fratellanza Bianca, che è chi incoraggia, nutre e vivifica, l'internazionalismo sinarchico. I piani della Fratellanza Bianca, ho già spiegato abbondantemente, mirano a stabilire la Sinarchia Universale del Popolo Eletto. Per questo quelle internazionali, coincidevano tutte nel sostenere i principi del Patto Culturale, volti astutamente a indebolire le fondamenta strategiche iperboree dei popoli del Patto di Sangue: per togliere base etica alla realtà dell’Aristocrazia dello Spirito, fondata sull’eredità razziale del Simbolo dell'Origine tra i popoli di Sangue Puro, affermavano l'uguaglianza di tutti gli uomini davanti al Creatore Jehovà Satanàs. Per dimostrare

che il Recinto strategico, e la Nazione definita da lui, era solo un'idea meschina, sviluppata da uomini mediocri, ristretti mentalmente ed egoisti, che non avrebbe mai accettato il "Alto Ideale dell’Universalismo", impiegavano il cristianesimo come strumento per rendere culturalmente uguali i popoli e li condizionavano e per identificare il Principio Universale Del Potere con il Papa di Roma, il quale, senza dubbio impugnava la Spada sacerdotale che dominava le Spade temporali dei Re: il Papa era un vero Sovrano Universale, che governava sui popoli e le nazioni; di fronte alla sua "Grandezza e Potere", l'opera dei Re di Sangue doveva apparire agli uomini addormentati evidentemente priva di carattere mistico; e l'Aristocrazia dello Spirito e il Sangue, sarebbe apparsa, per quei fanatici egualitari, come una creazione artificiale della Nobiltà, un prodotto dei privilegi della società feudale. E per screditare la guerra come mezzo di affermazione della Mistica nazionale, proponevano l'utopia della pace: una pace perpetua che si sarebbe ottenuta in ogni caso, se l'umanità fosse entrata nella fase di universalismo religioso, se tutti i poteri secolari, le Spade temporali si fossero inchinati davanti alla Spada sacerdotale del Sommo Pontefice cattolico; allora sarebbero finite tutte le guerre e cristiani sarebbero vissuti per sempre in pace, lontano dalle armi e dai campi di battaglia, e dal capriccio dei Signori, concentrati nel lavoro e nella preghiera, protetti dalla giustizia assoluta dei rappresentanti di Dio e dalla sua Legge; un solo Governo Mondiale manterrebbe il potere, e potrebbe perfino essere possibile che le due Spade fossero nelle mani di un Papa imperiale; e la pace porterebbe ricchezza per tutti allo stesso modo; ma questa ricchezza sarebbe amministrata equamente e giustamente da una Banca unica, prodotto di una concentrazione bancaria, o Sinarchia finanziaria, dipendente esclusivamente dal Sommo Sacerdote che deterrebbe il Potere Universale. Il Popolo cristiano non doveva avere dubbi su chi realmente rappresentava i suoi interessi e a chi doveva essere concessa senza esitare la Sovranità Universale: l'occupante del Trono di San Pietro, il propulsore della universalis pax, il sovrano della Colomba di Israele. Contro questa civiltà cristiana di Amore e Pace, di cultura ugualitaria, si opponevano: le frontiere nazionali; e i Re di Sangue; e la civiltà pagana dell’Odio e la Guerra, che si produceva invariabilmente all'interno dei recinti mistici; e l'Aristocrazia dello Spirito; e i soggetti strategiche che carismaticamente percepivano e conoscevano i limiti delle frontiere nazionali: contro di loro avrebbe combattuto senza dichiarare guerra, in modo sovversivo, il Nemico interno ed esterno della Nazione, sostenuto dalle sue forze di quinta colonna, dalle sue organizzazioni internazionali, che tendevano tutte all’instaurazione del Governo Mondiale e la Sinarchia Universale del Popolo Eletto. E chi era, quindi, il Nemico della Nazione francese? Con il consiglio dei Domini Canis, Filippo IV determina rigorosamente l'identità del Nemico, che si schiera in diverse aree tattiche. In ordine di pericolosità, le diverse linee di azione erano portate avanti dalle seguenti organizzazioni: I) la Chiesa dei Golen. Erano secoli, che i Golen controllavano le

elezioni papali e, da Roma, dirigevano il mondo cristiano. Sebbene il nemico principale erano proprio i Golen, si sarebbero opposti a Filippo IV come Nemico esterno attraverso il Papa e come Nemico interno attraverso i loro Ordini monastici, guerrieri e finanziari. II) Gli Ordini Golen Benedettini: la Congregazione di Cluny, l'Ordine Cistercense e l'Ordine dei Templari, che usavano il Regno di Francia come base operativa. III) Il Popolo Eletto, con il suo compito permanente di corruzione e destabilizzazione. IV) La Banca lombarda, proprietà delle Case Guelfe d'Italia. V) La Casa Reale Inglese, controllata dai Golen anglosassoni e proprietaria di grandi feudi nel Regno di Francia. VI) Alcuni Signori feudali vassalli del Re di Francia, come ad esempio il Conte delle Fiandre, che tradiva il Re in favore della Casa Reale Inglese, motivati da interessi commerciali e finanziari, cui non erano estranei i numerosi e ricchi membri del Popolo Eletto che infettavano le città fiamminghe e inglesi, e per l'influenza di anti-francese dei Golen anglosassoni. Terzo: costruire le Mura strategiche. È inutile chiarire che Felipe IV non raggiunse il terzo obiettivo del modo di vita strategico perché, se fosse accaduta una cosa del genere, la storia dell'umanità avrebbe preso una strada completamente opposta e non si troverebbe oggi, di nuovo, nei momenti precedenti all'istituzione del Governo Mondiale e la Sinarchia del Popolo Eletto. L'applicazione del Principio del Recinto, brillantemente eseguita da Filippo il Bello, gli costò la vita per mano del Nemico interno, ma servì a segnalare il totale fallimento dei piani della Fratellanza Bianca per quell'Epoca. E gli Uomini di Pietra e i Pontefici Iperborei, che all'interno del Circulus Domini Canis attendevano l’occasione di applicare la Saggezza Litica per costruire le Mura Strategiche, dovettero sospendere il progetto a causa della mancanza di attitudine iniziatica nei successivi Re, che immersero il Regno , ormai diventato Nazione Sovrana, in molteplici difficoltà, una delle quali fu la Guerra dei Cent'anni.

Trentasettesimo Giorno Filippo IV il Bello, Celestino V

Ci avviciniamo, caro dottor Siegnagel, alla svolta nella storia di Filippo IV, cioè, al momento in cui i piani della Fratellanza Bianca, sviluppati durante i precedenti settecento anni dai Golen, falliscono. Avevo già indicato dove avrebbe dovuto iniziare la Strategia del Re iniziato: Occupazione dello spazio reale e Recinto. Quindi il nemico interno doveva essere eliminato per salvaguardare il misticismo nazionale, che è il campo d'azione effettivo della Funzione Reale. I concetti di Sapienza Iperborea che ho esposto negli ultimi giorni, e che, allo stesso modo furono assimilati da Felipe IV nel XIII secolo, permettevano l'accesso a una diversa visione strategica, dal quale punto di vista gli atti del suo regno acquisivano il suo vero significato. Filippo IV riceve la Corona di Francia nel 1285: ed eredita da Filippo III, in quel momento, il disastro militare della Crociata contro Aragona e l'obbligo del Regno di investir suo fratello Carlo con le Corone di Pietro III. Ma Filippo IV

non è interessato a continuare il combattimento e si limita a fermare i colpi d’audacia degli Aragonesi, i quali, incoraggiati dai loro trionfi, fanno incursioni periodiche e sbarchi in territorio francese. La Pace di Tarascon, conclusa nel 1291, e il trattato di Anagni del 1295, misero fine alla sfortunata campagna, eclissando la speranza del Papa Golen di porre fine all'influenza delle Case di Svevia e Aragona sulle questioni d'Italia. Quale fu la ragione del cambiamento politico nella Casa di Francia? L'applicazione del principio del Recinto e la comprensione della vera natura del Nemico: Filippo IV, anche se gli Aragonesi, come tutti al suo tempo, ci avessero messo troppo tempo a rendersene conto, era più ghibellino di Pietro III; Aragona non potrebbe essere mai il nemico essenziale di un Re di Sangue Puro come Filippo il Bello: al massimo sarebbe un avversario cavalleresco, un'altra Nazione lottando per imporre la sua Mistica. Ecco perché Aragona non era nella lista dei sei principali nemici del Regno di Francia. Applicando il principio del Recinto, Filippo IV determina immediatamente i confini strategici della Francia: verso est, il paese finisce sulla riva del Reno; a nord, nell'Oceano Atlantico e nel Canale della Manica; e verso ovest, i Pirenei segnavano il limite del regno di Aragona. Per Filippo IV, e i suoi istruttori del Domini Canis, era strategicamente sbagliato cercare di espandersi a scapito di Aragona, una nazione con una Mistica potente, senza aver applicato preventivamente il principio dell’Occupazione sul proprio territorio: da lì veniva il fallimento della Crociata. Pertanto avrebbe dedicato un grande sforzo diplomatico per fare la pace con Aragona, che raggiunse in modo efficace, come anticipato, in un Congresso celebrato ad Anagni nel 1295. Con le mani libere, il Re avrebbe compiuto l'impresa per espellere gli inglesi dal territorio francese. La Guyenne era la più grande provincia della Francia dopo la Linguadoca; dalla sua capitale, Bordeaux, proveniva Bertrand de Got, un Signore del Cane che fu Papa sotto il nome di Clemente V e del quale parleremo più tardi. Ma l'enorme Ducato si trovava sotto il controllo di Edoardo I Plantageneto fin dal 1252, anche se circondato dalle Contee francesi di Poitou, Guyenne e Guascogna e il Regno di Navarra, il cui Re era sempre Filippo IV. L'opportunità di occupare le posizioni inglesi nella Guyana sarebbe stata offerta da un conflitto tra marinai inglesi e normanni nel porto di Bayonne nel 1292. I Corsari inglesi sequestrarono uno squadrone francese e saccheggiarono La Rochelle: di nient'altro aveva bisogno il francese per prendere possesso di molte roccaforti e castelli; e prova a chiudere il recinto. Due anni dopo, l'Inghilterra e la Francia erano bloccate in una feroce guerra navale. La guerra contro il Nemico esteriore inglese non solo significava un cambiamento di fronte della politica francese, ma forniva anche una buona scusa per avviare la riforma amministrativa del Regno. Questa riforma, pianificata da tempo dai giuristi del Domini Canis, doveva necessariamente iniziare con la separazione finanziaria tra Chiesa e Stato: in sostanza, si dovevano controllare le rendite ecclesiastiche, che di solito si

giravano a Roma al di fuori di ogni controllo fiscale. Parallelamente, sarebbe stato stabilito un sistema fiscale che garantisse la continuità del reddito reale. Il pretesto fu l'autorizzazione che i papi avevano concesso a Filippo III e Filippo IV di imporre un decimo di tasse sulle rendite della Chiesa di Francia, al fine di finanziare la Crociata contro Aragona: mentre nel 1295 la pace con Aragona era stato concordato, un anno prima era scoppiata la guerra con l'Inghilterra, dando a Filippo l'opportunità di continuare con le esazioni. Non era legale; ma presto lo sarebbe stato grazie a una legge reale di fine 1295 che impose al clero di Francia la contribuzione forzata di una "tassa di guerra" sulle rendite della chiesa. Prima di vedere la reazione della Chiesa Golen, merita un commento particolare, l’atteggiamento che aveva assunto il papa Martino IV Golen quando mise in discussione i Regni di Pietro III: si apprezza chiaramente il grande odio che alimentava verso la Casa di Svevia. Il fatto è che quell’imponente esercito, che Filippo III portò in Catalogna, non solo era stato finanziato dalle decime della Chiesa in Francia: Martino IV sospese la Crociata che in quel momento stava pianificando Edoardo I d'Inghilterra in Terra Santa, per dirigere contro Aragona la decima del clero inglese. Inoltre spese completamente tutte le somme di denaro che la Sardegna, l'Ungheria, la Svezia, la Danimarca, la Slavonia e la Polonia, avevano versato per contribuire ad aiutare i cristiani in Palestina. Sperando vanamente nel soccorso dell’Europa, le piazze d'Oriente sarebbero presto cadute nelle mani dei Saraceni: nel 1291, San Giovanni d'Acri, l'ultima roccaforte cristiana, cedeva di fronte all’Emiro d'Egitto Al-Ashraf Khalil. Così, due secoli dopo la prima Crociata, lasciando fiumi di sangue dietro di se, terminò l'esistenza del Regno Cristiano di Gerusalemme. L'Ordine dei Templari, senza la necessità e di simulare il sostegno “dell’Esercito d'Oriente", era libero di seguire la sua vera missione: affermarsi come il principale potere finanziario in Europa, mantenere una milizia di Cavalieri come base per un futuro esercito europeo unico e promuovere la distruzione delle monarchie a favore del Governo Mondiale e della Sinarchia del Popolo Eletto. Dopo le morti di Martino IV e Filippo III, il Papa Onorio IV continuò a concedere la decima a Filippo il Bello nella speranza che portasse a termine la Crociata contro Aragona. Lo stesso criterio sarebbe stato adottato da Nicola IV, dal 1288 al 1292, che era un sostenitore degli Angioini nonostante appartenesse a una famiglia ghibellina; tuttavia, favorì la famiglia Colonna, nominando cardinale Pietro Colonna; fondò l'Università di Montpellier, dove Guglielmo di Nogaret insegnava legge; e mise sotto la diretta giurisdizione del Trono di San Pietro, l'Ordine dei Francescani Minori; la caduta di San Giovanni d'Acri gli provocò grande costernazione e pubblicò una Crociata per inviare aiuto ai cristiani e cercare di riconquistare Terra Santa; stava preparando quei piani quando morì a causa di un'epidemia che decimò la città di Roma. Alla morte di quel Papa, che rappresentava una promessa incoraggiante nei progetti del Re di Francia, i cardinali fuggirono in gran parte a Rieti e a Perugia, lasciando abbandonata la Santa Sede per più di due anni: durante tale intervallo al soglio pontificio rimase vacante. A quanto pare, i

dodici cardinali, sei romani, quattro italiani e due francesi, non erano stati in grado di concordare per eleggere un nuovo Papa, ma in realtà, il ritardo era dovuto a una manovra intelligente di Filippo IV e i Signori del Cane. I Golen avevano favorito la presenza francese in Italia perché pensavano che la casa di Francia fosse incondizionatamente Guelfa: non previdero mai che dal suo seno sarebbe nato un Re ghibellino. Tale fiducia fu ricompensata in principio dalla terribile repressione che di Carlo d'Angiò scatenò sul partito ghibellino e sui membri della Casa di Svevia. E questi "servizi" avevano avuto l'effetto di aumentare l'influenza francese negli affari di Roma. Filippo IV avrebbe saputo approfittare di questa situazione per preparare segretamente la risurrezione del partito ghibellino. I suoi principali alleati sarebbero stati i membri della famiglia Colonna, e il cardinale Ugo Aicilin che comunicava con lui attraverso Pierre Paroi, Priore di Chaise, che era Signore del Cane e agente segreto francese: a tutti erano state offerte ricche Contee francesi in cambio di sostegno nel Sacro Collegio. Il sostegno consisteva, ovviamente, nel prevenire l'elezione di un papa Golen o, nel migliore dei casi, nella nomina di un dominicano. Quella dei Colonna era una famiglia di nobili romani che per molti secoli ebbe un grande peso nel governo di Roma e nella Chiesa cattolica. Avevano una serie di Signorie nella regione montuosa che va da Roma a Napoli, così che quasi tutte le strade dirette verso il Sud dell'Italia passavano attraverso le loro terre. A quei tempi c'erano due Colonna Cardinali: il maggiore Giacomo Colonna, patrono dell'Ordine dei Francescani Spirituali, e suo nipote, Pietro Colonna. Il fratello maggiore di Pietro, Giovanni Colonna, nello stesso periodo, fu senatore e governatore di Roma. È inutile dire che questa famiglia costituiva un Clan potente, che formava partito con altri Signori, Cavalieri e Vescovi; tale partito si affrontava, con molta forza, con il secondo Clan importante, quello degli Orsini, che erano decisamente guelfi e controllati dai Golen. Entrambi i gruppi dominavano i rimanenti Cardinali che dovevano decidere nell’elezione papale; fino a quel momento, le posizioni erano pari, con i Colonna che cercavano per bloccare tutti i tentativi dei Golen e di proporre, a loro volta, membri del proprio Clan. Ma la Chiesa Cattolica era a quel tempo un'organizzazione diffusa in tutto il Globo, che possedeva migliaia di chiese, Signorie e vassalli che canalizzavano a Roma ingenti somme di denaro e merci preziose; la sua amministrazione non poteva rimanere alla deriva. Quindi, dopo due anni e tre mesi di discussioni, la situazione divenne sufficientemente insostenibile da esigere un'elezione senza ulteriori ritardi. Quindi, dato che non ci sarebbe stato un accordo per nominare uno dei Cardinali presenti, si decide di designare un non cardinale. I due gruppi pensano a un uomo di facciata, un Papa debole la cui volontà possa essere diretta in segreto. E quindi, il 5 luglio 1294, si raggiunge l'unanimità dei voti, decidendo tutti per Pietro da Morrone, un santo eremita ottantacinquenne che viveva in una caverna in Abruzzo.

I Francescani Spirituali, guidati da Giacomo Colonna, avevano ripreso l'antica tradizione monastica ispirata alla Regola di San Francesco e la visione apocalittica di Gioacchino da Fiore. Trent'anni prima, Pietro era la guida di varie comunità di Francescani Spirituali, ma non era ancora soddisfatto con il rigore dell'Ordine e ne aveva fondato uno suo, che in seguito sarebbe stato ricordato come "l’Ordine dei Celestini". Tuttavia, anche se i monasteri Celestini si estendevano concentrati nella regione Abruzzo e nel sud dell’Italia, Pietro si era ritirato in una grotta sul monte Morrone per dedicarsi alla vita contemplativa; Si trovava in quel ritiro quando ebbe la notizia della sua nomina alla carica di Papa: esitò se accettare, ma fu convinto da Carlo II lo Zoppo, figlio di Carlo d'Angiò, che, liberato dalla prigione catalana, regnava su Napoli. Infine, Pietro accettò l'investitura papale e prese il nome di Celestino V: tutta la cristianità accolse festante l’ascesa al trono del Santo, che tutti speravano, avrebbe messo un freno al materialismo e all'immoralità imperante nella gerarchia ecclesiastica e aperto la Chiesa a una riforma spirituale. Si può capire che per i Colonna e per Filippo IV quelle elezioni avessero il sapore del trionfo. Ma a Pietro da Morrone mancavano tutte le istruzioni e le conoscenze necessarie per amministrare un'istituzione delle dimensioni della Chiesa cattolica; la sua unica esperienza governativa derivava dalla gestione delle piccole comunità di Frati. Inoltre, il Santo non era interessato in questi temi mondani ma solo alle questioni riguardanti la religione pratica: l'evangelizzazione, la preghiera, la salvezza dell'anima. Per questo delegò ai Cardinali e a un gruppo di Vescovi giuristi, le questioni temporali, formando un ambiente corrotto e interessato che in quattro mesi immerse la Chiesa in una grande crisi economica. I Golen, naturalmente, si aspettavano di controllare anche Pietro da Morrone; avevano fiducia soprattutto nel Re di Napoli, per il quale Pietro professava un particolare affetto: presumevano che Carlo II non avrebbe sostenuto gli intrighi di suo cugino Filippo il Bello e avrebbe continuato la politica guelfa di Carlo d'Angiò; Con l'aiuto del Re, sarebbe stato facile convincere il Papa ad autorizzare le misure proposte da loro come proprie. E contavano a parte, con un segreto sorprendente: un cardinale, Benedetto Gaetani, proveniente da una famiglia ghibellina e apertamente arruolato per la causa della Francia, era uno di loro. Questo Golen, Dottore in Diritto Canonico, teologo ed esperto di diplomazia, si sarebbe situato nei pressi del Santo senza destare i sospetti dei Colonna, contro cui nutriva con al suo interiore desideri omicidi. Vale la pena evidenziare ora due delle modifiche introdotte da Celestino V su richiesta di Carlo II. Aumentò il numero di cardinali nominandone altri dodici, per lo più italiani e francesi, e ristabilì la legge del Conclave, che obbligava a rimpiazzare i membri vacanti del Sacro Collegio. E conferì ai Francescani Spirituali l'autorizzazione a operare indipendentemente dall'Ordine dei Frati Minori. Tali disposizioni favorirono l'influenza francese nella Chiesa e nel partito dei Colonna.

I Golen non sarebbero giunti a controllare Celestino V. E con il passare dei mesi, si resero conto che la guerra tra la Francia e l'Inghilterra non solo rafforzava Filippo IV, ma minacciava di paralizzare i piani della Fratellanza Bianca. Non c'era tempo per sottigliezze: era urgente porre fine al Santo e mettere al suo posto un papa Golen, un uomo capace di imporre a questo Re senza barba che osava sfidare le Potenze della Materia: dal Trono di San Pietro, di cui Essi avevano esercitato il dominio quasi ininterrottamente per settecento anni, avrebbero presentato a Filippo IV un’opposizione che non si vedeva dai tempi di Enrico IV, Federico I e Federico II. Tuttavia, essi avevano il coraggio di uccidere Celestino per l'impatto che tale circostanza poteva avere sul popolo d'Italia, che era impressionato dalle virtù spirituali del Papa. Nacque così l'idea di convincere il Santo che il suo Pontificato non si addiceva alla Chiesa, bisognosa di un Papa che si prendesse cura di altre questioni importanti oltre a quelle religiose, come quelle amministrative, legislative, legali e diplomatiche. Il portavoce di quest’idea, e chi offriva assistenza legale per concretizzare la rinuncia, era il cardinale Benedetto Gaetani. Quelle pressioni fecero dubitare Celestino, ma il consiglio di chi gli chiedeva di rimanere nella sua posizione aveva più importanza, poiché la Chiesa richiedeva la Santità della sua presenza. Dopo circa cinque mesi del suo regno, Benedetto Gaetani arriva a compiere la bassezza di comprare il suo cameriere e far installare, dal piano superiore, un tubo per trasportare la voce fino alla parte posteriore del Cristo dell'altare, in una Cappella alla quale Celestino si recava ogni giorno per pregare: la voce che sorgeva da "Gesù" diceva: "Celestino, scarica dalle tue spalle il feudo del papato, perché è un peso superiore alla tua forza". In linea di principio, il Santo lo prese come un avvertimento del Cielo, ma poi fu avvisato della beffa. Tuttavia, la festa di Natale si stava avvicinando e Celestino si stava preparando per ritirarsi in un solitario monastero abruzzese per pregare in solitudine, com’era sua abitudine da tutta la vita. Su consiglio del Re di Napoli, decide di nominare tre Cardinali abilitati con ampi poteri ad agire per suo conto durante le quattro settimane di assenza: fu allora che un cardinale Golen accusò il Papa di compiere un'azione illegale. La Chiesa, disse, non poteva avere quattro mariti (sposi), la dignità papale non era delegabile fino a quel punto. Ciò fece decidere il Santo a rinunciare, più disgustato dagli intrighi che sviluppavano intorno a lui che dal peso degli argomenti avanzati. Ma rinunciare all'investitura papale non equivale ad abdicare un’investitura reale. Nel Diritto Canonico in vigore fino a quel momento, la possibilità era contemplata e non si era mai presentato il caso dal momento in cui San Pietro nominò il suo successore San Lino, nel I secolo. Invece, il Diritto Canonico affermava che l'investitura era per tutta la vita poiché la sua accettazione aveva il carattere di un vincolo matrimoniale tra il Papa e la Chiesa, che era dogmaticamente indissolubile. Per superare questa difficoltà insormontabile, i Cardinali canonisti Bianchi e Gaetani si rivolsero a un ragionamento logico infantile: il Diritto Canonico governa e formalizza la condotta dei Papi, ma al di sopra del Diritto Canonico, c’è il Papa stesso, il Vicario di Gesù Cristo; a lui corrisponde l'evidente diritto di modificare con la sua parola “infallibile” ogni legge e ogni dogma;

compresa la questione della rinuncia all'investitura papale. Il 13 dicembre 1294, cinque mesi e nove giorni dopo essere salito al trono, Celestino V firmava la Bolla, redatta dai canonisti di Benedetto Gaetani, in cui si confermava il diritto del Papa di dimettersi se profonde e ben fondate pene di coscienza, come ad esempio, il credere che il suo modo di guidare la Chiesa possa causarle gravi danni o semplicemente la convinzione non essere adatti per la posizione, lo giustificava. Immediatamente dopo, si tolse il diadema, i sandali di San Pedro e l’anello, e si dimise dalla sua alta carica. Al 29 dicembre 1294 il conclave elesse il cardinale Benedetto Gaetani, originario di Anagni e membro delle famiglie nobili che avevano dato alla Chiesa il Papa Alessandro IV, Innocenzo IV e Gregorio IX e prese il nome di Bonifacio VIII. Pietro da Morrone, oltre che come santo era noto anche per possedere il dono della profezia, prima di partire gli fece la seguente avvertenza: "Vi siete insinuato come una volpe, regnerete come un leone, e morirete come un cane". Sulla legittimità del suo atteggiamento si suscitarono le più aspre polemiche tra i canonisti, che durarono per secoli, poiché l’opinione generale fin dai tempi antichi sosteneva che l'investitura papale non potesse essere oggetto di rinuncia da nessun decreto. Questo punto di vista, condiviso da molti teologi e canonisti in Italia e Francia, era sostenuto anche dal popolo, che continuava considerando Celestino V come il legittimo papa. Temendo uno scisma, i Golen decidono di eliminare Pietro da Morrone: Bonifacio VIII lo fa catturare in una grotta nelle montagne di Sant’Angelo, in Puglia, dove si era ritirato, e lo fa confinare nella Fortezza di Fumona in Campania; nel maggio del 1296 sarebbe stato ucciso e il suo corpo seppellito a cinque metri di profondità. Trentottesimo Giorno

La famosa lotta per le investiture, iniziata tra Gregorio VII ed Enrico IV, tra la Spada sacerdotale e la Spada volitiva, sarebbe stata rinnovata ora da Bonifacio VIII e Filippo IV: ma dove in principio aveva vinto, aveva trionfato la prima, ora si sarebbe imposta la seconda, con tutto il peso che può scaricare la Verità Assoluta sulla menzogna essenziale. I tempi erano cambiati e non si trattava già di uno scontro tra il Sacerdote del Culto e il Re di Sangue, in cui il primo aveva il sopravvento perché dominava la Cultura attraverso la Religione e la Chiesa organizzata, mentre al secondo mancava l’orientazione strategica necessaria per far valere il potere carismatico del Sangue Puro. Con Filippo IV i Golen stavano affrontando un Re Iniziato che si opponeva sul piano delle Strategie, cioè, nel contesto della Guerra Essenziale: il Sacerdote del Culto e il Patto Culturale, contro il Re di Sangue e il Patto di Sangue; la Cultura sinarchica contro il modo di vita strategico; il Papa Golen Bonifacio VIII e il concetto teocratico del Governo Mondiale, contro il Re di Sangue Puro Filippo IV e il concetto di Nazione Mistica; i piani della Fratellanza Bianca contro la Saggezza Iperborea.

Sì, dottor Siegnagel, questa volta posero la lotta sul piano di due Strategie Totali e la sua risoluzione sarebbe significata la sconfitta totale di uno dei due avversari, vale a dire, l'impossibilità di raggiungere i suoi obiettivi strategici. Siccome si trattava della Strategia delle Potenze della Materia contro la Strategia dello Spirito Eterno, rappresentate da Bonifacio VIII e Filippo IV, non sarebbe stato difficile prevedere il vincitore. Questo fu riassunto al meglio da Pierre Flotte, un Signore del Cane che era ministro di Filippo il Bello: quando Bonifacio VIII affermò: "Io, per essere il Papa, impugno le due spade". - Egli rispose: "È vero, Santo Padre; però lì dove le vostre spade sono solo una teoria, quelle del mio Re sono una realtà." Già nell’Ottobre del 1294 si riuniscono numerosi sinodi provinciali francesi per discutere sull’aiuto che il re reclamava al fine di sostenere la guerra contro l'Inghilterra soddisfare. Molti approvano il trasferimento, durante due anni, di una decima straordinaria, ma la maggior parte degli Ordini fanno arrivare la loro protesta in Vaticano. E qui possiamo dire che inizia una delle divisioni più prolifiche in seno alla Chiesa: i Vescovi francesi, in gran numero, cominciano a essere vinti dalla Mistica nazionale, e si sentono carismaticamente inclinati a sostenere Filippo il Bello; inoltre, la Chiesa Golen, rappresentata in Francia dagli Ordini Benedettini, cioè, la Congregazione di Cluny, l'Ordine Cistercense e l'Ordine dei Templari, si opponevano furiosamente alle pretese di Filippo IV: è l'abate di Citeaux che porta a Bonifacio VIII le rivendicazioni più virulente, dopo l'Assemblea Generale del 1296 in cui si paragonano i "Vescovi servili" che accettano di pagare le tasse, con i "cani muti" delle Sacre Scritture, mentre il Re è equiparato al Faraone. Quella differenza, che in quel momento era abbastanza accentuata, stava cominciando a dividere la Chiesa di Francia in due fazioni. Dal lato del Re, si allineavano i Vescovi nazionalisti, alcuni dei quali erano Signori del Cane, anche se la maggior parte era costituita da semplici patrioti che temevano nel profondo un confronto con la Santa Sede: di loro si sarebbe preso cura Filippo IV , assicurando in tutti i casi protezione reale contro qualunque rappresaglia che la sua condotta gli potesse causare; anche l'Università di Parigi, la più prestigiosa scuola di Diritto Canonico d'Europa era divisa: lì, a parte la questione della riforma fiscale, si stava ancora discutendo la legittimità dell´elezione di Bonifacio VIII, essendo molti i canonisti che consideravano Celestino V come il vero Papa. Le seguenti misure di Filippo IV e le mosse strategiche dei Domini Canis, avrebbero teso a rafforzare l'unità di questa fazione e di raggrupparli intorno al Re di Sangue, e metterli in opposizione a Bonifacio VIII. Dall’altra parte, quella della Chiesa Golen propriamente detta, guidata da Bonifacio VIII, si raggruppavano i nemici della Nazione Mistica, vale a dire, i sostenitori del "Nemico esterno e interno", gli Ordini Golen e il suo nucleo segreto: il Collegio di Costruttori di Templi. Per Filippo IV, e così si espose durante il processo ai Templari, da tali Società segrete si ordiva un complotto destinato a indebolire le monarchie in favore di un Governo Mondiale. Contro questa fazione satanica, ancora abbastanza potente da provare l’ultima difesa dei piani della Fratellanza Bianca, Filippo IV doveva colpire con tutta la forza della

sua Spada volitiva, cercando allo stesso tempo che il colpo rispondesse Alla Più Alta Strategia Iperborea. Bonifacio VIII non perde altro tempo. Decide di applicare sul Re di Francia, e in forma estesa a chiunque osasse imitarlo, il prestigio universale della Chiesa Cattolica. Da questo prestigio nasce il principio di obbedienza all’autorità del Papa, alla quale fino ad allora nessuno aveva osato disobbedire senza subire sanzioni severe nel loro stato religioso, quando non castighi di tipo più concreto. L'appello a una crociata per salvaguardare la Religione Cattolica trovava le più fervide adesioni, metteva in movimento migliaia di fedeli; ed era solo un mandato papale, un ordine obbedito per rispetto alla Santa Investitura del suo emittente. Non era forse il momento giusto per applicare tale prestigio contro questo piccolo re ribelle, che osava interferire nei piani centenari della Chiesa Golen? Peraltro Bonifacio VIII non prendeva in considerazione, nel valutare la forza di quel prestigio, di quella reputazione, né la recente perdita di Terra Santa, né la Crociata fallita contro Aragona, né la presenza Aragonese in Sicilia, né l’estrema debolezza che la guerra contro la Casa di Svevia aveva prodotto nel Regno Germanico, né la quasi assenza dell'Impero, ad eccezione del titolo che ancora si concedeva ai Re germanici, etc. Nulla di tutto ciò prese in considerazione quando decise di mettere alla prova Filippo IV attraverso la Bolla Clericis Laicos del 24 Febbraio del 1296. In essa si proibiva, sotto la pena di scomunica, che tutti i principi secolari chiedessero o ricevessero sovvenzioni straordinarie dal clero; ai chierici, per parte loro, fu vietato di pagarli, se non autorizzato diversamente dalla Santa Sede, sotto la stessa pena di scomunica. Si correva così l’assurdo rischio che un vescovo fosse scomunicato, non solo per cadere nell'eresia, ma anche per pagare una tassa. Non vi scapperanno, dottor Siegnagel, le connotazioni ebraiche che esistono dietro a tale mentalità avida e avara. La reazione di Felipe IV fu conseguente. Riunì in Francia un'assemblea di Vescovi per discutere la Bolla Clericis Laicos, nella quale accusò coloro che la obbedivano di non contribuire alla difesa del Regno e quindi di essere soggetti all'accusa di tradimento: il Diritto Romano era in opposizione, ormai, al Diritto Canonico. Mandò alcuni vescovi leali e ministri a Roma per discutere la questione con il Papa, mentre incoraggiava segretamente i Colonna a rafforzare il partito ghibellino. Tuttavia, oltre a prendere queste misure, fece qualcosa di molto più efficace: il 17 agosto emise un editto che proibiva l'esportazione di oro e argento dal Regno di Francia; un altro editto reale proibiva ai banchieri italiani che operavano in Francia di accettare fondi destinati al Papa. In questo modo per il Papa fu impossibile ricevere le rendite ecclesiastiche dalla Chiesa di Francia, inclusi dai suoi stessi feudi. Bonifacio VIII, ovviamente, non si aspettava un simile colpo dal Re francese. Filippo IV aveva esposto la nuova situazione al popolo per mezzo di bandi, libelli e assemblee

convocati in tal senso; e l’aveva esposta abilmente, in modo che la Chiesa di Roma apparisse come indifferente alla necessità della Nazione francese, come interessata egoisticamente solo nelle sue rendite: mentre la nazione doveva mobilitare tutte le sue risorse per far fronte a una guerra esterna, si pretendeva che accettasse passivamente, "sotto la pena di scomunica", che il clero inviasse forti somme a Roma. Questi argomenti giustificavano di fronte al popolo e ai proprietari terrieri l’editto reale, e predisponeva tutti contro la bolla papale: all'unanimità si richiedeva a Filippo IV di disobbedire la Clericis Laicos, il cui contenuto, secondo i giuristi laici, era manifestamente perversa perché costringeva il Re a non rispettare le leggi del suo Regno. Per Bonifacio VIII, il cui amore per l'oro era pari al suo fanatismo per la causa Golen, la privazione di quelle rendite significava poco meno di una mutilazione fisica, soprattutto quando si aveva la notizia che il Re inglese Edoardo I stava imitando le azioni di Filippo in quanto alla riscossione delle decime ecclesiastiche e ora si preparava a disobbedire anche alla Clericis Laicos e a sequestrare tutte le entrate della Chiesa. Sarà capito meglio il dolore di Bonifacio VIII, se guardiamo alle quantità di reddito in questione: l'Italia contribuiva con 500.000 fiorini d'oro in decime papali; Inghilterra 600.000; e la Francia, che aveva conservato una parte destinata alla crociata contro Aragona, 200.000. Era un fonte alla quale non si poteva rinunciare per nulla al mondo. Perché Bonifacio VIII aveva bisogno di tali quantità? In parte per finanziare la guerra con cui progettava di rompere l’accerchiamento ghibellino che si stava sviluppando in Italia, dove la questione siciliana era ancora in sospeso; e in parte per arricchire se stesso e la sua famiglia, giacché Benedetto Gaetani era perfettamente dotato delle caratteristiche di illimitata ambizione, di scalatore senza scrupoli, di tiranno corrotto; valga come esempio: quando accedette al papato annullò immediatamente le leggi e i decreti di Niccolò IV e Celestino V che beneficiavano i Colonna, trasferendo i titoli in favore della propria famiglia; dal Re Carlo II ottenne per suo nipote il titolo di Conte di Caserta e vari feudi; per i figli di quest’ultimo, quelli di Conte di Palazzo e Conte di Fondi; per se stesso, si appropriò dell'antico palazzo dell'imperatore Ottaviano, convertito all’epoca nella Fortezza militare di Roma, che restaurò e ricostruì magnificamente, impiegando il denaro della Chiesa; la stessa procedura fu seguita con altri castelli e fortezze della Campania e della Maremma, che diventarono suo patrimonio personale; possedeva palazzi, uno più bello dell’altro, a Roma, Rieti e Orvieto, le sue residenze abituali, anche se il più bello e lussuoso era senza dubbio quello della sua città natale di Anagni, dove trascorreva la maggior parte dell'anno; viveva infatti in un ambiente di lusso e splendore che nulla aveva a che vedere con il suo status di pontefice di una Chiesa che esalta la salvezza dell’Anima attraverso la pratica dell'umiltà e della povertà; non aveva scrupoli per concedere cariche e favori in cambio di denaro, cioè, era simoniaco; metteva i soldi, suoi o quelli della Chiesa, sia nelle mani dei banchieri lombardi o Templari per essere a interesse d’usura; non aveva alcuna pietà quando si trattava di raggiungere i suoi obiettivi, qualità che dimostrò di possedere all’assassinare Celestino V, e poi confermata con le sanguinose persecuzioni di ghibellini scatenate in Italia; e per completare questo quadro della sua

sinistra personalità, forse un ultimo esempio è sufficiente: come tutti i Golen, Bonifacio VIII si dedicava alla sodomia rituale. Naturalmente, così come i Golen non avevano disposto un Re del calibro di Filippo IV per opporsi a questi, né possedeva di un San Bernardo da far sedere sul trono pontificio: Benedetto Gaetani era il migliore che avevano e a lui confidarono l’esecuzione della loro Strategia E la migliore strategia di fronte alla durezza e il coraggio di Filippo IV sembrava essere quella di dare un passo indietro e prepararsi per avanzarne due. In altre parole, avrebbe cercato di calmare il Re addolcendo il senso della bolla Clericis Laicos, con un altra bolla, Ineffabilis amor, del 21 settembre 1296, e avrebbe dedicato tutti i mezzi disponibili dalla Chiesa per porre fine alla minaccia Ghibellina in Italia e Sicilia; e in quanto al pretesto della guerra con l'Inghilterra, esercitato dal Re di Francia per giustificare i sue esazioni, sarebbe stato neutralizzato costringendo le parti a fare la pace; logica pura: senza guerra, il Re non avrebbe avuto motivo di chiedere tasse o contributi al clero. A Ineffabilis amor seguono le bolle Romana Mater Ecclesia e Novertis, nelle quali ora minaccia il Re di scomunica, ora gli manifesta la sua piena approvazione delle decime, a condizione che il Regno si trovasse realmente in pericolo; ma ciò che risalta in tutte le bolle è la superbia con cui si dirige al Re, che considera un mero suddito. Queste bolle avrebbero sollevato un'ondata di indignazione in Francia, dal momento che erano lette pubblicamente per ordine del Re, e avrebbero predisposto ancora di più i Vescovi francesi contro l'intransigenza papale. Sono loro che si riuniscono in un'assemblea a Parigi e sollecitano al Papa, il 1° febbraio 1297, l'autorizzazione per sovvenzionare Filippo IV, che affronta in quel momento il tradimento del Conte delle Fiandre. Questo, infatti, si era alleato con il Re d'Inghilterra, che cercava di recuperare la Guyenne, e minacciava la Francia settentrionale. Bonifacio VIII deve cedere ai fatti e autorizzare i contributi, lasciando inascoltata la Clericis Laicos. Nel mese di Aprile 1297, Bonifacio invia a Parigi i Cardinali Albano e Preneste portando una nuova bolla: nella quale si ordina ai monarchi in conflitto di stabilire una tregua di un anno, mentre si accorda il trattato di pace definitivo; la trattativa sarebbe stata affidata al Papa. Filippo la riceve, ma prima di consentire di leggere lo scritto fa la seguente avvertenza: - "Dite al Papa che è nostra convinzione che solo al Re corrisponde governare il Regno. Che Noi siamo il Re di Francia e non riconosciamo la competenza di nessuno al di sopra della nostra per intervenire negli affari del Regno. Che il Re d'Inghilterra e il Conte delle Fiandre sono vassalli del Re di Francia e che Noi non accettiamo altro consiglio che la Voce dell’Onore per trattare i nostri sudditi." La bolla fu letta, ma Filippo non rispose fino a Giugno del 1298, quando le sorti della guerra erano contro di lui di fronte alle forze unite di Inghilterra e Fiandre. Accettò allora l'arbitrato di Bonifacio VIII, non come Papa, ma solo come "Benedetto Gaetani" evitando così di ammettere la giurisdizione papale sulle questioni del Regno. Durante tutto questo, la polemica sulla legittimità di Bonifacio VIII continuava più

viva che mai. In Francia, i Signori di Cane s’incaricavano aggiornare del dibattito, mentre in Italia l'agitazione era eseguita dai Colonna: la preferenza per Bonifacio VIII o Celestino V era diventata sinonimo di guelfo o ghibellino. I Colonna, ricevendo sostegno segreto da Filippo IV, e alleati ora con il Re Federico di Sicilia, figlio di Pietro III d'Aragona e Costanza di Svevia, si presentavano nell'ottica del Papa come i candidati perfetti per una vendetta Golen. Avevano solo bisogno di un'opportunità, e questa si presentò quando il rancore di Stefano Colonna lo portò ad assaltare un convoglio papale che trasportava il tesoro pontificio da Anagni a Roma. Stefano Colonna, detto il Vecchio, non aveva agito con l'intenzione di rapina ma con la certezza di salvare i beni della Chiesa dalle mani di un usurpatore; per questo condusse il tesoro alla luce del giorno nel suo castello di Palestrina. La lezione che Bonifacio VIII avrebbe applicato ai Colonna e ai ghibellini sarebbe stata esemplare, sebbene caratteristica della mentalità dei Golen. In primo luogo presentò al popolo di Roma, l'atto di Stefano Colonna come un delitto abominevole, per il quale dette la responsabilità alla sua intera Stirpe: - "Il Cardinale Pietro è il Capo dei ghibellini e tanto lui quanto il cardinale Giacomo furono i colpevoli che le elezioni papali fossero rimandate per due anni a Perugia. Ora, un altro membro della famiglia osa ribellarsi contro l'autorità del Papa, la più alta dell'Universo, e osa rubare il suo tesoro: questo lignaggio maledetto deve essere bandito dalla Chiesa." Fu Invano che i cardinali Colonna proclamassero l'illegalità di Bonifacio VIII, che portassero in favore delle loro accuse i dubbi che l'Università di Parigi sosteneva sulle dimissioni di Celestino V, o che richiedesse la formazione di un Consiglio Generale della Chiesa da discutere sul caso: in meno di un mese, e con l'approvazione del Collegio Sacro, i cardinali Giacomo e Pietro sono scomunicati e deposti, come Giovanni Colonna e i suoi figli, Agapito, Giacomo Sciarra e Stefano. Oltre a separarli dalla Chiesa e dal Cristianesimo, in un’altra bolla si ordina di confiscare i beni, le proprietà e i titoli. Naturalmente, i Colonna resistono e Bonifacio risponde pubblicando una Crociata: coloro che vi partecipano otterranno le stesse dispense come se fossero andati in Terra Santa. Al passaggio dei crociati le uccisioni di ghibellini si rinnovano in tutta Italia. Il Castello di Sciarra, a Palestrina, è preso e, per ordine di Bonifacio, ridotto in macerie, il terreno arato e coperto di sale. Sciarra e il resto dei Colonna devono fuggire in Francia, completamente rovinati. Poco dopo, fu il turno dei Francescani Spirituali: attraverso un´altra bolla, il Sant'Uffizio credeva che le sue dottrine fossero eretiche e ordinava lo scioglimento dell'Ordine.

Trentanovesimo Giorno

Solo nel 1299 Filippo il Bello avrebbe concluso la guerra con l'Inghilterra. La tregua concordata da Benedetto Gaetani si stava lentamente svolgendo senza che le Nazioni in conflitto rinunciassero alle loro intenzioni di riprendere la battaglia. Finalmente, attraverso il trattato di Montreuil, fu terminato grazie a condizioni proprie dell’epoca: Edoardo I, Re d'Inghilterra, avrebbe sposato Margherita, sorella di Filippo IV, mentre Edoardo II, figlio dell'inglese, si sarebbe fidanzato con Isabella, una bambina di quattro anni che era l'unica figlia del francese; Isabella avrebbe preso in dote il ducato della Guyana ma gli inglesi non avrebbero calpestato per il momento il territorio francese. L'anno seguente, Filippo occupa con le sue truppe la Contea delle Fiandre e chiude il Recinto strategico. Corre l'anno 1300, pertanto, quando Filippo il Bello completa i primi due passaggi del modo di vita strategico dalla Funzione Reale: ha realizzato il principio dell'Occupazione del territorio del Regno e ha applicato il principio del Recinto; e i campi sono preparati per lo sfruttamento razionale dell'agricoltura e dell'allevamento. La Strategia Iperborea raggiunge quindi il suo grado più alto di sviluppo e non c'è quasi nessun potere sulla Terra capace di opporsi al Re di Sangue e alla Nazione Mistica. L'ora dello Stato carismatico è suonata, in cui il Re e il popolo sono una sola Voce e una sola Volontà. L'arresto del Vescovo di Pamiers, che scatenerà la reazione finale di Bonifacio VIII, mostrerà chiaramente la reale esistenza dello Stato Carismatico. Bernard Saisset, Vescovo di Pamiers era in realtà una spia dei Golen. Gli era stata affidata la missione di investigare in Linguadoca l'esistenza di una società segreta a cui presumibilmente appartenevano i consiglieri di Filippo il Bello. Dopo un paziente lavoro, arrivò a una conclusione stupefacente: "In effetti, c'era una cospirazione empia contro la Chiesa dei Golen; in essa confluivano i Catari, che riapparvero sorprendentemente organizzati, i Francescani Spirituali, recentemente scomunicati, e alcuni membri dell'Ordine dei Predicatori, specialmente spagnoli; le dispute tra inquisitori ed eretici erano chiaramente simulate e si notava facilmente che dietro la trama c'era la mano di Filippo il Bello, che proteggeva personalmente tutti gli imputati. " Prima di essere scoperto dai Signori del Cane e di essere arrestato e accusato di Alto tradimento, il vescovo di Pamiers riuscì a inviare un rapporto a Bonifacio VIII, che chiese al Re di Francia la sua libertà immediata. Ciò non era possibile senza correre il rischio che si conoscessero maggiori dettagli sul Domini Canis, così che fu formalmente accusato di essere coinvolto in un piano sedizioso al servizio della Corona d'Aragona. Sarebbe stato processato da un tribunale civile, che era in totale contraddizione con il Diritto Canonico, che vietava ai Vescovi di comparire in tribunale Laico. La necessità di contare con il Vescovo di Pamiers per ottenere un testimonianza contro Filippo il Bello e la sfida che significava in quell’Epoca il processo civile di un

Vescovo, provocò l'ira di Bonifacio VIII. La sua risposta sarebbe stata la bolla Ausculta Fili, spedita in Francia nel dicembre 1301, insieme ad altre di minore importanza. In essa, Bonifacio criticava violentemente la riforma giuridica e amministrativa al Re: "Ritornate, figlio mio amato, al sentiero che conduce a Dio e dal quale voi vi siete allontanato, sia per colpa vostra o sia per istigazione di cattivi consiglieri. Soprattutto, non vi lasciate convincere di non avere superiore, e che voi non siete soggetto al Papa, che è il capo della gerarchia ecclesiastica. Un parere simile è insensato e chiunque lo incoraggi è un infedele già segregato dal gregge del Buon Pastore." Quei "consiglieri malevoli", ovviamente, non erano altri che i Domini Canis. Inoltre Bonifacio affermò che, al fine di prendere in considerazione i disturbi causati dalla cattiva condotta di Filippo e trovare il giusto rimedio, convocava tutti i Vescovi a un Concilio nel novembre del 1302 a Roma: nel corso del quale, il Re, chi fu invitato a comparire, sarebbe stato giudicato per i suoi "crimini" e chiamato alla correzione. Filippo IV, naturalmente, non solo che non si sarebbe presentato, ma avrebbe vietato ai Vescovi di lasciare la Francia senza il suo consenso. I "crimini" che si addebitarono al Re nell’Ausculta Fili oggi ci sembrerebbero perfettamente sovrani: fu accusato di aver "cambiato il sistema monetario"; di "creare tasse fino a quel momento sconosciute"; di "tassare le rendite che la Chiesa di Francia inviava a Roma"; "di imporre confini nazionali ai suoi sudditi"; eccetera. Copie di queste bolle furono lette e bruciate pubblicamente in tutta la Francia, generando un movimento popolare di indignazione contro il dispotismo teocratico del Papa. Come ho anticipato, Dott. Siegnagel, con l’Ausculta Fili si presentò l'opportunità di esibire la Nazione Mistica, con quella nuova struttura dello Stato che avevano pazientemente creato i giuristi del Domini Canis. Questa dimostrazione ebbe luogo esattamente il 10 aprile 1302, nella Cattedrale di Notre Dame a Parigi, e può essere considerata la prima Costituzione del moderno Stato francese. I rappresentanti di tutte le province francesi si riunirono lì, per questo motivo il congresso fu chiamato "degli Stati Generali". Ma ciò che era veramente nuovo consisteva nei Tre Ordini che componevano l'Assemblea; cioè i rappresentanti della Nobiltà, del Clero e delle Città. Quest'ultimo, presente per la prima volta in un Consiglio presieduto dal Re. Dobbiamo situarci in quel momento del XIV secolo per apprezzare, nella sua vera dimensione, l'innovazione che significava riunire rappresentanti della classe plebea insieme a Nobili ed Ecclesiastici; e questo non come un "diritto democratico", strappato con la forza a Tiranni sanguinari o Re deboli, ma come vero riconoscimento reale che il popolo partecipa alla sovranità, come afferma la Sapienza Iperborea. Naturalmente, nel terzo Ordine, erano rappresentati i diversi strati che costituivano il popolo della Nazione Mistica: principalmente la nuova e fiorente borghesia, composta da commercianti, mercanti e piccoli proprietari terrieri; le corporazioni di artigiani e costruttori; i contadini liberi, ecc. Il merito speciale nell'organizzazione di quella prima Assemblea dei Tre Ordini era da attribuire ai Signori del Cane, in particolare ai tre nominati, Pierre Flotte, Robert de

Artois e il Conte di San Pol. Pierre Flotte parlò al Parlamento in nome del Re, e le sue parole ancora si ricordano: - "Il Papa ci ha inviato lettere in cui si dichiara che dobbiamo sommetterci a lui in quanto al governo temporale del nostro Regno si riferisce, e che dobbiamo rispettare non solo la corona di Dio, come sempre si è creduto, ma anche quella della Sede Apostolica. Secondo questa dichiarazione, il Pontefice convoca i prelati di questo Regno a un Concilio a Roma, per riformare gli abusi che dice siano stati commessi da noi e dai nostri funzionari nell'amministrazione dei nostri Stati. Voi sapete, d'altra parte, come il Papa impoverisce la Chiesa di Francia al concedere a sua discrezione benefici i cui proventi passano in mani straniere. Voi non ignorate che le chiese sono sopraffatte da richieste di decime; che i metropoliti non hanno più autorità sui loro suffraganei; né i Vescovi sul suo clero; che, in una parola, la corte di Roma, riducendo l'episcopato al nulla, attira tutto a sé; potere e soldi. Dobbiamo porre fine a questi eccessi. Vi chiediamo, quindi, come Signori e come Amici, di aiutarci a difendere le libertà del Regno e quelle della Chiesa. Per quanto ci riguarda, non esiteremo, se necessario, a sacrificare per questo doppio motivo i nostri beni, la nostra vita e, se le circostanze lo richiedono, quella dei nostri figli ". La posizione di Filippo il Bello fu appoggiata collettivamente dagli Stati Generali. I Nobili e le Città inviarono e firmarono due lettere in cui essi respingevano con termini forti le accuse contro il Re e denunciavano, a loro volta, l'intenzione del Papa di convertire il Regno in un feudo ecclesiastico; le lettere furono inviate, non al Papa, ma al Sacro Collegio. Inoltre, giurarono di difendere con il loro sangue l'indipendenza della Francia e dichiararono che, in relazione agli affari del Regno, nessuno era più alto del Re, né l'Imperatore né il Papa. I Cardinali, naturalmente, rifiutarono di considerare le accuse "per il modo scortese di riferirsi al Papa"; ma i rapporti si stavano avvelenando sempre di più. Durante l'Assemblea, erano stati resi pubblici i crimini più efferati attribuiti a Bonifacio VIII: l'usurpazione di investitura papale, l'omicidio, la simonia, eresia, sodomia, ecc; e quella mancanza di autorità morale, di chi voleva erigersi come Sovrano Supremo, fu divulgata in tutti gli angoli del Regno dai pubblicisti di Filippo il Bello. La gente stava allora con il suo Re e non avrebbe reagito negativamente a qualsiasi iniziativa che intendesse limitare le ambizioni di Bonifacio VIII. Per quanto riguarda i Vescovi, si trovavano con il seguente dilemma: se fossero andati al Concilio, sarebbero stati considerati "nemici personali" del Re ed essere accusati di tradimento e, come successe al vescovo di Pamier, essere processati da tribunali civili. Ma se non si fossero presentati, sarebbero stati scomunicati da Bonifacio VIII. Tuttavia, nonostante le rappresaglie terribili che aveva promesso il papa a coloro che non fossero venuti a Roma, la maggior parte dei vescovi stavano con il Re, che consideravano come un più degno rappresentante della Religione Cattolica: solo i Golen e le spie di Filippo IV sarebbero andati al Consiglio a novembre; cioè, solo 36 su un totale di 78 Vescovi francesi. Ma prima del Consiglio, l’11 luglio 1302 un evento sfortunato venne a portare un lutto alla Corte Mistica di Filippo il Bello: per sedare la rivolta generale scoppiata nelle

Fiandre, Filippo manda un potente esercito di Cavalieri, che viene annientato quel giorno nella battaglia di Kortrijk (La Battaglia degli Speroni d'Oro N.d.T.); e sul campo di battaglia rimase per sempre l’inestimabile Pierre Flotte, Roberto d'Artois, e il conte di Saint Pol, tre Signori del Cane la cui adempimento fu il fattore principale per il successo della strategia di Filippo IV. Immediatamente sono promossi altri Domini Canis ancora più temibili dei tre defunti: Guglielmo di Nogaret, Enguerrando di Marigny e Guglielmo di Plasian. Durante il Consiglio non fu presa alcuna decisione contro Filippo IV perché, come nella favola, non ci sarebbe stato nessun topo disposto a mettere il campanello al gatto. Tuttavia, la furia di Bonifacio non ha limiti quando viene informato che in Francia i beni dei vescovi presenti sono stati confiscati e che è stato promosso un processo per alto tradimento. Così, il 18 novembre pubblicò la bolla Unam Sanctam, che sarebbe stata considerata la più completa esposizione legale mai fatta a favore dell'assolutismo papale e sacerdotale. Incapaci di adottare altre misure più efficaci contro Filippo il Bello, i Golen tentano di impegnarsi in una controversia legale sul tema del "potere spirituale" e del "potere temporale"; per questo Bonifacio insiste ancora sull'analogia delle Due Spade: la tattica è ottenere l'accettazione, come un sillogismo, della verità che la Spada Spirituale è al di sopra della Spada Temporale; ammesso questo, è seguito con l'identificazione del Papa con la Spada spirituale e il Re con la Spada temporale: la conclusione, ovvia e logica, è che il Re deve sottomettersi al Papa perché con esso si realizza la "Volontà di Dio". L'idea non era nuova, ma ora era elevata al Dogma ufficiale della Chiesa e il suo esplicito rifiuto avrebbe implicato il peccato di eresia. Ricordiamo, Dott. Siegnagel, le principali conclusioni della bolla. Per cominciare, afferma l'esistenza di una sola Chiesa, negando la recente accusa dei Domini Canis che, all'interno della Chiesa Cattolica, esiste una Chiesa Golen, eretica e satanica, di cui Bonifacio VIII sarebbe stato uno dei capi; da qui il nome della bolla: Unam Sanctam Ecclesiam ... In quest’unica Chiesa "siamo costretti a credere perché al di fuori di essa non c'è salvezza o perdono dei peccati". E questa Chiesa è analoga a un corpo organico, in cui la testa rappresenta Gesù Cristo e, anche, il Papa, il Vicario di Gesù Cristo: "Perciò, in questa sola e unica Chiesa c'è un solo corpo, una sola testa, e non due teste come quelle che ha un mostro; vale a dire: Gesù Cristo e il Vicario di Gesù Cristo, Pietro e i successori di Pietro, sono la testa della Chiesa ". "Per questo motivo, le Spade spirituali e temporali sono soggette al potere della Chiesa; la secondo deve essere usata per la Chiesa e la prima dalla Chiesa; la prima, dal Sacerdote; la seconda, per mano dei Re e dei Cavalieri, ma per volontà e conformità del Sacerdote." "Una spada, tuttavia, deve essere subordinata all'altra, e l'autorità temporale al potere spirituale." Il Re non deve interferire negli affari della Chiesa, anche se si tratta delle sue rendite, perché commette un grave errore, interferisce con il "potere spirituale", e il Papa è obbligato a giudicarlo e richiamarlo all'ordine, senza che, al contrario, esista nessuno sulla terra che possa giudicare il Papa: "Lo vediamo chiaramente nel contributo delle decime, sia nella glorificazione sia nella santificazione, nella ricezione di quel potere e nel governo delle cose. Perché, come

testimonia la verità, il potere spirituale deve istituire e giudicare il potere terreno, se questo non è adeguatamente esercitato". "Pertanto, se il potere terreno sbaglia, può essere giudicato dal potere superiore; ma se, in verità, il potere supremo fallisce, può essere giudicato solo da Dio, non da uomo alcuno." Vale a dire, che tutte le accuse contro Bonifacio VIII presentate durante l'Assemblea degli Stati Generali, e trascritte nelle lettere ai Cardinali, sono carenti di valore perché provengono da coloro che non hanno la capacità spirituale per giudicare le azioni del Papa: solo Dio può farlo. E credere il contrario è eresia manifesta: "Perciò chiunque si opponga a questo potere ordinato da Dio, resista la legge di Dio, a meno che pretenda l'esistenza di due principi, come i manichei ... Pertanto dichiariamo, diciamo e definiamo che è del tutto necessario per la salvezza, che tutte le creature umane siano soggette al Sommo Pontefice Romano " (“Porro Subesse Romano Pontifici, omni humanae creaturae declaramus, decimus et diffinimus omnino esse, de necessitate salutis”). Il guanto fu gettato in faccia al Re di Francia; e l'intenzione di scomunicarlo si avvertiva chiaramente nelle parole della bolla. Nei quattro mesi successivi, Filippo il Bello e i Domini Canis celebrarono diversi incontri segreti. Il prestigio di Bonifacio VIII è caduto più in basso che mai in Francia, dopo la bolla Unam Sanctam: è il momento, propongono i Signori del Cane, di deporre il Papa; una volta decapitato il Dragone Golen, sarà più facile massacrare il suo corpo. Tuttavia l'argomento dell’illegittimità del suo ufficio non conta con il sostegno unanime dell’Università di Parigi, requisito necessario per sostenere la richiesta o l'imposizione di una nuova elezione papale. Guadagna forza, invece, l'idea di presentare un'accusa di eresia, che, secondo il Diritto Canonico, è motivo di destituzione del Papa e ha antecedenti storici. Certo, per dimostrare tale accusa e derivarne la sostituzione del Papa, sarebbe stata necessaria l’autorità del Concilio generale. Felipe IV si dispone quindi a forzare la convocazione di un Concilio per giudicare il comportamento "eretico" del Papa: spera di far valere, lì, il numero dei suoi vescovi nazionali. I Signori del Cane lo accompagneranno orchestrando una campagna di denunce di eresia contro Bonifacio VIII, come un modo di influire moralmente sui Vescovi e, anche, sui Nobili e sulle Città. Guglielmo di Nogaret e Guglielmo di Plasian, si offrono di officiare come accusatori, essendo stato eletto il primo per svolgere una missione segreta in Italia, cosa che non gli avrebbe impedito di iniziare la campagna di accuse "pregando pubblicamente il Re di difendere i cristiani dalla malvagità di Bonifacio VIII", e il secondo per accusare pubblicamente il Papa. Il 12 marzo 1303, Guglielmo di Nogaret, davanti al Consiglio dei Ministri del Re, legge e firma un manifesto, che viene poi copiato e pubblicato in tutto il Regno. Diceva: "Il glorioso Principe degli Apostoli, il beato Pietro, parlando in nome dello Spirito, ci ha detto che, come in passato, cosi nei tempi a venire, sorgeranno falsi profeti, che appanneranno il cammino della verità, e che, nella loro avidità, e attraverso le loro parole ingannatrici, trafficheranno con noi, seguendo l'esempio di quel Balaam che si soddisfaceva con la ricompensa dell'ingiustizia. Per imporre la sua punizione e

far udire le sue minacce, Balaam aveva una creatura bestiale dotata di linguaggio umano, proclamando le follie del falso profeta ... Queste cose, che furono annunciate dal Padre e il Patriarca della Chiesa, le stiamo vedendo ora con i nostri occhi realizzate lettera per lettera. In effetti, è seduto sulla sedia del Beato Pietro quel maestro di menzogne, che nonostante sia Malefico (Malfaisant) in ogni modo possibile, è ancora chiamato Benefico (Bonifica). Egli non è entrato attraverso la porta nel gregge di nostro Signore come pastore e labrador, ma piuttosto come rapinatore e ladro ... Pur essendo vivo il vero sposo della Chiesa, Celestino V, ha osato offendere la moglie attraverso abbracci illegittimi. Il vero marito non ha partecipato a questo divorzio. Infatti, secondo le leggi umane, nulla è più contrario al consenso di un errore ... Non può sposarsi chi, mentre vive il degno marito, ha infangato il matrimonio con l'adulterio. Adesso bene; siccome tutto ciò che si perpetua contro Dio è un affronto e un insulto commesso contro tutti, e riguardo a un così grande crimine, la testimonianza del primo ad arrivare deve essere ricevuta, anche se è quella della moglie, anche se è quella di una donna infame. - Io, quindi, come la bestia che, attraverso il potere di Dio è stata dotata della Voce di un vero uomo per rimproverare gli errori del falso profeta, che ha persino maledetto il popolo benedetto, mi rivolgo a voi la mia supplica, al più eccellente dei principi, il nostro Signore Filippo, per la grazia di Dio, Re di Francia, sull'esempio dell'angelo che ha mostrato la spada sguainata a quel maldicente del Popolo Eletto, voi, che siete stato unto per compiere la giustizia, dovrete opporre la spada a quest'altro e più fatale Balaam e impedirgli di consumare il danno che sta preparando contro il popolo ". Il danno consisteva nella scomunica del Re e la liberazione di tutti i cristiani francesi di adempiere il giuramento di fedeltà, grazie al quale il Regno sarebbe stato compromesso e avrebbe potuto essere conquistato legittimamente da colui che avesse l'autorizzazione del Papa: tali erano i piani che preparava Bonifacio VIII a proposito dei quali le spie di Felipe IV informavano periodicamente. Inoltre, a causa del manifesto di Nogaret, non fu intrapresa alcuna azione ufficiale, ma presto la gente cominciò a riferirsi al Papa come "Malefico VIII", il che spiega il motivo per cui i guasconi godono in Francia della stessa fama che in Spagna hanno gli andalusi.

Quarantesimo Giorno La morte di Bonifacio VIII

Il 13 giugno 1303 un'assemblea degli Stati Generali si tiene al Louvre, presieduta dal Re. Si rinnovano le accuse contro Bonifacio VIII e si pianifica formalmente la necessità di convocare un Concilio che lo condanni e nominare un nuovo papa. I Nobili, le Città e i Vescovi nazionalisti accettano. Guglielmo di Plasian chiede di essere l'accusatore di Bonifacio nel futuro Consiglio; Viene accettato, e legge una dichiarazione in cui illustra i

suoi argomenti: "Io, Guglielmo di Plasian, Cavaliere, dico, anticipo e affermo che Bonifacio, che ora occupa la Santa Sede, sarà dimostrato essere un perfetto eretico, secondo le eresie, i fatti prodigiosi e le dottrine perverse menzionate di seguito: 1°. non crede nell'immortalità dell'Anima; 2°. non crede nella vita eterna, perché afferma che preferirebbe essere un cane, un asino o qualsiasi altro bruto prima che francese; cosa che non direbbe se credesse che un francese abbia un'Anima eterna. Non crede nella vera Presenza, poiché adorna il suo trono con maggiore magnificenza dell'altare. Ha detto che per umiliare sua maestà e i francesi avrebbe rovesciato l'intero universo. Ha dato la sua approvazione al libro di Arnaldo di Villeneuve, il mago protetto dei Cistercensi, che era stato condannato dal Vescovo e l'Università di Parigi. Ha fatto erigere statue di se stesso nelle chiese allo scopo di essere adorato insieme al Crocifisso. Ha un Demone familiare, che egli chiama 'Bafoel' che rivela quanto si vuole sapere: perché ha detto che, anche se tutti gli uomini si trovassero su un lato, e solo lui, dall'altro, egli non può sbagliarsi,che si tratti di un aspetto di fatto o di diritto. Egli ha espresso nella sua predica pubblica che il Sommo Pontefice, anche se mette un prezzo a tutti i sacramenti e gli uffici ecclesiastici, non può commettere simonia, cosa che è eresia affermare. Come un eretico confermato, che afferma che solo la sua è la vera fede, ha chiamato i francesi - notoriamente uno dei popoli più cristiani - Catari. È un disgustoso sodomita, come dimostrano numerose testimonianze. È anche un assassino: in sua presenza fece uccidere molti chierici dicendo alle sue guardie, quando non arrivavano a ucciderli con il primo colpo: “Colpisci, colpisci, Dai, Dai”. Ha costretto i sacerdoti a violare i segreti del confessionale. Non osserva veglie o digiuni. Lancia invettive contro il Collegio dei Cardinali, contro l'Ordine dei Cavalieri Teutonici contro l'Ordine dei Predicatori Domenicani, contro i fratelli minori e Francescani Spirituali, ripetendo in continuazione che stanno rovinando il mondo, che sono ipocriti e falsi, e che nulla di buono succederà a chi si confessa di fronte a loro. Cercando di distruggere la fede, egli ha concepito una vecchia avversione per il Re di Francia, nel suo odio per la fede del vero Cristo, perché in Francia è dove si trova ed è sempre stato lo splendore della fede, il grande sostegno e l'esempio del cristianesimo. Ha innalzato tutti contro la casa di Francia, Inghilterra, Germania, confermando il titolo di Imperatore al Re di Germania, e proclamando che lo faceva per distruggere l'orgoglio dei francesi, che si vantavano di non essere soggetti nessuno in fatto di cose temporali, che non esisteva nessuno al mondo al di sopra del suo Re, aggiungendo che hanno mentito attraverso la sua gola, e dichiarando che un Angelo sceso dal cielo e dicesse che i francesi non sono soggetti né a Bonifacio né all'imperatore, sarebbe un anatema. Ha permesso che si perdesse Terra Santa... impiegando nelle sue guerre personali e nei suoi lussi il denaro destinato alla difesa di quel sito. È stato pubblicamente riconosciuto come simoniaco, e ancora di più, come la fonte e la base della simonia, vendendo benefici al miglior offerente, imponendo sulla Chiesa e i Vescovi la servitù e il vassallaggio,

al fine di arricchire la sua famiglia e i suoi amici con il patrimonio del crocifisso e trasformarli in Marchesi, Conti, Baroni. Scioglie matrimoni per Denaro... annulla i voti delle suore ... in breve, Signori, ha detto che presto, renderà tutti i francesi martiri o apostati". Impressionati dalle accuse di Plasian, tutte accompagnate da abbondanti prove, i parlamentari accettano di invitare Bonifacio VIII a partecipare al Consiglio per esercitare la sua difesa. Tuttavia, Filippo IV non si conforma con l'approvazione collettiva e scrive lettere personali alle numerose diocesi di Francia; mentre Nogaret parte per Roma per notificare al Papa, Guglielmo di Plasian, scortato da dissuasive truppe reali, visita personalmente ogni città, paese o villaggio, e raccoglie la firma dei proprietari. Come previsto, quasi tutti firmano leggendo la lettera del Re e ascoltando l'esposizione dell'accusatore ufficiale; solo fanno resistenza i cistercensi e gli altri Ordini benedettini, il principale rifugio dei Golen: Citeaux, Cluny e il Tempio, disapprovano con rabbia la condotta di Filippo il Bello e manifestano che non v'è nulla di riprovevole in Bonifacio VIII. D'altra parte, l'Università di Parigi, i Domenicani di Parigi e i Francescani di Touraine si dichiarano a favore del Re. A metà agosto, Bonifacio VIII emette una bolla papale in cui si afferma che solo il Papa è autorizzato a convocare un Concilio e cerca di respingere le accuse di Plasian e Nogaret. Alla fine si chiede: come si è arrivati all'assurdo che i Catari accusano il Papa di essere un eretico? Ma le spie di Filippo IV lo informano che è in fase di stesura il decreto di scomunica del Re e l’interdizione del Regno di Francia: alla bolla è stata messa in anticipo la data di pubblicazione: 7 settembre 1303. Filippo IV decide di dare un colpo di mano e catturare Bonifacio prima che riveli la sua infame risoluzione. Una volta in Francia, sarebbe stato giudicato dal Concilio e deposto formalmente, e un Vescovo francese di sua fiducia nominato al suo posto. Per adempiere a questo piano, dà carta bianca a Guglielmo di Nogaret, al quale consegna la propria spada e dice queste parole storiche: "L'Onore della Francia è nelle tue mani, Signor Cavaliere". Guglielmo di Nogaret si dirige verso l'Italia accompagnato solo da Sciarra Colonna, il più temibile nemico personale di Bonifacio, e Charles de Saint Felix, un Domini Canis che era nipote di Pietro di Creta e Valentina di Tharsis: Nogaret conosceva Charles fin da bambino, perché questo era il figlio di colui che era il Signore della famiglia di San Felix di Caraman. A Firenze, il banchiere del Re di Francia consegna a Nogaret una somma importante, poiché ha avuto l'ordine di fornire al Guascone qualsiasi cosa fosse necessaria per la sua missione. Da lì partono diversi uomini seguaci del partito ghibellino per dare informazioni e avvisare i Signori alleati dei Colonna, nei pressi di Anagni, Alatri e Ferentino. Il Papa si trova nel suo palazzo ad Anagni, sua città natale nell'antico Stato pontificio di Frosinone; la vicina città di Ferentino, rivale ghibellina della guelfa Anagni, è il punto d'incontro dei cospiratori; il giorno prescelto: il 6 settembre, cioè un giorno prima dell'emissione della Bolla che avrebbe scomunicato Filippo IV. Il giorno stabilito, nella massima segretezza, giungono una dozzina di Signori,

nemici giurati di Bonifacio VIII, che aspettavano da anni una tale opportunità per vendicarsi: tutti intimamente bramano la possibilità di compiere l’esecuzione di Bonifacio, credendo inutile il suo trasferimento in Francia; ironia della sorte, Guglielmo di Nogaret dovrà fare appello a tutta la sua autorità per proteggerlo e quindi adempiere alla strategia di Filippo il Bello. Ogni Cavaliere aveva viaggiato separatamente, accompagnato da una piccola scorta che non destava sospetti; a queste truppe si aggiunsero i mercenari forniti dal capitano Reinaldo Supino, una guardia Ferentina che si vendette a Nogaret per 1.000 fiorini. In totale si uniscono 300 cavalieri e 1000 fanti: quelle truppe sarebbero state davvero esigue per l'impresa che intendevano condurre, se non fosse che avevano a loro favore con il principio della sorpresa, dal momento che né Bonifacio VIII, né i sui scagnozzi Golen, immaginavano remotamente che sarebbe stato attaccato ad Anagni. Formato a pochi chilometri di distanza, il battaglione di Nogaret sembrava uscito dal nulla; e nessuno in Italia venne a sapere in anticipo della sua esistenza per avvertire i Golen. Uno dei Cavalieri Ghibellini era Nicola, della potente famiglia dei Conti, il cui fratello Adenolfo, residente in Anagni, avrebbe fornito agli invasori una collaborazione vitale. Grazie al suo intervento, fu possibile comprare il comandante della guardia pontificia, Goffredo Busso, con una buona borsa d'oro, mentre lo stesso Adenolfo si sarebbe occupato di ingannare gli abitanti di Anagni durante l'attacco. A mezzanotte i guerrieri di Kristos Lúcifer arrivano di fronte all'antica capitale degli Ernici; due cavalieri portano gli stendardi della Francia e della Chiesa. Nicola Conti li guida verso una porta nelle mura che è stata aperta dall'interno e in tutta fretta al grido di "Morte a Bonifacio, Viva il Re di Francia!". I cavalieri, seguiti dalla fanteria, si schierano in diversi gruppi lungo le strade strette e ripide. Vanno dritti dove sorgono i sontuosi palazzi, appartenenti ai Cardinali e al Papa, e diverse chiese dagli splendidi ornamenti. Il comandante della guardia pontificia si unisce, insieme ad alcuni dei suoi soldati, alle forze di intrusione e inizia l’assedio del palazzo di Bonifacio VIII, che ha solo un paio di uomini per resistere. Per una volta, la storia si inverte: la trama è la stessa, i personaggi sono simili; è la lotta dello Spirito contro le Potenze della Materia, del Re di Sangue contro i Sacerdoti Golen, dei rappresentanti del Patto di Sangue contro quelli del Patto Culturale; ma questa volta è il Re di Sangue che trionfa sul Sacerdote Golen, sugli sterminatori del Sangue Puro, sui proclamatori delle Crociate contro la Saggezza Iperborea. All'interno della sontuosa residenza, l'orgoglio di Bonifacio crolla. Guardalo là, tremando e piangendo come una donna, il Demonio Golen che pretendeva di imperare sul carisma del Re di Sangue! Forse non piange per la tragedia del momento, ma per la punizione futura che il suo Signore, il Sommo Sacerdote Melchisedek e i Maestri della Fratellanza Bianca imporranno su di lui. Gli abitanti di Anagni, in tutto ciò, si svegliano con la sorpresa che la loro città è occupata dalle truppe del Re di Francia. Qualcuno suona le campane chiamando a riunione e tutte le famiglie corrono verso la piazza del mercato; le notizie sono travolgenti: Sciarra Colonna è giunto con un battaglione fornito dal Re di Francia e sicuramente

ucciderà il Papa. Goffredo Busso è passato dalla parte del nemico e la città è rimasta incustodita. Rapidamente, nel bel mezzo di una grande confusione, nominano Adenolfo Conti come loro capo. Questo, accompagnato da alcuni vicini, precedentemente scelti tra i sostenitori dei Colonna e dei Conti, va a parlamentare con gli assalitori. Parla con Reinaldo Supino e torna immediatamente; insiste con veemenza sul fatto che sarà impossibile resistere ai "francesi", che stanno già saccheggiando i palazzi dei Cardinali: c'è solo la possibilità di unirsi a loro e condividere il bottino. Disperati, i guelfi si lasciano andare al saccheggio, rubando fianco a fianco con i ghibellini nei palazzi dei cardinali e del papa. Così scompariranno opere d'arte di valore incalcolabile, i tesori dell'antichità e vasellame d'oro e d'argento; ognuno prende tutto ciò che vuole e può caricare. Alcuni scoprono le cantine, responsabili di soddisfare i palati squisiti dei cardinali e di lenire la loro sete inestinguibile, e presto le bottiglie circolano di mano in mano. Durante quel giorno, pochi furono gli anagnesi che non avevano rubato qualcosa o che erano ubriachi; nessuno si avventurava per le strade e la città rimase sotto il controllo totale dei pochi uomini di Nogaret. Mentre il saccheggio ha luogo durante la notte e la popolazione è intrattenuta in questo compito barbaro, una febbrile attività guerriera si sviluppa intorno al palazzo di Bonifacio, il quale, consapevole che la sua ridotta guardia non può resistere a lungo, cerca di raggiungere un accordo con gli assedianti; la sua richiesta riceve le condizioni: arrendersi a discrezione, sollevare la scomunica a Filippo il Bello, riabilitare i Colonna e concorrere prigioniero in Francia per essere processato dal Concilio. Al conoscerle, Bonifacio si rifiuta di accettarle e si immerge nella disperazione: riesce solo a indossare le vesti sacerdotali Golen e ad aspettare i suoi nemici seduto sul Trono. Tra singhiozzi di amarezza, prega con fervore il Dio Creatore di compiere il miracolo di salvarlo e salvare i piani della Fratellanza Bianca. È possibile, grida, che i Signori della Guerra trionfino su di lui, che è un rappresentante del Creatore dell'Universo? Se lui, nel quale avevano confidato per frenare i Re temporali, falliva, quali nuove disgrazie si sarebbero abbattute in seguito sugli Ordini Golen, che per tanti secoli avevano sviluppato i piani della Fratellanza Bianca? Dopo ognuna di queste domande ebbe convulsioni ed era evidente che presto avrebbe perso la ragione. Con l'eccezione di due Vescovi, uno spagnolo e uno italiano, tutti fuggono dalla sua parte come meglio possono; alcuni sono catturati e uccisi dagli uomini di Sciarra Colonna, mentre altri sono tenuti in ostaggio visto che si arrendono volontariamente, incluso suo nipote. Queste notizie finiscono per deprimere Bonifacio. Infine, cede una finestra e riescono a entrare Guglielmo di Nogaret e Charles de Saint Felix, seguito da una mezza dozzina di soldati di Ferentino che rimangono a distanza di sicurezza in modo da non essere riconosciuti dal Papa. Nogaret e Charles si avvicinano al Trono: indossando la Tiara Papale, replica della corona egizia dei Sacerdoti Atlanti oscuri; indossando la tunica bianca dei Sacerdoti Leviti di Israele, in cui è ricamato il Quadrifoglio dei Sacerdoti Golen, stilizzato come croce celtica; nella mano destra tiene la Croce, simbolo dell’incatenamento Spirituale, e nella sinistra le Chiavi di San Pietro, simbolo della chiave Kalachakra con cui

gli Dei Traditori dello Spirito dell'Uomo consumarono il loro tradimento originale; lì stava seduto, con i suoi occhi che ardevano di odio e terrore, uno degli uomini più malvagi sulla Terra. - Cataro, figlio di Cataro! Esclamò con aria di sfida, riconoscendo Nogaret. Il tuo padrone, il Re di Francia, non può contro la legge del Dio Jehovà! Sono cavaliere del Re di Francia - rispose il guascone - e vi posso assicurare, detestabile Sacerdote,che il mio Signore solo conosce e rispetta la Legge dell’Onore, che è la legge dello Spirito Santo, della volontà del Vero Dio; solo il tuo Dio, Jehovà, che è un Diavolo chiamato Satanàs s, a cui ubbidisci servilmente, può opporsi a questa Legge. -Maledetto Golen! Ora era Charles de Saint Felix, o Charles di Tharsis Valter, o Charles di Tarseval, che parlava. Siate certo che il Re di Francia la farà finta con voi e con gli Ordini diabolici che vi seguono! Non potrete mai dominare il mondo mentre ci saranno Iniziati come lui o Federico II! Ma siate ancora più sicuro che Noi, i Guerrieri Eterni di Kristos Lucifer, uccideremo un giorno i Capi dei tuoi Capi, la Gerarchia Occulta dei Sommi Sacerdoti che mantengono lo Spirito Increato nella schiavitù della materia creata! Bonifacio impallidì e rabbrividì di terrore nel sentire l'uomo di Pietra. Come un alone di ostilità essenziale veniva fuori da quel Cavaliere con un'intensità impressionante: che era la morte della Vita Calda di fronte a quest’altra morte che si percepiva attraverso la sua presenza? Che era la perdita della Vita, delle gioie e della ricchezza effimera, del Potere in questo Mondo o il Castigo del Sommo Sacerdote nell’ altro mondo, che tanto lo spaventava fino a quel momento, di fronte all’abisso della Morte eterna nel quale lo sommergevano gli Occhi di Ghiaccio del gentiluomo francese? -Eretici! Gridò fuori di sé,nel momento in cui una porta saltava frantumi ed entrava di corsa una moltitudine preceduta da Sciarra Colonna. - Rispettare colui che, per disposizione del Dio Unico, deve governare in tutto il Mondo! Sciarra, quel nemico mortale di Bonifacio, riuscì a sentire le sue ultime parole e gli diede un colpo violento con il guanto di ferro, facendogli uscire il sangue dalla guancia. Nogaret dovette trattenerlo in modo che non lo trafiggesse proprio lì con la sua spada. Nel frattempo, le persone e i soldati stavano rubando qualsiasi oggetto prezioso che avevano a portata di mano. Con il palazzo preso, Bonifacio fatto prigioniero e la città sotto controllo, la situazione non sembrava, tuttavia, promettente. Una cosa era entrare segretamente in Italia, preparare un attacco di sorpresa e un altro prendere prigioniero il Papa. Neanche ad Anagni potevano rimanere a lungo se gli abitanti del villaggio scoprivano quanto fosse piccolo il numero delle truppe d'occupazione. Nel porto di Ostia stavano aspettando una barca della famiglia degli Annibaldi, alleati dei Colonna, ma, per arrivarci, avrebbero avuto bisogno di un rinforzo importante. I fratelli di Sciarra erano d’accordo di partecipare con 5.000 uomini, però erano in ritardo e il 7 settembre trascorse in una calma con molta tensione, mentre gli anagnesi si stavano risvegliando dalla sorpresa. L'8, tutto rimase uguale, ma cominciarono a circolare voci tra i cittadini che erano stati vittime di tradimento

e di un colpo di stato da parte di pochi attaccanti. L'ostilità cominciò a farsi sentire sotto forma di molteplici provocazioni ai soldati di Nogaret e immediatamente si comprese che Anagni doveva essere lasciata il prima possibile. Guglielmo di Nogaret, Charles de Saint Felix e Sciarra Colonna deliberavano sull'opportunità di uccidere Bonifacio o il rischio di portarlo con loro quando vengono a sapere che Goffredo Busso è passato nuovamente dalla parte del Papa e ha tagliato l'ingresso al Palazzo. La battaglia si riavvia immediatamente, adesso sanguinosa, e i tre inviati di Filippo IV furono costretti a fuggire lasciando Bonifacio VIII nelle mani dei Guelfi. Alcuni giorni dopo sono in Francia, essendo stato approvato dal Gran Re quanto accaduto in Anagni. É che la vita di Bonifacio già non sarebbe servita agli interessi Golen per aver irrimediabilmente perso la ragione: un mese dopo gli eventi di Anagni, in data 11 ottobre 1303, sarebbe morto a Roma, concludendo con lui l'Era del dominio Golen medievale della Santa Sede, e fallendo l'imminente realizzazione dei piani della Fratellanza Bianca, cioè, il Governo Mondiale e la Sinarchia del Popolo Eletto. L’Alta Strategia dei Signori di Tharsis e del Circulus Domini Canis stavano trionfando sulle Potenze della Materia: Filippo IV, che appariva come la causa essoterica del fallimento Golen, era un Iniziato Iperboreo che compiva perfettamente le linee guida esoteriche della Saggezza Iperborea. Ma la morte di Bonifacio, Dottor Siegnagel, segnò solo l'inizio della fine. Era ancora necessario smantellare l'infrastruttura finanziaria dei Templari, il germe della Sinarchia del Popolo Eletto. La crisi che distrusse l’Anima di Bonifacio si produsse quando il suo orgoglio diabolico fu stato terribilmente umiliato dalle azioni dei suoi nemici: in primo luogo il cataro Nogaret, trattandolo come un suddito del Re di Francia e facendolo prigioniero in suo nome. Poi il misterioso Charles de Saint Felix, trasmettendo la sua forza terrificante e predicando il fallimento dei piani segreti degli Ordini Golen: cosa che confermava i sospetti di Bernard de Soisset, il Vescovo di Pamiers, che intorno a Filippo il Bello esisteva una cospirazione dei Figli delle Tenebre; circondato da nemici, catturato nel suo palazzo di Anagni, in un bagno di sudore freddo, Bonifacio comprendeva tardi quanto aveva sottovalutato Filippo il Bello e quanto non aveva preso abbastanza sul serio i messaggi frequenti di allarme che inviati dai monaci cistercensi e dai Templari. Preda allora di un misto di odio e terrore, sentiva che la sua anima si stava deprimendo senza rimedio. Poi il Bandito Sciarra, osando colpirlo e ancora minacciandolo di morte, mentre i suoi uomini lo coprivano di insulti. E, infine, il tradimento della sua città natale, saccheggiando spudoratamente il suo palazzo, alleandosi con i suoi nemici che erano i nemici della Chiesa Golen, la Chiesa del Dio Uno, Creatore dell'Universo, del Dio di cui lui, il Sacerdote Massimo, era una manifestazione vivente: Oh Dio Uno, che ingratitudine quella del suo popolo! Forse quell'aggressione dei suoi, che era meno importante ma più emotiva, faceva più male delle precedenti offese. E, naturalmente, dentro quel dolore, spiccava maggiormente l’angoscia di essere stato spogliato di oro e argento, i suoi tesori d'arte di incomparabile bellezza riuniti in una vita di acquisizioni, molti dei quali ereditati o

appartenenti alla Famiglia Gaetani. Il peso del fallimento precipitava senza attenuanti, schiacciando in poche ore Bonifacio VIII. Troppe emozioni insieme, anche per un Golen di leggendaria crudeltà, erano quelle che affliggevano il Papa di 69 anni. Quando fu salvato dal popolo di Anagni la sua coscienza era ormai al di fuori della realtà e, anche se in molti promisero di restituire quello che avevano rubato, Bonifacio non era in grado di comprenderlo. Meccanicamente chiese di essere portato al palazzo del Laterano. Lì, i Cardinali Orsini, al costatare il suo stato demenziale, lo mantennero lontano dai Romani. Esclamava con gli occhi spalancati: Bafoel! Bafoel! Aliquem ad astra fero! In alcuni momenti di lucidità scoppiava in richieste di vendetta contro i suoi nemici e augurava la rovina di coloro che lo avevano tradito. Ma poi la sua mente si oscurava e soffriva di continui attacchi di rabbia nei quali si metteva a ululare, con la bava alla bocca, cercava di mordere i suoi custodi. Alla fine il 13 Ottobre 1303, morì convertito in una bestia furiosa, realizzando così la profezia di Celestino V. Il santo aveva detto: - "Sei asceso come una volpe, regnerai come un leone, e morirai come un cane".

Quarantunesimo Giorno

Il modo in cui morì Bonifacio VIII, e la certezza che il Re Carlo II rimase indifferente di fronte alla sua caduta, causò grande paura tra i Cardinali guelfi. Dal momento che nessuno voleva correre la stessa sorte, o anche peggio, nove giorni dopo il Sacro Collegio concorda sull’identità del nuovo Papa: il 22 Ottobre 1303 eletto il Cardinale Nicolas Boccasini, prendendo il nome di Benedetto XI ed era Generale dei Domenicani. Il fiammante Pontefice, anche se non era Domini Canis, era fortemente influenzato dagli Iniziati del suo Ordine, cerca di perseguire una politica conciliante con il Re di Francia e di avviare la riforma delle scandalose abitudini Golen che regnavano nell'alto clero, ma è avvelenato con alcuni fichi prima di compiere un anno di carica. Come nel caso di Celestino V, il defunto era stato una soluzione di convenienza tra gli inconciliabili partiti ecclesiastici: entrambe le parti confidavano intimamente di dominare il Papa. La sua morte farà precipitare i cardinali in una lunga discussione di dieci mesi sotto la pressione, ormai inevitabile, di Filippo il Bello. Il Re di Francia offre oro e protezione contro la vendetta dei Golen, e sta convincendo molti cardinali guelfi a vendere il proprio voto. Finalmente, si giunge a un accordo: un chierico non appartenente al Sacro Collegio sarà investito. Filippo il Bello incontra Bertrand de Got, Arcivescovo di Bordeaux, a Saint Jean d'Angely. L'Arcivescovo è un Signore del Cane e il Re di Francia richiede la sua collaborazione: vuole che accetti l'investitura papale e prenda otto misure cautelari per garantire la strategia del Regno; non nasconde il fatto che la missione sarà estremamente pericolosa perché i Golen cercheranno di assassinarlo con ogni mezzo. Tuttavia, Bertrand de Got accetta. Adempirà anche ciò che era stato promesso: la prova di ciò sono le innumerevoli calunnie che gli

storici della Sinarchia hanno affermato sulla sua memoria; tuttavia, come nel caso di Filippo il Bello, tutte le calunnie perdono consistenza e si disintegrano quando si conosce la strategia che seguiva e dava significato alle sue azioni. Comunque sia, l'Arcivescovo accetta di adempiere alla missione proposta dal Re: in primo luogo, condannare l'opera di Bonifacio VIII; secondo, sollevare la scomunica di Filippo IV; terzo, che la Chiesa non riceva per cinque anni, per grazia, le sue entrate dalla Francia, al fine di ripulire l'economia del Regno; quarto, riabilitare i Cardinali Colonna e la loro famiglia; quinto, nominare Cardinali a certi Domini Canis che sarebbero stati indicati a tempo debito; sesto, approvare le determinazioni che il Regno adotti contro il Popolo Eletto; settimo, sequestrare l'oro accumulato clandestinamente dagli Ordini benedettini cluniacense e cistercense; ottava, contribuire efficacemente a raggiungere l'estinzione dell'Ordine del Tempio e lo smembramento della sua infrastruttura finanziaria. Il 5 giugno 1305, i Cardinali eleggono Bertrand de Got, che prende il nome di Clemente V. Chiede immediatamente di essere incoronato a Lione, capitale della contea di Provenza. Perché lì? È un'altra lunga storia, Dottor Siegnagel, che non posso narrare qui; ma ti darò una risposta sintetica. Lione, è una città costruita su un sito conosciuto nell'Antichità come Lugdunum, che in gallo-celta significava collina di Lug; il nome nacque perché su quella collina c'era un tempio dedicato al culto del Dio Lug. Ora, un tale Culto era, in effetti, molto antico, del tempo degli Atlanti oscuri, ma rimase attivo anche migliaia di anni dopo che gli Atlanti avevano lasciato l'Europa; Come? Perché i loro discendenti viaggiarono dall'Egitto in modo che non mancassero mai i sacerdoti nella Collina di Lug o Lyg, cioè a Lione. Quando i Golen vennero ad accompagnare l'invasione celtica del V secolo A.C., decisero di fare di Lione il loro santuario principale. Lì soggiornarono durante la dominazione romana, borgognone e francese, fino ai giorni di Filippo il Bello. Allora l Golen praticamente occupavano la regione con centinaia di monasteri benedettini, cluniacensi e cistercensi, e grandi latifondi Templari: il Culto, naturalmente, non era scomparsa, ma era parte dei riti segreti Templari, poiché i Cavalieri erano quelli che custodivano il sito esatto dell'antico Tempio. Per fare solo un esempio illuminante, vi dico che non è una coincidenza che il Papa Golen Innocenzo IV convocò il XIII Concilio Ecumenico nella città di Lione, nel giugno 1245: egli aveva intenzione di dichiarare la scomunica dell'imperatore Federico II, che si materializzò dopo il violento discorso del Papa che parlava delle "cinque piaghe del cristianesimo", di cui la quinta era l'imperatore. Cioè, per condannare colui che rappresentava l'Imperatore Universale del Patto di Sangue, i Golen si erano riuniti nel Tempio più sacro del Patto Culturale. Così, l'incoronazione di Clemente V aveva il carattere di una sfida pianificata nel cuore stesso del Nemico. E il Nemico non lasciò passare un’azione così imprudente: un sabotaggio su una piattaforma piena di gente, nei momenti in cui la processione reale passava, ne causò il collasso; Filippo IV e Clemente V ebbero salva la vita per volontà degli Dei, ma la stessa sorte non ebbero dodici principi che morirono sul posto, mentre molti altri rimasero gravemente feriti, tra cui Carlo di Valois, fratello del Re; giorni dopo,

Gaillard de Got, fratello del Papa, moriva assassinato. Filippo IV giurò quindi di ottenere Lione per la sua Casa, cosa che fece nel 1307, e di liberarla dai Golen. Clemente V, nel frattempo, annunciò che sarebbe andato a Bordeaux per riordinare e consegnare l'Arcivescovato, ma giunse di sorpresa a Cluny, dove procedette a sequestrare l'oro; per valutare il dolore, che quell'improvvisa vendetta avrebbe causato ai Golen, basti pensare che la raccolta dell'oro richiese cinque giorni a causa della sua straordinaria quantità. Tuttavia, Clemente V non fuggì da Lione, ma, tornato, impostò lì la sua residenza, dove rimase fino al 1309, quando si trasferì al Palazzo fortificato di Avignone, di proprietà della Chiesa. In conclusione, Dr. Siegnagel, la Saggezza Iperborea suggerisce di prestare attenzione a Lione, soprattutto oggi, così come Il Popolo Eletto si propone di far sentire la sua voce da Gerusalemme, quando l'opera nefasta della Sinarchia sia compiuta, allo stesso modo i Golen si proposero in quel momento di far sentire la loro voce da Lione. Logicamente, Clemente V dovette simulare una sorta di indipendenza iniziale dal Re di Francia per evitare una reazione disperata dei Golen. A tal fine egli finse di essere affezionato ai lussi e ai piaceri mondani e visse anche in concubinato con la Contessa di Perigord, figlia del Conte di Foix, che non era altri che un’Iniziata catara che faceva da collegamento con il Domini Canis de Tolosa. L'esibizione di tali presunte debolezze rassicurò, fino a che non fu troppo tardi, i Golen. Tuttavia, la fedeltà di Clemente V al Circulus Domini Canis, e il suo Onore indistruttibile, possono essere verificati osservando, non la sua condotta personale, ma il modo in cui realizzò la missione. Per citare alcuni dei suoi decreti più importanti cominciamo ricordando, ad esempio, che nel 1306 confermò la legge di Filippo IV con la quale, in un giorno, furono espropriati tutti i beni degli ebrei e obbligasti questi, pena l'esecuzione, a lasciare la Francia in pochissimo tempo. Secondo una bolla, i Colonna tornavano a essere cattolici e i loro titoli e proprietà gli furono restituiti; secondo un'altra bolla, la Chiesa si impegnava a non ricevere un solo Luis (moneta francese) dal Regno di Francia negli anni seguenti. Per richiesta di Filippo il Bello i suoi legali gestirono un processo ecclesiastico post-mortem a Bonifacio VIII, che fu approvato da Clemente V; alla fine del processo, il Papa emise la bolla Rex Gloriae nel mese di Aprile del 1311, dove se ne riassumono le conclusioni: nella bolla, res visenda, si ordina che tutte le bolle di Bonifacio VIII contro Filippo IV siano pubblicamente bruciate; Filippo IV era innocente e "cattolico fedelissimo"; come erano innocenti anche Nogaret, Sciarra e Charles dell'attacco di Anagni; Bonifacio VIII, d'altra parte, non fu dichiarato eretico ma colpevole di obstinatio extrema. E aggiungiamo che nel corso del suo pontificato aveva finito per impossessarsi della maggior parte dell'oro accumulato dagli Ordini Benedettini, fingendo sempre un insaziabile ambizione, e fece orecchie da mercante alle richieste dei banchieri lombardi, vittime di una legge di espropriazione confiscava le loro proprietà in Francia. È evidente, quindi, che Clemente V realizzò tutti gli obiettivi della sua missione o fornì i mezzi legali per la loro realizzazione. Proprio in un'intervista a Poitiers, nel 1306,

con Filippo il Bello, i due Iniziati accordarono il modo di sciogliere l'Ordine del Tempio: per Clemente V, Signore del Cane, quello rappresentava l'ottavo obiettivo della missione e sarebbe risultato l'atto strategico il più importante del suo pontificato; per Filippo IV, significava neutralizzare la "II linea tattica" del nemico, come spiegato nel trentesimo giorno. Naturalmente non si capirà perché un Re potente come Felipe IV, e un papa che era il Superiore Generale dell'Ordine, dovevano concepire un piano segreto per estinguerlo, se non si realizza lo sforzo di immaginare in che consisteva l'Ordine dei Templari nel XIV secolo, la grandezza del suo potere economico, finanziario e militare. Inoltre se si ragiona su questo, sarà chiaro che l'Ordine era in grado di presentare i vari tipi di risposte, militari o economiche, che avrebbero potuto causare gravi difficoltà a Filippo IV. Bisogna tenere a mente che i piani della Fratellanza Bianca si appoggiavano, in gran misura, su questo Ordine, e che la Strategia del Circulus Domini Canis esigeva la sua distruzione per garantire il fallimento di questi piani: il colpo , allora, avrebbe dovuto essere contundente e di sorpresa. L'Ordine, infatti, aveva più di 90.000 concessioni distribuite nei paesi che ora sono chiamati Portogallo, Spagna, Francia, Olanda, Belgio, Germania, Ungheria, Austria, Italia e Inghilterra. Nella Francia, dei primi anni del secolo XIV, tra Auvergne, Provenza, Normandia, Aquitania, Contea di Borgogna, ecc, dove c’erano le proprietà più estese, esistevano circa 10.000 proprietà dei Templari: di queste, 3.000 erano appezzamenti di 1.000 ettari di media ciascuno. In totale, quelle proprietà ammontavano a 3.500.000 ettari, che rappresentavano il 10% dell'area della Francia. Ma questa cifra non riflette il potenziale del latifondo se non nota che il 10% della superficie totale della Francia, vale a dire, compresi fiumi, montagne, foreste, e ogni sorta di terreni inutili per l’agricoltura, costituiva il 10% della terra migliore, scelta durante due secoli con la pazienza di un monaco benedettino e ottenuta attraverso donazioni emessa dalla Chiesa. E c'era di più: quelle concessioni, che erano composte da migliaia di aziende agricole in pieno sviluppo agricolo, erano esenti da ogni tipo di imposta poiché l'Ordine dipendeva direttamente dal Papa, privilegio che, fino a Bonifacio VIII, le convertiva in proprietà inviolabili da qualunque Signore temporale. Cambiare questa situazione era, appunto, uno degli obiettivi strategici di Filippo il Bello, che lo aveva portato a confrontarsi con Bonifacio VIII e a opporre il Diritto Civile nazionale al Diritto Canonico. Inoltre non si trattava solo di tasse: i Templari, dopo l'avvento di Filippo IV, avevano sviluppato un piano per spezzare l'economia del Regno attraverso l'impoverimento della nobiltà feudale e lo spopolamento delle campagne. I loro prodotti alimentari, offerti nelle città a prezzo di dumping (inferiore al mercato) o semplicemente regalati nei monasteri, rendevano inutile ogni tentativo di pianificazione economica statale e lo sfruttamento razionale delle risorse nazionali; di conseguenza, i Signori Feudali, che avevano solo la terra come una fonte di reddito, si stavano impoverendo sempre di più a causa della svalutazione dei frutti del campo, mentre accettavano come una soluzione che i contadini, aggravati dalle tasse e i quali non poteva più alimentare, emigrassero nelle città. Naturalmente un compito così sovversivo era in linea con la strategia Golen: questa

richiedeva la distruzione della nobiltà e l'indebolimento della monarchia come un preludio alla costituzione del Governo Mondiale teocratico, che sarebbe stato una tappa anteriore alla Sinarchia del Popolo Eletto . Di fronte all’atteggiamento ghibellino di Filippo IV, l’Ordine dei Templari non aveva fatto altro che intensificare una politica che era al centro della loro ragione d'essere. Tuttavia, come vediamo, questa politica avrebbe avuto una fine sorprendente. Bisogna aggiungere che l'economia antinazionale dei Templari, era complementare, nella sua capacità distruttiva, con l’offensiva commerciale lanciata sulla Francia da parte delle città italiane. Ma questo ha un'altra spiegazione. Quando Filippo IV ricevette il Regno, era quasi un'avventura inoltrarsi per le strade della Francia per praticare il commercio; il pericolo era nel viaggio, di solito passando attraverso numerosi feudi i cui signori, impoveriti per cause elencate, erano soliti imporre pesanti e arbitrarie tasse alle merci in transito: questo nel migliore dei casi, perché il più delle volte qualche Signore, troppo geloso dei suoi diritti, procedeva a spogliare i mercanti di tutto il loro carico. Ma se ciò non accadeva, il negozio era ugualmente rischioso a causa dell'accumulo di tasse che si accumulavano alla fine del tragitto. Inutile dire che i Signori Feudali, oltre a controllare le strade, avevano i loro eserciti con i quali combattevano tra loro e imponevano la propria legge in ogni regione. Filippo IV, al costituire la Nazione Mistica, si propose di risolvere questo problema immediatamente. In suo nome, Enguerrando di Marigny, diede la soluzione: il Re non dovrà mai ricorrere, tranne che in caso di Guerra esterna, alle truppe dei Signori. Emerse così, dalla Scuola dei legali laici Domini Canis, il concetto di sicurezza interna, definito praticamente sulla base dell'ipotesi di conflitto interno. La soluzione di Marigny consisteva nel creare una sorta di corpo di polizia reale, la milizia del Re, incaricato di pattugliare tutte le strade e far rispettare le leggi del Regno: accanto a loro sarebbero andati, in seguito, gli esattori delle tasse. Le truppe reali, di solito mercenari, presto fecero entrare in ragione i Signori e in breve tempo le strade, non solo erano diventate sicure per il commercio, ma una singola tassa veniva riscossa in qualsiasi regione del Regno. Fu questa situazione di sicurezza e ordine che attirò l'avidità dei commercianti stranieri. Le città italiane, in particolare, disponevano di flotte che ricorrevano il mondo acquisendo articoli più svariati ed esotici, contro le quali non c'era alcuna possibilità di fare concorrenza. Le città francesi si videro così invase da prodotti importati che contribuivano giorno dopo giorno a distruggere ulteriormente l'economia del Regno: mentre i commercianti e i mercanti stranieri si arricchivano, spesso vendendo merci di contrabbando, il Regno doveva affrontare l'enorme spesa che rappresentava garantire militarmente quella sicurezza interna. Per questo la valuta perdeva valore e sorgeva l'inflazione; e le corporazioni degli artigiani, incapaci di competere con i prodotti stranieri, cadevano in miseria e trascinando l'industria nazionale nella peggiore depressione. A parte il dumping Templario, una rigorosa analisi dei Domini Canis, dimostrò a Filippo IV chi erano i colpevoli occulti di quella situazione: i banchieri lombardi e i membri del Popolo Eletto. I banchieri lombardi finanziavano le compagnie italiane che operavano in Francia,

cosa che faceva anche la Banca dei Templari. E i membri del Popolo Eletto si contavano tra i principali sostenitori all’interno delle compagnie e dei capitali stranieri: molti di loro avevano legami familiari con i banchieri ebrei di Venezia o Milano, o con i proprietari di grandi imprese, mentre altri tradivano la Nazione francese per puro amore del profitto. Filippo IV sarebbe stato inflessibile con tali parassiti: alcuni, li colpì con la semplice espropriazione, perché abitavano in altri paesi; ma ad altri, dopo l’esproprio, li espulse dal Regno, poiché mancavano delle virtù etiche necessarie per meritare il diritto di soggiorno. Tornando ai Templari, spero che ora, alla luce del loro smisurato patrimonio territoriale e produttivo, si abbia una visione più realistica circa il perché il Re di Francia e Clemente V dovevano trattare con molta cautela la questione dell'Ordine dei Templari. Quelle 90.000 concessioni, per continuare con l'esempio, erano amministrate da 30.000 monaci, tremila Cavalieri e duecentosettantamila laici, che rappresentavano una potenziale forza di combattimento ben al di sopra dell'esercito nazionale di Filippo il Bello: una reazione militare dei Templari difficilmente sarebbe stata contenuta in Francia se non al prezzo di pesanti perdite nell'esercito nazionale, un fatto che avrebbe potuto determinare la fine della Strategia Iperborea della Nazione Mistica e la rinascita della teocrazia papale; avrebbero potuto, allora, nonostante tutto, trionfare i piani della Fratellanza Bianca. Inoltre, basti ricordare quanto è stato detto il Diciottesimo Giorno sul potere finanziario dell'Ordine per capire che se in ciascuna delle 90.000 concessioni si potevano ottenere soldi in prestito, depositarlo, o girarlo a una qualunque delle altre, si era in presenza della più formidabile rete bancaria del mondo, paragonabile solo, ma non superata in volume di infrastrutture, alle moderne corporazioni finanziarie ebraiche di Roquefeller, Rotschild, Kuhn Loeb, o di altri benefattori del genere umano. Sarà facile dedurre che tale organizzazione doveva contare con una fitta rete di spie, dedicata a ottenere le informazioni economiche e politiche necessarie per dirigere la gestione degli affari. Si comprenderà, così, che la più piccola filtrazione dei progetti disegnati da Filippo il Bello e Clemente V poteva raggiungere in breve tempo le orecchie del Gran Maestro e lo Stato Maggiore Golen e quindi causare allarme. Una strategia migliore sarebbe stata quella di esporre altre preoccupazioni come argomenti dell'intervista: una discussione sulla questione delle rendite ecclesiastiche, per esempio; o la situazione del cristianesimo in Oriente; o l'atteggiamento del Re d'Inghilterra, ecc. Ma il vero e segreto motivo dell'intervista di Poitiers, come la storia si incaricò di dimostrare, fu di proiettare la strategia che avrebbe permesso di estinguere l’Ordine dei Cavalieri Templari e smantellare la loro gigantesca infrastruttura.

Quarantaduesimo Giorno

Tutti i presenti a Poitiers, i Signori del Cane Guglielmo Plasian, Guglielmo di

Nogaret, Guglielmo Imbert di Parigi, e Clemente V, l'Uomo Di Pietra Charles de Tharsis, e l'Iniziato Iperboreo e Re di Francia, Filippo il Bello, si trovano d'accordo che le maggiori possibilità di trionfare sul Nemico dipendono dall'uso di un'arma segreta: l'astuzia. L'astuzia è il risultato evolutivo di un istinto animale e caratterizza il comportamento dell'uomo animale o uomo animico, cioè l'uomo dotato di corpo e Anima creata. Però ci sono anche uomini che hanno uno Spirito increato, anche se nella maggior parte dei casi questo è sommesso all'anima creata e per questo si dice che questi uomini sono spiritualmente addormentati: anche loro possono manifestare l'astuzia mentale, poiché lo Spirito dormiente o strategicamente confuso non è in grado di impedirlo. Ma qualcosa di molto diverso accade quando l'uomo è davvero spirituale, cosa che può essere affermata solo se si tratta di un Iniziato alla Sapienza Iperborea: in questo caso il suo comportamento è regolato dall’Onore e, non solo è privo di astuzia, ma di qualsiasi altra caratteristica dell’uomo animale, come la vigliaccheria, la calunnia, l’infedeltà, la menzogna, l’invidia, la calunnia, l’insidia, il tradimento, ecc. Ma cos’è l'Onore dell'Iniziato Iperboreo? L’'atto della sua Volontà Graziosa, cioè l'atto del suo Spirito Eterno, che è pura Grazia. Nessuno dei presenti, ad esempio, possedeva astuzia nella personalità perché l’Onore li aveva guidati durante tutta la vita; e ora dimostravano un Atto di Altissimo Onore combattendo con tutte le loro forze per il trionfo del Patto di Sangue. Ma i Golen lo sapevano e contavano sull'ingenuità degli Iniziati Iperborei per sconfiggerli; Loro, al contrario, erano pura astuzia e la loro arma principale era chiamata inganno, un pallido riflesso del Grande Inganno con cui il Dio Uno camuffò la sua miserabile Creazione. Quindi, non si aspettavano mai una reazione astuta dagli Iniziati, che credevano sempre disposti a essere ingannati e traditi. - "Sono già stati traditi una volta, al Principio - prendevano in giro, storcendo la bocca - e lo saranno sempre. Fingono di essere dei Galli e sono solo stupide galline di pollaio! Con il loro Onore di un altro mondo, prima o poi ci daranno le spalle; e allora i nostri pugnali di questo mondo li finiranno". Senza dubbio, i Golen commisero un errore di valutazione al confidare nell'Onore degli Iniziati Iperborei: secondo i principi della guerra, le credenze del nemico sono punti deboli che possono essere sfruttati a proprio vantaggio. Gli Iniziati Iperborei erano privi di astuzia ma sapevano cosa fosse l'astuzia; e avrebbero potuto usarla come arma strategica per sorprendere il Nemico. Ecco il concetto che fu definito a Poitiers: se i Golen credevano che i loro nemici avrebbero agito con Onore, e questi erano avvisati, allora gli ingenui sarebbero stati loro; in seguito, potevano essere ingannati per mezzo dell'astuzia, che Essi non si aspettavano e condotti a una trappola mortale. E l'Onore degli Iniziati sarebbe stato al sicuro, perché nulla nei loro spiriti sarebbe cambiato o avrebbe influenzato il loro orientamento strategico verso l'Origine: nel bel mezzo di un atto di guerra, gli Iniziati avrebbero giocato con l'illusione del mondo creato, facendo finta di essere quello che non erano; Se i Golen, maestri nell’arte di manipolare l’illusione del Mondo Creato, cadevano nel semplice incantesimo degli Iniziati, questo si poteva qualificare solamente come sfruttamento dell’errore del Nemico, qualcosa di perfettamente legittimo secondo le leggi della guerra.

Se i Templari venissero attaccati da tutti i lati contemporaneamente, si difenderebbero sicuramente, con risultati imprevedibili; d'altra parte, se l'attacco proveniva evidentemente dal campo del Re di Francia, mentre dal lato del Papa, del quale avrebbero dovuto fidarsi, trovavano protezione, avrebbero trascurato quel lato e sarebbero stati fatalmente sconfitti: l'astuzia strategica sarebbe stata quella di ottenere quella fiducia nel Papa affinché esso potesse consegnarli, disarmati, al Re di Francia. In altre parole, la Strategia avrebbe richiesto l'allestimento di una scena con un realismo sufficiente per ingannare i Golen: in un primo momento, non avrebbero dovuto sospettare l'argomento della commedia; dopo l'esito, non avrebbe più avuto importanza. Gli attori principali sarebbero stati il Papa e il Re di Francia: il Papa avrebbe finto di agire in buona fede, ma mostrando il timore delle rappresaglie reali; avrebbe fatto promesse e cercato di ottenere la fiducia del Nemico, che lo avrebbe creduto un amico; Filippo il Bello, nel frattempo, rappresentando il sovrano intollerante e ambizioso, cercando di attirare su di sé l'attenzione del nemico: questo avrebbe aiutato il ruolo di Clemente V. Quando tutto fu pronto a Poitiers, il sipario si alzò e cominciò il primo atto del dramma: questo iniziò con la pubblicazione di una Crociata contro Andronico Paleologo, imperatore di Costantinopoli, che era stato accusato di mantenere lo scisma della Chiesa greca. Dalla caduta di San Giovanni d'Acri, l'Ordine del Tempio si era ritirato a Cipro, dove deteneva una regolare guarnigione, mentre l'Ordine Ospitaliero faceva lo stesso sull'isola di Rodi. Per stabilire la sua partecipazione alla Crociata, Clemente V citò in Francia il Gran Maestro del Tempio Jaques de Molay. Una volta in sua presenza, con assoluta ingenuità, il Papa espresse la sua intenzione di realizzare la vecchia idea di Gregorio IX, quella di unire tutti gli ordini militari: una simile idea, naturalmente, provocava orrore nei Templari poiché l'integrazione con un Ordine essoterico avrebbe messo i loro segreti allo scoperto. Senza sospettare l'agguato, il Gran Maestro avrebbe cercato di convincere il Papa su quanto era inconveniente tale misura: secondo il suo criterio, non sarebbe stata difficile da ingannare una mente semplice come quella di Clemente V. Dopo la demenziale caduta del Golen Bonifacio VIII, i Golen erano allertati circa l'offensiva del Domini Canis, e sapevano cosa aspettarsi per quanto riguarda l'elezione di Clemente V. Tuttavia, lo ritenevano solo uno strumento di Filippo il Bello e la sua cerchia di "figli delle tenebre": l'impressione del Gran Golen Jaques de Molay lo confermava; il Papa era permeabile all'influenza affettiva. Il Gran Maestro si sarebbe divertito, quindi, a conquistare l'amicizia del Pontefice, senza immaginare che a Parigi Nogaret e Guglielmo Imbert preparavano la sua rovina. E in pochi mesi, Clemente V avrebbe ottenuto che il Capo dei Golen non diffidasse della sua buona fede. Enguerrando di Marigny e Guglielmo di Nogaret furono eletti ai due posti più importanti in Francia: Coadiutore del Regno e Guarda-Sigilli del Re, rispettivamente. Con questo potere, misero in pratica un'operazione segreta che mirava ad attuare un'azione simultanea ed efficace in tutto il Regno: tale azione si concretizzò il Venerdì 13 ottobre 1307, quando tutti i Cavalieri Templari in Francia, tra cui il Gran Maestro, furono arrestati con l'accusa di eresia. In effetti, le accuse accumulate da Nogaret

erano molte e varie, ma sottolienavano l'eresia per ottener l'intervento del Tribunale dell'Inquisizione che in Francia era presieduto da William Imbert di Parigi. Si vide ben presto il successo strategico dei Domini Canis: mentre il Gran Maestro riceveva le richieste dei Cavalieri di resistere all'arresto, ed era in dubbio sull'atteggiamento da prendere, Guglielmo di Plasian gli recapitava un messaggio in cui il Papa garantiva il suo aiuto e gli consigliava di rinunciare a difendere l'Ordine e di sottomettersi alla sua volontà. E fu così che il Gran Maestro dette l’ordine di arrendersi a tutti i Cavalieri, e lui stesso si affidò all'intervento papale. Inoltre, secondo quanto credevano i Golen, aveva ancora abbastanza peso dentro l’Ordine dei Predicatori Domenicani. Filippo il Bello non perde tempo: senza resistenza, le sue truppe occupano tutte le proprietà dei Templari. Il terrore si diffonde nell'Ordine nemico; centinaia di cavalieri e monaci sono imprigionati. Per questa ferma procedura, nessuno mette in dubbio la gravità dell'accusa e ben presto sono raccolti sufficienti testimoni e prove per assicurarne la liquidazione. Oltre all'Inquisizione, Filippo il Bello chiama i Consigli Provinciali, l'Università di Parigi e gli Stati Generali per giudicare l'Ordine. Così, con l’emergere dal buio della sua diabolica fondazione, tutto il popolo di Francia avrebbero assistito alla mostra della filosofia segreta dei Templari e avrebbe conosciuto i loro costumi depravati. Questo è quello che successe durante i tre anni del processo pubblico, quando lo stupore, il disgusto e l'orrore dei francesi non conobbe limiti. Ma la cosa più sorprendente fu che durante quel periodo i Templari continuarono a credere che un atto salvatore del Papa li avrebbe liberati dalla condanna. Nel processo si riesce a dimostrare che i Templari professavano le seguenti idee e costumi: I – Gli alti dignitari dell'Ordine ritenevano che Cristo, che misteriosamente chiamato Navutan , era un impostore e non il vero Dio; II - Cristo non fu crocefisso per la redenzione della razza umana; III - La croce non sarebbe, quindi, lo strumento della sua passione, ma una creazione di Cristo Navutan stesso, che avrebbe chiamato Vruna; IVTutti i cavalieri, qualunque fosse il loro stato o grado, dovevano sputare periodicamente su quel simbolo del male, al fine di fare ammenda con il Dio creatore: quindi si riuscì a provare che, almeno una volta, tutti i Templari aveva sputato sul crocefisso. V - Di conseguenza, rinnegavano la Santa Vergine; VI - Officiavano la messa secondo un canone proprio e in una lingua strana, che in seguito si rivelò essere l’ebraico; VII Adoravano un idolo ermafrodita con fazioni spaventose al quale si riferivano con il soprannome di Baphomet o Bafoel ma il cui nome, che mai pronunciavano senza impallidire, era Bera; VIII - Pretendevano che quell’idolo rappresentasse un Dio più potente di Cristo, il quale, a differenza del Messia, si manifestava più frequentemente tra gli uomini; IX- Sostenevano che quell’abominevole Demonio gli aveva imposto, fin dai tempi di San Bernardo, l'obbligo di praticare la sodomia, vizio al quale si erano abituati e costituiva un'abitudine naturale tra i superiori dell'Ordine; X- Il Gran Maestro e i Gran Priori o Precettori, realizzavano una cerimonia segreta in cui offrivano sacrifici umani a Baphomet, soprattutto bambini; XI - Il rituale richiedeva l'incenerimento della vittima in una fornace preparata a tale scopo; XII - Con le ceneri calcinate i Templari elaboravano una

liscivia umana e la custodivano segretamente come il bene più prezioso; XIII - Credevano fermamente che la liscivia aveva il potere di lavare l'unzione dei sacramenti cristiani: secondo quanto confessavano, mediante quella liscivia avrebbe annullato gli effetti del battesimo e della comunione, che consideravano "congiuri della Croce", etc. Fin dall'inizio i Domini Canis decisero di distinguere tra "Templario" e "Golen". Nel Medioevo era normale che un imputato fosse assolto in un processo per eresia se confessava spontaneamente, si pentiva e accettava i sacramenti cristiani; nel processo ai Templari questa possibilità fu offerta ripetutamente e molti accettarono di confessare ciò che sapevano. Tuttavia, i Domini Canis non erano disposti a permettere ai Golen di liberarsi della trappola: per Loro, che non avevano mai perdonato, non ci sarebbe stato alcun perdono; solo i "Templari", cioè i Cavalieri non iniziati nel Culto di Baphomet, avrebbero avuto l'opportunità di salvare le loro vite in cambio della loro testimonianza. Così fu possibile raccogliere una quantità schiacciante di prove contro i Golen dell'Ordine, con il contributo dei loro stessi membri, eretici confessi e pentiti. E allora il processo divenne irreversibile, dal momento che né il Papa né nessun altro avrebbe potuto salvare l'Ordine una volta il popolo e la Chiesa avessero conosciuto le loro eresie e aberrazioni: la Strategia di Filippo il Bello e il Circulus Domini Canis aveva trionfato, ora definitivamente, sui piani della Fratellanza Bianca; i Golen non sospettarono la commedia rappresentata da Clemente V finché non fu troppo tardi; l'Ordine del Tempio, responsabile della fondazione della Sinarchia Universale, sarebbe stato distrutto. Così, i Golen dell’Ordine dei Templari furono sterminati senza pietà, ricevendo sulla propria carne la medicina così in tante occasioni amministrarono ai sostenitori del Patto di Sangue: ironia della sorte, il Tribunale dell'Inquisizione, che usarono per giustiziare i Catari, ora li condannava senza appello a morire sul rogo: come l'arte marziale del jujitsu, il Nemico aveva usato la loro stessa forza per sconfiggerli. I Golen non avrebbero mai dimenticato il processo ai Templari. Soprattutto a essere ricordata sarebbe stata la data del 10 maggio 1310: quel giorno, in occasione del Consiglio di Senz, la cui sede vescovile era guidata da Philippe de Marigny, fratello di Enguerrando furono bruciati a fuoco lento 56 Cavalieri Templari, il fiore e la crema della Gerarchia Golen. Dal giorno in cui i Signori della Tharsis incendiarono il Bosco Sacro, facendo perire i 20 di Cartagine, il Golen non avevano avuto un giorno tanto fatidico come quel 10 di maggio. Ognuno ammanettato di spalle a un palo robusto, i cinquanta Golen di Senz formavano una lunga fila di condannati, una processione di spettri marciando verso l’inferno; ai piedi di ogni palo, legna accatastata augurava la prossima fine dei Sacerdoti del Dio Uno. Prima che i fratelli minori lanciassero la torcia accesa, un cavaliere del Re Filippo, un monaco guerriero di alcuna Ordine sconosciuta, si avvicinò agli eretici e pronunciò a bassa voce alcune parole, che i presenti presero come una pietosa preghiera. Tuttavia, sentendola, il volto dei Golen si decomponeva dall’odio, e alcuni scoppiavano gridando atroci maledizioni: quelle parole dicevano semplicemente: - Per Navutan e il

Sangue di Tharsis! Completando la fila, mentre i Golen elevavano la loro anima al Jehovà Satanàs s e chiedevano una pena indescrivibile per gli Uomini di Pietra, quel Cavaliere, che altri non era che Charles de Tharsis, con un cenno ai carnefici, e i roghi iniziarono a bruciare. Presto i Golen e i loro sogni sinarchici non furono altro che cenere; una manciata di vile cenere che non sarebbe stata sufficiente per lavare i danni causati alla Casa di Tharsis e a molti altri che vennero uccisi per opporsi a quei sogni demenziali. Per completare il lavoro si richiedeva di legalizzare il risultato della Strategia di Filippo il Bello. A tal fine il Papa aveva convocato il Consiglio Ecumenico di Vienna, dall’Ottobre 1311 a Maggio 1312. Anche se sconfitti su tutti i fronti, il Golen avevano ancora la forza di fare pressione e cercare di prevenire che si accordassero per l'estinzione dell'Ordine. Ci fu una conferenza segreta tra cinque Cardinali fedeli a Filippo il Bello e sei delegati del Consiglio, nella quale si informarono questi ultimi sulle terribili conseguenze che avrebbe portato opporsi al Re di Francia e di assolvere l'Ordine, nonostante le prove inconfutabili raccolte contro. Ma il terrore scatenato era molto grande e, tra la punizione del Re e la vendetta dei Golen, molti rimasero indecisi. I rappresentanti del Re di fronte al Consiglio, Guglielmo de Nogaret, Guglielmo Plasian, Charles de Tharsis, Enguerrando di Marigny, ecc, fecero mostra della loro eloquenza per convincere i Vescovi sulla necessità della Chiesa e il cristianesimo di sopprimere quel focolaio di eresia. Ci fu anche un momento, nel mese di marzo 1312, in cui il Re minacciò di avanzare con le sue truppe su Vienna e regolare i conti proprio lì con i sostenitori dei Golen: nel momento in cui giunse a Lione con il fratello Carlos, i suoi figli e un potente reggimento di Cavalieri. Infine, il 22 marzo 1312, si votò l'estinzione dell'Ordine e la confisca di tutti i suoi a favore dell'Ordine degli Ospedalieri di San Giovanni, della Chiesa e del Regno di Francia. Tuttavia, esistevano tanti dubbi circa l'accordo del Consiglio, soprattutto perché chi aveva votato in segreto, negavano pubblicamente di averlo fatto, che il papa fu costretto a chiarire la questione con un decreto: nella bolla Considerantes Dudum abolisce l'Ordine di Tempio "provvisoriamente" fino a quando non fosse stato fatto definitivamente dal Tribunale del Sant'Uffizio: "non per modum definitivae sententiae, sed per modum provisionis ... apostolicae". La bolla e il decreto del Consiglio di Vienna vennero rimessi a tutti i paesi cristiani per l'esecuzione: l'Ordine locale doveva essere estinto, i suoi membri fatti prigionieri e processati per eresia. In Aragona, i Cavalieri si fortificarono e fecero resistenza e dovettero essere sottomessi da Giacomo II con varie campagne militari. Quelli della Navarra, dove regnava Filippo il Bello, si arresero senza parlare, come quelli di Castiglia e Portogallo. In tutti i casi, coloro che furono assolti, così come le proprietà dell'Ordine, che erano molte, passavano a far parte dell'Ordine dei Cavalieri Ospitalieri o di altri Ordini creati a tale scopo. A Huelva, il castello di Aracena è svuotato e la sua guarnigione sostituita con le truppe portoghesi, ma in seguito sarebbe stata data all'Ordine di Santiago; prima di partire, il Golen sigilla l'ingresso della Caverna di Dedalo, dove un lago di bitume avrebbe ricordato per secoli i poteri infernali di Bera e Birsa.

Il Convento della Rabida passò quindi all'Ordine di San Francisco. Però ciò, non impedì ai Golen di continuare a preparare la venuta del Quiblòn, secondo gli Ordini di Bera e Birsa. Al contrario, i Golen, che consideravano Rus Baal il Santuario più sacro in Spagna, disposero che il Convento fosse un luogo di ritiro e chiusura per i membri di alto grado. Il culto della Madonna dei Miracoli era già stato imposto in una vasta regione dell'Andalusia, ma quello che più fervore suscitava nei fedeli, era il culto della Vergine del Nastro, protettrice dei marinai e proprietari di barche, che era considerata la patrona di Huelva. Quest’affermazione popolare della Grande Madre Binah era dovuta principalmente al compito instancabile di "pulizia" effettuata dai Templari, che ora sarebbe proseguita con non meno dedizione dai frati di San Francisco. Quello su cui si doveva cedere, tuttavia, era la lotta aperta contro la Vergine di Agartha, dato che la momentanea perdita del Potere dei Golen avrebbe impedito loro di sostenerla adeguatamente. Questi cambiamenti, come è naturale, portarono tranquillità ai discendenti di Vrunalda, perché la Caverna Segreta era libera, per il momento, dalle imboscate dei Golen. Già nel 1312, un Noyo si era stabilito permanentemente davanti alla Spada Saggia. I principali capi Templari, il Gran Maestro Jaques de Molay e altri tre Golen, rimasero prigionieri nella Casa del Tempio di Parigi. Durante tre anni si applicò sistematicamente il tormento allo scopo di fargli confessare certi aspetti sottili dell'organizzazione Templare; due dati erano di particolare interesse per i Domini Canis: volevano conoscere i legami con l'Oriente, con la Fraternità Bianca, se c'era una via sicura per la Dimora degli Immortali; e per sapere se c’erano attualmente in Francia, o altrove in Europa, agenti delle Potenze della Materia, Maestri della Fratellanza Bianca, Immortali Golen, ecc. che sarebbero stati catturati immediatamente. Tuttavia, per quanto terribili che possano essere considerati, quei tormenti erano semplici carezze di fronte alle raffinate torture che i Golen applicavano in più di un'occasione ai Signori di Tharsis. In ogni caso, un gruppo di Nogaret annunciò che il 23 marzo 1314 gli eretici sarebbero stati giustiziati sull'isola dei Giudei, un'isola di fronte al palazzo reale dove i Domenicani usavano bruciare i figli del Popolo Eletto.

Facciata della Torre del Tempio, in Parigi

Nel giorno stabilito, Jaques de Molay, Goffredo de Charnay, Hugo de Payrand e Godfrey de Gonneville, sacerdoti che avevano padroneggiato la conoscenza più segreta del Patto Culturale, erano legati a un palo di legno e affidati alla purificazione del fuoco. Filippo il Bello, il Circulus Domini Canis al completo, e molti Signori di Tharsis provenienti dal Sud della Francia per l'occasione, contemplarono la scena ignea che chiudeva un palcoscenico storico, un periodo caratterizzato dagli ignobili attacchi contro il Sangue Puro e lo Spirito Eterno: la cospirazione dei demoni si consumava in quei quattro roghi, sull'isola dei Giudei, nella città di Parigi, il 23 marzo 1314. Il trionfo della Strategia Iperborea fu assicurato; i piani della Fraternità Bianca per stabilire la Sinarchia Universale, impossibili da realizzare per i seguenti sette secoli; e l’arrivo in Spagna di Quiblòn, sarebbe stato ritardato di 180 anni.

Quarantatreesimo Giorno

Sintesi generale della Saggezza Iperborea: La possibilità di stabilire la Sinarchia Universale nel Medioevo era svanita nei Falò dell'Inquisizione. Il nemico avrebbe perso settecento anni prima di colpire, nell'Epoca attuale, con un'altra possibilità simile. Qui, quindi, sarebbe il momento di abbandonare il tema della Sinarquia Medievale e continuare con la storia della Casa di Tharsis che, come ho anticipato ripetutamente, si sarebbe trasferita in parte in America e dove sarebbe nato il lignaggio dal quale Io discendo. Tuttavia, caro e attento dott. Siegnagel, è un mio desidero farvi capire il più profondamente possibile la Saggezza Iperborea, perché è la vera causa del dramma della Casa di Tharsis. So che in molti punti nella narrativa della storia della Casa di Tharsis sono risultati oscuri per l'assenza di dettagli, a causa dello sconosciuto che risulta al profano la Saggezza Iperborea. Pertanto, prima di continuare con la storia, mi ci vorranno alcuni giorni, per presentare una "Sintesi generale" di ciò che è già stato visto come Saggezza Iperborea: fondamentalmente, cercherò di chiarire al principio idee menzioniate o riferite finora. Penso che il modo migliore per raggiungere quest’obiettivo sia quello di descrivere quattro concetti della Saggezza Iperborea e definirli attraverso un linguaggio accessibile. Tali concetti sono: "La cultura è un'arma strategica del nemico", "l’IO, nell'Uomo Creato, è un prodotto dello Spirito Increato", "L'allegoria dell’IO prigioniero" e "La Strategia Odal degli Dei Liberatori". Mentre durano questi argomenti, sottotitolerò i capitoli: "Sintesi generale della Saggezza Iperborea". Naturalmente, tale sintesi causerà la naturale interruzione della storia della Casa di Tharsis. Ecco perché, se siete molto interessato, continuate con la narrazione di base, vi suggerisco di saltare al giorno quarantanove. In quel giorno la storia continua e le vostre aspettative saranno soddisfatte, ma vi avverto che è indispensabile che alla fine legga i giorni trascurati, per completare la vostra conoscenza generale sulla Saggezza Iperborea.

Nella lettera che ho scritto il terzo giorno, ho spiegato che "il principio per stabilire l'affiliazione di un popolo alleato con gli Atlanti consiste nell’opposizione tra il Culto e la Saggezza: il mantenimento di un culto alle Potenze della Materia, a Dei che si pongono al di sopra dell'uomo e approvano la sua miserabile esistenza terrena, a Dei Creatori o Determinanti del Destino dell'uomo, colloca automaticamente i suoi cultori nel quadro di

Patto Culturale, siano o no i Sacerdoti alla vista". Il primo concetto è facile capire come conseguenza di questa definizione. Per il nemico dell'Alleanza di sangue, cioè i membri del Patto Culturale, "La cultura è un'arma strategica". In tutta la mia lettera, ho già ampiamente dimostrato questa verità in molteplici esempi in cui abbiamo visto i membri del Patto Culturale dominando le società umane controllando le principali variabili sociali. Tuttavia, la Saggezza Iperborea afferma che l'obiettivo del nemico è più sottile e la sua Strategia mira a controllare lo Spirito dell'Uomo, nell'uomo, cioè, intende controllare il suo IO. Quando si realizza una critica della moderna cultura urbana dell'"Occidente" Cristiano”, si tende a dettagliare i" mali "che questa provoca in alcuni individui: l’alienazione; disumanizzazione; schiavitù al consumo; la nevrosi depressiva e la sua reazione: la dipendenza da vari vizi, dalla narcosi alla perversione del sesso; la competizione spietata, motivata da oscuri sentimenti di avidità e ambizione per il potere; ecc. La lista è infinita, ma tutte le accuse omettono deliberatamente l'essenziale, sottolineando, mali "esterni" all'anima dell'uomo, originati dalle "imperfezioni della società". A complemento di questo errore, si sostiene che la soluzione, il rimedio per tutti i mali, è "il miglioramento della società", la sua "Evoluzione " verso forme più giuste, più umane di organizzazione, ecc. L'omissione è che il male, l'unico male, non è esterno all'uomo, non proviene dal mondo ma si trova al suo interiore, nella struttura di una mente condizionata dalle preminenze e delle premesse culturali che sostengono la logica e che deformano la sua visione della realtà. La società attuale, dall'altra parte, è riuscita a giudaizzare in tal modo l'uomo comune che l’ha trasformato - miracolo che non può nemmeno sognare la biologia genetica - in un miserabile ebreo, avido di profitto, felice di applicare interesse composto e felice di vivere un Mondo che glorifica l'usura. Inutile dire che questa società, con i suoi milioni di ebrei biologici e psicologici, è per la Saggezza Iperborea solo un brutto incubo, che sarà definitivamente spazzato via alla fine del Kaly Yuga dal Wildes Heer. Nelle tradizioni germaniche Wildes Heer è chiamato "l’Esercito Furioso di Wothan". Secondo la Saggezza Iperborea, l'esercito di Navutan sarà presente durante la Battaglia Finale, insieme al Gran Capo della Razza Bianca. È conveniente riassumere, ora, diversi concetti complementari della Saggezza Iperborea, alcuni di essi già spiegati. Per la Saggezza Iperborea, l'uomo-animale, creato dall’Uno, è un essere composto da corpo fisico e anima. Come prodotto di un tradimento originale, perpetrato dagli Dei Traditori, lo Spirito Increato, appartenente a una Razza Extracosmica, fu incatenato alla Materia e perse la sua vera Origine. Il legame spirituale con l'animale uomo causa l'apparizione storica dell'IO, un principio di Volontà intelligente: privo dello Spirito eterno, l'animale uomo possedeva solo un soggetto psichico che gli permetteva di acquisire una certa coscienza ed eseguire atti psicologici meccanici primitivi, a causa del contenuto puramente archetipico di tali atti mentali. Ma improvvisamente nella Storia, a causa del Tradimento Originale, appare l’IO nel mezzo del soggetto psichico, sommerso in esso. Così, "l'IO", espressione dello Spirito, emerge affondando nelle viscere dell’Anima senza avere alcuna possibilità di orientarsi verso l'Origine, poiché Egli non sa di trovarsi in una tale situazione, che esiste un possibile ritorno verso la Patria dello Spirito: l’IO s’incontra normalmente perduto senza sapere che lo è; e cerca l'Origine senza sapere cosa stia cercando. Gli Dei Traditori lo incatenarono all'anima dell'uomo animale così che la forza di volontà della sua inutile ricerca è usata dall'Anima per evolvere verso la perfezione Finale. Sommerso nel soggetto animico, l'IO non è in grado

di acquisire il controllo del microcosmo, a meno che non passi attraverso l'iniziazione Iperborea, che produce l'effetto di isolare l'IO, dall'Anima, per mezzo delle Vrune Increate, rivelate all'uomo da Navutan . Ecco perché la Saggezza Iperborea distingue tra due classi di IO: l'IO risvegliato, proprio dell'Iniziato Iperboreo o Uomo di Pietra; e l’Io dormiente, caratteristico dell'uomo addormentato o uomo "normale", comune e corrente, dei nostri giorni. Riferendosi all'uomo normale, si può dire che il soggetto animico, con il suo Io perduto incorporato, s’impadronisce della sfera psichica, che può essere considerata, pressappoco, come composta da due regioni chiaramente differenziabili e distinguibili: la sfera d'ombra e la sfera di luce; entrambe regioni sono separate da una barriera chiamata soglia della coscienza. La sfera d'ombra ha una stretta relazione concettuale con la regione della psiche chiamata Inconscio che definisce la Psicologia Analitica del Dr. CG Jung. La sfera di luce è fondamentalmente la sfera della coscienza, dove scorre l'attività del soggetto animico cosciente durante la veglia. L’IO, che è essenzialmente una forza volitiva, non ha nulla a che fare con la natura temporale del soggetto animico, nonostante ciò rimane immerso in esso, confuso nella sua storia, artificialmente introdotto nel tempo, in una parola, addormentato. Ecco perché la Saggezza Iperborea distingue chiaramente tra due forme dell’IO: l’IO perduto e l’IO sveglio. L’IO perduto è caratteristico dell'uomo addormentato, dell'uomo perduto nel Labirinto dell'Illusione del Grande Inganno: l'uomo addormentato è quell'uomo animale nella cui anima è incatenato, senza saperlo, uno Spirito Increato. L'IO risvegliato è caratteristico dell'uomo risvegliato, cioè dell'animale uomo il cui Spirito incatenato ha scoperto l'Inganno e cerca di trovare il cammino per l'Origine, l'uscita del labirinto. L'uomo risvegliato, l'Iniziato Iperboreo è quello capace di agire secondo il "modo strategico di vita" che richiede il patto di sangue. Cioè, quello capace di applicare i principi dell'Occupazione, del Recinto e delle Mura Strategiche. Con Riguardo al secondo principio, per quanto riguarda la Funzione Reale, ho detto il giorno Sedicesimo: Filippo IV dovrà "applicare il Principio del Recinto nello spazio reale occupato". Visto in questo modo, sembrerebbe che il principio del Recinto radicasse esclusivamente nell'uomo risvegliato, che dovrebbe "applicare" o "proiettare" un tale principio nell'area occupata; Tuttavia, secondo il principio ermetico: "Il microcosmo riflette il macrocosmo", un principio che, come visto nell’esposizione di Bera e Birsa, è anche cabalistico: Adam Harishon è il riflesso da Adam Kadmon; ciò significa che il principio del Recinto deve essere presente anche nel macrocosmo, ad esempio come una legge della natura? Se così fosse, forse potrebbe, almeno in teoria, essere rilevata in qualche fenomeno caratteristico una certa funzione di accerchiamento, che ci rivelasse in un altro modo, questa volta esterna, il principio strategico menzionato. Anche se posso anticipare che il risultato sarà negativo, è conveniente esaminare tale possibilità di ricerca esterna perché la sua analisi permetterà di comprendere diversi aspetti gnoseologici e culturali che affettano l'uomo. Se accettiamo il principio ermetico dell'equivalenza tra macrocosmo e microcosmo, ci risulterà evidente che tutte le leggi del macrocosmo si riflettono in leggi analoghe del microcosmo. Ma tale corrispondenza è lontana da essere una semplice riflessione passiva tra strutture. L’Uomo, dopo aver scoperto e formulato leggi, sbilancia quella relazione e assume un ruolo preminente. Come conseguenza di quell'attitudine dominante appare ora, separando l'Io dal macrocosmo, un modello culturale sviluppato da un soggetto culturale basato su principi e concetti di una struttura culturale. Nella Saggezza Iperborea,

Dott. Siegnagel, questi tre elementi sono definiti e studiati; sinteticamente, vi dirò che il "soggetto culturale" è solo il soggetto animico agendo dinamicamente su una "struttura culturale" costituita nella "sfera d’ombra" della psiche; allo stesso modo, quando il soggetto psichico agisce nella "sfera razionale", è denominato "soggetto razionale"; e se si manifesta nella "sfera della coscienza", "soggetto" cosciente"; ma sempre, l'Io è immerso nel soggetto animico o Anima, che sia razionale, culturale o cosciente il suo campo d'azione. Quindi, è il "modello culturale" il principale responsabile della visione distorta che l'uomo ha di se stesso e del mondo, poiché s’interpone tra il macrocosmo e il microcosmo. Il modello culturale è un contenuto della struttura culturale di natura collettiva o socioculturale; quindi, consiste di un insieme sistematico di concetti, proposto dal soggetto culturale e tradotto in uno o due linguaggi abituali, ad esempio, matematico e linguistico. In sintesi, il modello culturale è solitamente composto da principi matematica e premesse culturali. L'Io dell'uomo quando è confuso con il soggetto cosciente, accetta solidariamente come rappresentazioni di entità esterne, come sue verità, gli oggetti culturali che provengono dal modello culturale intermedio, oggetti culturali il cui significato è stato proposto dal soggetto culturale come premessa nel linguaggio abituale. Esaminiamo ora ciò che l'uomo intende per "legge della natura". Senza entrare in complicazioni si può dire che una legge della natura è la quantificazione matematica di una relazione significativa tra aspetti o magnitudo di un fenomeno. Chiariamo questa definizione. Dato un fenomeno è possibile che l'osservazione e la sperimentazione empirica possano condurre a differenziare alcuni "aspetti" di esso. Se tra i vari aspetti che si evidenziano, alcuni di loro risultano essere "significativamente correlati tra loro", e se tale relazione ha probabilità statistica, cioè, si ripete un gran numero di volte o è permanente, allora si può enunciare una "legge della natura". Per questo è necessario che gli "aspetti" del fenomeno possano essere ridotti a magnitudo in modo tale che la "relazione significativa" sia ridotta a "relazione tra magnitudo" cioè alla funzione matematica. Le "leggi" della fisica sono state dedotte in modo simile. Il concetto di "legge della natura" che ho esposto è moderno e mira a "controllare" il fenomeno prima di spiegarlo, seguendo la tendenza corrente che subordina lo scientifico al tecnologico. Ci sono quindi fenomeni "governati" da leggi eminenti che non solo sono accettate come determinanti ma sono indissolubilmente incorporate al fenomeno stesso, dimenticando, o semplicemente ignorando, che si tratta di quantificazioni razionali. È quello che succede, ad esempio, quando si nota il fenomeno di un oggetto che cade e si afferma che una cosa del genere è accaduta perché "ha agito la legge di gravità". Qui la "legge della gravità "è eminente, e anche se" è noto che esistono altre leggi" “che intervengono ma con meno intensità", si crede ciecamente che l’oggetto nella sua caduta obbedisca alla legge di Newton e che questa "legge della natura" sia stata la causa del suo spostamento. Tuttavia, il fatto concreto è che il fenomeno non obbedisce a nessuna legge eminente. Il fenomeno accade semplicemente e non c'è nulla in esso che punti intenzionalmente verso una legge della natura, e ancor meno una legge eminente. Il fenomeno è una parte inseparabile di una totalità che si chiama "realtà" o "il mondo", e che include, in quel carattere, tutti i fenomeni, quelli che si sono già verificati e quelli che si verificheranno. Ecco perché nella realtà i fenomeni semplicemente accadono, succedendo, forse, per alcuni si sono già verificati, o contemporaneamente con altri simili a esso. Il fenomeno è solo una parte di quella "realtà fenomenica" che non perde mai il suo carattere di totalità: di una realtà che non si espressa in termini di causa ed effetto per sostenere il fenomeno; infine, di una realtà in cui il fenomeno accade indipendentemente

dal fatto che la sua manifestazione sia significativa o meno per un osservatore e rispetti o no leggi eminenti. Prima di affrontare il problema della "preminenza delle premesse culturali" nella valutazione razionale di un fenomeno, è conveniente spogliarlo da qualunque possibilità che lo separi dalla pura determinazione meccanica o evolutiva, secondo "l'ordine naturale". Per questo stabilirò, dopo un breve analisi, la differenza tra fenomeno di "primo" o "secondo" grado di determinazione, chiarimento indispensabile, poiché le leggi eminenti, corrispondono sempre a fenomeni di primo grado. Per lo gnostico "il mondo" che ci circonda non è altro che la disposizione della materia fatta dal Dio Creatore, l'Uno, in un principio e che noi percepiamo nella sua attualità temporale. La Saggezza Iperborea, madre del pensiero gnostico, va oltre affermando lo spazio, e tutto ciò che esso contenga, è costituito da associazioni multiple di un singolo elemento chiamato "quantum archetipico di energia", che costituisce un termine fisico della monade archetipica, cioè dell'unità formativa assoluta del piano archetipico. Questi quantum, che sono veri atomi archetipici, che non conformano o strutturano le forme, possiedono, ognuno, un punto indiscernibile per mezzo del quale si realizza la diffusione panteistica del Creatore. Vale a dire che, grazie a un sistema puntuale di contatto multidimensionale, rende affettiva la presenza del Demiurgo in ogni porzione ponderabile della materia, qualunque sia la sua qualità. Questa penetrazione universale, all’essere comprovata da persone in vari gradi di confusione, ha portato alla credenza errata che "la materia" è la stessa essenza dell'Uno. Queste sono le concezioni volgari dei sistemi panteistici o di quelli che alludono a uno "spirito del mondo" o "Anima Mundi", ecc. In realtà la materia è stata "disposta" dal Creatore e "Spinta" verso uno sviluppo legale nel tempo dalla cui forza evolutiva non sfugge nemmeno la particella più piccola (e della quale partecipa, ovviamente, il "corpo umano"). Ho realizzato questa esposizione sintetica di "Fisica Iperborea" perché è necessario distinguere tra due gradi di determinismo. Il mondo, come l'ho descritto, si sviluppa, meccanicamente, orientato verso uno scopo; questo è il primo grado di determinismo. In altre parole: c'è un Piano a cui i modelli si adattano e verso il quale tende il disegno, “l’ordine" del mondo; la materia lasciata alla meccanica di detto "ordine" è determinata in primo grado. Siccome quel piano, è sostenuto dalla Volontà del Creatore e La Sua Presenza è effettiva in ogni porzione della materia, come abbiamo visto, potrebbe accadere che Lui, in modo anomalo, influenzasse in un’altra maniera alcune parti della realtà, sia per modificare teologicamente il suo Piano o per esprimere la sua intenzione semitonicamente, o per ragioni strategiche; in tal caso ci troviamo di fronte al secondo grado di determinismo. Per "ragioni strategiche" intendiamo il seguente: quando l'uomo risvegliato intraprende il Ritorno all'Origine nel quadro di una Strategia Iperborea utilizza tecniche segrete che consentono di opporsi efficacemente al Piano. In queste circostanze il Creatore, in modo anomalo, interviene con tutto il Suo Potere di punire l'intrepido. Possiamo ora distinguere tra un fenomeno di primo grado e un fenomeno di secondo grado, secondo il grado di determinazione che implica la sua manifestazione. Deve essere ben chiaro che in questa distinzione l'accento è posto sui diversi modi in cui il Demiurgo può agire su uno stesso fenomeno. Ad esempio, nel fenomeno di un vaso di fiori cadendo da un balcone al marciapiede, non possiamo vedere altro che una determinazione di primo grado; diciamo: "La legge di gravità ha agito". Ma, se detto vaso di fiori cade sulla testa di un uomo risvegliato, possiamo supporre una

seconda determinazione o, in senso stretto, una "seconda intenzione"; noi diciamo: "È successo per Volontà del Creatore ". Il primo e secondo grado di determinazione di un fenomeno viene anche definito, da un altro punto di vista, Prima e Seconda intenzione del Creatore. In generale, qualsiasi fenomeno ha la possibilità che si manifesti in primo e secondo grado di determinazione. Considerando questa possibilità, saremo d'accordo sul seguente: quando non si indichi il contrario, per "fenomeno", deve essere inteso quello la cui determinazione è puramente meccanica, cioè di primo grado; nel caso contrario si specificherà, "secondo grado". Manca solo, ora che distinguiamo tra "i due gradi del fenomeno", chiarire l’affermazione fatta all'inizio di questa analisi che ogni legge della natura, comprese quelle eminenti, descrive il comportamento causale di fenomeni di primo grado di determinazione. È facile capire e accettare questo visto che quando in un fenomeno interviene una determinazione di secondo grado, il senso naturale del sistema meccanico viene alterato temporaneamente a favore di una Volontà irresistibile. In questo caso, il fenomeno non sarà "naturale" anche se sembrerà esserlo, ma sarà dotato di una intenzionalità sovrapposta di netto carattere malvagio per l'uomo. D'altra parte, il fenomeno di primo grado si manifesta sempre completo nella sua funzionalità, che è un'espressione diretta della sua essenza, e che sarà sempre possibile ridurre matematicamente a un numero infinito di "leggi" della natura. Quando il fenomeno di primo grado è apprezzato soprattutto per una legge della natura, che è eminente perché evidenzia alcuni aspetti interessanti, è chiaro che non si ha a che fare con il fenomeno completo ma con detto "aspetto" dello stesso. In tal caso si deve accettare il triste fatto che del fenomeno sarà percepita solo un'illusione. Sensibilmente mutilato, deformato in forma gnostica, mascherato con epistemologia, non dovrebbe sorprendere che gli indoariani qualifichino come maya, Illusione, alla normale percezione di un fenomeno di primo grado. Porrò ora una domanda, la cui risposta ci permetterà di affrontare il problema della "preminenza delle premesse culturali", basato sulle ultime conclusioni: "Se ogni fenomeno di primo grado appare necessariamente completo (ad esempio: alle 6 AM 'sorge il sole') ", qual è la ragione specifica per cui la sua comprensione attraverso il "modello scientifico o culturale" impedisce trattare con il fenomeno nella sua integrità e circoscrive attorno ad aspetti parziali dello stesso? (Per esempio quando diciamo: "La rotazione terrestre è la causa che ha prodotto l'effetto che alle 6 del mattino il sole sia diventato visibile nell’orizzonte a Oriente"). In quest'ultimo esempio è evidente che nello spiegare il fenomeno con una "legge eminente" non si fa altro che riferirsi a certi aspetti parziali (la "rotazione terrestre") lasciando da parte - non vedendolo - il fenomeno stesso ("il Sole"). La risposta alla domanda sollevata porta a toccare un principio fondamentale della teoria epistemologica strutturale: la relazione che si nota tra gli aspetti di un fenomeno, quantificabile matematicamente come "legge della natura", nasce dalla preminenza delle premesse culturali a causa delle quali la ragione modifica la percezione del fenomeno stesso. Inutile dire che questo si verifica a causa dell'effetto "mascherante" che la ragione causa in ogni immagine riflessa dal soggetto cosciente: la ragione "risponde all'interrogazione", cioè alle inflessioni del soggetto cosciente, nel quale si trova sommerso l'IO perduto. Come se fosse una fantasia, la ragione interpreta e plasma uno

schema razionale della rappresentazione dell'entità fenomenica, uno schema la cui immagine si sovrappone alla rappresentazione e la maschera, dotandola del significato proposizionale che determinano le premesse culturali preminenti. Quando si compie un'osservazione "scientifica" di un fenomeno, le funzioni razionali diventano preminenti a qualsiasi percezione, "evidenziando" con eminenza quegli aspetti interessanti o utili e "togliendo importanza" al resto (del fenomeno). In questo modo la ragione opera come se mascherasse il fenomeno, precedentemente strappato dalla totalità del reale, e presentasse del fenomeno un aspetto "ragionevole" e sempre comprensibile nel campo della cultura umana. Certo, a nessuno interessa i fenomeni rimangono, iniziando da lì, nascosti dietro la loro apparenza ragionevole; non se è possibile usarli, controllarli, sfruttare la loro energia e dirigere le loro forze. Dopotutto una civiltà scientifico-tecnologica è costruita sui fenomeni e anche contro di essi; che importa se una visione razionale del mondo riduce i fenomeni percepiti e ci confronta con una realtà culturale, tanto più artificiale quanto più ciechi siamo? Che importa, ripeto, quando tale cecità gnostica è il prezzo che deve essere pagato per godersi le infinite varianti che, in termini di divertimento e comodità, offre la civiltà scientifica? C'è qualche pericolo in agguato che non possiamo congiurare tecnicamente, noi che abbiamo eliminato molte antiche malattie, che abbiamo prolungato vita umana e abbiamo creato un habitat urbano con un lusso mai visto? Il pericolo esiste, è reale e minaccia tutti i membri del l'umanità che hanno antenati iperborei; la Saggezza Iperborea lo denomina fagocitazione psichica. È un pericolo di genere psichico e di ordine trascendente che consiste nell'annientamento metafisico della coscienza, possibilità che può essere realizzata in questo o in un altro Mondo, e in qualsiasi tempo. La distruzione della coscienza avviene per fagocitazione satanica, vale a dire per assimilazione del soggetto animico alla sostanza di Jehovà Satanàs s. Quando si verifica una simile catastrofe, si perdono tutte le possibilità di trasmutazione e ritorno all'Origine. Tuttavia, conviene ripetere che è la confusione il principale impedimento per la trasmutazione dell'uomo addormentato in Uomo di Pietra. E, alla confusione permanente, contribuisce la cecità gnostica che ho menzionato prima, prodotto della moderna mentalità razionalista. Si vive secondo le linee guida della "Cultura" occidentale, che è materialista, razionalista, scientifica, tecnologica e amorale; il pensiero parte da premesse culturali preminenti e condiziona la visione del mondo rendendola pura apparenza, senza che sia notato o senza averne un'idea. La Cultura, quindi, mantiene in confusione e impedisce orientarsi e marciare verso il centro della reintegrazione psichica, trasmutando l'uomo addormentato in Uomo di Pietra. È per caso che una cosa del genere succede? L’ho ha detto molte volte: la Cultura è un'arma strategica, abilmente impiegata da coloro che desiderano la predizione dell’Eredità Iperborea. Si comprova, quindi, che il "modello culturale intermediario", tra l'IO e il macrocosmo, ostacola enormemente la possibilità di incontrare il principio del recinto nel mondo, come una legge della natura.

Quarantaquattresimo giorno

Sintesi generale della Saggezza Iperborea: I concetti complementari precedenti hanno rivelato il fatto che una "legge della natura" ha origine in certe relazioni che il giudizio razionale stabilisce tra aspetti significativi. Il mio scopo è di andarmene È chiaro che sebbene questi aspetti appartengano veramente al fenomeno, la relazione che ha dato origine alla legge eminente è stata creata dalla ragione e in nessun modo può essere attribuirsi al fenomeno stesso. La ragione , supportata da premesse culturali preminenti, usa il mondo come modello proiettivo o di rappresentazione in modo tale che ogni fenomeno esprima corrispondenza con una concezione intellettuale equivalente. In questo modo l'uomo si serve di concetti razionali del fenomeno che mantengono un debole vincolo con il fenomeno stesso, con la sua verità. Ragionando e analizzando sulla base di tali concetti, si somma l'errore e il risultato non può essere diverso dall'immersione graduale nel irrealtà e la confusione. Quest'effetto, ripeto, è ricercato dal Nemico. Si vedrà in seguito qual è il modo di evitarlo insegnato dalla Saggezza Iperborea. Al menzionare, anteriormente, il principio ermetico, ho detto che tutte le leggi del macrocosmo si riflettono in leggi equivalenti del microcosmo. Ma "le leggi della natura" del macrocosmo non sono altro che rappresentazioni di un modello matematico originato nella mente umana, cioè nel microcosmo, come ho appena espresso. Nel processo che dà origine “all'idea scientifica" di un fenomeno concorrono elementi di due fonti principali: i "principi matematici" e le "premesse culturali preminenti". I "principi matematici" sono archetipici, provengono da strutture psicologiche ereditarie: quando "impariamo la matematica", ad esempio, solo aggiorniamo consapevolmente un numero finito di sistemi formali che appartengono all’ambito della cultura, ma i "principi matematici" non sono realmente "appresi" ma "scoperti" perché sono matrici fondamentali della struttura del cervello. Le "premesse culturali preminenti" derivano dalla totalità degli elementi culturali, appresi durante tutta la vita, che agiscono come contenuto dei sistemi della struttura culturale e a cui accudisce il soggetto culturale per formulare i giudizi. La distinzione che ho fatto tra "principi matematici" e "premesse" culturali preminenti ", come due fonti principali coinvolte nell'atto mentale di formulare una "legge della natura", permetterà di esporre una delle tattiche più efficaci che il Creatore usa per mantenere gli uomini in stato di confusione e il modo in cui gli Dei leali la neutralizzano, inducendo carismaticamente questi a scoprire e applicare la "legge del recinto". Ecco perché ho insistito tanto sull'analisi: perché ci troviamo di fronte a uno dei principi più importanti della Saggezza Iperborea e, inoltre, a uno dei segreti nascosti in modo migliore dal Nemico. Quando si conosce il principio che dice "per la Sinarchia, la Cultura è un’arma strategica" si pensa subito che ci si sta riferendo alla "Cultura" come a qualcosa di "esterno", tipico del comportamento dell'uomo nella società e dell'influenza che essa esercita su di lui. Questo errore deriva da una comprensione errata della Sinarchia, che si suppone sia una mera "organizzazione politica" e del ruolo che essa interpreta nel Piano del Demiurgo terreste Jehovà Satanàs s. La verità è che l'uomo cerca di orientarsi verso

l'Origine e non ci riesce a causa dello stato di confusione nel quale si trova; a mantenerlo in quello stato contribuisce la Cultura come arma strategica del nemico; ma se questo attacco provenisse solo dall'esterno, cioè dalla società, sarebbe sufficiente allontanarsene, diventare un eremita, per neutralizzare i suoi effetti. Tuttavia, è sufficientemente provato che la solitudine non è sufficiente per evitare la confusione e che, al contrario, questa di solito aumenta durante il ritiro più ermetico, essendo molto probabile che in questo modo si perde la ragione ancora prima di trovare l’Origine. Sono gli elementi culturali interiori che confondono, deviano, e accompagnano l'uomo in ogni momento. Ecco l’IO risvegliato deve liberarsi previamente dell'ostacolo che impongono gli elementi culturali se pretende recuperare la distanza che lo separa dall'Origine. Un IO spogliato da ogni morale, da ogni dogma, indifferente agli inganni del mondo ma aperto alla memoria del sangue, potrà marciare cavallerescamente verso l'Origine e non ci sarà forza nell'universo capace di fermarlo. È una bella immagine quella dell'uomo che avanza coraggiosamente, avvolto nel furore del guerriero, senza che i Demoni riescano a fermarlo. Sempre la presenteremo; ma voi vi chiederete: come è possibile acquisire un tale grado di purezza? Perché lo stato normale dell'uomo, in questa fase del Kaly Yuga, è il confusione. Ora spiegherò, in risposta a una domanda così ragionevole, la tattica degli Dei Leali per orientare gli uomini spirituali e neutralizzare l'effetto di la Cultura sinarchica. Nell'uomo addormentato, l'IO si trova soggetto alla ragione. Lei è il timone guida il corso dei suoi pensieri da cui non si allontanerebbe per niente al mondo; fuori dalla ragione ci sono la paura e la follia. Ma la ragione funziona usando elementi culturali; abbiamo già visto in che modo "le premesse culturali preminenti" partecipano alla formulazione di una "legge della natura".In modo che il giogo che il Nemico ha teso attorno all’IO è formidabile. Si potrebbe dire, in senso figurato, che l'IO si trova prigioniero della ragione e i suoi alleati, le premesse culturali; e tutti capirebbero il significato di questo esempio. Questo si deve al fatto che esiste una chiara corrispondenza analogica tra l’IO, nell'uomo addormentato, e il concetto di "prigionia". Per questo motivo svilupperò continuazione un'allegoria, nella quale sarà evidente la corrispondenza indicata, che permetterà in seguito, di comprendere la strategia segreta che gli Dei Leali praticano per contrastare l'arma culturale della Sinarchia. Inizierò a presentare l'allegoria fissando l'attenzione su un uomo, che hanno fatto prigioniero e condannato, in modo inappellabile, alla reclusione a vita. Non conosce questa sentenza, così come ogni altra informazione successiva alla sua cattura procedente dal mondo esterno, poiché è stato deciso di tenerlo indefinitamente in isolamento. Per questo è stato rinchiuso in una torre inaccessibile che è circondata da mura, precipizi e fossati, e da dove risulta apparentemente impossibile qualsiasi tentativo di fuga. Una guarnigione di soldati nemici, ai quali non è possibile dirigersi senza ricevere qualche punizione, hanno il compito di vigilare permanentemente la torre; sono spietati e crudeli, ma terribilmente efficienti e leali: impossibile pensare di comprarli o ingannarli. In queste condizioni non sembrano esserci molte speranze che il prigioniero recuperi un giorno la libertà. E, tuttavia, la situazione reale è molto diversa. Mentre verso l’esterno dalla Torre l'uscita è bloccata da muri, fossati e soldati, dall'interno è possibile uscire direttamente all'esterno, senza incappare in nessuno ostacolo. Come? Attraverso un'uscita segreta il cui accesso è stato abilmente dissimulato sul pavimento della cella. Naturalmente, il prigioniero ignora l'esistenza di questo passaggio così come non lo

conoscono neanche i suoi carcerieri. Supponiamo ora, sia perché è stato convinto che è impossibile scappare, sia perché è ignaro del suo stato di prigioniero, o per qualsiasi altra ragione, il prigioniero non mostra predisposizione per la fuga: non manifesta né valore né coraggio e, naturalmente, non cerca l'uscita segreta; si è semplicemente rassegnato alla sua situazione precaria. Indubbiamente è il suo atteggiamento negativo il peggior nemico giacché, al mantenere vivo il desiderio di fuggire, o anche, se sperimentasse la nostalgia per la libertà perduta, si contorcerebbe nella sua cella dove esiste, almeno, una possibilità su un milione di trovare l'uscita segreta per puro caso. Ma questo non è il caso e il prigioniero, nella sua confusione, ha adottato un comportamento gentile che, con il passare dei mesi e degli anni, diventa sempre più pusillanime e idiota. Essendosi arreso al suo destino, solo ci si potrebbe aspettare per il prigioniero un aiuto esterno, che solo può consistere nella rivelazione dell'uscita segreta. Ma non è così semplice esporre il problema dal momento che il prigioniero non lo desidera o non sa che può fuggire, come ho detto. Pertanto, due cose devono essere soddisfatte: 1° fargli comprendere il suo stato di prigioniero, di qualcuno che è stato privato della libertà e, se possibile, fargli ricordare i giorni dorati in cui non esistevano celle o catene. Deve essere consapevole della sua situazione miserabile e desiderare urgentemente uscire, previamente a: 2° rivelare l'esistenza dell'unica possibilità di fuggire. Perché sarebbe sufficiente, ora che il prigioniero vuole fuggire, solo conoscere l'esistenza dell'uscita segreta; questa la cercherà e troverà da solo. Detto così, il problema sembra molto difficile da risolvere: è necessario farlo uscire dal sonno, svegliarlo dal suo letargo, orientarlo e poi rivelargli il segreto. Ecco perché è ora di chiedersi: c'è qualcuno disposto ad aiutare il miserabile prigioniero? E se ci fosse, come farà a soddisfare le due condizioni del problema? Devo dire che, fortunatamente, ci sono altre persone che amano e cercano di aiutare il prigioniero. Sono quelli che partecipano al suo gruppo etnico e vivono un paese molto, molto lontano, che è in guerra con la Nazione che lo ha imprigionato. Ma non possono tentare alcuna azione militare per liberarlo dovuto alle rappresaglie che il Nemico potrebbe prendere contro innumerevoli prigionieri che, oltre alla torre, mantengono nelle loro terribili prigioni. Si tratta quindi di dirigere l'aiuto nel modo previsto: risvegliarlo, orientarlo e rivelargli il segreto. Per questo è necessario raggiungerlo, ma come farlo se è stato chiuso nel cuore di una cittadella fortificata, satura di nemici in allerta permanente? Dobbiamo escludere la possibilità di infiltrare una spia a causa di differenze etniche insormontabili: un tedesco non può infiltrarsi come spia nell'esercito cinese nello stesso modo in cui un cinese non poteva spiare nelle caserme delle SS. Senza poter entrare nel carcere e senza la possibilità di comprare o imbrogliare i guardiani, l'unico modo che rimane è quello far arrivare un messaggio al prigioniero. Tuttavia, l'invio di un messaggio sembra tanto difficile quanto l'introduzione di una spia. In effetti; nell'improbabile caso che la gestione diplomatica ottenesse l'autorizzazione a presentare il messaggio e la promessa che questo sarebbe stato consegnato al prigioniero, non sarebbe servito a nulla perché il semplice fatto di dover passare attraverso sette livelli di sicurezza, dove verrebbe censurato e mutilato, rende questa possibilità completamente inutile. Inoltre, con tale via legale (previa autorizzazione) si imporrebbe la condizione che il messaggio fosse scritto in un linguaggio chiaro accessibile al Nemico, che in seguito avrebbe censurato una parte del suo contenuto e mescolerebbe i termini

per evitare un eventuale secondo messaggio cifrato. E non dimentichiamo che il segreto dell'uscita occulta ci interessa tanto che il prigioniero lo conosca, come che lo ignori il Nemico. E dunque: cosa dire in un semplice messaggio che riesca a far svegliare il prigioniero, a orientarlo, e a fargli capire che deve fuggire? Per quanto ci pensiamo, diventerà chiaro al finale che il messaggio deve essere clandestino e che non può essere scritto. Né può essere ottico perché la piccola finestra della sua cella permette di osservare solo uno dei cortili interni, fino a dove non sono soliti giungere segnali dall’esterno della prigione. Nelle condizioni che ho esposto, non risulta evidente, senza dubbio, in che modo i suoi Kameraden possano risolvere il problema e aiutare il prigioniero scappare. Forse si farà luce se si tiene a mente che, nonostante tutto il precauzioni prese dal Nemico per mantenere il prigioniero isolato dal mondo esterno, non sono riusciti a isolarlo acusticamente. (Per questo avrebbero dovuto tenerlo, come Kaspar Hauser, in una cella insonorizzata). Mostrerò ora, come epilogo, la modalità scelta dai Kameraden per fornire un aiuto efficace; un tale aiuto come 1°: possa svegliare e 2°: possa rivelare il segreto, al prigioniero, orientandolo verso la libertà. Al decidersi per una via acustica per far passare il messaggio, i Kameraden compresero che avevano un grande vantaggio: il Nemico ignora la lingua originale del prigioniero. È quindi possibile trasmettere il messaggio semplicemente, senza doppio significato, approfittando che non sarà compreso dal Nemico. Con questa convinzione i Kameraden realizzarono la strategia: molti di loro scalarono una montagna vicina e armati di una enorme conchiglia, che permette di amplificare molto il suono della voce, e iniziarono a inviare il messaggio. Lo fecero ininterrottamente, per anni, poiché avevano giurato di non smettere di tentare finché il prigioniero no fosse stato di nuovo libero. E il messaggio discese dalla montagna, attraversato i campi e i fiumi, attraversò le mura e invase fino all'ultimo angolo della prigione. All'inizio i nemici rimasero sorpresi, ma, visto che quel linguaggio per loro non aveva alcun significato, lo presero quel musicale suono per la canzone di un uccello favoloso e distante, e alla fine ci si abituarono e finirono per dimenticarlo. Però, cosa diceva il messaggio? Consisteva di due parti. Nella prima i Kameraden cantavano una canzone infantile. Era una canzone che il prigioniero aveva sentito molte volte durante la sua infanzia, lì, nella patria dorata, quando i giorni neri della guerra erano ancora lontani e la prigionia perpetua poteva essere solo un incubo impossibile da sognare. Oh, che dolci ricordi evocava quella melodia! Quale spirito, per addormentato che sia, non si sveglierebbe, sentendosi eternamente giovane, ascoltando di nuovo le canzoni primordiali, quelle che ascoltava affascinato nei giorni felici dell'infanzia, e che, senza sapere come, si sono trasformati in un vecchio e misterioso sogno? Sì; il prigioniero, non importa quanto addormentato fosse il suo Spirito, anche se l'oblio avesse chiuso i suoi sensi, avrebbe finito per svegliarsi e ricordare! Sentirebbe la nostalgia della patria lontana, si renderebbe conto della sua situazione umiliante e capirebbe che solo chi conta con un valore infinito, con una intrepidezza senza limiti, potrebbe realizzare l'impresa di fuggire. Se tali fossero i sentimenti del prigioniero, allora la seconda parte del messaggio gli darà la chiave per trovare l'uscita segreta.

Notate Dottore che ho detto la chiave e non l'uscita segreta. Perché succede che attraverso la chiave il prigioniero dovrà cercare l'uscita segreta, un compito che non deve essere così difficile considerando le piccole dimensioni della cella. Ma, dopo averla incontrata, completerà la sua impresa discendendo fino a incredibili profondità, attraversando corridoi immersi nell'oscurità impenetrabile e ascendendo, finalmente, fino a vette remote: così complicato è il tragitto dell'enigmatica uscita segreta. Tuttavia, già è salvato, nel nello stesso momento in cui inizia il ritorno, e niente e nessuno sarà in grado di fermarlo. Dobbiamo solo dire una parola, per completare l'epilogo dell'allegoria, sulla seconda parte del messaggio acustico, quella che conteneva la chiave segreta. Era una canzone. Una canzone curiosa che raccontava la storia di un amore proibito e sublime tra un Cavaliere e una Dama già sposata. Consumato da una passione senza speranza il Cavaliere aveva intrapreso un lungo e pericoloso viaggio attraverso paesi lontani e sconosciuti, durante il quale era diventato esperto nell'Arte della Guerra. All'inizio cercò di dimenticare la sua amata ma, passati molti anni, e avendo verificato che la memoria era sempre viva nel suo cuore, capì che avrebbe vissuto eternamente schiavo di quell'amore impossibile. Allora si fece una promessa: non sarebbero importate le avventure che avrebbe dovuto correre sulla sua lunga strada, né le gioie né le disgrazie che esse implicavano; interiormente sarebbe rimasto fedele al suo amore senza speranza con devozione religiosa, e nessuna circostanza lo avrebbe deviato dalla sua ferma determinazione. E così finisce la canzone: ricordando che da qualche parte sulla Terra, ora diventato un monaco guerriero, marcia il coraggioso Cavaliere, provvisto di una potente spada e un brioso destriero, ma con una borsa appesa al collo che contiene la prova del suo dramma, la chiave del suo segreto d'amore: la Fede Nuziale che non sarà mai indossata dalla sua Dama. Contrariamente alla canzone infantile della prima parte del messaggio, questa non provocava una nostalgia immediata ma un sentimento di modesta curiosità nel prigioniero. All’ascoltare, arrivando da chissà dove, nella sua antica lingua natale, la storia del galante Cavaliere, così forte e coraggioso, così completo in battaglia, eppure così dolce e malinconico, così lacerato interiormente dal Ricordo dell’A-mort, si sentiva il prigioniero preda di quella pudica curiosità che i bambini sperimentano quando percepiscono le promesse del sesso o intuiscono i misteri dell'amore. Possiamo immaginare il prigioniero che medita, perplesso dall’enigma della canzone evocativa! E possiamo anche supporre che finalmente troverà una chiave in quella Fede Nuziale ... che secondo la canzone non sarebbe mai stata usata in nessun matrimonio. Per induzione, l'idea dell'anello, lo porterà a cercare e trova l'uscita segreta. Fino a qui l'allegoria. Ora dobbiamo evidenziare le relazioni analogiche che legano il prigioniero con “l’IO” dell'uomo addormentato.

Quarantacinquesimo Giorno Sintesi generale della Saggezza Iperborea: Affinché la relazione analogica sia chiaramente evidenziata procederò secondo il seguente metodo: per prima cosa, affermerò una sentenza con riguardo alla storia

allegorica del "prigioniero"; in secondo luogo, affermerò una sentenza riferita a una situazione analoga all’uomo addormentato; in terzo luogo, confronterò entrambe le sentenze e trarrò la conclusione, cioè, dimostrerò l’analogia. Resta inteso che non posso esporre la totalità delle corrispondenze senza il rischio di estendermi all'infinito. Quindi solo evidenzierò quelle relazioni che sono indispensabili per la mia esposizione e lascerò, come esercizio di immaginazione, dottor Siegnagel, la possibilità di stabilirne molte altre. Ricordate solamente che nell'uomo addormentato, l’IO perduto si trova immerso nel soggetto animico cosciente, cioè, confuso con il soggetto animico evolutivo o Anima. Qui ho preferito considerare l’IO perduto legato direttamente alla ragione, cioè al soggetto animico razionale, in virtù di essere, questo soggetto, chi più vicino si trova al Mondo e che per primo riceve le impressioni degli enti esterni. Per "ragione", in ogni caso, deve intendersi, il “soggetto animico evolutivo" proprio dell'animale uomo, che si evolve attraverso l’azione confusa dell'IO, quella manifestazione dello Spirito incatenato. -1a - Il prigioniero è in balia dei suoi guardiani, che lo tengono in perpetua prigionia. b – “L'IO" dell'uomo addormentato è prigioniero perpetuo della "ragione ", vale a dire, del soggetto animico evolutivo. c - Il "prigioniero" e “l’IO" sono analoghi. -2a - I "guardiani" sono gli intermediari dinamici, certamente insignificanti, tra il "prigioniero" e il "mondo esterno". b - "La ragione" è un intermediario dinamico, molto povero, tra l’IO e il "Mondo esterno" (nell'uomo addormentato). c - I "guardiani" e la "ragione " sono analoghi (ricordate che quando la ragione elabora una "legge della natura" intervengono i "principi matematici" e "le premesse culturali preminenti"). -3– a - I "guardiani" usano un "linguaggio proprio", diverso dal linguaggio del prigioniero, che questi ha dimenticato. b - "La ragione" utilizza modalità logiche diverse dalla "Lingua Primordiale Iperborea" originale dell'uomo addormentato che ha dimenticato a causa della sua confusione strategica. c - Il "linguaggio proprio" dei guardiani è analogo alle modalità logiche della struttura culturale. La "lingua natale" del prigioniero è analoga alla "lingua iperborea" dell’uomo addormentato. -4-

a – L’ambiente del "prigioniero" è la sua "cella" nella torre, che lo contiene quasi completamente ad eccezione delle aperture (la porta e la piccola finestra) dove molto debolmente possono estendersi solo i sensi. b – L’ambiente dell’IO è la "sfera d'ombra", che lo contiene quasi completamente. c - La "cella" della torre è analoga alla sfera d'ombra dell'uomo addormentato. -5a - Nella "cella" c'è una "finestra con le sbarre" attraverso la quale il prigioniero ha un'immagine precaria ma "diretta" del mondo esterno. b – A stabilire un contatto permanente con l’IO è la "sfera sensoriale", mediante la quale ottiene un'immagine precaria ma "diretta" del mondo esterno. c - La "finestra le sbarre" è analoga alla "sfera sensoriale" (o "i sensi ") nell'uomo addormentato. -6a - Nella cella c'è una "porta con le sbarre" attraverso la quale entrano i guardiani, e con loro le notizie censurate, cioè, da dove il prigioniero ottiene un'immagine "indiretta" del mondo esterno. b – L’IO può formare un'immagine "indiretta" del mondo esterno attraverso la "riflessione", cioè l'atto mediante il quale si riceve l'informazione "ragionata". c - La "porta con le sbarre" è analoga all'atto di riflettere o rendersi conto. -7– a - La cella del "prigioniero" si trova in una "torre" e questa in un "cortile circondato da mura". Intorno alle pareti ci sono "fossati profondi", e poi altre mura e altri fossati; e così via fino al completamento di sette giri di mura e fossati. I sette cerchi di sicurezza di questa formidabile "prigione" sono collegati l'un l'altro da "ponti levatoi", "corridoi", "cancelli", "porte sbarrate", ecc. Oltre le ultime mura si estende il "mondo esterno", il Paese nemico. In sintesi: la "prigione" è una struttura statica che si interpone tra il prigioniero e il mondo esterno. b - Tra l’IO e il mondo esterno si interpone una complessa struttura statica chiamata "culturale". La "ragione ", per rendere "ragionevole" l'informazione del mondo esterno, si basa su determinati elementi di detta struttura statica o “culturale”, ad esempio "le premesse culturali preminenti", che significano concetti sulle percezioni degli enti o oggetti culturali esterni. c - La "prigione" è analoga alla "struttura culturale". Inoltre: certe parti della "prigione", mura, pozzi, ponti, ecc. sono analoghe a certe parti della "struttura culturale", cioè "le premesse culturali preminenti". Tenete presente, dott. Siegnagel, che, nell'allegoria, tanto i "guardiani" come "la

prigione" sono intermediari tra il prigioniero e il mondo esterno. Ma i "guardiani" sono intermediari "dinamici" (analogamente alla "ragione" nell'uomo addormentato) mentre il "carcere" è un intermediario "statico" (analogo alla "struttura culturale" dell'uomo addormentato). -8– a - Oltre l'ultimo muro della prigione si estende il "mondo esterno", "quella realtà che non potrà mai essere vista dal "prigioniero" a causa del fatto che la struttura della "prigione" limita il suo movimento e che una "guardia" permanente si occupa di mantenere questa situazione. b – L’IO, nell'uomo addormentato, di solito è immerso nel profondità della struttura culturale, fluttuando perduto tra i suoi elementi artificiali e statici e in balia dell’implacabile tirannia esercitata dalla ragione. La struttura culturale circonda completamente l’IO, tranne che per alcune fessure, da dove la "sfera sensoriale" si affaccia debolmente. Oltre la struttura culturale, come oggetto delle sfere istintiva e sensoriale, si estende il "mondo esterno", la realtà che non potrà mai essere "vista" (in verità, "così com'è") dall’IO perduto. c - Il "mondo esterno" oltre la prigione è analogo al "mondo esterno" oltre la "struttura culturale" che soggetta l’IO nell'uomo addormentato. -9– a - Su una montagna vicina, i Kameraden cercano di aiutare il "prigioniero" a fuggire dalla "prigione". Per questo mandano un messaggio, nella sua lingua natale, usando un mezzo acustico. In detto messaggio c'è una "canzone infantile", per "risvegliare" il prigioniero e una "canzone d'amore", con la "chiave dell'anello", per farlo cercare l'uscita segreta e fuggire. b - In un "centro" occulto chiamato Agartha, gli Dei Leali cercano di aiutare gli uomini addormentati a spezzare le catene che li mantengono soggetti al mondo materiale del Demiurgo. Per questo mandano carismaticamente un messaggio nella "lingua degli uccelli", usando le Vrune di Navutan . In detto messaggio c'è un "ricordo primordiale", per risvegliare e orientare l'uomo, e una "Canzone d’A-mort", con la "chiave dell'anello", per trovare il centro, ritornare all’origine e abbandonare, come un Dio, l'inferno materiale di Jehovà Satanàs s. c - È possibile stabilire molte analogie tra "a" e "b". Sottolineerò solamente la più importante: i Kameraden sono analoghi agli Dei Liberatori. Credo che i nove argomenti precedenti siano un’efficace dimostrazione della corrispondenza analogica esistente tra “l’allegoria" e la situazione dell'uomo addormentato. Ma questo non è tutto. Ho riservato tre componenti dell'allegoria, la canzone infantile, la canzone d’A-mort e l’uscita segreta, per fare un'ultima corrispondenza analogica ed estrarre la conclusione finale. Visto che la validità della relazione analogica esistente è stata dimostrata negli argomenti precedenti, non sarà necessario ricorrere allo stesso metodo nel prossimo commento: considererò dimostrate le analogie che ho citato fin ora.

Ora ricorderò le ragioni che mi hanno portato a sviluppare l'allegoria. Mi sono riproposta di mostrare, in modo analogico, il metodo usato dagli Dei Leali per contrastare l'azione della "Cultura", arma strategica della Sinarchia. In precedenza ho chiarito che sono gli "elementi culturali interiori" il vero strumento che la Sinarchia usa per mantenere l'uomo "addormentato", cioè, in confusione. In quello stato l'IO è soggetto alla ragione per mezzo della struttura culturale, della cui fonte si nutre, infine, tutta l'attività mentale. Succede così che l’IO, cioè, la coscienza presente nell'uomo, risulta "diretta verso" il mondo attraverso la struttura culturale "dalla" la ragione; il risultato, l’ho ripetuto più volte, è un'immagine distorta del mondo e uno stato di confusione psichica che rende difficile il "riorientamento strategico" dell'uomo. Contro questa situazione gli Dei Leali, proprio come i Kameraden dell’allegoria, sono pronti a venire in soccorso "mandando un messaggio". L'obiettivo principale è "aggirare tutte le mura" e arrivare al prigioniero, “l’IO", con un messaggio dal doppio significato: 1° risvegliare, 2° orientare. Per questo gli Dei Leali "trasmettono il messaggio", carismaticamente, da molti millenni; alcuni lo ascoltano, si svegliano e partono; altri, la maggior parte, continuano nella confusione. Certo, non è facile riconoscere il messaggio perché è stato emesso nella lingua degli uccelli ... e la sua fonetica può solo essere percepita con il Sangue Puro. E chiaro allora? Il messaggio degli Dei Leali risuona permanentemente nel sangue degli uomini addormentati. Chi non lo sente è perché soffre di confusione strategica o non è consapevole della sua esistenza, che è la stessa cosa. Ma come dovrebbe svolgere la sua funzione il messaggio carismatico? In due passi. Prima di tutto gli Dei parlano, nel sangue dell'uomo, di un ricordo primordiale, di qualcosa che si è verificato all'inizio del Tempo quando lo spirito non era ancora stato catturato dagli Dei della Materia. Come gli Dei riuscirono a farlo è un Mistero molto grande, a cui solo loro possono rispondere. Questa "ricordo primordiale", la "canzone infantile" dell'allegoria, è stata indotto allo scopo di "attivare" il Ricordo del Sangue proprio dell’uomo addormentato. Se succede una cosa del genere, allora l'uomo addormentato sentirà un'improvvisa "nostalgia di un altro mondo", un desiderio di "lasciare tutto e partire". Tecnicamente significa che la Memoria del Sangue è arrivata "lì dove l'IO perduto si trovava": sul soggetto cosciente. Un tale contatto, tra il IO e la Memoria del Sangue, si realizza indipendentemente dalla struttura culturale e dalla ragione; e questo è l'obiettivo cercato dagli Dei Leali. È stato possibile raggiungere il midollo dell’IO, attraverso la via del sangue; sarà allora, in quel momento fugace quando "la Canzone d’A-mort" si lascerà ascoltare. Parlerò ora della seconda parte del messaggio, che ho chiamato allegoricamente, "Canzone d’A-mort". Prima di tutto dirò che un tale nome non è capriccioso poiché la Saggezza Iperborea insegna che, fin dalla sua Origine nell'universo fisico, cioè dalla sua sincronizzazione con il Tempo, lo Spirito rimane incatenato alla Materia a causa di un Mistero di A-mort. Quando il Ricordo del Sangue, attivato dalla prima parte del messaggio, apre un percorso (non razionale, non culturale) verso l’IO, allora gli Dei Leali cantano la Canzone d’A-mort, fanno partecipare l'uomo al Mistero. Se il suo sangue è sufficientemente pura perché possa essere coscienzializzato il messaggio carismatico allora l'uomo ha la possibilità di "orientarsi" in direzione dell’Origine e mantenersi definitivamente "sveglio".

Il Mistero dell’A-mort può essere rivelato solo dal Sangue Puro, interiormente, in un contatto trascendente con l’IO che si realizza senza intervento di categorie culturali o razionali. È, quindi, un’esperienza assolutamente individuale, unica per ogni uomo. Chi conosce i segreti del Mistero dell’A-mort è un Iniziato Iperboreo trasmutato, cioè, un Uomo di Pietra Immortale. Il Mistero dell’A-mort è una scoperta personale, ripeto, unica per ogni uomo sulla Verità della propria Caduta. Nessuno può conoscere questo segreto e continuare uguale. E nessuno, tanto meno, oserebbe parlarne una volta che l'Esperienza Suprema abbia luogo. Al contrario, molte volte le labbra rimangono sigillate per sempre, gli occhi accecati e le orecchie tappate. Non sono pochi i capelli che diventano bianchi né meno menti che affondano nell'oscurità della follia. Perché solo un valore infinito può sostenere, vivo e sano, colui che ha visto l'Inganno delle Origini e ha capito, finalmente, la Verità della sua Caduta. Essendo il peso del segreto così terribile si comprende perché dico che non ci potrà mai essere nel mondo un indizio del Mistero dell’A-mort e solo qualcuno irresponsabile o pazzo affermerebbe il contrario. La Saggezza Iperborea contribuisce con le tecniche di purificazione sanguinea che hanno come fine approssimare al Mistero. Ma il Mistero, in sé, si scopre interiormente, è unico per ogni uomo e non è conveniente parlarne. Al massimo si possono offrire alcuni suggerimenti, come quelli che ho presentato nell'Ottavo e Nono giorno narrando il Rituale del Fuoco Freddo. La storia allegorica del prigioniero ha permesso di esporre in modo semplice il metodo usato dagli Dei Leali per guidare gli uomini addormentati. Il messaggio carismatico riesce, se ascoltato, a "risvegliare" l'uomo mettendolo in contatto con la sua Memoria del Sangue (Minne). Quindi lo fa partecipare al Mistero dell’A-mort, Esperienza Suprema che annulla, secondo abbiamo detto, la Strategia culturale della Sinarchia. Ma non è possibile sapere in cosa consiste il Mistero dell’A-mort fino ad averlo vissuto individualmente. Solo si hanno a disposizione gli indizi generali lasciate da coloro che hanno trasmutato e sono partiti. Sulla base di tali indizi si può affermare che il Mistero dell’A-mort è sperimentato in sette modi diversi dall'uomo e che, giustamente, questa è la ragione per cui la Saggezza Iperborea prevede sette vie iniziatiche di liberazione. Secondo il modo in cui il Mistero dell’A-mort sia percepito in forma gnostica, così sarà la Via di Liberazione adottata ed è per questo che di solito si parla di un "Via della Mutazione" o "del Fulmine"; di una "Via Secca" o "Cammino della Mano Destra"; di una "Via Umida" o "Cammino della Mano Sinistra"; di un "Via dell’Opposizione Strategica" o "Cammino della Gnosi Guerriera per la Orientazione Assoluta "; eccetera. Naturalmente non parlerò di tutte le vie di liberazione ma di quella che ha una relazione speciale con questa storia, cioè la "Via dell'Opposizione Strategica", che era quella seguita dalla Casa di Tharsis. Ma la Via dell’Opposizione Strategica è l'ultima interpretazione dell'antico Mistero del Labirinto, fondato da Navutan dopo l’inabissamento di Atlantide: alla Casa di Tharsis, la seconda parte della Canzone d’A-mort, che era "ascoltata" durante il Rituale del Fuoco Freddo, aveva rivelato il Mistero del Labirinto come via di liberazione individuale. Bisogna dire che i Signori di Tharsis compresero, sempre, il Mistero del Labirinto al momento della trasmutazione in Uomini di Pietra. Per quanto riguarda l'allegoria dell’IO prigioniero, dobbiamo comprendere che la soluzione di Navutan al Mistero del Labirinto, al Mistero dell’incatenamento spirituale, al Mistero della Morte, è analoga alla soluzione della Canzone d’A-mort: essa consiste in un modo

per: primo, risvegliarsi; secondo, orientarsi. Tale modo è quello che viene recentemente chiamato "Via dell'Opposizione Strategica" e questo include, necessariamente, l'uso delle Vrune e il principio del recinto. Nell'allegoria, la seconda parte del messaggio era piuttosto estesa perché si riferiva anche alle "altre vie" di liberazione che possono "aprire" il Mistero dell’A-mort. Ma il prigioniero ha trovato la chiave nell'Anello Nuziale e questo significa, analogicamente, che ha deciso per la Via dell'Opposizione Strategica. Il messaggio lo ha raggiunto "per via acustica", cioè, in forma gnostica, e, prendendo coscienza del suo contenuto, attraverso la chiave rivelata, trova nella cella un anello, che consente di aprire l'uscita segreta. La "cella", secondo l'argomento 4, è analoga alla sfera d'ombra. Ma, come substrato della sfera d'ombra, esiste la struttura culturale: un anello "dissimulato" sul pavimento della cella corrisponde senza dubbio a un principio matematico, a un simbolo archetipico integrato, "mascherato", nello schema di una Relazione. L'allegoria ci consente di capire, quindi, che gli Dei Liberatori con il loro messaggio carismatico, scoprono un principio matematico rimasto incosciente nella struttura culturale, che denominiamo "Principio del Recinto". Quindi: - 10 – c – "L’Anello" nella cella del prigioniero è analogo "al Principio del Recinto", principio matematico, o Archetipo collettivo che era rimasto incosciente nell’uomo addormentato e che il messaggio degli Dei Liberatori rivela. Ho dimostrato, giorni fa, che nel processo mentale che dà origine "all'idea scientifica" di un fenomeno concorrono elementi da due fonti principali: "i principi matematici" e "le premesse culturali preminenti". Questo si verifica principalmente quando si formula una "legge della natura", che spiega il comportamento di un fenomeno che stabilisce relazioni causali tra aspetti dello stesso. Farò un esempio semplice: si vuole "misurare" il lato di un poliedro regolare. Qui il fenomeno è un corpo con una forma regolare di poliedro, cioè, un "ente fenomenico". Per questo scopo si prende il "righello graduato", cioè, una superficie piana su cui sono registrate le unità di lunghezza e di cui siamo sicuri che uno dei suoi lati è perfettamente retto. Si fa corrisponde lo zero del righello con il "principio" del lato che stiamo per misurare. Si osserva ora che la "fine" del lato coincide con il numero cinque del righello e si potrà affermare senza dubbio che "nel poliedro, il lato misura cinque centimetri". Ha eseguito, come si vedrà, una serie di operazioni soggettive le cui conclusioni, tuttavia, possono essere confermate da altri osservatori; questa possibilità di verificazione è ciò che dà il peso di "legge della natura" al fatto menzionato. Ma succede che nel righello, che si crede numerato, ci sono in realtà segni incisi che rappresentano numeri, non numeri in se stessi. I numeri sono principi matematici propri della struttura culturale, cioè elementi soggettivi, che intervengono nell'atto di "riconoscere che il limite del lato coincide con il segno 5 ". Se si dice "misura cinque centimetri" si sta realizzando l’affermazione di una qualità empirica: "c'è una proporzione (cioè, una relazione matematica) tra la lunghezza del lato del poliedro e la lunghezza del meridiano terrestre". Questa proporzione è fissa o costante (= 5 cm.) e costituisce una "relazione tra aspetti di un fenomeno", cioè una "legge della natura". Il centimetro equivale alla centesima parte di un metro e questo alla dieci milionesima parte di un quarto del meridiano terrestre. L'ente fenomenico apparve

completo, integro nella sua manifestazione. Tuttavia, non è possibile apprenderlo nella sua totalità; al poco tempo di osservarlo una parte di esso diventa eminente, emergendo e distinguendosi sopra altri aspetti. L'unità del fenomeno è stata spezzata a favore di la pluralità di qualità che si è in grado di attribuire a esso. Si distinguono due facce quadrate e su ogni faccia, quattro spigoli e quattro angoli, ecc. Quindi si esegue la misura di uno spigolo o di un lato e si stabilisce una "legge della natura": "la lunghezza del lato è proporzionale alla lunghezza del meridiano terrestre e il suo rapporto è di 5 cm". In questa operazione che è stata appena descritta, sono intervenuti i "principi" matematici" (quando si distinguono due facce, quattro lati, ecc.) e il "le premesse culturali preminenti" (quando diventa "eminente" il volto, il lato, o qualsiasi altra qualità). Le due fonti concorrono nell'atto razionale di "correlare" (misurare) aspetti del fenomeno e postulare una "legge della natura" (misura 5 cm.) che può essere universalmente verificata. Spero di aver chiarito che i principi matematici (l'uno, il due, il quadrato, ecc.), poiché sono proprietà intrinseche della struttura mentale, intervengono a priori nella formulazione di una legge della natura. Per quanto riguarda i "numeri" del mondo, quelli che appaiono incisi nella riga graduata, sono solo segni culturali di rappresentazione che si distinguono grazie all’apprendimento convenzionale. Ci furono popoli antichi che rappresentavano numeri con nodi o ideogrammi; è presumibile che uno strumento di misura composto da un bastone sul quale sono stati incisi dei geroglifici, non significherebbe nulla per noi, in principio, se non riusciamo a "leggere" i segni, cioè, a realizzare le rappresentazioni numeriche. L'analisi epistemologica del modo in cui l'uomo stabilisce una legge della natura porta inevitabilmente alla conclusione che sarebbe impossibile che il principio del recinto fosse localizzato nel mondo come proprietà degli enti e potesse essere formulato in un linguaggio socioculturale. Al contrario, quello che può accadere, in ogni caso, è che il principio del recinto sia proiettato, consapevolmente o inconsciamente, su un fenomeno e sia poi essere scoperto in esso come una relazione eminente tra qualità; naturalmente, dipenderà dal tipo di fenomeno rappresentato la complessità con cui il principio del recinto sia empiricamente riconosciuto e proiettato nella struttura psichica. Riassumendo, "il principio del recinto", scoperto dalla coscienza per il messaggio degli Dei Leali, è anche un principio matematico e in quanto tale interverrà "a priori" in tutte le percezioni fenomeniche. I numeri naturali (che sono nella mente) permettono di "contare" (uno, due) gli spicchi di quella mela (chi è nel mondo). Il principio del recinto (che è nella mente) permette di applicare la "legge del recinto" su quel fenomeno (che è nel mondo). Io percorso un lungo cammino per arrivare a questa conclusione. Lo esprimerò ora modo generale: il principio del recinto renderà possibile la determinazione della legge del recinto in tutti i fenomeni e in qualunque relazione tra i fenomeni. Ma il principio del recinto è, generalmente, inconsapevole e solo quelli che possono ascoltare il messaggio degli Dei Leali possono incorporarlo nella sfera cosciente. E solo loro, gli uomini risvegliati, saranno in grado di applicare la legge del recinto in una strategia guerriera che assicuri il Ritorno all'Origine. Prima ho menzionato la soluzione di Navutan al Mistero del Labirinto e ho detto che include l'uso delle Vrune e il principio del recinto. Ora aggiungerò che detta soluzione, chiamata Tirodinguiburr, si traduce nella tecnica archemonica della Saggezza Iperborea. Tale tecnica, che è essenziale dominare nel "modo di vita strategico", permette di definire nell'Universo un "Recinto strategico", a cui ho fatto riferimento nel Terzo e al

Trentaseiesimo Giorno. Dunque, secondo la Saggezza Iperborea, ogni Recinto strategico è tecnicamente "un’Archèmona" o "Recinto infinito". In altre parole, l'uomo risvegliato scopre il principio del recinto e lo proietta nel Mondo: ma questo non è sufficiente per costituire un Recinto strategico; il principio del recinto è un principio matematico e, quindi, è un elemento archetipico, cioè creato dall’Uno: potrebbe essere sbagliato usare un elemento creato dall’Uno per provare a isolarsi dalla Strategia dell’Uno; bisogna modificare, quindi, la legge del recinto per ottenere l'effetto isolante desiderato; in che modo? Non determinando o convertendo in infinito il recinto reale; Questo si ottiene attraverso l'uso delle Vrune increate: l'inclusione della Vruna increata nella legge del recinto produce il "Recinto Strategico", il recinto infinito dentro il quale è possibile praticare il modo di vita strategico e sviluppare una Strategia di Ritorno all'Origine. La Via dell'Opposizione Strategica è applicabile per ogni uomo risvegliato che disponga di un Recinto Strategico e un di lapis oppositionis. Quest’ultimo elemento è solo una Pietra di Opposizione, cioè, una pietra che rappresenta l'Uno e contro la quale si realizza l'opposizione strategica che permette avvicinarsi, inversamente, all'Origine. Il lapis oppositionis si posiziona al di fuori dell’Archèmona, di fronte al punto infinito del Recinto Strategico: quando l'Iniziato Iperboreo effettua l'opposizione strategica, l'interiore dell'Archèmona diventa una piazza liberata, con uno Spazio e un Tempo proprio, indipendente dallo spazIo-tempo dell'Universo Creato; così isolato, senza abbandonare l'opposizione strategica in nessun momento, l'Iniziato avanza senza ostacolo verso l’Origine, esce dal labirinto, si libera dalla prigione materiale. Chiarirò il significato etimologico della parola Archèmona e il significato filosofico che denota nella Saggezza Iperborea. Archèmona, prima di tutto, è una parola composta da due parole greche, arke, principio e monas, unità. L'iniziazione con la tecnica archemonica permette di arrivare a un principio unico della psiche, cioè, all'individuazione egoica del Selbst, da dove è possibile sperimentare la possibilità assoluta dello Spirito nell'Origine: questo è il significato Iperboreo dell'Archèmona. Per gli Uomini di Pietra, Iniziati Iperborei della Casa di Tharsis, il "mondo" in cui avviene la vita di tutti i giorni è semplicemente un "campo di battaglia ", una Palestra occupata da nemici mortali con cui si deve combattere senza tregua perché "bloccano il cammino di Ritorno all’Origine", "ostacolano la ritirata" e pretendono di "ridurre l'uomo alla schiavitù più vile" qual è "la sottomissione dello Spirito Eterno alla materia", la sua "incatenamento al Piano Evolutivo dell'Universo, creato dal Demiurgo e dalla sua corte dei Demoni". Il mondo è, quindi, per gli Uomini di Pietra, il Valplads. Nella mitologia nordica e negli Edda, il Valplads è il campo di battaglia dove Wothan elegge quelli che cadono lottando per l'Onore, la Verità, infine, per le Virtù dello Spirito. La casa di Tharsis, basandosi sulla Saggezza Iperborea, estendeva il concetto di Valplads all'intero "mondo". Ma il "mondo" è il macrocosmo, all'interno del quale sussiste il microcosmo potenziale dell’uomo risvegliato; la realtà di quel "mondo", che circonda come Valplads l’uomo risvegliato, è Maya, l'illusione del Grande Inganno. Quando l'uomo risvegliato si è posizionato dentro la sua Archèmona e libera la piazza interna attraverso l’Opposizione Strategica, non determinando o trasformando in infinito il recinto reale, il lapis oppositionis che si trova nel Valplads, si dice che la sua posizione costituisce la fenestra infernalis dell'Archèmona, il punto infinito del Recinto Strategico: la fenestra infernalis è il punto di maggiore approssimazione tra la piazza liberata e il Valplads, e davanti a essa si affrontano l'uomo risvegliato e il Demiurgo Faccia a Faccia, si

confrontano due Strategie Totali, l'Iperborea e la Satanica. Come ultima riflessione riguardo all'allegoria, dirò che quando il prigioniero "muove l'anello" e scopre che l'uscita segreta sta effettuando un’azione analoga a quando "l'uomo risvegliato" applica la legge del recinto, secondo il tecnica archemonica e "apre" in modo univoco e irreversibile un cammino verso l’Origine. È stato spiegato quindi il metodo utilizzato dagli Dei Leali per contrastare "la Cultura", arma strategica nemica. Essi inviano il Loro messaggio che ha come fine risvegliare nell'uomo la Memoria del Sangue e orientarlo verso l'origine, la sua "uscita segreta". Per realizzare quest'ultimo atto, lo inducono a scoprire "il principio del recinto" e ad applicare, in seguito, la "tecnica archemonica". Il principio del recinto è infallibile per gli scopi strategici proposti e può essere applicato tanto individualmente quanto collettivamente. La Storia abbonda di esempi di uomini che hanno applicato tecniche basate sulla Saggezza Iperborea per immortalarsi come Dei o per guidare un popolo di Sangue Puro verso la mutazione collettiva; come prova di quelle gloriose azioni sono rimaste numerose costruzioni di pietra che nessuno comprende ai nostri giorni perché per quello bisognerebbe avere una visione fondato sul principio del recinto. Per l'uomo risvegliato, conoscitore della tecnica archemonica, basta un solo sguardo sulle costruzioni megalitiche, o su Montsegur, o sui K.Z., per interpretare correttamente la Strategia Iperborea su cui si basava la sua costruzione. Il castello di Montsegur, degno di essere chiarito, fu costruito dai Catari secondo la tecnica archemonica, così come i K.Z. o il konzentrationslager, "Campi di Concentramento" dell'Ordine Nero tedesco, che non erano sinistre carceri come sostiene la propaganda sinarchica ma meravigliose "macchine magiche" per accelerare la mutazione collettiva e razziale, basata sulla Tecnica archemonica della Saggezza Iperborea: all'interno dell'area isolata dei K.Z., i più nefandi elementi razziali della società, cioè, i degenerati, delinquenti, i viziosi e persino gli ebrei, potevano essere trasmutati e riorientarsi in favore della Strategia Nazionale. Dirò infine che chiunque sia a conoscenza del principio del perimetro ha superato la Strategia culturale del nemico e può eseguire il doppio isolamento, dell’IO e del microcosmo. Il principio del recinto permetterà di fissare i limiti del soggetto cosciente, isolando l’IO dalle premesse culturali preminenti e trascinandolo verso il "centro" o Selbst. La tecnica archemonica permetterà, quindi, di isolare il microcosmo dal macrocosmo, guadagnando un tempo e uno spazio proprio, cioè, l'immortalità: il microcosmo o corpo fisico si sarà tramutato in vajra la materia incorruttibile.

Quarantaseiesimo giorno

Sintesi generale della Saggezza Iperborea: Nel giorno precedente ho menzionato "una Strategia che gli Dei Leali" usano per contrastare ‘la cultura’, arma strategica del nemico" e ho spiegato lo stesso, per mezzo di un'allegoria, come fosse costituito da un messaggio carismatico. Questo messaggio perseguiva due obiettivi: 1°: risvegliare; 2°: orientare verso "l’uscita segreta", "centro" o "Origine"; e, in quel particolare esempio, "l'uscita" si incontrava dopo aver scoperto "l'anello", cioè dopo aver reso cosciente il principio del recinto. Tuttavia, la seconda

parte del messaggio, la Canzone d’A-mort offriva, all'ascoltatore, la possibilità di "trovare la via d'uscita", attraverso altre sei diverse vie diverse dall'Opposizione Strategica, che si basa sul principio del recinto. In ogni caso questa Strategia tal come l'ho descritta, con le sue sette possibili vie di liberazione, risponde a obiettivi puramente individuali, cioè, è diretta esclusivamente verso l'uomo addormentato. Per questo adesso mi tocca dichiarare che essa forma parte, la parte "individuale", di una concezione maggiore, che si chiama Strategia Odal. La Strategia Odal è diretta principalmente a ottenere la liberazione individuale dell'uomo, ma, in certe occasioni storiche favorevoli, gli Dei cercano di "orientare" la Razza nel suo complesso per forzare la mutazione collettiva. In quel caso i "capi", molte volte "inviati" dagli Dei Leali e altre volte "ispirati" da Essi, sono responsabili di proiettare carismaticamente nel popolo le linee guida strategiche, cercando di reintegrarlo alla guerra essenziale. Affinché questo compito venga eseguito con probabilità di successo, è necessario che i "Capi" dispongano di un elemento esterno, situato nel mondo, che rappresenti inconfutabilmente l'origine Divina della Razza. Questo elemento esterno deve anche dimostrare l'impegno assunto dagli Dei "all’indurre" gli uomini a riprendere la guerra contro il Creatore e la loro risoluzione di "aspettare" i Kalpa che siano necessari mentre essi guadagnano la libertà. Per queste condizioni si può capire che detto "elemento" esterno" dovrà essere una vera Pietra dello Scandalo per il Creatore e il suo esercito di demoni; e che tutto il Suo Potere, ossia il Grande Inganno, sia diretto a raggiungere la sua distruzione o, non riuscendoci, a tenerlo al di fuori della portata dell'uomo. Ma, nonostante la contrarietà che tale azione avrebbe causato nel Nemico, gli Dei hanno adempiuto la loro parte del Patto Primordiale e, con ammirevole disprezzo verso il Potere delle Potenze della Materia, lo hanno depositato nel Mondo e lo hanno protetto da qualsiasi attacco in modo che gli uomini o i loro capi carismatici lo scoprano e si avvalgano del suo significato. La Strategia Odal degli Dei è, quindi, diretta verso l'interiore di tutti gli uomini attraverso i "canti carismatici", cercando di risvegliare in loro il Ricordo di Sangue e indurli a seguire una delle sette vie di liberazione. Ma cerca anche di impulsare la Razza, nel suo insieme, in modo tale da farla cessare di marciare nel senso "evolutivo" o "progressivo" della Storia e, ribellandosi contro il Piano dell'Uno, in un salto inverso, farle trasmutare le "tendenze" animali "dell'uomo e recuperare la sua natura Divina Iperborea. Per riuscire in questo secondo proposito, non più individuale ma razziale, ho detto che si dispone di un "elemento esterno". Che sarà, concretamente, questo "elemento esterno", questa "cosa", a cui ho attribuito proprietà così meravigliose? Si tratta di qualcosa la cui sola descrizione richiederebbe diversi volumi e che, in Giorni precedenti, ho chiamato "Gral". Essendo impossibile rivelare qui un Mistero che è rimasto impenetrabile per milioni di persone, cercherò, come al solito, di "approssimare" allo stesso per mezzo di alcuni commenti. Vi starete chiedendo che sarà concretamente questa cosa meravigliosa chiamata Gral. Inizierò da lì. Concretamente, il Gral è una Pietra, un Cristallo, una Gemma; su questo non c'è dubbio. Ma non è una Pietra terrestre; di questo neanche ci sono dubbi. Se non è una pietra terrestre, qual è la sua origine? La Saggezza Iperborea afferma che proviene da Venere ma non assicura che quella sia la sua origine. Si può presumere, quindi, per mancanza di altra precisione, che i Signori di Venere la portarono sulla Terra, da quel pianeta verde. Ma i "Signori di Venere" non sono originari di Venere ma di Iperborea, un "centro originale" che non appartiene all'Universo materiale e il cui "Ricordo

di Sangue" ha portato molti addormentati a identificarlo erroneamente con un continente "nordico" o "polare" "scomparso". Secondo la Saggezza Iperborea, il Gral fu portato nel Sistema Solare dagli Dei immediatamente dopo che irruppero attraverso la Porta di Venere per stabilirsi a K'Taagar, ossia nel Valhalla. Sia come sia, c'è un altro aspetto concreto che dovrebbe essere preso in considerazione: il Gral è una Gemma che riveste la massima importanza per gli Dei, a tal punto che Essi non sono disposti ad abbandonarlo o a perderlo. Per cameratismo e la solidarietà verso gli uomini addormentati lo hanno collocato nel Mondo; ma alla fine del Tempo, il Gral sarà recuperato e restituito al suo luogo di Origine. A cosa si deve questo interesse smisurato per preservare la misteriosa Gemma? Al fatto che la stessa è stata momentaneamente rimossa dal Più Bel Gioiello che sia mai stata vista nell'Universo dell'Uno, da quel gioiello che nessuno sarebbe in grado di imitare né in questo né in altri mondi: né i Maestri Orafi né i Deva Costruttori né gli Angeli Planetari, Solari o Galattici, ecc. Perché il Gral è una Gemma della Corona di Kristos Lùcifer, colui che è di più Puro che il più Puro degli Dei Leali, l'unico che può parlare Faccia a Faccia con l'Inconoscibile. Kristos Lùcifer è colui che stando nell'Inferno sta oltre l'Inferno. Pur potendo rimanere in Iperborea, alla luce di Inconoscibile, Kristos Lùcifer è voluto venire in soccorso degli Spiriti prigionieri mettendo in scena l'incomprensibile sacrificio della sua auto-prigionia. Si è installato come un Sole Nero dello Spirito, "illuminando" carismaticamente, da "dietro" a Venere, attraverso il Paràklito, direttamente nel sangue degli uomini addormentati. Come è possibile che una Gemma del Gagliardo Signore si è infangata cadendo qui, sulla Terra, una delle cloache più ripugnanti dei Sette Inferni? Perché Egli così l’ha disposto. Kristos Lùcifer ha consegnato il Gral agli uomini come garanzia del suo compromesso, del suo sacrificio e come prova materiale irrefutabile dell’Origine Divina dello Spirito. Il Gral è, in questo senso, un riflesso dell’Origine Divina, il quale sarà la guida come un faro per il percorso esitante degli Spiriti Ribelli che decidono abbandonare la schiavitù di Jehovà Satanàs. Avete già visto cos’è il Gral: una Gemma della corona di Kristos Lùcifer; Ora vedrete cosa rappresenta il Gral per gli Spiriti prigionieri. Prima di tutto il Gral è legato all'incarnazione degli Spiriti e il suo significato per prima cosa deve essere cercato in relazione con tale mistero. Questo si spiega se prendiamo in considerazione che milioni di anni fa, quando i Siddha Traditori si allearono con il Demiurgo Jehovà Satanàs per dare corpo agli Spiriti Iperborei, Kristos Lucifer consegnò la sua Gemma in modo che la Verità dell’Origine Divina potesse essere vista con occhi mortali. Ecco perché il Gral, collocato nel Mondo come prova dell’Origine Divina dello Spirito, dà significato a tutti i lignaggi iperborei della Terra. A causa del Gral, il sangue degli uomini, anche se sommesso nella più tremenda confusione, reclamerà sempre la sua eredità extraterrestre. La presenza del Gral, in linea di principio, impedisce al Nemico di negare l’esistenza degli antenati iperborei. Ma così come il Gral dà un senso cosmico alla Storia dell'uomo, collegandolo alla Razza eterna delle origini e divinizza i lignaggi iperborei sulla Terra, così anche per il Demiurgo, a causa della presenza del Gral, detti lignaggi diventano "motivo di scandalo" e oggetto di persecuzione e derisione, di castigo e dolore. I Divini lignaggi Iperborei saranno, dopo il Gral, lignaggi eretici "condannati per sempre" (un manvantara) da Jehovà Satanàs s. Il Gral è venuto a risvegliare ricordi indesiderati, a valorizzare il passato dell'uomo; sarà quindi il ricordo e il passato quello che più verrà

attaccato e a cancellare la sua influenza punterà in gran misura la Strategia Sinarchica. Se si è capaci di avvertire questo attacco, che è evidente per lo sguardo gnostico, si comprenderà con maggiore profondità la funzione storica del Gral. A metterla in evidenza, dedicherò i seguenti paragrafi. Il principale crimine dell'uomo è stato negare la supremazia di "Dio", cioè, del Demiurgo terrestre Jehovà Satanàs s e ribellarsi alla sua schiavitù. Ma l'uomo è un essere miserabile, immerso in un inferno di illusione in cui si sente follemente "a suo agio", senza possibilità di rompere l'incantesimo da solo. Se ha rinnegato il Demiurgo e si è "ribellato" è stato in virtù di un agente esterno, ma: che "cosa" nel mondo può essere in grado di risvegliare l'uomo, di aprire i suoi occhi verso alla divinità dimenticata? "Se esiste una cosa del genere, diranno i Demoni, è l'oggetto più abominevole della Creazione materiale". Però quella "cosa", "quell'oggetto abominevole", non è di questo Mondo e da esso si è "nutrito" l'uomo-Spirito-prigioniero. Quel "frutto verde", che più tardi sarà chiamato Gral, è un alimento che nutre con la gnosi primordiale, cioè, con la conoscenza sulla Verità delle origini. A causa del Gral, frutto proibito per eccellenza, l'uomo saprà che è Eterno, che possiede uno Spirito Divino incatenato alla materia, che proviene da un Mondo impossibile da immaginare dall'inferno terrestre ma per il quale sente nostalgia e al quale desidera ritornare. A causa del Gral l'uomo ha ricordato! Ecco il suo primo crimine. Ricordare l'Origine Divina sarà, d'ora in poi, un peccato terribile e chi lo ha commesso dovrà pagar per quello; questa è la Volontà del Demiurgo, la "Legge di Jehovà Satanàs s". Saranno i suoi Ministri, i Demoni di Chang Shambalá, che si incaricheranno dell'esecuzione della sentenza facendo pagare il castigo con una moneta chiamata: dolore e sofferenza. Lo strumento, naturalmente, sarà l'incarnazione, ripetuta mille volte in trasmigrazioni "controllate" dalla "Legge" del Karma, dichiarando cinicamente che il dolore e la sofferenza sono "per il bene" degli Spiriti, "per favorire la loro evoluzione ". Se "il male" risiede nel sangue, allora sarà indebolito favorendo la miscela razziale e diventerà impura avvelenandola con la paura del peccato. Il risultato sarà la confusione strategica dello Spirito e la completa oscurità sul passato dell'uomo. "Nel passato non c'è nulla che meriti di essere salvato", affermeranno per millenni le persone sensate, in coro con i Demoni della Fraternità. La Teologia e persino la Mitologia, parleranno del male dell'uomo con il linguaggio del Demiurgo: il "peccato", la "caduta" e il "castigo". La "Scienza", d'altra parte, ci mostrerà un panorama più scoraggiante: "dimostrerà", mettendo mano a immondizia fossile, che l'uomo discende da una protoscimmia chiamata "Ominide", ossia, di quel miserabile e spregevole animale uomo che fu l’antenato dell'uomo addormentato. "La scienza" ha portato il passato dell'uomo alla sua degenerazione più drammatica collegandolo "dal punto di vista evolutivo" con rettili e vermi. Per l'uomo moderno non ci saranno più antenati Divini ma scimmie e trilobiti. Bisogna davvero avere un odio sovrumano per desiderare che l'uomo si umili così tristemente. Ma lasciamo le cose tristi, cerchiamo di essere ottimisti; perché guardare al passato, dirà la Sinarchia con la Voce della Scienza e Teologia, se l'uomo è "qualcosa" di proiettato verso il futuro"? Nel passato non c'è nulla degno di rispetto: alcuni primitivi crostacei marini, immersi nel fango, cercando di conquistare l’ambiente terrestre, guidati "dall’evoluzione "; milioni di anni dopo, alcune scimmie decidono di diventare uomini: spinte di nuovo dalla miracolosa "legge dell’evoluzione " diventano bipedi, fabbricano strumenti, comunicano parlando, perdono il pelo ed entrano nella Storia; e poi arriva la

Storia dell'uomo: il documenti, la Civilizzazione, la Cultura. E nella Storia continua implacabile "l’evoluzione ", convertita ora in una legge più inflessibile chiamata dialettica: gli errori dell’umanità, le guerre, l’intolleranza, il fascismo, sono "errori"; la pace, la democrazia, l'O.N.U., il vaccino Sabin, sono "successi". Dalla pugna tra successi ed errori sorge sempre uno stadio superiore, un beneficio per l'Umanità futura, confermandone la tendenza evolutiva o progressista. Non è per caso quella tendenza progressista della Storia tutto ciò che possiamo aspettarci di buono dal passato? Ecco perché siamo ottimisti; guardiamo al futuro; lì ci sono tutti i beni, tutte le realizzazioni; il teologo assicura che dopo un giudizio futuro ai buoni saranno aperte le porte del paradiso, i rosacroce, i massoni e altri teosofi, localizzano nel futuro il momento in cui, conclusa parzialmente "l’evoluzione spirituale", l'uomo si identifichi con la sua monade, cioè, con il suo "Archetipo Divino" e si incorpori alle Gerarchie Cosmiche dipendenti dal Demiurgo; e persino i materialisti, atei o scientisti, presentano un'immagine felice del futuro: ci mostrano una società perfetta, senza fame o malattie, dove un uomo, tecnocrate e disumanizzato, regna felice su legioni di androidi e robot. Non approfondirò i dettagli di un fatto ovvio: si è cercato di cancellare il passato dell'uomo scollegandolo dalle sue radici iperboree; non è stato possibile cancellare completamente detto passato, ma, in compenso, è stato possibile creare una frattura metafisica tra l’uomo e suoi antenati Divini, in modo che, allo stato attuale, un abisso lo separa dai ricordi primordiali; un abisso che ha un nome: confusione. Parallelamente a questo sinistro scopo, "l'uomo è stato proiettato verso futuro", eufemismo usato per qualificare l'illusione del progresso che soffrono i membri delle Civiltà moderne. Tale "illusione " è generata culturalmente da potenti "idee forza" impiegate abilmente come arma strategica: il "senso della Storia", "l’accelerazione storica", il "progresso" scientifico", "l’educazione", "la civiltà contro le barbarie", ecc. Gli uomini, condizionati in questo modo, credono ciecamente nel futuro, guardano solo verso di esso, e anche i fatalisti, che immaginano un "futuro nero", ammettono che se un'eccezione imprevedibile o un miracolo offrisse "una salvezza" alla civiltà, questa si troverebbe, comunque, nel "futuro"; il passato è in ogni caso motivo d’indifferenza generale. Questo "fatto evidente" rappresenta indubbiamente un importante trionfo per il Sinarchia; ma un trionfo che non è definitivo. In effetti, Dottore, voi avete visto che la massima pressione della Strategia Sinarchica, viene applicata per cancellare il passato, per oscurare il ricordo dell’Origine Divina e che tale attacco si verifica come reazione all'azione gnostica del Gral. Ma il Gral non è solo un frutto proibito, consumato dall'uomo in tempi remoti, immediati alla sua schiavizzazione. Il Gral è una realtà che rimarrà nel mondo fino a che l'ultimo spirito iperboreo continui prigioniero. A causa del Gral sempre è possibile che l'uomo si svegli e ricordi. Ma per godere della sua gnosi, è essenziale capire che il Gral, come riflesso dell'Origine, illumina il sangue dal passato. La sua luce viene al contrario del senso del tempo e quindi nessuno che abbia ceduto alla Strategia Sinarchica potrà ricevere la sua influenza. Avete già visto che una potente Strategia culturale "proietta l'uomo nel futuro" e cerca di cancellare il suo passato e confondere i suoi ricordi. Ma il Gral non deve cercarsi guardando al futuro, perché in questo modo non sarà mai trovato. In effetti, il Gral non dovrebbe essere cercato in assoluto, se con un tale verbo, cercare, intendiamo un'azione che implica "movimento". Solo "cercano" il Gral coloro che non hanno capito il suo significato metafisico e credono, nella loro ignoranza, che si tratta di un

"oggetto" che può essere "trovato". Ricorderò una delle storie medievali sul Gral che, sebbene deformata dal suo adattamento giudeo-cristiano, conserva abbastanza elementi della tradizione iperborea. In essa Parsifal, il pazzo puro, parte "alla Ricerca" del Gral. Per ignoranza commette l’errore di intraprendere la ricerca "viaggiando" in modo cavalleresco per diversi paesi. Questo "spostamento" punta essenzialmente verso futuro, perché in ogni movimento c'è una temporalità immanente e inevitabile, e naturalmente, Parsifal non "trova" mai il Gral "cercandolo" nel mondo. Trascorrono anni di ricerca inutile finché non comprendi questa semplice verità. Finché un giorno, completamente nudo, si presenta davanti a un castello incantato e, una volta dentro, gli appare il Gral (non riesce a trovarlo) e i suoi occhi sono aperti; avverte allora che il trono è vuoto e decide di reclamarlo, trasformandosi finalmente in Re. Bisogna vedere in questa allegoria quello che segue: Parsifal capisce che il Gral non deve essere cercato nel mondo (Valplads), attraverso il tempo (Coscienza che fluisce dal Demiurgo) e decide di utilizzare una Via Strategico Iperborea. Per questo, si posiziona "nudo" (senza le premesse culturali preminenti) in un castello ("piazza" fortificato dalla legge del recinto) desincronizzandosi dal "tempo del mondo" e creando un "tempo proprio", inverso, che "punta verso il passato". Allora appare il Gral e "apre gli occhi" (Ricordo di Sangue). Parsifal avverte che "il trono è vuoto" (che lo Spirito può essere recuperato) e decide di reclamarlo (subisce i test di purezza delle Vie Segrete di Liberazione) e diventa Re (si trasmuta in Uomo di Pietra). Spero di aver chiarito che il Gral non dovrebbe essere cercato poiché esso appare quando la coscienza dell'uomo è stata desincronizzata dal tempo del mondo e ha perso la maschera culturale. Voglio mostrarne adesso un altro aspetto della reazione nemica che ha motivato la presenza del Gral. Per il Gral l'uomo commette il crimine del risvegliarsi; ha peccato, e il castigo si paga con la moneta del dolore e della sofferenza, per l’incarnazione e la legge del Karma. Gli incaricati di sorvegliare la Legge e quelli che più offende la memoria iperborea degli uomini risvegliati sono gli "angeli custodi", come dire, i Demoni di Chang Shambalá e la loro Fratellanza Bianca. C'è, a parte questo, una reazione diretta del Demiurgo che è conveniente sapere. Ma, siccome tale reazione è stata ripetuta molte volte da quando gli Spiriti Iperborei sono stati incatenati al giogo della carne, un'esposizione completa dovrebbe occupare un enorme lasso di tempo, che va oltre la Storia ufficiale e si perde nel notte di Atlantide e Lemuria. Certamente, non potrò imbarcarmi in un racconto simile e per questo motivo mi riferirò solo alla reazione del Demiurgo in tempi storici, ma senza dimenticare che tutto che si dica su questo fatto non è esclusivo di un'Epoca, ma è già successo e sicuramente succederà di nuovo. Una breve introduzione vi permetterà di comprendere tale reazione diretta. Quando sorge la domanda, ingenua: - Come sono i mondi di da dove proviene lo Spirito prigioniero? - Credendo che possa esiste qualche immagine che rappresenti l'inimmaginabile Iperborea, la Saggezza Iperborea suole rispondere con una figura metaforica; dice così all'apprendista ignorante: -"Immagina che un granello di polvere riceve un debole riflesso dei Mondi Eterni e supponiamo che, in seguito, detto granello sia diviso e riorganizzato in particelle infinite. Fai un altro sforzo di immaginazione e ora assumi che l'Universo materiale che conosci e abiti è stato costruito con i pezzi di quel granello di polvere. La Saggezza Iperborea ti dice: se sei in grado di reintegrare in un atto di immaginazione l'immensa molteplicità del Cosmo nel granello originale, allora,

vedendolo nella sua interezza, percepirai solo un debole riflesso dei Mondi Eterni. Se sei in grado di reintegrare il Cosmo in un granello di polvere vedrai solo un'immagine distorta della Patria dello Spirito. Questo è tutto quanto si può conosce da qui". La metafora diventa trasparente se si considera che il Demiurgo ha costruito l'Universo imitando un'immagine maldestra e deformata dei Mondi Eterni. Ha sparso il Suo Alito sulla Materia e l'ha ordinata con lo scopo di "copiare" il debole riflesso che ricevette qualche volta dalle Sfere Increate. Ma né la sostanza era adeguata né l'architetto era addestrato per quello e, aggiunto a questi mali, dovrebbe essere considerata l'intenzione perversa di pretendere di regnare come il Dio dell'opera, somiglianza (?) dell’Inconoscibile. Il risultato è alla vista: un inferno maligno e demenziale, nel quale, moltissimo tempo dopo la sua creazione, per un Mistero d’A-mort innumerevoli Spiriti Eterni furono ridotti in schiavitù, incatenati alla materia e soggetto all'evoluzione della vita. La caratteristica principale del Demiurgo è evidentemente l'imitazione, attraverso la quale ha cercato di riprodurre i Mondi Eterni e il cui risultato è stato questo vile e mediocre Universo Materiale. Ma è nelle distinte parti della Sua Opera in cui si avverte l‘allucinante persistenza nell'imitare, ripetere e copiare. Nell'universo "il tutto" è sempre una copia di "qualcosa": gli "atomi", tutti simili; le "cellule", che sono divise in coppie analoghe; gli "animali" sociali", il cui istinto gregario è basato "sull’imitazione"; la "simmetria", presente in un'infinità di fenomeni fisici e biologici; etc. Senza estendermi in altri esempi, Si può affermare che la travolgente molteplicità formale del reale è solo un prodotto dell’illusione dell'incrocio, intersezione, combinazione, ecc. solamente di poche forme iniziali. In verità, l'Universo è stato creato da pochi elementi diversi, non più di ventidue, che supportano, con le loro combinazioni infinite, la totalità delle forme esistenti. Tenendo presente il principio imitativo che governa l’opera del Demiurgo, si può considerare adesso la sua reazione diretta alla presenza del Gral. Ho detto che il Gral divinizza i lignaggi iperborei al provare in modo inconfutabile la verità dell'Origine e che la reazione dei Demoni è stata considerali gli stessi come lignaggi eretici, meritevoli del castigo più terribile. Ma mentre i Demoni erano impegnati a castigare gli uomini con le pesanti catene del Karma, molto diversa, sarebbe l'atteggiamento del Demiurgo. Egli, secondo la sua caratteristica, ha voluto imitare, e persino superare, i lignaggi iperborei fondando una Razza Sacra che lo rappresenti direttamente, cioè, che canalizzi la sua volontà e, attraverso di essa, regni sugli Spiriti incarnati. Una “Razza Sacra” che si innalzi nel mezzo dei popoli condannati al dolore e alla sofferenza della vita e che, trionfando sopra di loro, finisca per infliggere l'umiliazione finale di sottometterli alla Sinarchia dei Demoni. Quindi i lignaggi iperborei, sprofondati nel fango della degradazione spirituale, espireranno i loro ultimi lamenti e quelle grida di dolore, quelle grida di paura, saranno la dolce musica che la Razza Sacra regalerà al suo "Dio" Jehovà Satanàs, il Demiurgo della Terra. Come ho già detto, il Demiurgo ha intentato questa impresa molte volte; "gli zingari", per esempio, sono i resti etnici di una "Razza Sacra" che fiorì nell'ultima Atlantide, quando gli Dei traditori sottomisero alla Sinarchia dell’Orrore i lignaggi iperborei. Gli spiriti incarnati si videro precipitati lì, nelle più infami pratiche: il sangue Divino si degradò e confuse per mezzo della miscela indiscriminata delle Razze e, quel che è peggio, si riuscì a realizzare unioni fertili tra uomini e animali con il concorso della magia nera; migliaia di vittime umane furono sacrificate per placare la sete di sangue di Jehovà Satanàs, adorato

lì nel suo Aspetto di "Dio degli eserciti infernali". "Crudeltà, orgia collettiva, diverse forme di tossicodipendenza, ecc., erano tutte "usanze" che i lignaggi iperborei avevano adottato mentre negli gli occhi della "Razza Sacra" brillava di gioia lo sguardo del Demiurgo e la Sinarchia dell’Orrore esercitava la sua tirannia di oricalco. In un tale stato di degrado nessuno era già in grado di ricevere la luce del Gral né di sentire il Canto degli Dei. Per questo Kristos Lúcifer decise di manifestarsi alla vista degli uomini. Lo fece, accompagnato da una guardia di Dei Liberatori, e questo determinò la fine di Atlantide ... Ma questa è una storia antica. Negli ultimi tempi il Demiurgo ha deciso di ripetere ancora, a imitazione dei lignaggi iperborei, la creazione di una "Razza Sacra" che lo rappresenti e alla quale sarà riservato l'alto Destino di regnare su tutti i popoli della Terra. Con l'alleanza di Sangue celebrata tra Jehovà Satanàs e Abramo, viene fondata la "Razza Sacra", e i suoi discendenti, gli ebrei, costituiranno il "Popolo Eletto". Così come gli Spiriti Iperborei, divinizzati e predetti dalla presenza del Gral, rappresentano il "lignaggio" eretico" per eccellenza, gli Ebrei, di fronte a loro, si presenteranno come "il lignaggio più puro sulla Terra". Israele, popolo scelto da Jehovà Satanàs come suo rappresentante sulla Terra, quali titoli esibirà come prova irrefutabile che tale è la Sua volontà? Il Demiurgo, seguendo il suo solito sistema di "imitare", ragiona in questo modo: "Se per la Gemma di Kristos Lúcifer, il Gral, è stato divinizzato il lignaggio iperboreo, allora, anche da "Pietra del Cielo", sarà consacrata la Stirpe di Abramo. Metterò nel mondo una Pietra sulla quale sarà scritta la Mia Legge come prova irrefutabile che Israele è il Popolo Eletto, davanti al quale dovranno umiliarsi le restanti Nazioni". Questa è la reazione diretta del Demiurgo. Sceglie tra la feccia dell'umanità il popolo più miserabile e dopo essersi accordato con questo, lo fa "crescere" all’ombra di potenti Regni. Quando decide che per la "Razza Sacra" è giunto il momento di compiere la sua missione storica, "rinnova il patto" consegnando a Mosè la chiave del Potere. Allora Israele, il lignaggio più puro sulla Terra, attraversa i millenni e marcia verso il suo futuro di gloria, mentre gli Imperi e i Regni affondano nella polvere della Storia. Indubbiamente, la reazione del Demiurgo è stata effettiva e potenti sono risultati gli effetti della sua Pietra, la forza della sua Legge. Ecco perché vale la pena chiedersi: che è in realtà quello che Jehovà Satanàs consegna agli ebrei come strumento di potere e domino universale?; Lo ripeterò sinteticamente: le "Tavole della Legge" contengono il segreto delle ventidue voci pronunciate dal Demiurgo quando ordinò la materia e con le quali è stato formato tutto ciò che esiste. L'insieme di simboli contenuti nelle Tavole della Legge è conosciuto fin dall’antichità come la Cabala Acustica. In Atlantide questa conoscenza era in principio patrimonio di un'altra "Razza Sacra", ma, in seguito, i Guardiani dell'Arte Litica, antenati del Cromagnon e genitori della Razza Bianca, arrivarono a dominarlo completamente. "Le Tavole della Legge" sono quindi "la Pietra" che il Demiurgo ha posto nel mondo come supporto metafisico della “Razza Sacra” a imitazione del congiunto "lignaggio iperboreo / Gral". Tuttavia, come in tutte le "imitazioni" del Demiurgo, non si deve vedere qui un'equivalenza troppo precisa. Il Gral, dal passato, riflette per ciascuno degli uomini l’Origine Divina e costituisce un tentativo di Kristos Lúcifer di venire in aiuto degli Spiriti prigionieri o, in altre parole, l'influenza del Gral punta all'individuo e allo spirito. Le Tavole della Legge, d'altra parte, puntano al collettivo, tra Jehovà Satanàs e il popolo ebraico e, inoltre, il suo contenuto cabalistico rivela le chiavi che permettono di dominare tutte le Scienze materiali.

Se la confusione strategica, l'incarnazione, l’incatenamento alla legge del karma, ecc., nono terribili mali che affliggono gli Spiriti Iperborei, la convivenza terrena con una "Razza Sacra" di Jehovà Satanàs è senza dubbio l’incubo più spaventoso, peggio ancora di tutte le disgrazie menzionate. Perché, dalla "rinnovata alleanza" con Mosè, l'inimicizia razziale tra i lignaggi iperborei ("eretici") e il lignaggio ebraico ("sacro") sarà permanente ed eterna, con lo svantaggio irreversibile per i primi che la Volontà infernale del Demiurgo sarà espressa irresistibilmente attraverso i secondi. Dopo “l'apparizione” di Israele, solo resta all'uomo l'alternativa drammatica ritornare all’Origine o soccombere definitivamente. Scavando nel mito ebraico di Abele e Caino, sotto un velo di calunnia, si può apprezzare un'accurata descrizione dell'inimicizia razziale e teologica tra ebrei e iperborei. In quel mito, Abele, che è un pastore di greggi, rappresenta il tipo basico dell’ebreo e Caino, il contadino, la figura dell'uomo di lignaggio iperboreo. La leggenda racconta che a Jehovà Satanàs risultarono gradevoli le offerte di sangue di Abele il pastore, costituite dal sacrificio degli agnelli primogeniti "con il loro grasso", e invece disprezzò i "frutti della terra "che Caino esibiva. Un tale atteggiamento da parte del Dio della Materia costituì una rivelazione per Caino: la scoperta delle vere intenzioni del Creatore e l'essenza materialistica e servile dei pastori. Allora Caino decise di uccidere Abele, l'Anima creata, cosa che motivò Jehovà a denunciare che egli era portatore di un marchio che tradiva la sua condizione di assassino. Questo segno sarebbe riconosciuto in tutte le Epoche, da quelli che erano "come Abele", in coloro che dimostrassero di essere "come Caino". Questo speciale criterio affettivo di Jehovà Satanàs è stato perpetuato nel corso dei secoli nell'odio che gli ebrei sentono verso i lignaggi Iperborei, odio che, non bisogna dimenticarlo, proviene dal Demiurgo visto che "Israele è Jehovà". Agli sciocchi, cioè a quelli a cui è stato fatto il lavaggio del cervello per poi trasformarli in fanatici credenti della Bibbia, risulta sempre difficile giustificare la predilezione del "Dio" Jehovà per il sacrificio insanguinato di Abele e il disprezzo della produzione agricola di Caino. Tuttavia, diventa tutto chiaro se si legge attraverso il linguaggio cabalistico e criptato della Genesi, un’interpretazione antica dell'Olocausto di Fuoco. In effetti "l'olocausto dell'agnello primogenito con il suo grasso "[Genesi 4,4], rappresenta l’Olocausto della Morte Finale dell'Umanità e la sua trasformazione in liscivia che "laverà il Segno Abominevole che è inciso sulla Pietra Calda": l'oblazione di Abele sarebbe stata in seguito bruciata, come fanno oggi gli Ebrei con i corpi degli animali sacrificati e "il grasso", mescolato con la cenere, formerebbe il sapone, la liscivia, che avrebbe lavato la macchia simbolica del "peccato di Caino"; tale "peccato" è, ovviamente, essere "contadino", coltivatore di cereali, adoratore della Dea Ama, o Cerere, o Demetra, o la Vergine di Agartha, la madre di Navutan , cioè, colei che diede il seme di grano agli uomini, il Seme del Bambino di Pietra. Il "marchio di Caino" è, quindi, il Segno nella Pietra Calda, il Simbolo dell’Origine che causa l’incatenamento dello Spirito eterno alla materia; è per questo che Caino, portando quel marchio, non potrà mai morire: sarà "Immortale", come tutti gli uomini che posseggono Spirito, anche se lo ignorano essendo "addormentati". Robert Graves e il Rabbino Raphael Patai, nel libro "I Miti Ebraici", hanno estratto e sintetizzato il Mito di Caino da numerosi midrash talmudici. Io ho qui una delle versioni ebraiche ufficiali, che dimostrano il carattere spirituale luciferico di Caino e la natura "creata" di Abele: "Caino rispose al rimprovero di Dio con un grido che i blasfemi ripetono ancora: - Non c'è Legge né Giudice! -Quando poco dopo incontrò Abele in un campo, gli

disse: Non c'è un Mondo futuro, né ricompensa per i giusti, né punizione per i malfattori. Questo mondo non è stato creato con misericordia, né è governato dalla compassione. Perché altrimenti la tua offerta è stata accettata e la mia è stata respinta? Abele rispose semplicemente: "La mia è stato accettata perché amo il Dio Jehovà; la tua è stata respinta perché lo odi. Allora Caino decise di colpire e uccidere Abele." È interessante approfondire la figura di Caino. Secondo la Bibbia era, oltre che contadino, il primo che costruì città fortificate da mura e l’inventore di pesi e misure. Il suo discendente Tubal-Caino (scissione mitica di Caino stesso) era un fabbricante di armi e di strumenti musicali. Se si osserva ora questa figura di Caino, alla luce della Saggezza Iperborea, verrà verificato che possiede molti degli attributi caratteristici dei lignaggi iperborei. Prima di tutto l'associazione dell’Agricoltura con la costruzione di città fortificate con mura è un’antichissima formula strategica iperborea che hanno usato di recente, ad esempio, gli Etruschi e i Romani, e che è stata espressa con perfezione dal Re germanico Enrico I, l’Uccellatore. D'altra parte l'invenzione di pesi e misure, che degli ebrei attribuiscono a Caino, i greci a Hermes e i romani a Mercurio, consente di identificare Caino con quei due Dei iperborei. E infine: l'accusa di assassino e la condizione di fabbricante di armi, rivela chiaramente che la figura di Caino rappresenta alcuni temibili guerrieri, gli Uomini di Pietra: a tradire o segnalare quella qualità indica chiaramente la denuncia del famoso marchio. Nella Bibbia, il libro sacro del "Popolo Eletto", nel mito di Abele e Caino, le regole del gioco sono perfettamente rivelate. Nella "Preferenza" di Jehovà Satanàs per i pastori ebrei, rappresentati da Abele, e nel disprezzo e punizione dei lignaggi iperborei, simboleggiati da Caino, appare il conflitto metafisico delle origini, ma aggiornato ora come confronto culturale e biologico. La Razza Sacra Ebraica è giunta per portare la Presenza di Jehovà Satanàs; (Presenza Cosciente, diversa dal soffio panteistico con cui il Demiurgo anima la materia) al piano della vita umana, dell’incarnazione, del dolore e della sofferenza. Ecco il perché dell’antica inimicizia trascendente tra Spiriti prigionieri e Demoni si trasforma in inimicizia immanente tra i lignaggi iperborei e l'Universo materiale, dato che la Razza Sacra è Malkhouth, il decimo Sephiroth, cioè un Aspetto del Demiurgo. Quest'ultimo deve essere compreso come segue: Israele è il Demiurgo. Vale la pena chiarirlo. Secondo gli insegnamenti segreti della Cabala e come è possibile leggere nel Libro dello Splendore, Sepher Yetsirah o nel Libro dell'Olocausto di Fuoco, Sepher Icheh, cioè, accudendo alle fonti più affidabili della Sapienza ebraica, per la "creazione" della “Razza Sacra” Jehovà Satanàs manifesta uno dei suoi dieci Aspetti o Sephiroth. La decima Sephiroth, Malkhouth (il Regno), è lo stesso popolo di Israele, secondo i testi ufficiali ebrei, la quale ha un legame metafisico con la prima Sephiroth, Kether (Corona), che è la Testa o Coscienza suprema del Demiurgo. In altre parole: c'è un'identità metafisica tra Israele e Jehovà Satanàs o, se si vuole, "Israele è Jehovà Satanàs". Come ho detto prima, l'inimicizia tra la Razza Sacra e i lignaggi iperborei, inimicizia che è stata dichiarata nel mito di Abele e Caino, significa uno scontro tra questi e l'Universo materiale, dato il carattere di Malkhouth, sdoppiamento del Demiurgo, che ostenta Israele. Con Malkhouth, Il Demiurgo ha voluto imporre la regalità della sacra stirpe ebraica sul resto dei popoli della Terra. Se questi popoli gentili hanno dimenticato il passato, e si sono sottomessi al Piano portato avanti dalla Fratellanza Bianca, allora accetteranno di buona volontà la superiorità ebraica e il mondo marcerà felicemente verso

la Sinarchia. Guai a quei Goym che non rinuncino alla loro eredità iperborea e persistano nel ricordare il conflitto delle origini! Non ci sarà posto per loro sulla Terra perché con la presenza di Malkhouth, il lignaggio sacro di Israele, il Demiurgo assicura la sua persecuzione e l'annientamento immediato. Drammatico il destino dello Spirito prigioniero! Durante millenni ricordare l'Origine, cioè, per esibire un lignaggio eretico, era punito dai Demoni con un forte Karma e il dolore, la sofferenza, erano così terribili che si finiva per dimenticare. Ma, mentre questo degrado stava avvenendo, nel profondo del suo cuore, ribollendo nel suo sangue, il condannato poteva partecipare al Ricordo di Sangue e accedere alla Gnosi; era un suo diritto: se poteva risorgere dalla palude della confusione spirituale, nessuno poteva impedirgli di ricevere la luce del Gral o di ascoltare il Canto degli Dei. Con Israele, questa miserabile opportunità di risvegliarsi non sarebbe già stata possibile perché il conflitto fu pianificato in termini biologici, razziali e culturali... Chi si compromette nella lotta deve ora rischiare tutto perché all’affrontare Israele si sta affrontando lo stesso Demiurgo. Israele avanza nella Storia con una forza irresistibile. Le sue grandi idee stanno dominando poco a poco la Cultura d'Occidente, parallelamente con la crescita del suo potere finanziario. Chi sarà in grado di opporsi alla forza congiunta del Giudeo-Cristianesimo, della Giudeo-Massoneria, del Giudeo-Marxismo, del Sionismo e del Trilateralismo? Chi potrebbe fare "saltare" le banche Rothschild, da Jacobo Schiff, di Kuhn e Loeb, di Rockefeller, ecc.? E chi competerà con gli ebrei nel campo della scienza o dell'arte? Ho già descritto il fantastico Potere Materiale dalla Sinarchia raggiunto dai templari nel Medioevo; pensate, Dott. Siegnagel, cosa deve rappresentare oggigiorno quel Potere; contro queste forze organizzate l'uomo non ha la minima possibilità. Pertanto, di fronte a tale formidabile Potere, l'unica alternativa strategica valida è lo scontro razziale: alla Razza Sacra di Jehovà Satanàs che si oppone il lignaggio iperboreo degli Spiriti prigionieri. E in questo scontro di lignaggi, in questa guerra portata al terreno del sangue, l'uomo sveglio, colui che ricordi e desideri ritornare, dovrà ascoltare il Canto degli Dei e, seguendo una via segreta di liberazione, trovare "la via d'uscita", ritornare all'Origine e trasmutare in Uomo di Pietra. Avrà compiuto così la prima parte della strategia Odal. Ma se un Leader carismatico, sveglio e trasmutato, si mette alla guida una comunità razziale e decide di guidare gli uomini, in complesso, di Ritorno all'Origine, potrà applicare nella sua totalità la Strategia Odal, sfruttando la presenza del Gral. In questo caso il Leader promuoverà la Guerra Totale contro le forze demoniache della Sinarchia, ma in particolare eserciterà la sua massima pressione sulla Sacra Razza perché essa rappresenta direttamente il Nemico ovvero il Suggestionante Demiurgo. Tuttavia, solo in tempi moderni, quando la presenza universale della Sinarchia e il potere della Sacra Razza diventino evidenti, sarà possibile che alcun Grande Leader identifichi correttamente il Nemico e dichiari contro di Loro la Guerra Totale. L'inimicizia inconciliabile tra il lignaggio sacro ebraico e il lignaggio eretico iperboreo potrebbe essere esemplificata considerando il numero infinito di volte si sono verificati scontri e descrivendo i diversi risultati. Vi posso assicurare che ci sarebbe materiale per riempire diversi volumi, ecco perché devo essere prudente e riferirmi a ciò che è strettamente necessario per comprendere la strategia Odal degli Dei Leali. È con questo criterio che devo considerare solo un esempio, ma un esempio che sarà molto chiarificatore. Dopo il crollo di Atlantide e in virtù delle linee guida del Patto Culturale, i lignaggi iperborei hanno sempre coinciso che la società umana dovrebbe essere organizzato attorno a tre funzioni principali: Regia, Sacerdotale e Guerriera. L'armonia e

l'indipendenza delle tre funzioni garantirebbe un certo equilibrio appropriato per i periodi di pace e prosperità, cioè quando la società progredisce materialmente verso futuro. In diverse Epoche della sua storia, molti popoli di lignaggio iperboreo hanno sperimentato brevi periodi in cui l’equilibrio delle tre funzioni permise di godere di quella tranquillità sociale, mediocre e cortigiana, che in realtà nascondeva una totale assenza di contatto carismatico tra la massa del popolo ed i suoi Governanti, una situazione tipica caratterizzata dall'indifferenza generale. Quando una società si è stabilizzata in questo modo la Fraternità Blanca de Chang Shambalá afferma che "si evolve" e che "progredisce". È infatti interesse dei Demoni portare l'umanità a uno stato di equilibrio permanente delle tre funzioni; per quale scopo? Preparare l’avvento della Sinarquia, cioè la concentrazione del potere nelle mani di una Società Segreta o una setta occulta. Qual è lo scopo di concentrare il potere nelle mani di esseri che agiscono nell'ombra? La risposta è correlata con la manifestazione da parte del Demiurgo di "Malkhouth", la Sacra Razza: il potere sulle nazioni appartiene (in questa fase del Kaly Yuga) a Israele come L'eredità di Jehovà Satanàs e la prova del suo lignaggio teologico. Mentre giunge il tempo di Israele, la Sinarchia, sarà il reggente del potere concentrato dalla Fraternità Bianca. Resta inteso che gli Dei Leali, di fronte a tale cospirazione, cercano di destabilizzare l’equilibrio sinarchico delle società e influenzano carismaticamente gli uomini per risvegliare uno di loro e trasmutarlo in Leader Iperboreo. Questo è, fondamentalmente, l'obiettivo del Strategia Odal. Per questo il Canto degli Dei chiama incessantemente nel Sangue Puro e il Gral è una presenza permanente che mostra, a chi vuole vederlo, il riflesso della Divina Origine dello Spirito. Ma non si deve credere che la strategia Odal funziona solo quando c'è un'autentica trasmutazione dell'uomo addormentato in Uomo di Pietra; questo è senza dubbio il successo più importante, ma lo stesso non è molto comune, specialmente nel caso di Leader o Condottieri di popoli. Ci sono, tuttavia, altri casi, non così vistosi o evidenti come una trasmutazione, ma la cui influenza benefica sull'organizzazione delle società ha dato motivo che siano considerati come successi della Strategia Odal. Mi riferisco specificamente a quei Leader che, con un certo grado di incoscienza, ascoltano il Canto carismatico e intuiscono alcuni principi della Saggezza Iperborea. Dal momento che non sono completamente svegli e ignorano l’origine del "messaggio", procedono ad applicare nel loro governo i principi strategici prendendoli per un’invenzione personale. Potrei abbondare in esempi, ma sarà di particolare interesse per voi, Dr., considerare il caso di chi "ha scoperto", senza saperlo, il principio del recinto. Quando nella struttura mentale di un Leader è stato incorporato il "principio" del recinto", il suo Sangue Puro, e con esso il Canto degli Dei, lo spingono ad applicare la "legge del Recinto" in tutti i suoi atti concreti. Sorgono così da società particolari perfino teorie politiche, filosofiche, morali, ecc., concepite ed eseguite secondo la legge del recinto, nell'ambito della Strategia Odal. Un tipico esempio è “l'idea dell’Impero Universale". Vale la pena commentarlo. Quando la Strategia Odal riesce a risvegliare la natura divina di un Leader, è possibile che la sua attività successiva causi notevoli cambiamenti sociali. Se è Re, cioè, se esercita la Funzione Reale, avanzerà ghibellinamente sulla Funzione Sacerdotale e, con il supporto della Funzione Guerriera, proverà a espandere i confini del suo Stato. Se il Leader è un guerriero notevole, non tarderà ad assumere la corona per dedicarsi in seguito, schiacciando la Funzione Sacerdotale, al compito di organizzare uno Stato militare. Nella maggior parte dei casi lo squilibrio delle tre funzioni viene effettuato a spese

della Funzione Sacerdotale che suole essere lunare e sinarchica. L'importante è che il Leader, il Re o Guerriero, all’applicare la legge del recinto alla sua visione della società, di solito, conclude per coincidere con l'idea dell'Impero Universale come la più appropriata per dimostrare la superiorità della sua Razza e perpetuare la memoria della sua Stirpe. Lo Stato universale di Akkad; gli Imperi di Assiria e Babilonia; il grande Impero Persiano, distrutto da Alessandro Magno; l'Impero Romano; ecc., sono stati concepito allo stesso modo: con l'applicazione della legge del Recinto, nell'ambito della Strategia Odal, che i Leader Iperborei hanno realizzato nel corso del millenni. Non posso non menzionare che molte "idee moderne" registrano la stessa procedura nella sua concezione: tali le diverse varianti del "nazionalismo"; il "fascismo"; il "falangismo"; "Nazionalsocialismo", le "federazioni" e "confederazioni"; eccetera. Queste e molte altre teorie politiche sono il prodotto dell'applicazione della legge del Recinto da parte di alcuni dirigenti moderni. Nel caso del "fascismo" e "nazionalsocialismo", ecc., è chiaro che hanno una stretta connessione con l'antica idea di Impero Universale che spiega in modo eloquente perché tali ideologie sono state perseguitate fino all'annientamento del Popolo Eletto e delle forze del Sinarchia. È precisamente l'idea dell' "Impero Universale", che è iperborea e nasce dall'applicazione della legge del Recinto ed è irriducibilmente opposta all'idea di "Sinarchia Universale" propiziata dalla Fraternità Bianca di Chang Shambalá, e portata avanti in favore del Popolo Eletto. Mi ero riproposta di dare un esempio dell'inconciliabile inimicizia tra il lignaggio eretico iperboreo e il lignaggio sacro ebraico e questo è stato manifestato spiegando l'opposizione tra l'Impero Universale e la Sinarchia, cioè tra le rispettive concezioni ideali della società. Munito di queste chiavi chiunque può riesaminare la storia e trarre le proprie conclusioni; non è necessario perciò insistere ulteriormente sul’argomento. Ho detto prima che la “Razza Sacra” è stata creata dal Demiurgo a imitazione dei lignaggi iperborei e ho mostrato che "Le Tavole della Legge" e la Conoscenza terribile con cui sono state scritte, furono consegnate agli Ebrei a immagine del Gral. Ora posso aggiungere che "l'imitazione" non concluse lì; al contrario per secoli fu preparata un’infernale falsificazione storica che nei fatti venne a significare un risentimento infinitamente più offensivo dell'imitazione dei lignaggi iperborei o del Gral. Sto parlando dell’usurpazione, volgarizzazione e degradazione perpetrate contro la figura divina di Kristos Lucifer. Ho già detto che, durante i giorni di maggiore declino spirituale di Atlantide, Kristos Lucifero si manifestò agli occhi degli uomini dormienti. La Sua Presenza ebbe la virtù di purificare e orientare molti uomini, che, grazie a questa discesa agli Inferi realizzata da parte dell’Affabile Signore, furono in grado così di intraprendere il cammino del ritorno. Tuttavia la reazione vigliacca degli Dei Traditori, che fecero ricorso all'uso della magia nera per impedire il salvataggio, condusse infine a una guerra a tutto campo che si concluse solo con la scomparsa dell'ultima Atlantide. E anche se il continente atlante scomparve divorato dalle acque e migliaia di anni di barbarie e confusione strategica cancellarono questi fatti della Storia, non è meno vero che il dramma vissuto fu così intenso che non si è mai oscurato completamente nella memoria collettiva dei lignaggi iperborei. Ecco perché quando il Demiurgo concepì l'idea sinistra di imitare, in modo

rozzo, l'immagine redentrice di "Kristos Lúcifer che discende tra uomini" era inesorabile che tale infamia avrebbe innescato cambiamenti irreversibili e scontri definitivi. Cosa pretendeva il Demiurgo questa volta? Anche se sembra incredibile, voleva produrre, a imitazione della trasmutazione iperborea, un salto nell'umanità. Ma non siate troppo sorpreso: quello che stava cercando era un salto in avanti, verso il futuro e, soprattutto, era destinato a racchiudere i membri dell’Umanità, senza alcuna distinzione per la loro Razza o religione, in un "tipo" psicologico universale, ossia in un Archetipo collettivo. Quell'archetipo, certamente, era quello della Razza ebraica perché quello che si voleva alla fine era giudaizzare l'umanità e preparala per il Governo Mondiale della Sinarchia. Per realizzare un piano così ambizioso, avrebbero messo in moto numerose forze, che avrebbero consentito la figura del Messia e avrebbero reso possibile il suo Ministero terrestre. Per la missione di "preparare il veicolo" attraverso quale Jehovà Satanàs si sarebbe manifestato agli uomini, fu commissionato uno dei Maestri di Saggezza della Fratellanza Bianca, che sarebbe stato conosciuto, dopo la sua incarnazione, come Gesù di Nazareth. Neanche la questione del lignaggio fu trascurata e per questo il Maestro Gesù incarnò nel seno di una famiglia ebraica la cui genealogia potrebbe essere fatta risalire ad Abramo. Tuttavia il corpo fisico del Messia avrebbe avuto una costituzione diversa da quella di un semplice ebreo: Maria sarebbe rimasta incinta "con lo sguardo" di uno dei Demoni della Gerarchia, “l'Angelo Gabriele ", che in realtà usa il metodo "dell’intersezione dei campi ", una delle tre forme di partenogenesi che esistono: in questo modo, si imitava anche la Vergine di Agartha, Ama, la Madre di Navutan , che era rimasta incinta su Venere da un altro "Angelo", il "Serafino Lúcifer". Il maestro Gesù avrebbe animato durante trent'anni quel corpo superiore, ma sarebbe stata la setta essena quella che durante tutto quel tempo sarebbe stata incaricata di sviluppare le sue potenzialità esoteriche, allenandolo nei segreti della Cabala acustica. In questo compito gli Esseni sarebbero assistiti dai Maestri della Gerarchia, e questi dagli Dei Traditori; tutta Chang Shambalá si era concentrata nel sostenere il Messia poiché dal successo della sua missione sarebbe dipesa in larga misura la futura "evoluzione" dell'Umanità. Se l'opera del Messia avesse trionfato tutta l'Umanità sarebbe stata "civilizzata", cioè giudaizzata, e sarebbero finite le "barbarie", cioè il ricordo mitologico dei Divini antenati. La cosa più terrificante di questa congiura fu quella che il Demiurgo e i suoi Demoni contavano questa volta con la Memoria del Sangue che i lignaggi iperborei ancora mantenevano su Kristos di Atlantide per "attrarli" verso la sua imitazione, il Gesù Cristo, e per mezzo di una fantastica confusione, sottometterli definitivamente. Con che colossale ipocrisia fu stata pianificata ed eseguita la truffa! Dopo Gesù Cristo chi sarebbe stato già in grado di distinguere tra il Kristos di Atlantide e il sua caricatura? Solo pochi hanno sospettato dell’inganno, Gnostici, Manichei e Catari, e contro di loro è caduto l'anatema delle Forze Oscure, la persecuzione e l’annientamento. È che questo Gesù Cristo, come archetipo Giudaico che è, consente molte interpretazioni, tutte "legali", secondo il convenienza della Sinarchia: c'è un Cristo redentore; un Cristo di pietà; un Cristo "che verrà"; un Cristo-Dio, un Cristo-uomo; un Cristo rivoluzionario sociale; un CristoCosmico; un Cristo-Avatar, ecc. Ciò che non sarà mai più permesso di concepire (o "ricordare") a nessuno è un Kristos de Luce increata, cioè un Kristos Lucifer. Dopo Gesù Cristo questo sarà il peccato più grande, la più grande eresia e il castigo meritato sarà una punizione esemplare.

"Nell'anno 30 dell'Era cristiana il Verbo si fece carne e dimorò tra i uomini." Colui per mezzo della cui Parola è stato creato il Mondo, si vestì con la veste del suo Archetipo Ebraico, Malkhouth e si manifestò agli uomini nella persona di Gesù di Nazareth. Fenomeno dei fenomeni, Meraviglia delle meraviglie, che spettacolo prodigioso deve essere stato vedere il Demiurgo diventare un uomo! Bisogna riconoscere che questa volta ci fu un’innegabile qualità nella sua infernale idea di imitare il Kristos di Atlantide e approfittarsi della Memoria del Sangue degli uomini. Il risultato è alla vista. A poco a poco i popoli abbandonarono le "barbarie" e la "Civiltà" si estese fino agli ultimi angoli della Terra. E gli uomini lentamente ma inesorabilmente si sono adattati al modello psicologico ebraico. Come si raggiunse questo successo? Per colpa di quale alchimia collettiva l’effimera vita di Gesù Cristo è riuscita a influenzare i popoli per millenni fino a condurre alla loro completa giudaizzazione? Fu solo il Ricordo del Sangue di Kristos del Atlantide quello che determinò un tale risultato o ci furono altri fattori nascosti che contribuirono alla confusione dell'Umanità e alla sua attuale giudaizzazione? Senza entrare in troppi dettagli, dato che l’argomento è veramente esteso, posso dire che l'Archetipo Ebraico di Gesù Cristo, che si trovava come tutti gli Archetipi, nel Piano Archetipico, fu precipitato nel piano fisico o aggiornato durante l'incarnazione del Demiurgo nel corpo di Gesù di Nazareth. Tale aggiornamento dell'archetipo Malkhouth significa che si è stabilita una forza permanente sulla Terra, che agisce in modo equivalente a quella gravitazionale "spingendo" l'uomo in direzione della forma ebraica. Esso è dovuto a una ragione che è anche un terribile segreto: Gesù Cristo non è disincarnato! Al contrario, da allora si è situato "al centro della Terra", insieme al Re del Mondo, irradiando da lì il suo" potere archetipico" (oggi diremmo "informazione genetica") in infiniti assi geotopocentrici che partono dal centro della terra e attraversano la spina dorsale degli uomini. Questa è la forza archetipica permanente di Gesù Cristo. Ma non è l'unica: agisce anche sull’uomo un'influenza ebraica emozionale, irradiata dal "popolo eletto" di Israele poiché la Sacra Razza forma parte dell’anatomia occulta della Terra svolgendo la funzione di chakra del cuore o Anhata chakra. Con rispetto all'ultima domanda, vale la pena notare che “l’animale-uomo” creato dal Demiurgo milioni di anni fa perché "evolvesse" secondo il Piano che seguono i Sette Regni della Natura, tendeva naturalmente a conformare un tipo che rispondeva ad alcuni Archetipi basici. Tuttavia, dall’ anno 33 dell'Era Cristiana, si può essere certi che l'Archetipo ebraico di Gesù Cristo è adesso l'archetipo psicologico dell'uomo, cioè, il tipo verso cui tende l'evoluzione. Questo significa che tra gli uomini, chi possiede, a causa dell'antico Mistero di A-mort, un patrimonio animale, le tendenze animali lo condurranno inconsciamente verso l'Archetipo ebraico. Solo la purezza del sangue potrà evitare la predominanza delle tendenze animali e il conseguente pericolo di corrispondere psicologicamente con l’Archetipo ebraico. Ho già mostrato come il Demiurgo portò il conflitto originale sul terreno di un confronto razziale, dopo aver creato la Sacra Razza a imitazione dei lignaggi iperborei divinizzati dal Gral. Adesso abbiamo appena visto come una nuova imitazione, questa volta di Kristos Lucifer, ha significato un'altra svolta distruttiva contro i lignaggi iperborei. La potente forza modellante dell'Archetipo Ebraico di Gesù Cristo, che agisce dal centro della Terra in ogni momento e luogo, ha aumentato enormemente il sogno in cui si trovava immersa fin dall’antichità la "Consapevolezza del Sangue" degli uomini. Sul campo di battaglia del sangue combattono adesso senza quartiere due forze esoteriche: la Canzone degli Dei e la tendenza archetipica giudaica di Gesù Cristo. E il "risveglio" è

diventato, allora, una lotta terribile e disperata combattuta dentro e fuori di ognuno, spesso inconsciamente. Ecco perché, dopo Gesù Cristo, non sarà più possibile qualificare persone o organizzazioni, ma si dovrà affrontare specificamente il grado di confusione degli uomini. Deve essere così perché in molti casi intere organizzazioni sinarchiche possono cadere sotto il comando di un uomo improvvisamente consapevole di alcuni principi iperborei (prodotto della lotta esoterica che si combatte nel suo interiore), che potrebbe persino "torcere" momentaneamente il corso di questa. E, viceversa, in altri casi può accadere che un gruppo qualificato come "Iperboreo" sia condotto da personaggi più o meno giudaizzati. All’estremo avremo ebrei (ebrei di sangue) che si ribellano a Jehovà e cercano drammaticamente di recuperare la loro eredità iperborea, caso che può succedere più spesso di quanto si immagina, come troveremo molte volte persone che "di Sangue" dichiarano di essere perfetti "ariani" ma che dimostrano psicologicamente di essere più ebrei del Talmud. Un esempio lo otterremo in modo eloquente osservando la Chiesa Cattolica nella quale convivono gli adoratori di Gesù Cristo e del Demiurgo insieme a sacerdoti nazionalisti e patrioti che servono la causa di Kristos Lucifer e gli Dei Leali senza saperlo. Bisogna quindi essere prudenti nel qualificare le organizzazioni umane e, persino in quelle chiaramente sinarchiche, detenersi sempre a valutare il grado di confusione degli gli uomini con cui si tratta. È considerata una mostra di abilità strategica la capacità di localizzare "l’uomo giusto", anche all'interno di un'organizzazione sinarchica come la Massoneria, a cui parleremo più avanti cercando di isolarlo dall'organizzazione in cui milita (facendo appello all'applicazione della legge del recinto) in modo da potersi dirigere mediante i simboli appropriati alla sua parte iperborea. Un esempio di ciò che stavo dicendo lo costituisce il caso dell'eresia soteriologica, di Pelagio, chiamato anche "Pelagianesimo". All'inizio del V secolo questo Vescovo britannico cominciò a difendere la teoria che l'uomo, da solo, è sufficiente per essere protagonista della sua salvezza. Questo è possibile, secondo Pelagio, perché "c'è nell'uomo un principio di perfezione spirituale". È evidente, quindi, che in Pelagio predominava il lignaggio iperboreo. Il suo Sangue Puro ben presto gli permise di notare che la "salvezza" dell'uomo (il suo "orientamento") dipendeva da "un principio spirituale", che doveva essere "scoperto" e "Coltivato" internamente. Però dove la posizione "eretica" di Pelagio risultava più chiara era in relazione al peccato originale: l'uomo non ha peccato in assoluto e "se Adamo peccò, il suo peccato morì con lui; non si trasmise alla discendenza umana." In definitiva, "l'uomo è libero" e "nato senza peccato"; di lì a criticare l'ingiustizia del dolore e della sofferenza, o qualsiasi altra punizione imposta da Jehovà Satanàs , era solo un passo. Di conseguenza la persecuzione contro Pelagio iniziò immediatamente e non si concluse fino alla sua eliminazione, in Africa; fu portata avanti dalle più importanti autorità ecclesiastiche della sua Epoca, cosa che prova la paura che le sue idee producevano, tra coloro tra i quali si distinguevano i Papi Innocenzo I e Zosimo, San Geronimo e l'apostata gnostico Sant'Agostino. Nel Sinodo di Cartagine dell’anno 411, furono condannate sette proposizioni, sintesi della sua dottrina. Vale la pena ricordarle ora per verificare che siano derivate dalla Saggezza Iperborea. Ecco le sette proposizioni condannate:

1 - Adamo, mortale per la sua creazione, sarebbe morto con il peccato o senza di esso. 2 - Il peccato di Adamo ha danneggiato solo lui, non il lignaggio umano. 3 – I Bambini appena nati i nati si trovano in quello stato in cui si trovava Adamo prima della sua prevaricazione (cioè: prima di assaggiare il frutto proibito del Gral). 4 - È falso, che né per la morte né per la prevaricazione di Adamo deve morire tutta l'umanità e che dovrà resuscitare per la risurrezione di Gesù Cristo. 5 - L'uomo può facilmente vivere senza peccato. 6 - La vita corretta, di qualsiasi "uomo libero", conduce al Cielo allo stesso modo del Vangelo. 7 - Prima la venuta di Gesù Cristo ci furono uomini "impeccabili", cioè, che in effetti non peccarono. Quarantasettesimo giorno Sintesi generale della Saggezza Iperborea: Mentre i Golen marciavano con i Celti in Europa, il Regno di Giuda, in Medio Oriente, era distrutto da Nabucodonosor e la sua popolazione portata prigioniera a Babilonia nell'anno 597 A.C. Furono liberati nel 536 e, vent'anni dopo, nel 516, ricostruirono il Tempio di Salomone senza trovare l'arca con le Tavole della Legge. Nel IV secolo furono dominati dai Greci di Alessandro e nel secolo II si allearono con i Romani contro i Greci (140 A.C.). Dopo la morte di Giulio Cesare il Senato di Roma concesse il titolo di Re di Giudea a Erode I, nell'anno 37 A.C. e nel primo anno dell'Era cristiana (o 4 A.C. se si vuole) nacque il Salvatore, Gesù di Nazareth, il Cristo. Dopo Erode I Romani tolsero al popolo eletto la possibilità di avere un Re della sua discendenza e collocarono al potere una serie di procuratori che tentarono invano di dominare la crescente agitazione sociale. La "Crocifissione di Gesù Cristo", che non successe, o "la lotta contro i cristiani", che di solito viene data come spiegazione dell'atteggiamento bellicoso e suicida degli ebrei, non sono corrette, essendo la vera causa del disagio il fatto, percepito da tutti i membri della Razza Sacra, che l'Archetipo Ebraico "sarebbe stato gettato ai gentili." Era palpabile per loro, in virtù della condivisione della sostanza del Demiurgo, l'azione giudaizzante che si sarebbe svolta da allora in poi su tutto mondo. Ciò che non era così chiaro per loro era: in che modo, dopo la presenza di Gesù Cristo avrebbe potuto adempiere l'antica alleanza con Jehovà Satanàs, la promessa che il sacro lignaggio avrebbe ereditato il potere sulle altre nazioni? Ci sarebbero voluti diversi secoli e il lavoro di eminenti Rabbini Cabalistici per fare in modo che gli ebrei recuperassero la fede nel loro ruolo nella Storia. Mentre quel momento arrivava, la pazienza dei Romani finì molto prima: nell’anno 70 D.C. il generale Tito distrusse Gerusalemme, il Tempio di Salomone e "disperse" gli ebrei in ogni angolo dell'impero romano. Con la Diaspora dell'anno 70 inizia la storia moderna del Popolo Eletto, il cui culmine sta per avere luogo nei nostri giorni, quando la Sinarchia trasferisca nelle sue mani la totalità del potere mondiale. Quando nel 313, l'Imperatore Costantino il Grande riconobbe il Cristianesimo come religione ufficiale dell'Impero Romano, iniziò un'Epoca difficile per la Razza Sacra. La ragione era che nei popoli recentemente cristianizzati, predominava più il Ricordo di Sangue di Kristos Lúcifer che l’Archetipo giudaico di Gesù Cristo, fatto che di solito portava a un diffuso sentimento antiebraico. Anche se a lungo termine avrebbe finito per trionfare l’influenza permanente del "raggio geotopocentrico" di Gesù Cristo, sul ricordo iperboreo e le masse avrebbero finito per essere giudaizzate, ma nel frattempo la Razza

Sacra avrebbe corso il pericolo di essere sterminata. Ma la "minaccia" sarebbe stata presto esorcizzata. Se esisteva davvero un pericolo effettivo contro gli ebrei è qualcosa che bisognerà dubitare poiché nel V secolo San Benedetto da Norcia fonda l'Ordine in cui entreranno, in massa, i Golen "cristiani" che s'impegneranno, da allora, nel compito di mediazione tra la Chiesa e la Sinagoga. Come descrissi nei giorni scorsi, le tavole della legge rimasero dove Salomone le aveva nascoste e furono scoperte solo dai Golen Templari nel Medioevo. Quelle tavole sono state fatte dal Demiurgo Jehovà Satanàs per imitare l'azione fondatrice del Gral. Dobbiamo indagare allora su cosa fosse il Gral, il "modello" metafisico delle Tavole. Contrariamente alla domanda sulle tavole della legge, che obbligò a fare riferimenti storici, la questione del Gral mi porterà in campo rigorosamente esoterico. Ma prima di tutto vale la pena di chiarire che la domanda è stata formulata male. Ho già chiarito che il Gral non deve essere cercato; aggiungerò ora che si tratta di un oggetto del quale non è possibile appropriarsi e che, pertanto, deve ancora trovarsi dove è sempre stato. È un errore, quindi, sia "cercare" il Gral, sia interrogarsi: cosa gli è successo? Ma, vi chiederete, come si deve affrontare questo Mistero, quindi, per ottenere qualche conoscenza aggiuntiva, libera da paradossi? L'unico modo, secondo me, per avanzare nella conoscenza del Mistero consiste nell’approfondire le analogie che collegano la "funzione orientativa" in direzione dell'Origine del Gral, funzione esterna, con le "vie segrete di liberazione spirituale" della Saggezza Iperborea, quelle che sono funzioni interne, "orientative verso l'origine". In questo senso, si può stabilire un'analogia molto indicativa tra la "Pietra del Gral" della Strategia Odal e il "lapis oppositionis" usato nella via “dell’Opposizione Strategica". Ho già spiegato, sinteticamente, che la Via dell'Opposizione Strategica consiste nell'uso della tecnica archemonica, cioè nella diposizione di un Archèmona o un Recinto Strategico e di un lapis oppositionis al di fuori del recinto, nella fenestra infernalis che dà al Valplads. Applicando la legge del recinto all’Archèmona si riesce a isolare la Piazza dal Valplads, cioè, si riesce a liberare un’area nel mondo del Demiurgo. Ma questo non è abbastanza: è necessario che gli iniziati si trovino fuori sincrono dal Tempo del Mondo e generino un tempo proprio, inverso, che gli permetta di dirigersi verso l'Origine. Per questo si esercitano nell’Opposizione Strategica contro i lapis oppositionis, che si trovano situati sopra una Runa nel Valplads, di fronte alla fenestra infernalis. Ora mi tocca avvicinarmi al Segreto più grande, quello che spiega il metodo impiegato dagli Dei per mantenere, permanentemente, eternamente se si vuole, il Gral nel mondo. Inizierò esaminando quanto segue: qual è la Residenza degli dei leali? Si può da una risposta nota, che ho ripetuto molte volte: gli Dei risiedono in K'Taagar, nel Valhalla di Agartha. Questa risposta è corretta, ma insufficiente, poiché sarebbe opportuno chiedere Cos'è il Valhalla? Dov'è? Di fronte a queste domande si possono adottare due criteri: uno, ricorrendo a elementi della mitologia nordica e dire, ad esempio, che "in cima al Frassino Iggdrasill c'è il Valhalla, luogo in cui i guerrieri uccisi in combattimento, governati da Wothan, risiederanno, ecc. "E un secondo criterio, che mi sembra più accurato, consistente nello svestire le risposte dagli ornamenti folcloristici ed esprimerli con simboli del Saggezza Iperborea, che può essere facilmente interpretata attraverso analogie. Con questo criterio è possibile affermare immediatamente che il Valhalla è la piazza liberata dagli Dei (o dagli Asi) da qualche parte nell'Universo dell'Uno. Questa

piazza, naturalmente, ha le dimensioni di un paese ed è totalmente fortificata. In essa vivono i Signori di Venere e moltissimi Dei e Valchirie, che si preparano permanentemente alla lotta mentre attendono la fine del Kaly Yuga e il risveglio degli Spiriti prigionieri. I suoi innumerevoli Dei guerrieri, immortalati con i loro corpi di vajra formano le file delle Wildes Heer, l’esercito furioso di Wothan, e vigilano le mura del Valhalla, anche se il Nemico non oserebbe mai affrontare una così spaventosa guarnigione iperborea. Gli Dei hanno liberato la fortezza di Valhalla applicando, con le Loro Potenti Volontà, la legge del recinto alle mura di pietra. La conquista del tempo proprio che regna nel Valhalla, e che li rende indipendenti da qualunque "ciclo" o "Legge" del Mondo del Demiurgo, deriva da una meravigliosa operazione di Opposizione Strategica. Ma: quale sarà stata la pietra, il lapis oppositionis, che gli Dei usarono nella loro Strategia Iperborea? Da quando successe il Conflitto delle Origini, milioni di anni fa, gli Dei praticano l’Opposizione Strategica contro una gemma preziosa extraterrestre facilitata a tale effetto dall’Affabile Signore, Kristos Lúcifer. Quella pietra si chiama Gral: "und dieser Stein ist Gral gennant ". (Wolfram Von Eschenbach). La relazione analogica tra Archèmona e Valhalla diventa ancora più evidente se si considera che il Valhalla possiede un "porta infernalis", equivalente alla "fenestra infernalis" dell’Archèmona. La porta infernalis è un'apertura nelle mura che è costantemente sorvegliato da attente sentinelle. Di fronte alla porta infernalis, ma al di fuori del Valhalla, cioè nel "mondo", si trova situato il Gral, sopra una Vruna; contro di esso, come è stato detto, gli Dei praticano l'opposizione strategica. È necessario approfondire un po' di più nella descrizione di questa disposizione dovuto alla sua straordinaria importanza per avvicinarsi al Mistero del Gral. Prima di tutto, dirò che il Gral, come lapis oppositionis, fu depositato all'Origine, su una Vruna e segue ancora lì: sulla Vruna e all’Origine. Non è un gioco di parole ma una proprietà del Gral che deve essere esaminata attentamente: il Gral, come riflesso dell'Origine non può divenire nel tempo a somiglianza delle "cose" materiali create dal Demiurgo; in altre parole: il Gral non può esistere nel presente. In verità il Gral si trova nel remoto passato, in quel tempo e in quel luogo in cui fu collocato, e quindi non deve essere cercato usando "movimento" (e tempo) per raggiungerlo poiché quell'atteggiamento mira verso il futuro, cioè nella direzione opposta, come ho già spiegato. Ma se il Gral si trova nel passato, se il tempo non lo trascina verso il presente con la sua fluidità irrefrenabile come succede con gli oggetti materiali, ed è sempre rimasto lì (nel passato), come siamo ne siamo giunti a conoscenza? E, cosa più importante, come può agire nel presente, come richiesto dalla Strategia Odal, prescindendo dal tempo? Cioè, in virtù di quale "elemento" il Gral si connette, "dal passato" con "il presente", per esempio, con un Leader Iperboreo? La soluzione a questi problemi ha costituito, fin dall'antichità, un Segreto pericoloso ... che ora proverò a rivelare. L'enigma si risolve ragionando in questo modo: sebbene il Gral sia rimasto sempre nel passato, proprietà che unicamente possiede nell’Universo la gemma di Kristos Lúcifer, lo stesso non è successo con la Vruna che lo sosteneva (e lo sostiene ancora). Ecco il grande segreto: mentre il Gral, riflesso dell’Origine Divino, rimane come tale "localizzato nell'Origine", la Vruna sulla quale fu appoggiato ha attraversato i millenni e ha raggiunto il presente. Certamente la Vruna "è sempre presente", che significa: "in qualsiasi circostanza storica". Parlerò un po' della Vruna. È conosciuta come Vruna dell’Origine o Vruna di Oricalco, ma è meglio chiarire che tali nomi non solo designano il "simbolo" della Vruna ma anche la Pietra terrestre che

fu la base d’appoggio del Gral. Ecco perché quando la Saggezza Iperborea si riferisce alla "Vruna de Oricalco" in realtà si sta riferendo a una pietra, molto antica, color azzurro viola, nella quale gli Dei incisero un segno vrunico di oricalco. Diventa necessario, quindi, conoscerne l'origine e la ragione della sua costruzione. Ho già menzionato in altre occasioni che in un principio gli Dei entrarono nel Sistema Solare "attraverso la porta di Venere" e che un gruppo di loro, gli "Dei Traditori", "si associò al Piano del Demiurgo provocando in seguito, in combinazione con questo, la catastrofe degli Spiriti prigionieri". Gli Spiriti Iperborei furono incatenati alla Materia per essere caduti in una trappola cosmica, il Mistero di A-mort, ma per ora non ne parlerò. L'effetto che si produsse nel mondo evolutivo del Demiurgo all’assimilare gli Spiriti confusi è quello che oggi chiameremmo: una mutazione collettiva. Al male dell'ordinamento imitativo della materia, fatto dal Demiurgo, si aggiunse il male della mutazione della sua Opera e l’incatenamento degli Spiriti, cioè, la modifica del Piano fatta dagli Dei Traditori. E per "controllare" una così maligna compagnia gli Dei Traditori decidono di fondare la Fratellanza Bianca, nella quale si devono organizzare le diverse manifestazioni deviche del Demiurgo. Il "quartier generale" del Potere, Chang Shambalá, è anche la chiave della mutazione collettiva dei sette Regni della natura. In effetti: in che modo il Demiurgo manteneva la stabilità della forma sulla Terra e come si assicurava, prima della mutazione, che i sette regni si evolvessero secondo il suo piano? Ci sono due principi coinvolti nell'esecuzione del Piano, uno statico e l'altro dinamico. Il piano si appoggia staticamente negli Archetipi e dinamicamente nel Respiro del Logos Solare. Vale a dire che era una forza procedente dal Sole, veicolo fisico del Logos Solare, che manteneva l’impulso evolutivo nei sette Regni della natura terrestre. Bene: per causare qualsiasi alterazione permanente nel Piano del Demiurgo è essenziale intercettare la corrente energetica che proviene dal Sole che, attraversando l'oceano di prana, converge sulla Terra. Per adempiere questa condizione gli Dei Traditori si installarono fin dall'inizio tra il Sole e la Terra, in una posizione fissa che non lascia passare mai neanche un raggio di luce, cioè, neanche un fotone, senza che prima sia stato intercettato. Questa affermazione può sembrare fantastica, e lo è davvero, ma più fantastica e insensata è stata la costruzione di Chang Shambalá, visto che quello che abbiamo descritto è la funzione "tecnica" della sede del Potere degli Dei Traditori. Ecco un altro "segreto" che non è più tale; la "posizione" di Chang Shambalá ora può essere determinata da questo dato: si trova sempre tra la Terra e il Sole. In realtà Chang Shambalá è molto vicino alla Terra, cosa che darà un'idea delle sue enormi dimensioni. Comunque qui non si tratta di un capriccio ma si dovette costruire in questo modo a causa della sua funzione modulatrice del plasma genetico solare. Certo, qualcuno dirà scioccamente che tutto questo è un'assurdità dato che "le tradizioni del Tibet e dell'India" affermano che Chang Shambalá "è un regno situato in Asia, tra i monti Altai, il deserto di Gobi e l'Himalaya". Senza dubbio un commento di questo tipo costituirà un'assurdità più grande delle mie affermazioni. In linea di principio le menzionate "tradizioni del Tibet e India "sono prodotti di disinformazione strategica che durante Secoli ha rilasciato la Fraternità affinché la verità sia ignorata. E in secondo luogo dirò che i dati più seri della Tradizione, ne esistono alcuni degni di credito, menzionano sempre la posizione di "La Porta de Chang Shambalá" e mai il Regno in se stesso. Questa sottile distinzione è altamente suggestiva perché il fatto che ci sia una porta in una certa posizione geografica non implica che il Regno sia immediatamente dietro. Potrebbe capirlo così a mente primitiva, condizionata dalla convinzione che la linea

retta sia la distanza più breve tra due punti, e infatti una cosa del genere accade frequentemente. Ma qui sto maneggiano le informazioni a un altro livello ed è per questo che anticiperò quattro versi del Canto della Principessa Isa, che già avrete l'opportunità di conoscere quando racconterò la storia di Nimrod, "Lo Sconfitto". "Anche se Dejung è lontana, le sue porte sono dappertutto. Dejung ha sette porte e sette mura la circondano ". A queste "porte indotte” si riferiscono le leggende orientali, le quali "sono ovunque" e conducono al Regno che, ovviamente, non occupa un semplice luogo geografico. Un riferimento a eventi così remoti, come l'associazione perversa tra gli Dei Traditori e il Demiurgo, aveva come fine servire da introduzione per un fatto che evidenzierò subito: quando il Demiurgo si accorda con gli Dei Traditori per cedere a questi ultimi il controllo della Gerarchia, gli consegna il segno Tiferet che rappresenta una delle dieci Sephiroth e consente il controllo totale sugli Aspetti formali della Creazione. Il segno di Tiferet è l'espressione simbolico della "manifestazione materiale degli Archetipi Divini", Aspetto che suole sintetizzarsi come "Bellezza del Demiurgo". Nel caso non si fosse capito è bene ripetere che i Demoni di Chang Shambalá rimasero in possesso di un segno che rappresenta tutto l’aspetto di Tiferet del Demiurgo, consentendogli di accedere a Lui e di condividere il suo Potere. Naturalmente, il segno Tifereth è la chiave di Maya, l'illusione del Reale, e quindi: il più terribile strumento di stregoneria. Chiunque osservi il segno di Tifereth, che è abbastanza complesso, "dal mondo", cioè, karmicamente incarnato, corre il rischio di inabissarsi perdendo immediatamente tutti i punti di riferimento e di conseguenza la ragione. Per questo motivo la Saggezza Iperborea consiglia di applicare la legge del Recinto al segno Tifereth per essere in grado di osservarlo senza pericolo. Non è inutile sottolineare che in qualsiasi offensiva iperborea contro i Demoni di Chang Shambalá, prima o poi, si produce un confronto con il segno Tifereth poiché si confida nella sua nefasta influenza per sconfiggere gli uomini risvegliati. Dopo che gli Dei Traditori ricevettero il segno Tifereth e costruirono Chang Shambalá non fu più possibile per gli Dei Leali rimanere sulla superficie terrestre. Ma non volevano neanche lasciare il Sistema Solare, lasciando dietro di loro a miliardi di Spiriti prigionieri. E allora pianificarono la Strategia Odal. Ma prima, che quadro presentava uno Spirito prigioniero? Fondamentalmente la perdita dell’Origine e il conseguente stato di incoscienza, cioè la perdita del tempo proprio. L’incatenamento alla materia inizia fondamentalmente dall’incatenamento al "flusso immanente della Coscienza del Demiurgo", cioè la sincronizzazione con Tempo del Mondo. Gli spiriti i prigionieri, legati al tempo, avrebbero impiegato milioni di anni per recuperare la loro coscienza, se mai un giorno l'avessero raggiunta. In queste circostanze gli Dei, in una meravigliosa dimostrazione di valore e audacia, iniziano la Strategia Odal. Il primo problema che dovevano affrontare era rimanere "indipendenti" del Tempo, ma non "al di fuori", dal momento che avrebbero dovuto seguire da vicino le disavventure degli Spiriti prigionieri per aiutarli a evitare la confusione strategica e, eventualmente, salvarli. D'altra parte, l'indipendenza dal tempo era necessaria perché gli Dei potessero conservare il loro tempo proprio, la loro consapevolezza dell'Origine, altrimenti avrebbero

rischiato di cadere anche loro nel Grande Inganno. Ma, mentre scorrevano gli eoni, gli Dei avrebbero dovuto disporre di un posto gradevole, adatto per essere occupato e difeso da una Guarnigione di terribili guerrieri stellari. Questi erano i problemi principali; ce n'erano altri, ma li ignorerò in omaggio alla brevità. Il procedimento da seguire fu il seguente. Gli Dei Leali cercarono un luogo sulla Terra adatto ai loro scopi. Siccome tale luogo stava per scomparire, dopo l’applicazione dell'Opposizione Strategica, non la scelsero all'interno di un continente perché avrebbe causato forse un cataclisma, che avrebbe ritardato ancora di più il destino degli Spiriti prigionieri. Cercarono invece tra le isole e ne scelsero una, situata in quello che oggi sarebbe l’ estremo nord, ma che a quei tempi era una zona tropicale, procedendo immediatamente a circondarla de un recinto. Essendo un'isola enorme il lavoro da fare, costruire delle mura ciclopiche di pietra attorno al suo perimetro, oggi sembrerebbe un compito impossibile. Ma la Saggezza Iperborea di cui disponevano gli dei diede loro le soluzioni per finire rapidamente con tale lavoro e in breve tempo mura colossali trasformarono l’isola paradisiaca in una fortezza inespugnabile. Non è possibile descrivere l'architettura extraterrestre delle mura perché mi perderei in spiegazioni e non avanzerei di molto. Dirò solo che, in alcune sezioni, la costruzione era simile alla fortezza pre-incaica di Sacsahuamán vicino a Cuzco, in Perù, ma tale somiglianza, devo anche dirlo, era molto approssimativa, dal momento che Sacsahuamán è ancora troppo umana. Nelle mura realizzarono un'unica apertura, cosa che sorprenderà chi non conosce i principi strategici della Saggezza Iperborea. E fuori da questa apertura, che ho già chiamato con una denominazione moderna: porta infernalis, fu collocata la Vruna di Oricalco. È giunto il momento quindi di tornare nuovamente al Grande Mistero. Il Grande Capo, Kristos Lúcifer, coraggiosamente installato in un luogo impensabile, dietro a Venere, come Sole Nero o espressione dell’Origine, decise di rispondere alla vile cospirazione degli Dei Traditori con un atto di guerra. Per compiere la sua volontà gli Dei Liberatori occuparono l'isola e costruirono le mura iniziando la Strategia Odal. Ma la Strategia Odal aveva per oggetto di "risvegliare" e "orientare" gli uomini, individualmente o razzialmente, come abbiamo detto; allora: in che consisteva "l’atto di guerra" con cui rispose Kristos Lucifer al Tradimento degli Dei di Chang Shambalá? In concreto: il colpo di stato fu dato dal Gral. La Gemma iperborea, rimossa dalla fronte dell’Affabile Signore e posizionata nel mondo del Demiurgo, avrebbe impedito ai Demoni di negare l'Origine Divina dello Spirito, poiché la sua ineffabile luminosità avrebbe emesso in ogni momento i riflessi della Patria Primordiale. Il Gral, al Divinizzare i lignaggi iperborei, costituiva il pericolo maggio perché minacciava di mandare al fallimento i piani infernali. Il conflitto sarebbe stato, da allora, eternamente proposto a chiunque riuscisse a svegliarsi, qualunque fosse l'inferno in cui si trovava, dal momento che il Gral sarebbe stato collocato nel piano fisico, cioè nella parte più bassa delle regioni infernali, e la sua luminosità sarebbe stata visibile da tutti gli angoli del Mondo, incluso il piano astrale e tutti quei "purgatori" che i Demoni preparano in quel piano per ingannare gli Spiriti; anche in quei piani così sottili delle monadi emanate dal Demiurgo, dove ci sono anche Spiriti iperborei completamente idioti, ai quali è stato fatto credere che "devono rimanere lì mentre i loro "altri corpi", più densi, si evolvono." E finalmente il Gral era, se mi si permette la metafora, un guanto gettato in faccia ai Demoni, per una sfida alla quale questi, per la loro vigliaccheria, non avrebbero risposto. Ma non era così facile ottenere che il Gral, una volta entrato nel piano fisico rimanesse semplicemente posizionato in un posto, per esempio in un altare. Per la sua

natura atemporale, come riflesso dell'Origine, il Gral come il vero diluente universale attraverserebbe tutto e si perderebbe di vista ... specialmente se per colui che lo osserva, trascorresse il Tempo del Mondo. Il Gral non può essere appoggiato su nessuna sostanza che fluisce a impulso del Respiro del Logos, cioè, che scorre nel tempo, perché si perderebbe nel passato, poiché la sua essenza si trova sempre nell'Origine. Cosa fare? Bisogna "preparare" una base d’appoggio materiale in modo tale da sorreggere il Gral anche se questo rimane nel passato e anche se il Tempo del Mondo trascorre efficacemente per detta base d’appoggio. Si può costruire qualcosa del genere? Solamente se tra la sostanza della base e il Gral è inserito un segno che neutralizza la temporalità. Questo significa che il segno deve rappresentare il movimento inverso a quello impiegato dal Demiurgo per costruire il Sistema Solare. Un segno del genere, che è il colmo dei simboli eretici, fu impiegato dagli Dei per costruire la base di sostegno del Gral, che ho chiamato Vruna di Oricalco. Attenzione a questo perché lo dirò una volta sola: dalla Vruna di Oricalco, che è un segno molto complesso e dal tremendo potere magico, è derivata dopo varie mutilazioni e deformazioni, la Runa Svastica, di cui si sono scritte tante assurdità. Per costruire la base del Gral scelsero una pietra cristallina di colore viola-blu, simile a un'agata. Nella sua parte superiore, in un'area leggermente concava, fu incisa una Vruna de Oricalco abilmente cesellata dagli Dei Leali. E una volta finita la base di appoggio, fu depositato fuori dalle mura dell’isola, in direzione della porta infernalis, ma a molte miglia di distanza, in una regione continentale. Sarà difficile per qualcuno immaginare il meraviglioso spettacolo del Gral discendendo nei sette inferni. Forse se si pensa in un Raggio Verde, di luminosità accecante e influenza gnostica sul veggente, dinanzi al quale i Demoni girano i loro fieri volti congelati dal terrore; un Raggio che, come la lama falciatrice di una Spada invincibile, sta dilaniando i quattrocentomila mondi dell’Inganno cercando il Cuore del Nemico; un Serpente Volante Verde che trasporta tra i suoi denti il Frutto della Verità, finora negata e nascosta; se si pensa nel Raggio, nella Spada, nel Frutto, nel Serpente, forse in questo modo sia possibile intuire cosa sia successo in quel momento cruciale quando la Verità fu posta alla portata degli Spiriti prigionieri. Sì perché dal momento in cui il Gral fu posizionato sulla Vruna di Oricalco, l'Albero della Scienza fu messo alla portata di quelli che, completamente confusi, vivevano nell'Inferno credendo di abitare in Paradiso. D’ora in avanti avrebbero potuto mangiare i suoi frutti e i loro occhi si sarebbero aperti! Alleluia per Kristos Lucifer, il Serpente del Paradiso! Alleluia per quelli che hanno mangiato il Frutto proibito: gli uomini risvegliati e trasmutati! Quale fu il seguente passo degli Dei? Prima della discesa del Gral, ma mentre questo fenomeno stava già accadendo in altri piani, applicarono la legge del recinto alle mura dell'isola isolando l'area interna da quella esterna. Per comprendere l'effetto prodotto da tale azione strategica, dobbiamo tenere presente che quella era la prima volta in cui veniva liberata una piazza nel Sistema Solare. Quando un anello di fuoco sembrò spuntare dalle mura imponenti e non permise più di vedere verso l'interno dell'isola, avvolta in una strana nuvola vibratoria e fiammeggiante, il Demiurgo cominciò a sentire amputata la sua sostanza. La Strategia degli Dei mirava a vincergli, non solo la zona piana dell'isola, ma anche i suoi rilievi, le sue montagne e valli, i suoi laghi e foreste, i suoi vegetali e i suoi animali; l'isola, un vasto paese, era anche una gigantesca Arca di Noè che avrebbe dovuto ricevere per millenni gli uomini che fossero riusciti a svegliarsi e

fuggire dalle catene materiali e anche quelli che avessero trasmutato combattere fino alla morte in battaglia. Un intero paese sottratto al controllo immanente del Demiurgo era una nuova esperienza, ma, comunque questo fosse stato possibile, la verità è che l'isola era ancora lì: nascosta da una barriera di fuoco ma nella stessa posizione. Ecco perché la reazione del Demiurgo fece tremare la Terra, cercando di affettare in qualche modo quel fenomeno incomprensibile e recuperare il dominio della "piazza". Terribili maremoti agitarono i mari adiacenti e venti mai visto soffiarono inutilmente contro le titaniche mura; il cielo si oscurò a causa delle nubi di cenere dei vulcani improvvisamente risvegliati e il fondo dell'oceano minacciava di aprirsi in due e cercare di ingoiare l'isola "liberata". Il mondo sembrava essere impazzito, mostrando lo spettacolo terrificante di tutte le forze della natura "fuori controllo", quando, "come se fosse il colmo delle abominazioni, il Gral discese sulla Terra". Cosa potrei aggiungere per dare un'idea di cosa successe lì? Ho già detto è molto difficile descrivere, e persino menzionare, un evento che generò un'irritazione perpetua nei Demoni. Forse questo commento vi dica qualcosa, Dottore, se ricorda le spiegazioni cabalistiche di Bera e Birsa: "quando il Gral cadde sulla Terra, oltre i “trecentosettanta volte diecimila Mondi”, il Grande Volto dell’Anziano lanciò un grido di orrore che ancora si sente riverberare ai confini di Cosmo". Non appena il Gral si posizionò sulla Runa di Oricalco gli Dei Leali praticarono l'Opposizione Strategica riuscendo, ora si, a far diventare invisibile l'isola fortificata e scomparendo per sempre dalla superficie terrestre. Da quel momento in poi gli uomini addormentati avrebbero parlato del Valhalla, la dimora degli Dei, e anche di Iperborea, "l’isola inghiottita dal mare", infatti il Mito originale, trasmesso carismaticamente dagli Dei, ha sofferto diverse cadute nell'essoterismo a causa dell'impurità di sangue degli uomini addormentati

Quarantottesimo giorno Sintesi generale della Saggezza Iperborea: La domanda che ha iniziato il precedente commento esoterico diceva: che cosa ne è stato del Gral...? Come risposta, è stato riscontrato che è sbagliato indagare sul Gral poiché questo si trova virtualmente all’Origine, e non si è mai mosso da lì. La sua base d’appoggio, invece, la Vruna di Oricalco, possiede le dimensioni di un oggetto materiale e si presume che, in gran misura, questo sia influenzato dalle leggi fisiche. Si può quindi riformulare il problema: cosa è successo alla Vruna di Oricalco? Continua sostenendo la gemma di Kristos Lúcifer? Nel’ultimo caso, la risposta è affermativa: la Vruna di Oricalco è stata fin da allora il sostegno del Gral, situazione che non è cambiata affatto nei tempi moderni. Per quanto riguarda la prima domanda, deve essere chiaro che sarebbe un compito impossibile riassumere qui l'itinerario completo seguito dalla Vruna di Oricalco fino ai nostri giorni; ci costringerebbe a menzionare Civiltà scomparse e, molte di esse, completamente sconosciute alla cultura ufficiale. Farò riferimento perciò ai tempi storici, iniziando con lo stabilire alcune linee guida che ci permetteranno di affrontare correttamente il problema, evitando così molte superstizioni o false informazioni.

1°. - La Vruna di Oricalco è stata confusa molte volte con il Gral. In effetti, ho già dimostrato perché il Gral non dovrebbe essere cercato; tuttavia, in alcune occasioni c'è stato effettivamente un trasporto e si è pensato, giustamente, che si trattasse del Gral. Ma il Gral non è un oggetto del quale ci si possa appropriare e ancor meno un oggetto da manipolare o trasportare. Con ogni probabilità ciò che è stato trasportato è la Vruna di Oricalco, nell'ambito di una Strategia razziale. In questo caso non si può attribuire la colpa della confusione solo all'azione strategica del nemico perché, nel pervertimento degli antichi Miti iperborei, la più grande responsabilità ricade nell'impurità di sangue degli uomini. 2°. - La presenza della Vruna di Oricalco tra i membri di una comunità di lignaggio iperboreo ha la virtù di favorire il legame carismatico e legalizzare il comportamento dei suoi leader. 3°. - La presenza della Vruna di Oricalco è la presenza del Gral e il popolo a cui gli Dei abbiano affidato la loro custodia è, senza dubbio, in quel momento, il lignaggio iperboreo più puro della Terra. 4°. - Per certificare se un certo popolo è stato in possesso della Vruna di Oricalco è necessario studiare la sua architettura iperborea di guerra: Il possesso della Vruna di Oricalco esige la costruzione di strutture di pietra con peculiari proprietà topologiche. Queste costruzioni possono non sembrare fatte per la guerra, ma tale apparenza obbedisce esclusivamente all'ignoranza esistente a proposito della strategia Iperborea. Ne è un esempio il "castello" di Montsegur, sul monte Pog, nella Languedoc francese. Questa costruzione, che non è una fortezza né molto meno, si innalzò per permettere alla setta iperborea dei Catari di poter ricevere e conservare la Vruna di Oricalco. I principi predominanti sono quelli della "legge del recinto" e "dell'opposizione strategica" essendo un compito inutile provare a fare di Montsegur un osservatorio astronomico o un tempio solare. Ma siccome l'architettura di Montsegur è stata proiettata in funzione della Vruna di Oricalco, chi non riesce a carpire questa chiave non arriverà mai a un qualsiasi risultato positivo. 5°. - Dobbiamo distinguere tra la sede del Gral, che chiamiamo Vruna di Oricalco e il Segno dell’Origine, che la Vruna de Oricalco rappresenta. Ho detto che sulla pietra viola blu gli Dei incisero una figura di Oricalco e chiamarono l’insieme, pietra e figura, Vruna di Oricalco. Ma il Segno dell’Origine, che fu scolpito in Oricalco e incastonato, possiede per se stresso il potere di presentare "affinità" con il Gral. Ecco perché molti lignaggi iperborei, che non raggiunsero l'Alto Onore di custodire la Vruna di Oricalco, ricevettero in cambio il Segno dell'Origine come premio per il loro Sangue Puro e il riconoscimento dello sforzo impegnato nella loro Strategia. È così che il Segno dell’Origine ebbe, nel corso della Storia, una particolare proliferazione tra certi lignaggi che orgogliosamente lo incorporarono ai loro stendardi. Naturalmente; i Leader cercarono in principio di velare parzialmente il suo contenuto simbolico semplificando la figura, cioè, rimuovendo alcuni elementi suggestivi, però, dopo la caduta nell'essoterismo e la volgarizzazione, il vero aspetto del Segno dell’Origine fu dimenticato; ho già detto, ad esempio, che la svastica procede per mutilazione e deformazione da quel Segno primordiale. Tuttavia, in molti casi, a causa della straordinaria purezza di sangue di qualche lignaggio, il Segno dell’Origine fu esposto completo, permettendo ai Leader di usare il loro enorme potere per proiettare la luce del Gral sulla massa del popolo. Potrei dare diversi esempi di comunità asiatiche portatrici del Segno, ma abbiamo a portata di mano il caso

dei Sassoni che avevano inciso il Segno dell’Origine su un tronco d'albero, che consideravano una colonna del mondo, universalis columna. Il fine di una così audace determinazione merita un commento. Quando nel 772 Carlo Magno conquistò il Teutoburger Vald (la Foresta di Teutoburgo) e procedette rapidamente a distruggere il tronco di Irminsul e uccidere cinquemila membri della nobiltà sassone. Non soddisfatto di questo, dopo tre decenni di resistenza eroica, la razza sassone, di purissimo lignaggio iperboreo, fu totalmente "cristianizzata" (previa esecuzione dei suoi germogli (generazioni) più puri). Ho saputo che molti tedeschi istruiti considerano "fortunata" quella terribile campagna carolingia. Così, per esempio, il professor Haller dice senza arrossire che "senza la sottomissione dei sassoni oggi non ci sarebbe una nazione tedesca" poiché "per divenire storico della nazione tedesca, come è oggi, l'incorporazione dei sassoni all’impero di Carlo Magno era una condizione previa indispensabile." Quest’opinione si basa sull'analisi "a posteriori" di fatti storici e per questo, considerando che l'estinzione della dinastia carolingia rese possibile duecento anni dopo che il sangue sassone arrivasse con Ottone I di Sassonia a mettersi al comando del mondo occidentale, si da per scontato che la dominazione e la "conversione" dei Sassoni furono "necessarie" e positive. Ecco la mia modesta opinione: la Giudeo-cristianizzazione dei sassoni rappresenta il colpo più duro che il Poteri infernali assestarono ai lignaggi iperborei durante l'Era cristiana, maggiore anche a quella della conversione dei Vichinghi, dei Celti o della distruzione dei Catari, solo paragonabile all'annientamento dei Regni Goti. E la distruzione dell'albero Irminsul, con la perdita per occidente del segno dell’Origine, è una catastrofe che è molto difficile da valutare. 6°. - Non è essenziale, neanche necessario, che la Vruna di Oricalco si trovi nel cuore di un popolo per far sì che l'influenza del Gral agisca su di esso. Il Gral agisce sugli uomini dall’Origine, proprietà che non può essere influenzata da nessuna variabile fisica, sia dove sia che si trovi la Vruna di Oricalco. Ecco perché in qualche misura è assurdo attribuire a questo o quel popolo all’aver raggiunto "un alto grado di Civiltà" perché "era in possesso del Gral", dal momento che il Gral non può essere in possesso di nessuno perché è, per ordine dell’Affabile Signore, la prova della Divinità di tutti gli Spiriti prigionieri Quello che un popolo può avere in custodia è la Vruna di Oricalco, ma solo come premio e riconoscimento per la purezza razziale ottenuta in precedenza. Ciò significa che avere la custodia la Vruna di Oricalco non è la causa della grandezza di un popolo, ma che inversamente, la purezza del suo lignaggio lo ha reso meritevole dell'Alto Onore di essere depositario della sede del Gral. Ma, mentre la Vruna de Oricalco viene data solo a coloro che meritano averla, è vero che la sua presenza ravvicinata influenza il medio ambiente creando a microclima mutante. Ecco perché gli Dei sono soliti depositare la Vruna di Oricalco, durante le Epoche Oscure, in luoghi appropriati per influenzare i lignaggi meno confusi. 7°. - Da tutto ciò che è stato detto fino ad ora, si evidenzia l'importanza capitale che avrebbe avuto per una comunità di lignaggio iperboreo ottenere la custodia della Vruna di Oricalco. Pertanto, è necessario discutere di questa possibilità. Il problema può essere riassunto nella domanda: perché un RE o chiunque eserciti la Funzione Reale, ha bisogno di trovare il Gral, cioè il Vruna di Oricalco? In questo momento, dottor Siegnagel, vi invito a una breve riflessione sull'atteggiamento che dovrebbe essere adottato quando si prende conoscenza di fatti compiuti dagli Dei Liberatori, e quindi vi darò risposta al problema approfondendo un po' di più sulla simbologia del Gral.

Si richiede una profonda meditazione sui simboli che ho presentato per cogliere il loro significato ultimo, che deve sempre essere percepito come drammatico e tragico, pieno di urgenze spirituali. Nessuno che ha preso consapevolezza dell'incredibile sacrificio fatto dagli Dei mantenendo il Gral dentro il mondo per milioni di anni attraverso l'Opposizione Strategica, cioè, da un costante e continuo atto di Volontà, nessuno che lo abbia capito, ripetiamo, può rimanere impassibile, nel mezzo della confusione, senza provare l'urgenza di liberarsi dalle catene del Demiurgo e di partire, cercando di alleviare, in qualche modo il compito degli Dei. Nessuno che verifichi con il suo sangue la verità di questi simboli potrà impedire che l'Onore, l'unica morale dell'uomo, lo esorti con insistenza ad "abbandonare tutto" e partire. Ma quella partenza sarà "con le armi in mano", pronto a dare battaglia senza quartiere ai Demoni e sentendo che il sangue è acceso per il Furore del Guerriero; per "l’ostilità essenziale" verso l’opera del Demiurgo, trasmutando la debole sostanza organica del corpo fisico in vajra, materia incorruttibile. È il minimo che l'uomo possa fare per rispondere in qualche misura all’aiuto che gli Dei hanno prestato ai lignaggi iperborei, rendendo possibile con la loro Strategia Iperborea che il Gral fornisse prova dell'Origine Divina. Ritorno ora alla domanda in sospeso. La Pietra-Gral, la Gemma di Kristos Lúcifer, è sostenuta nel mondo dall'Opposizione degli Dei, dove assolve la sua funzione di riflettere l'Origine e Divinizzare i lignaggi iperborei, ma, poiché è temporaneamente correlata con il Valhalla, indica anche, a ogni uomo risvegliato, un sentiero verso la dimora degli immortali. Quel cammino è quello che seguono i Guerrieri caduti in battaglia, gli Eroi, i Campioni, guidati dalle donne iperboree, che gli furono promesse all'alba dei tempi che durante migliaia di anni, a causa della paura che gli avvelenava il sangue, avevano dimenticato. Se il coraggio dimostrato nell'impresa è stato sufficiente come epurazione, immancabilmente Lei sarà lì, accanto al Guerriero caduto, per curare le sue ferite con l’Amort gelato di Iperborea e guidarlo nel sentiero inverso che conduce al Valhalla. E quel sentiero inizia nel Gral. Alla Casa di Tharsis, per esempio, gli Atlanti Bianchi promisero che un giorno, quando il Sangue dei Signori di Tharsis fosse sufficientemente purificato, un Noyo o una Vraya avrebbero visto nella Pietra di Venere il segnale litico di K'Taagar, che avrebbe indicato il momento della partenza: tale segnale avrebbe mostrato, il sentiero verso il Valhalla, la Dimora degli Dei Leali. Ma non si deve pensare per questo che la Luce del Gral punti alla salvezza individuale degli uomini addormentati, per quello si dispone del "Canto degli Dei" e delle sette Vie segrete di liberazione spirituale. Al contrario, all'interno della Strategia Odal il Gral deve svolgere il ruolo fondamentale di ripristinare la Funzione Reale, cioè: deve servire a un proposito razziale o sociale. Ecco perché il Gral sarà richiesto in tutti i casi in cui si tenta di instaurare l'Impero Universale o qualsiasi altro sistema di governo basato sull'applicazione sociale della legge del recinto: monarchia, fascismo, nazionalsocialismo, aristocrazia dello Spirito, ecc. I fatti storici che portano alla "ricerca del Gral", sempre simili, possono essere riassunti simbolicamente come segue. In principio il Regno è "terra gasta" o il "Re è malato" o semplicemente il trono è rimasto acefalo, ecc. Possono esserci molte interpretazioni, ma essenzialmente il simbolo si riferisce a un esaurimento o decadimento della guida carismatica e a un vuoto di potere, sia che il governo lo eserciti un Re, una Casta o un’Elite. I migliori Cavalieri partono per "cercare il Gral", nel tentativo di porre fine al mali che affliggono il Regno e riportare l'antico splendore. Solo uno riesce a trovare il

Gral e restituire il benessere al Regno, che sia "guarendo il Re "o" incoronando se stesso". Curiosamente, il cavaliere trionfante è sempre presentato come "tonto", " pazzo puro", "ingenuo", ma soprattutto come "plebeo". I "migliori Cavalieri" sono equivalenti a tutte le molteplici forze sociali che sono pronte a gettarsi sulla funzione Regia quando c'è una mancanza o un vuoto di potere. Alla fine, "uno di loro" trionfa e ripristina l’ordine nel Regno; "Era il cittadino comune e ora è il Re, con l'approvazione e il consenso del popolo". Nella mia interpretazione questo significa, evidentemente, che una "forza sociale" ha prevalso sulle altre (gli "altri "Cavalieri") e ha sostituito l'ordine esistente con un Nuovo Ordine, accettato all'unanimità dal popolo. Ma se il problema si riduce a una semplice lotta per il potere: perché ha bisogno il nuovo Re (o nuova Elite, Aristocrazia, Casta, ecc.) di trovare il Gral?: perché il Gral conferma la Funzione Regia. Quando in tempi di crisi un’Elite o un Leader Carismatico accede al potere, con intenzioni di restaurazione reale, deve affrettarsi a legalizzare la sua situazione altrimenti un'altra Elite o Leader arriverà a mettere in dubbio i suoi titoli e proverà inoltre a occupare il posto vacante, succedendosi così una serie infinita di battaglie, politiche o militari. Ma se c'è una lotta per il Potere nessuno ne ha il controllo e può accadere che alla fine il Regno finisca diviso tra diverse fazioni. È necessario risolvere la questione, consultare un giudice infallibile, un'autorità indiscussa e trascendente. Qui è dove sorge la necessità di ricorrere a Gral, perché il Gral? Perché il Gral è anche la Tabula Regia, la '"lista di" Re"; esso indica chi deve governare, a chi corrisponde essere il Re, perché esso rivela chi ha il Sangue Più Puro. Ma questa rivelazione non è semplicemente oracolare e arcana, se non che per la mediazione del Gral la purezza del Leader, il suo diritto a Condurre, sarà conosciuto da tutti e riconosciuto da tutti, carismaticamente. Da lì che il pazzo puro, di lignaggio iperboreo ma di Stirpe plebea, dopo "aver trovato il Gral" è "riconosciuto dal popolo" come Re indiscusso. Quando un lignaggio iperboreo si affida alla luce del Gral per l'elezione dei suoi Leader si può affermare giustamente che si succederà una dinastia di "Re del Gral". Durante il regno di uno di questi può accadere che il lignaggio raggiunga un così alto grado di purezza che diventa degno di ottenere la custodia della Vruna di Oricalco. Questo è quello che è successo, per esempio, nel XIII secolo nella contea francese di Tolosa quando la Vruna di Oricalco fu affidata ai perfetti Catari. Si ribatterà, contro questa affermazione, che i Catari erano Manichei, cioè eredi di una tradizione gnostica, e questa è la ragione per la quale furono annientati, essendoci solo una relazione circostanziale tra loro, i Conti di Tolosa e la popolazione occitana. Tale argomento, di origine Golen moderno, cerca di distogliere l'attenzione dal fatto più importante dell’epopea catara: la sua relazione con il Gral. Il fatto che fossero gnostici, cosa che nessuno contesta e che insegnassero una delle sette vie segrete di liberazione basata sulla Canzone di A-mort degli Dei Leali, origine della cultura dei trovatori, cosa che pochi conoscono, non spiega affatto la sua la relazione con il Gral. Il Gral nel quadro della Strategia Odal, ha un significato puramente razziale. Se la Vruna di Oricalco fu affidata ai Catari, fu perché partecipavano attivamente a tecniche di trasmutazione collettiva, che non possono escludere la Funzione Regia, e non semplicemente "perché erano di filiazione Gnostica." Un tema collegato alla proprietà che possiede il Gral di essere una Tabula Regia è quella del Messia Imperiale e della sua imitazione: il Messia ebraico. In linea di principio

dirò che si è Re del Gral per la purezza del sangue, attributo assolutamente individuale ciò non dipende né dalla Razza, né dalla Stirpe, né da nessun altro patrimonio materiale. Un Re del Gral esibisce virtù puramente personali tali come il Coraggio, l’Intrepidezza o l’Onore e non basa mai il suo prestigio sui beni materiali o nel valore dell'oro. L'autorità di un Re del Gral, per questi ragioni, proviene esclusivamente dal suo carisma personale, che si estende al il resto del popolo grazie alla "connessione" stabilita tra il Re e ciascuno uno di loro, nel loro sangue, attraverso il Gral: questo è il principio della Mistica psicosociale. Ecco perché un Re del Gral, nella sua comunità, è riconosciuto dal popolo. Naturalmente, tutti i popoli avrebbero il loro Re del Gral se l'azione della Sinarchia e della Razza ebraica, con la sua "Democrazia", "Socialismo", "Comunismo", ecc., non avessero usurpato la Funzione Reale. In ogni caso, possiamo chiedere: ci sarebbe, universalmente, per i lignaggi iperborei, la possibilità che un Re del Gral fosse riconosciuto da tutti? Si tratterebbe in questo caso di una persona di purezza innegabile la cui maestà risulterebbe evidente a tutti i lignaggi della terra, quelli che potrebbero accettare o meno la sua potestà ma che non potrebbero negare il suo diritto di governare. Bene; è facile rispondere che l'unico Signore che accredita, per tutti i lignaggi iperborei, tale diritto, è Kristos Lucifer. Se Egli si presentasse di fronte ai lignaggi iperborei, il suo diritto a Governare a del sangue, sulla base della sua innegabile purezza, potrebbe essere accettato o rifiutato, ma mai non riconosciuto. Ma l'idea di un Messia Imperiale non viene da una semplice speculazione. Fu durante i giorni neri di Atlantide quando, in risposta al clamore degli Dei, nacque la possibilità che l’eccelsa presenza di Kristos Lucifer si manifestasse alla vista degli uomini. In quei giorni la confusione degli Spiriti prigionieri era così completa che nessuno rispondeva al Canto degli Dei né era in grado di percepire la luce del Gral. Per questo si annunciò per secoli la venuta del Messia Imperiale, il Re dei Re del Gral, che veniva per restaurare la Funzione Reale per ristabilire l'Aristocrazia spirituale dei Leader iperborei e distruggere la Gerarchia sinarchica imposta dai Demoni. La profezia finalmente si compì con l'arrivo di Lucifer, il Kristos di Atlantide; ma la sua Presenza Divina fu vigliaccamente combattuta dai Demoni di Chang Shambalá che ricorsero alla magia nera e aprirono una breccia tra le regioni infernali del piano astrale e il piano fisico. Da lì si sviluppo una terribile contesa che si concluse solo quando il continente di Atlantide "sprofondò nelle acque dell'Oceano." Non è appropriato riportare qui eventi che oggi nessuno ricorda e che, forse, non è conveniente ricordare. Io aggiungerò solo che quando il Demiurgo, come ho spiegato prima, concepisce la sinistra idea di copiare la Presenza del Kristos di Atlantide, decide di "annunciare" anche l'arrivo di un "Messia" imitando a suo modo la figura del Messia Imperiale. Ma le differenze sono enormi, Eccone alcune: 1°. - Il Messia Imperiale viene per restaurare la Funzione Reale; il Messia ebraico viene ad esercitare la funzione sacerdotale. 2°. - Il Messia Imperiale accredita il suo diritto attraverso il sangue; il Messia ebraico accredita il suo diritto attraverso il Cuore. Il 3 °. - Ed è per questo che il Messia Imperiale sarà riconosciuto dal popolo con il Sangue (carismaticamente); ed è per questo che il Messia ebraico sarà riconosciuto dal popolo (giudaizzato) con il Cuore (emotivamente).

Quarantanovesimo giorno

Da oggi, Dott. Siegnagel, tornerò alla storia interrotta il 43° giorno. Credo che in questi tredici giorni io abbia chiarito i concetti fondamentali della Saggezza Iperborea e che sia valsa la pena fare una pausa, per questo argomento, nella storia della Casa di Tharsis. Il cardine della storia avvenne quando la Strategia Iperborea di Filippo IV trionfò sui piani sinarchici della Fratellanza Bianca e tutti i vertici dell'Ordine del Tempio furono inviati al rogo. E in quell'impresa, la Casa di Tharsis non si accontentò di un ruolo minore, operando attivamente nel Circolo Domini Canis, cosa che avrebbe attirato su di se lo Sguardo Attento degli Dei Liberatori, dei Signori di Venere, che avrebbe significato per la Stirpe un corso inaspettato. Ma non anticiperò i fatti. Nei roghi dell’Inquisizione Domini Canis, i piani della Fratellanza Bianca furono trasformati in cenere. Due fatti principali confermavano tale fine: lo smembramento effettuato da Filippo IV della Sinarquia finanziaria; e la fuga in Scozia del Collegio di Costruttori di Templi, dove, secoli dopo, sarebbe nata la Massoneria. Su questo fatto, vale la pena ricordare ciò che ho detto il sedicesimo giorno, quando ho spiegato perché il Collegio dei Costruttori di Templi aveva bisogno di riscoprire le Tavole della Legge: "Con quelle Tavole in loro potere, i Golen sarebbero stati in grado di innalzare il Tempio di Salomone in Europa, realizzando così i piani della Fratellanza Bianca ed elevando il Popolo Eletto sul Trono del Mondo". Filippo IV, avvertito sulle loro intenzioni dai suoi istruttori Domini Canis, sospende l'attività delle tre corporazioni massoniche non appena inizia il processo ai Templari, sotto l'accusa di complicità e partecipazione ai crimini di questi ultimi: il duro colpo mira alla corporazione dei Costruttori di Salomone, che integrano l'Ordine dei Templari come frati minori dopo aver ricevuto addestramento nel Cister; non dobbiamo dimenticare che il vero nome dell'Ordine, designato da San Bernardo Golen, è "Ordine del Tempio di Salomone" o "Ordo Templum Salomonis". I Costruttori di Salomone passano immediatamente alla clandestinità e fuggono dalla Francia, ma non prima di perdere diversi membri nelle torture e nei roghi; quali informazioni ci si aspettava da loro? L'identificazione del Tempio di Salomone, se fosse già stato costruito, o la rivelazione del luogo della sua posizione futura e il progresso delle opere. Va notato che i Golen costruirono le cattedrali del XIII secolo come Chartres, Reims, Amiens, Strasburgo, Metz, Narbona, ecc. E che una qualunque di esse potesse nascondere il Tempio ricercato. Nonostante questo, c’erano due condizioni che erano prese in considerazione dal Domini Canis: una, il requisito che il Tempio contenesse nella sua struttura il Segreto del Serpente, che fosse proiettato sulla base delle ventidue lettere dell'Alfabeto Sacro di Jehovà Satanàs s; e l'altra, che la posizione del Tempio corrispondesse al luogo più sacro per i Golen. Ma questo era già noto: il sito più sacro era Lione. Tuttavia, conoscendo il luogo sacro, non era facile scoprire il Tempio perché i Costruttori di Salomone preferivano morire senza parlare, e la Città si rifiutava di rivelare il suo segreto: infatti, né le Cattedrali di Saint Jean né di Saint Martin, entrambe costruite con il metodo gaulico, non avevano nulla a che fare con il Tempio di Salomone perché in esse il Segreto del Serpente non appariva né i ventidue segni dell'Alfabeto Sacro. Quando finalmente, nel 1310, Filippo il Bello acquisì i diritti su Lione, inviò un gruppo di specialisti Domini Canis in Architettura Golen per ispezionare la regione centimetro per centimetro. Questo tentativo avrebbe avuto successo solo un anno più tardi, quando trovarono in una concessione Templare sulla collina Fourvière, le

fondamenta di un Tempio che si adattava in tutte le sue misure alle proporzioni archetipiche dell'Universo: i Golen pianificarono di finire la costruzione simultaneamente con l'istituzione del Governo Mondiale, e tutto era lì pronto per essere assemblato come un "puzzle"; in depositi vicini si trovavano le pietre tagliate e misurate, le travi e i mobili, l'altare, le vetrate, gli strumenti rituali, ecc. E tutto fu meticolosamente distrutto da un ordine esplicito del Re, che autorizzava inoltre i Domini Canis ad occupare quel sito "come se fosse una piazza liberata nell'Universo" e a fortificarlo "con Mura Strategiche di Pietra". I resti di quella costruzione basata sulla Saggezza Iperborea sono ancora conservati. Nel 1314, infatti, il Nemico subiva un disastro generalizzato e il pericolo che costrinse la Casa di Tharsis a nascondersi durante quant’anni, scomparve: il terrore Golen sarebbe stato sconfitto dal Terrore Domini Canis, sulla base del fatto che era diretto da Uomini di Pietra, che a loro volta erano anche Uomini Senza Paura. Certamente, il pericolo della morte finale, rappresentato da Bera e Birsa, non era scomparso minimamente; ma gli Immortali erano in un'altra sfera della Realtà e per il momento non sarebbero tornati a occuparsi della Casa di Tharsis. Invece i Golen erano fuori combattimento e non potevano più individuare i sopravvissuti della Casa di Tharsis. Inoltre qualcosa di molto strano stava accadendo ora in famiglia. Come conseguenza, forse, dei progressi compiuti dalla Stirpe nell'adempimento della missione familiare; o forse, a causa di una sorta di "concentrazione genetica" prodotta dai sopravvissuti dopo il quasi sterminio dalla Stirpe; o che fosse per un'altra causa sconosciuta, la cosa certa era che i caratteri ereditari familiari si erano differenziati notabilmente nei due rami matrilineari fondati da Vrunalda e Valentina. Uomini di Pietra erano tra i discendenti di entrambe le Dame, ma i figli e i nipoti di Valentina mostravano la vocazione per il noyo-vrayato; gli Uomini di Pietra che provenivano dal sangue di Vrunalda, al contrario, detestavano la guardia della Spada Saggia e avevano un obiettivo: attaccare il nemico prima possibile. Mentre i Valentiniani erano dotati per interpretare i Grandi Piani degli Dei Liberatori e contribuivano alla loro esecuzione ordinata, i Vrunaldini pretendevano passare immediatamente all'azione; nel quadro della Guerra Essenziale, si poteva assicurare che i primi fossero puri strateghi, i secondi erano tattici perfetti. Tutti gli Uomini di Pietra, senza eccezione, continuavano a ricoprire incarichi nel Circulus Domini Canis. Tuttavia, durante il regno di Filippo IV, i Valentiniani si erano dedicati a progettare la Strategia della Nazione Mistica e consigliarono il Re in segreto su come combattere contro i Golen, mentre i Vrunaldini erano tra i Cavalieri più coraggiosi e audaci degli inglesi e i fiamminghi dovettero affrontare, e tra i più terribili inquisitori dei Templari sopportarono; Inoltre, i Vrunaldini, essendo spagnoli, parteciparono a numerosi episodi della Riconquista e alla repressione del giudaismo e della religione degli infedeli. Intorno al 1310, quando già si intravedeva il trionfo della Strategia del Patto di Sangue, uno dei Valentiniani giunse al Monte Candelaria e localizzò la Caverna Segreta. Dopo aver seppellito la Vraya, il cui cadavere era ancora seduto di fronte alla Spada Sacra e, restaurata la Fiamma della Lampada Perenne, occupò il posto di Noyo e ripristinò la guardia millenaria: i Vrunaldini lo avrebbero rifornito dalla fortezza catalana che allora esisteva invece della cappella, ai piedi della collina. Quel Noyo era un Uomo di Pietra relativamente giovane ma molto saggio; restò nella Caverna per i seguenti cinque anni, durante i quali si completò la distruzione dell'Ordine del Tempio e il potere Golen crollò in Francia. Tra i membri della Casa di Tharsis,

naturalmente, la sconfitta dei Golen aveva causato un clima di gioia generale; ma nessuno si aspettava che accadesse qualcosa di nuovo, qualcosa riguardo alla Caverna Segreta, alla Saggia Spada, alla missione di famiglia, al Patto di Sangue. Tuttavia, i primi giorni del giugno 1315 ricevettero tutti lo stesso messaggio criptato: era una citazione del Noyo per partecipare a uno straordinario incontro di famiglia che sarebbe tenuto il 21 a San Felix di Caraman. Quel giorno, nel Castello di Valentina, i Signori di Tharsis celebrarono per la prima volta in quaranta anni un Consiglio di Famiglia. La riunione era prevista per le nove di sera, ma alle 7 erano quasi tutti riuniti nella sala principale del Castello: mancava solo il Noyo che, secondo la Castellana, dal suo arrivo si era chiuso nella torre, senza scendere tutto il giorno. Molti non si conoscevano e le presentazioni e saluti crearono un'atmosfera festosa. Mentre consumavano una cena fredda e leggera, nuove notizie venivano costantemente trasmesse e si discutevano gli eventi successi in Francia: i nomi di Pierre Flotte, Guglielmo di Nogaret, Guglielmo Plasian, Clemente V e altri Signori del Cane erano pronunciati con molto rispetto e ammirazione; ma Filippo il Bello era in cima alla venerazione generale. E non era per demerito: il Gran Re, attraverso l’emissione di oltre 350 leggi di origine Domini Canis, aveva trasformato la Francia nella prima Nazione d'Occidente. E inoltre, e soprattutto, aveva distrutto in gran parte l'infrastruttura dei Golen, oltre a eliminare lo stato maggiore templare e costringere il resto a fuggire. Pertanto, coloro che erano sopravvissuti virtuali alla Liscivia ridevano gioiosamente ricordando i roghi dei Templari. Nel momento in cui sollevarono i bicchieri in direzione dello stemma della Casa di Tharsis, che dominava la stanza dalla parete superiore del focolare, il Noyo fece il suo ingresso, che si unì al brindisi. -Honor et Mortis! Urlò con la voce di un tuono. -Ad Inimicus! Risposero le persone presenti con veemenza. Il bellicoso gruppo consisteva in diciotto Signori di Tharsis, dieci Cavalieri e otto Dame, tutti Uomini di Pietra. Di loro, dodici erano Vrunaldini e sei erano Valentiniani. I diciassette rimasero in silenzio, guardando con aspettativa il nuovo arrivato. Il Noyo iniziò a parlare immediatamente: - Signore e Signori: dovete essere sicuri che se vi ho convocato con tanta fretta non è stato per capriccio, ma perché un problema urgente lo richiedeva. - Mentre parlava, impresse nelle sue parole un tono di gravità tale che, qualcosa di impensabile per un Uomo di Pietra, suggeriva l'influenza di una forte impressione. Tale effetto non poteva essere causato da quell'assemblea; doveva essere qualcos'altro. -In verità – continuò - questo incontro è stata richiesto da LUI, che conoscerete immediatamente. Io, da parte mia, so che la prudenza consigliava di aspettare qualche asso, prima di tenere un Consiglio di Famiglia. Un suono uscì da ogni bocca, e un bisbigliare riempì la stanza. Tutti furono stupiti dalla rivelazione del fatto che avrebbero ricevuto un visitatore poiché, nella lunga storia della Casa di Tharsis, gli Uomini di Pietra non si erano mai riuniti in presenza di un estraneo. Una volta che l'esclamazione collettiva si dissipò nello spazio, il Noyo riprese la parola: "Non vi preoccupate, Uomini di Pietra, che il segreto della casa di Tharsis sarà al sicuro: il nostro ospite non è di questo mondo; verrà qui da K'Taagar e poi tornerà alla Città degli Dei. Ma è necessario che vi racconti le circostanze del mio incontro con Lui, uno degli Dei Liberatori dello Spirito dell'Uomo, uno dei Signori di Venere. Come

sapete, negli ultimi cinque anni ho tenuto la guardia della Spada Saggia: in quel periodo non ho smesso di contemplare la Pietra di Venere, ma non ho notato nulla di diverso. Giorno dopo giorno mi sono concentrato nella sua contemplazione, sperando di osservare il Segno dell’Origine o il Segnale Litico di K'Taagar, ma non accadeva nulla di nuovo: i segni danzanti dell'Illusione, gli Archetipi Creati dal Dio Uno, che sono anche dentro di noi, passato invano davanti alla mia vista. Fino a che, un giorno accadde qualcosa di diverso; era maggio, poco prima che vi mandassi a chiamare. La storia era seguita con attenzione superlativa. Indubbiamente, il Noyo aveva avuto un'esperienza meravigliosa, ma certamente straordinaria, fuori dal comune, irregolare. Gli Dei Liberatori erano migliaia di anni che non si manifestavano agli uomini: dall'Età degli Atlanti Bianchi. - Bene, quel giorno, dopo diverse ore di meditazione, mi sono addormentato davanti alla Spada Saggia. Non so per quanto tempo sono rimasto in quello stato. Ricordo solo che un suono musicale mi stava risvegliando, finché non distinsi chiaramente la Parola "Tirodinguiburr" modulata nella Lingua degli Uccelli; In coincidenza, al fissare lo sguardo sulla Spada Saggia, vidi le Vrune che formavano quella parola brillando perfettamente nitide al centro della Pietra di Venere. Il mio stupore non aveva limiti, come potete immaginare, quando udii, sputando dietro di me, una Voce, dotata della Maestà dello Spirito Eterno, che pronunciava il mio nome. Quando girai la mia testa mi ritrovai di fronte a un Essere pletorico di Luce, che mi sorrideva accanto all'Angolo Retto della Caverna Segreta: compresi allora che Egli stava proiettando il Segno Tirodinguiburr sulla Pietra di Venere e cercando di attirare la mia attenzione. Ritornai rapidamente a contemplare le Vrune, e credetemi Uomini di Pietra, che mi risulterà difficile comunicare ciò che accadde in quell'istante. Un prolungato sospiro accompagnò le ultime parole del Noyo. Dopo un secondo di esitazione, durante il quale la luminosità dei suoi occhi si spense, l'attenzione sembrò essere diretta verso l'interno, proseguì con fermezza. -In quel momento, Signori, ho compreso il significato del Segno Tirodinguiburr. E la sua comprensione mi ha istillato il Massimo Grado di Saggezza Iperborea. Era lo Spirito Eterno che si liberava e si isolava, come mai prima d'ora, dall'Illusione delle Forme Create! Sì, il mio stesso Spirito, duro e immobile, come un menhir che permane e si affaccia nella corrente temporale dell'Anima, improvvisamente si sosteneva nell'Origine, nella sua istanza eterna e infinita! Sapevo già tutto! Ero tornato all’Origine, mi ero liberato dall'incatenamento nella materia e comprendevo il perché della Caduta! Se lo avessi voluto, avrei potuto partire in quello stesso istante per Iperborea! Ma non potevo farlo; non mentre la missione di famiglia non fosse conclusa; non mentre Voi rimarrete, in mezzo ai Demoni; non mentre resta da combattere la Battaglia Finale contro le Potenze della Materia! L'onore mi ha impedito di andarmene; e forse quella decisione era ciò che stava aspettando, perché solo allora parlò: -Oh, Noyo di Tharsis! – disse - non essere sorpreso di sentire la Terra Firme dello Spirito! Gli Dei sono con te: è la Volontà di Navutan che ti sostiene ora nell'Universo, le Vrune del Suo Nome! E la grazia di Frya! E il potere del Kalibur della Vruna della Morte! Sono venuto da te per confermare la tua esistenza e quella della tua casa; per registrare nella Pietra Fredda il Segno che la collocherà nell'Origine e determinerà che prevalga sulla Liscivia della Morte Finale! Ti dirò cosa devi fare, oh Custode della Pietra di Venere! È necessario che gli Iniziati della tua Casa coincidano con me in qualche luogo dell'Universo, qualunque esso sia; una

volta insieme, devo trasmettervi il Messaggio degli Dei! Ti lascerò questa Pietra: si collocala nello stesso modo davanti all'angolo retto, e io sarò lì nel momento preciso!Detto questo, sparì misteriosamente come era apparso, e mi trovai assolutamente solo nella Caverna Segreta. La Pietra di Venere non rifletteva più il Segno di Tirodinguiburr, però potevo vederlo se me lo proponevo. Alla fine, dopo aver riflettuto per cinque giorni, ho deciso di avvicinarmi a Turdes e inviare messaggeri per convocarvi e coordinare l'incontro richiesto dal Signore di Venere. Passarono alcuni minuti senza che qualcuno dicesse nulla; tutti erano stati stregati dalla storia del Noyo. Alla fine, uno degli Uomini di Pietra chiese: - La Pietra; che cosa voleva dire il Signore di Venere quando parlava di lasciarti una pietra? "Beh, il fatto è che quando Egli scomparve attraverso l’Angolo Retto," rispose il Noyo, "una curiosa Pietra apparve dov'era Lui, senza che io potessi spiegare come era arrivata in quel punto della Caverna. - E cosa ne hai fatto? - L’ho trasportata fin qui! Il Noyo aprì una borsa di pelle che era legata intorno alla vita e ne estrasse un pezzo rustico di basalto nero. La Pietra era una piccola colonna di 20-22 centimetri di altezza e base rettangolare; senza esitazione, la passò a colui che avevo fatto la domanda. Presto circolò di mano in mano fino a ritornare di nuovo al Noyo, che poi tornò a parlare. - Signore e signori: vi propongo di provare il contatto con gli Dei, come Loro stessi hanno suggerito. Ho organizzato una torre del castello per quello scopo e penso che sia ora di dirigersi là. Sì! – dissero all'unisono varie voci- Non perdiamo altro tempo!

Cinquantesimo giorno La Torre in questione consisteva in un recinto quadrato, costruito con solidi blocchi di granito, i cui quattro angoli erano perfettamente allineati con i punti cardinali. Tutti i mobili erano stati rimossi tranne tre lunghe panchine senza schienale, sulle quali sedevano gli Uomini di Pietra. L’unica candela di un candeliere a parete illuminava tenuamente l'angolo ovest. Davanti a quell’angolo, a terra, il Noyo depositò la piccola colonna di roccia: dopo averla orientato convenientemente, si unì agli Uomini di Pietra. "Ho messo la Pietra in un modo simile a come l'ho trovata nella Caverna Segreta", ha detto. Ora dobbiamo Aspettare e Osservare. All'inizio nessuno se ne accorse perché il fenomeno si stava producendo molto lentamente. Tuttavia, in un dato momento, senza che gli Uomini di Pietra fossero in grado di determinare quando, il vertice dell’angolo sembrava estremamente brillante. Poi videro tutti una linea verticale di luce bianca in cui i due piani delle pareti si univano nell’angolo retto. Quella luminosità copriva completamente il vertice e faceva emergere la sensazione da una sottile fenditura, come se le pareti fossero separate da una fenditura infinitesimale, una finestra in un altro mondo. Ma il vertice della luce era ciò che si vedeva in relazione alle pareti della torre; perché se si allineava il vertice con la Pietra, l'immagine cambiava e il fenomeno acquisiva il suo carattere più curioso: osservando in questo modo, la Pietra sembrava stranamente incrostata nell'angolo retto; inoltre

quella visione durava solo un attimo, poi l'angolo si spostava in avanti e la Pietra si perdeva nella linea della luce. Questo era sorprendente; tuttavia, esaminando il vertice della luce in relazione alle pareti, la Pietra appariva di nuovo dove l'aveva posizionata il Noyo. Siccome tutti stavano contemplando il vertice della luce, tutti videro arrivare il Signore di Venere. E a nessuno sfuggì che il suo ingresso era il prodotto di un passo: l’ultimo passo di una marcia che nessuno osava immaginare per quale cammino era stata realizzata. Sì; il Signore di Venere giunse camminando, attraversando l'angolo retto, e si posizionò sopra la Pietra; e ora dominava la torre e osservava gli Uomini di Pietra. Il Noyo si alzò immediatamente e annunciò: - Signore e signori: vi presento il Capitan Kiev! - Grazia e Onore, Sangue di Tharsis! – Salutò il Signore de Venus, esprimendo con la mano destra il bala mudra. - Salve, Vale! Risposero in coro gli Uomini di Pietra. Quell'Essere, con una chiara apparenza umana, era davvero splendente: un alone viola si estendeva per diversi centimetri intorno a lui e permetteva di apprezzare i dettagli degli abiti. Questi non avrebbero potuto essere più semplici, poiché consistevano di tre indumenti: una specie di cotta di maglia fine, squamata, che gli copriva tutto il corpo tranne la testa e le mani; un paio di stivali corti; e una cintura con fibbia ottagonale, sulla quale erano incisi una serie di segni indecifrabili; i tre indumenti erano stati realizzati con materiali inimmaginabili. Rispetto agli Uomini di Pietra, il Signore di Venere era un gigante: un cubito più alto dei Vrunaldini, che erano tra i più alti Cavalieri di Castiglia. Aveva i capelli biondi, piuttosto corti, e tratti gradevoli sul viso, carnagione molto chiara. Ma ciò che impressionava di più, perché gli dava l'aspetto indubitabile di un essere di un altro mondo, o appartenente a una Razza sconosciuta, erano i suoi occhi senza pupilla, composti solamente da un'iride verde smeraldo: quegli occhi, privi di espressione umana, testimoniavano la prova inquietante che la storia dell'uomo ha dimenticato qualcosa; qualcosa che chissà sia inevitabile ricordare nella nostra Epoca, dott. Arturo Siegnagel. Dopo il saluto, il Capitano Kiev continuò a parlare; anche se non muoveva le labbra, lo sentivano tutti perfettamente, e nessuno si interrogava sul prodigio. Gli Uomini di Pietra si resero immediatamente conto che non ci sarebbe stato alcun dialogo con Quell'Essere: il Signore di Venere era venuto a portare un messaggio e dopo averlo comunicato sarebbe andato via. - Sangue di Tharsis: Vi porto il saluto di Navutan, il Signore della Guerra! E vi porto anche la Sua Parola! Prestate attenzione, aprite bene i Vostri sensi, perché il presente è un'opportunità unica, forse irripetibile prima della Battaglia Finale! In verità, è stata la prodezza che avete realizzato nel contribuire a distruggere i piani del Nemico che ha motivato questa visita: nella dimora degli Dei, il Signore della Guerra e i Signori di Venere, hanno bevuto l'idromele con i Vostri Antenati! Lì, nella Dimora degli Dei, Vi siete guadagnati un posto vicino agli Eroi della Razza Iperborea! E sulla Terra, avete conquistato il diritto di esistere, anche nel mezzo della più grande Illusione del Grande Inganno! È Volontà di Navutan che la Vostra casa esista fino al giorno della Battaglia Finale e che i suoi membri accompagnino le file degli Dei portando lo stendardo dello Spirito Eterno! Ecco perché vi ha rivelato attraverso di me Tirodinguiburr, il Suo Nome Dimenticato, la

Chiave del Mistero del Labirinto: in modo che il Vostro Spirito si possa riorientarsi verso l'Origine e non si smarrisca mai più. Capite, Signori di Tharsis, che l'uomo addormentato è consapevole solamente di un Mondo, di una Terra, di una Storia, che considera "reale", ma che lo Spirito Prigioniero condivide nell'Illusione milioni di Mondi possibili, di Terre simili , di storie simili. Voi siete uomini risvegliati, ma l'uomo addormentato vive, senza saperlo, in milioni di Mondi allo stesso tempo: la sua coscienza, a volte rimane tutta la vita riferita ad un Mondo particolare; o, eventualmente, passa da un mondo all'altro senza accorgersene; ma l'uomo addormentato non è in grado di distinguere un Mondo da un altro perché l'Illusione è molto intensa, il sogno troppo profondo. Diverso è il punto di vista dello Spirito prigioniero, che giace incatenato nell'Anima dell'uomo addormentato. Per lo Spirito Eterno, qualsiasi di questi Mondi può essere "reale", può essere vissuto come reale, ma sono tutti ugualmente illusori. Per lo Spirito, molti degli uomini che credono di esistere, e molte delle cose che si ritiene esistano, non sono reali, cioè sono pura illusione. Perché lo Spirito è Reale solamente il mondo che Egli stesso afferma come tale, solo esiste l'uomo in cui Egli si manifesta con un miglior orientamento strategico. È così, Signori di Tharsis! Per lo Spirito, la Realtà dipende dall'orientamento strategico. E l'uomo risvegliato esisterà solo se dispone un orientamento strategico con rispetto all'Origine: perché è dall'Origine che lo Spirito vede l'uomo risvegliato e dice - È lì, ex-sistit -. Qual è, allora, l'orientamento strategico? In un dato momento, simultaneamente, certi uomini si risvegliano qua e là, in alcuni dei Mondi possibili: è lo Spirito dell'Uomo che li evoca e a cui sono diretti. Ognuno di questi Mondi è "reale" per l'uomo risvegliato che lo abita e lo percepisce. E da ciascuno di questi Mondi "reali" un uomo risvegliato marcia verso un punto che è comune a tutti i mondi possibili: l'Origine dello Spirito prigioniero. In un luogo sta l'uomo risvegliato e il suo Spirito prigioniero, in un altro l'Origine e lo Spirito assolutamente libero; Cosa separa l'uomo risvegliato dall’Origine?: Una distanza chiamata "Labirinto", che può essere appianata solo dalle Vrune di Navutan. Lo Spirito risveglia l'uomo addormentato; l'uomo risvegliato acquisisce la Saggezza Iperborea; La Saggezza Iperborea rivela le Vrune di Navutan; e le Vrune di Navutan costituiscono Tirodinguiburr, il Segreto del Labirinto. Con la Chiave delle Vrune l'uomo risvegliato si orienta nel Labirinto e incontra l'Origine, l’unica cosa veramente Reale per lo Spirito. Il tempo necessario per realizzare l'orientamento è garantito dall'Immortalità del Seme di Pietra, che la Grazia della Vergine di Agartha semina nel Cuore di coloro che cercano l'Origine. L'orientamento deve essere strategico perché nel Labirinto il Nemico proverà a deviarne il corso verso l'Origine: cercherà di confondere, di deviare, di fermare, cioè, di disorientare l'uomo risvegliato; e l'uomo risvegliato dovrà usare una strategia, per andare avanti, dovrà sviluppare una modalità di comportamento che neutralizzi l'azione nemica e consenta di raggiungere concretamente l'Origine. Il Labirinto è integrato dai percorsi dell'Illusione, che si biforcano in tutti i Mondi Possibili. Se l'orientamento strategico è debole, la distanza tra l'uomo risvegliato e l'Origine può essere molto ampia; e il tempo che serve per attraversarla è analogamente prolungato. Tuttavia, se l'orientamento strategico è forte, l'uomo risvegliato può essere molto vicino all'Origine e la liberazione

spirituale può essere istantanea. Questo succede perché l'orientamento strategico e il Labirinto sono contrari: minore è l'orientamento strategico, più complesso sarà il Labirinto; maggiore è l'orientamento strategico, più semplice sarà il Labirinto; il massimo orientamento strategico, l’Origine manifesta, dissolve l'Illusione del Labirinto. Inoltre, se il movimento è guidato dall'orientamento strategico, il tempo e lo spazio del labirinto diventano relativi; l'Origine si trova lontano o vicino, secondo l'atteggiamento strategico dell'uomo risvegliato. Quindi, la realtà dell'uomo risvegliato è relativa rispetto alla Realtà assoluta dell'Origine. La realtà dell'uomo risvegliato dipende dall'orientamento strategico. Abbiamo visto diversi uomini risvegliati, ciascuno nel suo Mondo "reale", alla ricerca simultanea dell’Origine; ognuno con un diverso grado di smarrimento nel Labirinto, ognuno con un diverso orientamento strategico. Qual è, dunque, è il Mondo Reale, se tutti sono relativamente reali visti dall'Origine? Di tutti i mondi possibili, "reali" sono i Mondi affermati dallo Spirito degli uomini risvegliati; di tutti i mondi "reali", Reale è il mondo in cui gli uomini risvegliati possiedono il miglior orientamento strategico e dove sostengono una strategia trionfante contro il Nemico dello Spirito: e la Realtà di quel Mondo la afferma Navutan, il Signore della Guerra. I Signori di Venere di K'Taagar, dall'Origine, svincolati dal Tempo e dallo Spazio del Labirinto, perlustrano permanentemente i milioni di Mondi dell’illusione mentre aspettano che gli ultimi omini addormentati riprendano il Sentiero dello Spirito e dichiarino la Guerra Essenziale alle Potenze della Materia. Essi Hanno scoperto il Vostro Mondo, Signori di Tharsis e l'hanno rivelato a Navutan. E il Signore della Guerra, lusingato dalle Vostre Imprese, ha deciso di affermarlo come Reale. Dall’Origine, il Grande Ase distinse il vostro mondo dicendo: Eccolo lì, ex-sistit, il Mondo reale dei Signori di Tharsis, che non smette di combattere per la libertà dello spirito eterno! Esiste, quindi, un Mondo in cui gli uomini addormentati sono in grado di svegliarsi e affrontare le Potenze della Materia! Ha, ha, ha; e soni bravi: hanno appena vinto una Battaglia! Con loro invierò il Gran Capo della Razza Bianca! Con l'aiuto di questi Guerrieri Saggi e con quello degli Eroi che si uniranno a loro, sconfiggeranno le Potenze della Materia e metteranno fine, al Principio, alla Guerra Essenziale! Comprendete questo, Signori di Tharsis, e comprenderete perché sono venuto e qual è la Grazia che Navutan vi ha elargito concedendo Esistenza Reale al Vostro Mondo! Perché così è! Il Mondo in cui Voi vivete e dove il nemico è stato sconfitto di recente, sarà il Mondo Reale per i Signori di Venere e per Navutan, il Signore della Guerra! In questo Mondo inizierà la Battaglia Finale, quando l'Uomo affronterà definitivamente le Potenze della Materia! E in questo Mondo, il Mondo dei Signori di Tharsis, dovranno realizzarsi tutti coloro che tentano di liberare il loro Spirito Eterno e partire verso l'Origine, i Guerrieri, gli Eroi, gli Iniziati Iperborei, i veri Gnostici, gli Uomini di Pietra! Ascoltate: coloro che cerchino e trovino il Sangue di Tharsis nel loro Mondo stabiliranno lo Spirito nella Pietra Fredda che è nell'Origine, nella Pietra che è sostenuta fuori dall'Universo Creato e che sarà ancora nell'Origine quando l'Universo creato già non esista! Al contrario, coloro che fingono di ignorare il Sangue di Tharsis, o non sono in grado di trovarlo, fonderanno il loro Mondo nell'Illusione e saranno trasformati in Liscivia alla Fine dei Tempi, quando Tutto Ritorna all'Uno alla fine del suo Giorno di

Manifestazione, quando la Fine sia uguale al Principio e l'Illusione si dissolva nel nulla e solo esista l'Uno nella sua semplice eternità. Perché solo lo Spirito è Eterno! Chi non trova il suo Spirito morirà nella Morte Finale anche se crede di essere immortale. E coloro che moriranno per primi saranno le Anime che si trovano Più vicine al Finale, al quale si sono avvicinate cercando una chimerica e vana perfezione archetipica. Coloro le cui Anime evolvono imitando l'Obiettivo Finale proposto dal Dio Creatore Uno, quelli che si sbagliano identificando il Bene con la "Pace Universale" e privano il loro Spirito dell'opportunità di combattere, coloro che adorano il Dio Creatore Uno e amano l'Universo Materiale, coloro che temono Jehovà Satanàs s e servono le Potenze della Materia, quelli che persistono nell'affermare che lo Spirito è Creato e vogliono metterlo in ginocchio davanti al presunto Creatore, quelli che si nascondono sotto la Colomba di Israele, quelli che compongono la Gerarchia della Fraternità Bianca, i Sacerdoti di tutti i Culti e coloro che credono che si possa essere "Gnostico" e Sacerdote allo stesso tempo: tutti questi moriranno di Morte Finale! Questi saranno ridotti a Liscivia dalla Volontà del loro Creatore! In sintesi: chi parteciperà al Patto Culturale vivrà nell'Illusione dell'Anima e morirà di Morte Finale! E quelli che ricordano il Patto di Sangue e trovano il Sangue di Tharsis, vivranno nella Realtà dello Spirito e saranno eterni oltre l'Origine! In breve: chi parteciperà al Patto Culturale vivrà nell'Illusione dell'Anima e morirà di Morte Finale! E quelli che ricordino il Patto di Sangue e trovino il Sangue di Tharsis, vivranno nella Realtà dello Spirito e diventeranno eterni Più In Là dell'Origine! Capite, Signori di Tharsis, cosa significa la Realtà del Vostro Mondo per gli altri spiriti prigionieri? La Vostra Casa ha contratto un impegno con l'uomo, al quale avete dimostrato che è possibile trionfare sul Male, che è possibile sconfiggere i Demoni. D'ora in poi, la Vostra missione sarà di accompagnare la Storia senza entrare nella Storia. Perché prima del Finale voi contribuirete a rompere la Storia e iniziare la Battaglia Finale. Dovrete essere attenti alla Storia e vigilare i movimenti del Nemico nella Storia, per agire al momento giusto. Un Grande Capo Bianco verrà quindi nel Vostro Mondo: Egli possiederà il Potere per preparare la Battaglia Finale contro il Nemico dello Spirito. Sarà un inviato del Signore della Guerra e seguirà il percorso indicato da Voi: progetterete, costruirete e manterrete libero quel percorso; e userete per questo il Tempo che sia necessario, i Secoli richiesti dall'Illusione della Storia. Il Grande Capo Bianco, il Signore della Volontà e il Valore Assoluto, verrà una, due, tre volte, nel Vostro Mondo. La prima volta, romperà la Storia, ma andrà via, e causerà la risata insensata dei Demoni; la seconda volta imporrà la Battaglia Finale, ma se ne andrà, nel mezzo del Ruggito di Terrore dei Demoni; la terza condurrà la Razza dello Spirito verso l'Origine, ma se ne andrà via per sempre, lasciando dietro di sé l'Olocausto di Fuoco in cui saranno consumati i seguaci del Dio Uno, uomini, Anime e Demoni. Ma quelli che seguano l'inviato del Signore della Guerra saranno Eterni! Voi avete cercato di adempiere alla missione di famiglia e avete mantenuto a salvo la Spada Saggia. Ora Vi darò le istruzioni per svolgere un'altra missione:

preparare nel Mondo all'arrivo dell'Inviato del Signore della Guerra. È Sua Volontà che sia così! Ma questa missione non potrete realizzarla operando come avete fatto fino a oggi: la Strategia richiede che gli sforzi siano divisi e che solo una parte di Voi si occupi di cose distinte. Vi chiediamo di separarvi ancora una volta, la penultima! È necessario che nei preparativi per la venuta del Grande Capo Bianco intervengano solo i Figli di Vrunalda de Tharsis: con questo obiettivo devono trasferirsi da ora nelle loro proprietà in Germania, dove le Dame saranno a capo della stirpe e sosterranno la finzione sul proprio lignaggio Germanico e Catalano. Lì si manterranno all’erta fino all'Epoca in cui sorga un Imperatore Germanico affetto alla Sapienza Iperborea: Egli, con la collaborazione di altre persone che in quel momento si uniranno a Voi, sarà colui che getterà le basi del futuro Ordine in cui l'Inviato riceverà la Più Alta Iniziazione. Questa Stirpe di Tharsis, che onore il suo! Sarà accanto al Grande Capo Bianco quando dichiarerà la Guerra Totale alle Potenze della Materia. Perché la Saggezza Iperborea di questa Stirpe, di questo Sangue di Tharsis, causerà la Prima Venuta dell'Inviato del Signore della Guerra! I Figli di Valentina de Tharsis, d'altra parte, dovranno tornare in Spagna e stabilirsi definitivamente a Turdes. Lì si dedicheranno a custodire la Spada Saggia e ad adempiere alla missione di famiglia, fino all'Epoca in cui emergerà un Uomo di Pietra che vedrà nella Pietra di Venere il Segno Litico di K'Taagar. Tale immagine indicherà un percorso, che si dovrà seguire senza esitazione. Brandirà quindi la Spada Saggia e, accompagnato dai rimanenti Uomini di Pietra del lignaggio di Valentina, partirà per un Paese lontano e sconosciuto dove sarà a capo di una nuova Stirpe. Sì, Signori di Tharsis! A quell'Iniziato sarà permesso di iniziare la Stirpe trasmettendo l'eredità di famiglia attraverso la via maschile! Ma, dopo di lui, la sua progenie continuerà la tradizione iniziatica matrilineare e sarà dimostrato che gli Uomini di Pietra provengono ancora da quella via! E quella Stirpe di Tharsis, che gloria la sua, parteciperà attivamente alla Battaglia Finale! Perché la Saggezza Iperborea di quella Stirpe, di quel Sangue di Tharsis, causerà la Seconda Venuta dell'Inviato del Signore della Guerra! Infine, Vi darò un avvertimento. Quando i piani della Fratellanza Bianca in Europa sono falliti, anche una parte di essi di cui ignorate l’esistenza, è stata neutralizzata: è quella che si riferisce alla missione di Quiblòn, il Grande Sacrificatore. Egli stava per giungere ad annunciare la Gloria e la Vittoria di Israele con la Sinarchia del Popolo Eletto, e a offrire tre popoli in Olocausto all'Uno. La Sinarchia non sarà in grado di materializzarsi per ora a causa della Vostra azione determinata, ma è possibile che in un’Epoca non molto lontana il nemico invii Quiblòn per forzare la marcia della Storia: sarà allora molto difficile fermarlo. Potrete solo tentare un attacco generalizzato contro il Popolo Eletto, alla cui razza Egli apparterrà, ma molto probabilmente riuscirà a compiere la sua missione. Ma ciò non impedirà che si compia il Destino di Gloria della Casa di Tharsis. Signori di Tharsis: ho detto quanto dovevo dire e non è conveniente, per ragioni strategiche, aggiungere altro. Vi ripeto il saluto di Navutan e vi dico arrivederci fino alla Battaglia Finale. O fino a coincidere con Voi in un altro kairos. Grazia e Onore, Sangue di Tharsis! – gli augurò il Signore di Venere, mentre alzava il braccio destro per esprimere la bala mudra. - Salve, Capitan Kiev! Risposero gli Uomini di Pietra, praticando anche loro il bala mudra, che era l'antico saluto segreto della Casa di Tharsis.

Cinquantunesimo Giorno

Subito dopo il saluto, il Signore di Venere girò il suo corpo e penetrò nel vertice illuminato dell'angolo retto, lasciandosi alle spalle gli Uomini di Pietra immersi nei loro pensieri. Il primo a reagire fu il Noyo, che osservò che la Pietra era scomparsa insieme al Capitan Kiev: i miei antenati, dottor Siegnagel, nonostante tutta la loro saggezza iperborea, non compresero in quel momento che la Pietra era il Signore di Venere. Il giorno dopo, il Consiglio di Famiglia decise di rispettare esattamente le istruzioni ricevute. Quel Nobile, che accettò Vrunalda come sua figlia legittima, alla sua morte non lasciò altri eredi per sue Signorie austriache che i suoi presunti nipoti. I figli e i nipoti di questi, tra cui si contavano i dodici presenti, si occupavano del loro patrimonio a Est, ma senza abbandonare la base familiare spagnola di Turdes. Ora si sarebbero stabiliti tutti in Austria, mentre i Valentiniani avrebbero lasciato San Felice di Caraman per stabilirsi in Spagna. Da qui, dottor Siegnagel, farò riferimento solo al ramo dei Valentiniani, da cui discendo, per continuare la storia. Per quanto riguarda i Vrunaldini, l'unica cosa che commenterò è che essi adempirono perfettamente alla loro missione: divennero forti in Austria e quando l'atteso Imperatore, Rodolfo II Asburgo, sorse, costituirono con la preziosa collaborazione dell'inglese John Dee e sette famiglie della Nobiltà tedesca, la Società Segreta Einherjar; tale Società lavorò per più di trecento anni nella più assoluta segretezza, acquisendo i suoi membri la Più Alta Saggezza Iperborea, così Alta come mai la Casa di Tharsis aveva posseduto prima; nel secolo XIX e XX diedero vita a numerosi Ordini esterni che avevano come scopo di annunciare alle masse di uomini addormentati la prossima Venuta del Grande Capo della Razza Bianca e localizzare quest’ultimo per sottoporlo all'Iniziazione Iperborea; il penultimo di questi ordini fu la Thulegesellschaft, incaricata di guidare il Führer Adolf Hitler, nato alla fine del XIX secolo, fino agli Uomini di Pietra dell’Einherjar; e l'ultimo degli Ordini formati da Loro fu l'Ordine Nero SS (Schutzstaffel) segretamente ispirato alla Thulegesellschaft, ma in realtà guidato dagli Uomini di Pietra del supersegreto Einherjar; i Vrunaldini ricevettero, quindi, l'onore di accompagnare il Grande Capo Bianco, il Führer, nella sua Guerra Totale contro le Potenze della Materia, come il Signore di Venere aveva predetto tanti secoli prima.

John Dee

I Valentiniani rimasero allora gli unici rappresentanti della Casa di Tharsis in Spagna; in particolare, gli unici che si sarebbero dedicati alla realizzazione della missione familiare. Da San Felix de Caraman li accompagnarono dieci discendenti di Arnaldo Tiber, che desideravano continuare a vivere vicino ai loro cugini. Si stabilirono nella vecchia Casa Padronale e stabilirono ottimi rapporti con la popolazione catalana di Turdes, alla quale piacque che quei nuovi Signori provenissero dalla Linguadoca e capissero la loro lingua natia. Il Noyo riprese la Guardia nella Caverna Segreta e presto ebbe la compagnia di un altro Uomo di Pietra che, ancora impressionato dall'esperienza con il Signore di Venere, aveva deciso di Consacrarsi alla Custodia della Spada Saggia. Con lo stesso desiderio si trovavano i sei partecipanti all'incontro di San Felix di Caraman, ma non sarebbe stato possibile per tutti abbandonare il Mondo perché si doveva prestare attenzione agli interessi patrimoniali della Casa. La Spagna si stava industrializzando rapidamente ed era altissima la richiesta, in tutte le principali città, di materie prime di ogni tipo; a Turdes, la nuova popolazione di origine catalana riattivò la produzione di minerali, completamente abbandonata dai Signori di Tharsis negli ultimi secoli. Così, come se i millenni non fossero mai trascorsi, l'oro e l'argento venivano nuovamente estratti dalle montagne dai Signori di Tharsis. Nonostante l'attenzione richiesta dalla nuova situazione, a metà del quattordicesimo secolo tutto era sotto controllo: per allora, cinque di quei sei iniziati si erano già confinati nella Caverna Segreta. Quando i Valentiniani arrivarono a Huelva, la Contea apparteneva a Siviglia. Alfonso XI di Castiglia lo cedette nel 1338 al Gran Maestro di Santiago, e con esso riapparve il pericolo Golen: oltre ad essere un Ordine Celtico eminentemente Golen, molti Templari si erano rifugiati in esso dopo il processo promosso da Clemente V, e allora cominciarono a infestare la regione. Tuttavia, quattordici anni dopo, l’infante Don Pedro la riprende dal Gran Maestro per darla in dono a Maria Padilla. Alla fine del XIV secolo, la Casa delle Scrofe, dei Re di Castiglia, la donò in dote ad una delle sue Dame e passò nelle mani dei Duchi di Medina Sidonia, fino alla fine di questa storia. L'influenza della Casa di Tharsis sull'Ordine dei Predicatori rimase intatta negli anni seguenti, poiché il Circulus Domini Canis continuò a operare segretamente, cercando di dirigere l'Inquisizione contro i membri del Popolo Eletto e dei Golen, cercando di promuovere il modello di Nazione Mistica perfezionato giuridicamente durante il Regno di Filippo il Bello e concretizzato in parte da quel Grande Re. Questa influenza si fece sentire soprattutto in Spagna, dove grazie alle popolari campagne di illuminazione di molti predicatori, tra cui Don Ferran Martinez, vicario dell'Arcivescovado di Siviglia e Signore del Cane, scoppiarono le violente persecuzioni contro gli ebrei culminate nei massacri del 1391 a Siviglia, Cordoba, Toledo, Ecija, Logrogno, Burgos, Ocaña e altre trenta contee. Da Castiglia, quel incendio si estese fino ad Aragona; a Valencia il popolo sterminò cinquemila ebrei e a Barcellona circa undicimila; fino alle Baleari giunse la furia popolare contro i seguaci di Jehovà Satanàs . Rischiando di essere annientati in Castiglia e in Aragona, trovarono un rifugio sicuro in Portogallo, dove il marrano Don Mosé Navarro, infiltrato nel Governo, aveva ottenuto due Bolle Papali locali dai Papi Clemente VII e Bonifacio IX, che impedivano la conversione compulsiva degli ebrei; quell'invasione ebraica, tuttavia, avrebbe causato in breve tempo un periodo di ostilità dei coloni cristiani. Il domenicano di Valencia San Vincenzo Ferreri, che possedeva il carisma del dono delle lingue e aveva predicato in tutti i paesi Europei nelle loro lingue native, partecipò attivamente alla campagna antiebraica: fu lui a ispirare la bolla di Benedetto XIII

che proibiva agli israeliti il possesso del Talmud e li costringeva "essere tracciati con un segno vermiglio in modo da essere riconosciuti da tutti ed essere in grado di evitare il danno che il loro comportamento apporta ai cristiani". Ciò accadde nel 1412, quando i persistenti israeliti iniziarono a ritornare in massa in Spagna. Prontamente ripresero le persecuzioni, che arrivarono ad acquisire una tale furia che nel 1473 spinsero il Popolo Eletto a proporre al Re Enrico IV la vendita o l'affitto della città di Gibilterra per stabilirsi in essa, soluzione molto ebraica che fu logicamente respinta. Dopo la morte di questo Re, riceve il trono di Castiglia sua sorella, Isabella I, sposata con Fernando d’Aragona. Nel 1478 i monarchi cattolici si rivolgono a Papa Sisto IV per chiedere l'emissione di una bolla che autorizzi il funzionamento dell'Inquisizione in Castiglia; lo scopo: perseguire i colpevoli di eresia, in particolare gli ebrei. Rapidamente rilasciata, la bolla permise la formazione dei Tribunali del Sant'Uffizio, affidati all'Ordine dei Predicatori Domenicani. Il promotore di quell'iniziativa dei Monarchi Cattolici fu il priore dei domenicani di Siviglia, frate Alfonso de Hojeda, Signore del Cane, che seppe convincere la Regina Isabella della convenienza di far intervenire l'Inquisizione nella lotta contro le forze sataniche. All'inizio la bolla rappresentava solo una minaccia, grazie all'infaticabile gestione dei Domini Canis, di Frate Alfonso de Hojeda, del vicario Don Pedro di Solís, dell'assistente Don Diego di Merlo e del segretario del Re, Pietro Martinez Camagno, fu possibile persuadere i Re della necessità di far attuare l'Inquisizione con tutto il suo vigore per sradicare dal corpo sociale l'ebraismo e l'eresia. Così, i Re nominarono a Medina del Campo i primi inquisitori, i monaci domenicani Michele Morillo e Giovanni di San Martin, che agiranno giuridicamente assistiti da Frate Filippo di Turdes e Riccardo di Tharsis, rispettivamente zio e padre di Lito di Tharsis. Due editti scritti da questi, concedendo un periodo per il pentimento degli eretici, passato il quale, sarebbero stati giudicati, produssero numerose conversioni, ma nulla impedì che due mila ebrei venissero bruciati in meno di un anno. Quando nel 1483 il priore del Convento di Santo Domingo di Segovia, Frate Thomas de Torquemada, è nominato Inquisitore Generale della Corona di Castiglia, Frate Filippo di Turdes e Riccardo di Tharsis passano in rassegna come loro consulenti legali, che hanno il compito di redigere il Manuale dell'Inquisizione moderna. L'applicazione di queste leggi dimostrerebbe chiaramente quanto fosse inutile pretendere la conversione al cristianesimo degli ebrei, alla quale essi accedevano falsamente mentre continuavano a praticare il satanismo in segreto. Di fronte all’evidenza, i Re cattolici decretarono il 31 marzo 1492, l'espulsione degli ebrei dai Regni di Castiglia e Aragona entro un periodo di quattro mesi, una misura più benigna di quella di Filippo il Bello, ma ugualmente efficace. L’asilo fu nuovamente offerto loro dal Portogallo perché il suo Re, Giovanni II, era stato educato da istruttori ebrei e aveva completamente sottovalutato il pericolo che rappresentavano per la salute del Regno. Ma questa volta la protezione sarebbe durata poco, perché nel 1495 Giovanni II muore lasciando Manuel I come erede della corona: per la sfortuna degli ebrei, quel Re era sposato con una figlia dei Re Cattolici ed estremamente illuminato sui motivi dell'Inquisizione spagnola . Nel 1497 firma un decreto simile al castigliano del 1492, con il quale gli ebrei vengono espulsi dal territorio portoghese. Il destino del popolo eletto li avrebbe portati ora in Olanda, in particolare ad Amsterdam, che si guadagnò il soprannome di "La nuova Gerusalemme", e altre importanti città, così come i Paesi Bassi, dove presto controllarono i fili del potere, praticarono la speculazione e convertirono quelle nazioni nelle potenze bancarie e massoniche che conosciamo oggi.

Dietro a tutte queste persecuzioni spagnole contro il Popolo Eletto, naturalmente, si trovava la Casa di Tharsis, che cercava di fermare l'arrivo del Quiblòn. Ma un obiettivo del genere, come suggerito dal Capitan Kiev, sarebbe stato molto difficile da realizzare: nel 1484 il Grande Mago Ebraico era già in Spagna e nel 1492 avrebbe consacrato le "nuove terre dell'India", abitate da tre popoli "sacrificabili", alla "Gloria del Dio Jehovà". Quiblòn era un ebreo convertito oriundo dalla Galizia, che nel Medioevo erano conosciuti come i Ginovesi. Fu segretamente educato come Rabbi e Cabalista. Per favorire la sua Alta Missione, fu in seguito inventata una storia apocrifa, oscurando tutti i dati che permettevano di conoscere la sua origine e cancellando gli indizi dei suoi passi. Di questo si sarebbero occupati nei secoli successivi i suoi fratelli di Razza. Come richiede la Cabala per colui che deve ricevere dalla Shekhinah la Voce di Metatron, il Rabbino avrebbe dovuto possedere Settanta Nomi; ne conosciamo solo alcuni: Scolnus, Scolvus, Scolvo, Skolvus, Skolvo, Kolonus, Scolom, Skolum, Colum, Colom, Colombo, Colòn, ecc. Cioè, mi riferisco a Cristoforo Colombo o Cristóbal Colón, il famoso ammiraglio meglio conosciuto per la "scoperta" del continente americano che per le sue attività esoteriche. Il Quiblòn giunse ad adempiere le profezie di Bera e Birsa, per offrire l'Olocausto d'Acqua, Mem, a YHVH Sebaoth; e per questo si era preparato durante molti anni e aveva passato molte prove definitive. In particolare, Quiblòn dovette dar mostra del suo dominio per aprire le Porte del Paradiso e chiudere le Porte dell'Inferno. Quest'ultima prova la dimostrò nel 1477, quando si recò in Groenlandia come pilota di un’Armata danese per chiudere le porte di Thule. È conveniente riferirsi a questa operazione di Alta Magia per comprendere le sue azioni successive. Tutto inizia con un fatto inspiegabile e inquietante accaduto nel XIV secolo: la popolazione vichinga della Groenlandia, circa diecimila persone nel XIII secolo, scompare senza lasciare traccia nel secolo seguente. Per capire l’accaduto, bisogna risalire al X secolo, Epoca in cui i Golen cattolici controllavano i Normanni e avanzano verso il Nord Europa, sottomettendo a fuoco e sangue i popoli barbarici e pagani della Danimarca, Svezia e Norvegia. È allora che una delle ultime Pietre di Venere che era in potere dei popoli del Patto di Sangue viene trasportata in Groenlandia. Erik il Rosso lo fa, un Guerriero Saggio dal singolare valore, la cui determinazione lo conduce all'impossibilità di tornare in patria: sarebbe lui a dare il nome attuale, Terra Verde, all'isola congelata nell'anno 986. E la sua famiglia avrebbe formato una Stirpe di molti Noyo e Vraya che si sarebbero occupati della Pietra nei secoli successivi, quando si sarebbero ripristinati i rapporti culturali con i popoli europei. Quei rapporti avrebbero attirato missionari cattolici negli insediamenti vichinghi, ma la Pietra non sarebbe mai caduta nelle mani dei Golen poiché i Custodi l’avrebbero nascosta nelle regioni estremamente accidentate del nordovest della Groenlandia. Nel 999, Leif Eriksson porta il primo prete cattolico, seguito da molti altri nei viaggi successivi; nonostante, la resistenza dei Norvegesi al Patto Culturale si sarebbe esteso per tutto il secolo XI. In ogni caso, la prospera colonia di Erik il Rosso, con oltre 200 fattorie, aveva già 12 chiese e due conventi nel 1124. Papa Pasquale II nomina il primo Vescovo, Erik Gnupsson nel 1121, a cui ne succedono altri sedici fino al 1409. Nel 1290, il primo Domini Canis, Thor Bjorn, arriva sull'isola e si occupa di combattere i Golen e chiama un membro della Casa di Tharsis in suo aiuto. Si fonda così il famoso monastero di Nostra Signora di Thule a Gardhar, dove si scrissero due poemi degli Edda, Atlakvidha e Atlanmal. A Gardhar, precisamente, esisteva il monastero Golen di San Bernardo. E in

quella città si sarebbe concentrata l'opposizione più aspra tra i Golen e i Domini Canis, perché sospettavano che la Pietra di Venere fosse molto vicina ed erano riluttanti ad andarsene senza averla trovata. Finalmente, nel 1312, grazie a una bolla di Clemente V, che aveva appena liquidato la Sinarchia Templare in combinazione con Filippo il Bello, i Golen furono costretti a lasciare Gardhar: fu allora che i Noyo vichinghi dichiararono alla popolazione di Gardhar di aver visto il Segno Litico di K'Taagar sulla Pietra di Venere, pietra che attribuiscono a un'eredità di Wothan e che addirittura chiamano "l'Occhio di Wothan". I Noyo propongono al popolo di Gardhar di partire per andare dove indica la Pietra e tutti accettano, preparandosi immediatamente alla guerra: perché? Questo è quello che spiegherò da domani, Dr. Siegnagel. La cosa importante ora è sapere che non solo la popolazione di Gardhar, ma la totalità dei groenlandesi, con l'eccezione di alcuni preti cattolici che si nascosero convenientemente per evitare l'esecuzione da parte dei vichinghi infuriati, decisero di partire "per il Valhalla, la dimora degli Dei". È che quel popolo di Sangue Puro improvvisamente risvegliava la Saggezza Iperborea che emerge dallo Spirito Eterno e sfuggiva all'incantesimo del Patto Culturale: si era trasmutato e desiderava solo partire per l'Origine, senza pensare all’indole del Nemico che si fosse trovato sulla sua strada. Nel 1354 il Re di Norvegia Erik Magnusson, informato che la popolazione della Groenlandia "era tornata al paganesimo" e "si stava preparando a lasciare i centri abitati", invia la sua nave ufficiale "La Stridula" sotto il comando di Paul Knutsson per scoprire cosa era successo. Viaggia nella spedizione il Vescovo Golen Arni, che ha la missione di "evangelizzare" di nuovo i coloni Norvegesi: ma in Groenlandia non trovano assolutamente nessuno, sebbene Arni li incoraggi a esplorare la regione fino al 1363, data in cui muore. Da quel momento diverse sarebbero state le spedizioni che i Re di Norvegia avrebbero inviato nei successivi cento anni per scoprire il destino dei loro sudditi e cercare di ripopolare le colonie abbandonate: tali tentativi sarebbero stati inutili, perché non sarebbe mai stato possibile sapere cosa era successo ai diecimila vichinghi né ci sarebbe stato nessuno che avesse voluto abitare nelle fantasmagoriche città. Ma l'azione dei Vichinghi della Groenlandia avrebbe suscitato grande preoccupazione per i Demoni della Fratellanza Bianca, che, dal Covo di Chang Shambalá, avrebbero preteso da Quiblòn la capacità di chiudere la Porta di Thule come mezzo per accedere al Sommo Sacerdozio dell'Ordine di Melchisedek. Nel 1486 Quiblòn risiedeva in Portogallo, dove studiava le Arti Occulte e svolgeva un lavoro di cartografo alla Tesoreria del Re. Quell'anno il Re Cristiano di Danimarca chiede a suo cugino, il Re Alfonso V di Portogallo, "un ottimo pilota e cartografo per guidare la sua prossima spedizione a Thule", che doveva "localizzare le colonie cristiane di coloro i quali non si avevano notizie da più di cento anni." Era l'occasione attesa dai Rabbini: le straordinarie influenze che gli ebrei avevano all'epoca nella corte portoghese furono messe in gioco per facilitare la nomina di Quiblòn come pilota del viaggio in Groenlandia: lo ottengono facilmente, figurando nel certificato reale come Johannes Scolvus . Nel 1477, quindi, il Quiblòn appare davanti alle coste della Groenlandia, pronto ad usare tutta la sua Scienza, e la sua fede nel Creatore Uno, per chiudere la Porta di Thule: riesce nella sua missione, e la Fratellanza Bianca, e l’intera ebraicità, capiscono che con il Quiblòn, uno dei più alti sacerdoti della storia è giunto sulla Terra, colui che sarà in grado di parlare con il Verbo di Metatron. La spedizione di Scolvus, Colombo, non trovò nessuno in Groenlandia nel 1477. Ma da allora la Porta di Thule sarà nuovamente chiusa. È un grande Mago Ebreo,

forse grande come Salomone, quello che è venuto nelle terre ghiacciate del Nord per compiere il Rituale, pronunciare le Parole, per esprimere i Gesti. Era necessario che fosse così, perché la Porta era stato forzata da un coraggioso popolo vichingo, dal più puro sangue iperboreo, contro il quale la magia dei Golen non può nulla. Perché è sempre stato così: i Golen hanno facilmente dominato i Celti, gli Iberici, i Liguri, i Baschi, i Fenici, i Cartaginesi e anche i Latini, ma, nel caso dei germanici, è necessario che i più grandi Maestri delle arti infernali si occupino di loro. Capisco, dottor Siegnagel, che è quasi impossibile capire in che cosa consistesse la missione del Quiblòn se non chiarissi la natura di quella "chiusura della Porta di Thule" realizzata in Groenlandia. Tuttavia, ciò che corrisponde è spiegare come fu aperta la suddetta Porta a K'Taagar, o Agartha, e quale altra azione effettuarono i Vichinghi prima di partire, azione di guerra che normalmente tutti i popoli di Sangue Puro eseguono in situazioni simili, e che causò la reazione preoccupata dei Demoni della Fratellanza Bianca. Da domani, quindi, narrerò in poche parole la storia di Nimrod, lo Sconfitto, un Re dell'Antichità che seppe aprire la Porta e battere il Nemico prima di partire: la sua conoscenza chiarirà completamente la questione.

Cinquantaduesimo Giorno Nimrod lo Sconfitto Nel II millennio A.C. un'invasione portò gli Iperborei Cassiti in Assiria. Erano nativi del Caucaso e portavano una Pietra di Venere accanto allo stendardo dell'aquila leontocéfala. L'aquila dalla testa di leone e le ali stese, imprigionando nei suoi artigli due montoni che erano il simbolo del Dio Enlil, Jehovà Satanàs s, adorato in Mesopotamia da tutte le tribù, tra cui i pastori Camiti o Hamiti che sarebbero poi andati con Abramo in Palestina ed Egitto. Lo stesso stendardo sarebbe poi stato portato, migliaia di anni dopo, da altri popoli "barbari", anch’essi del Caucaso, questa volta di Razza germanica, ma tra gli artigli dell'aquila non si troverebbero più i montoni, ma l'agnello, simbolo di quel Dio dei pastori che cercava di usurpare la millenaria figura iperborea di Kristos Lucifer. I Cassiti giungevano seguendo i dettami del loro Dio Arciere Kus che aveva stretto un patto con i suoi Iniziati affinché detto popolo partecipasse alla Guerra Essenziale. Nella città di Borsippa, a nord di Ninive, il Re Nimrod che utilizzava la tecnica numerica dello Ziggurat fece costruire un'enorme torre su un vortice di energia tellurica. Ecco cosa si pretendeva fare: "Attaccare la Dimora dei Demoni Immortali", cioè Chang Shambalá. Questo scopo, che può sembrare oggi il prodotto di una fantasia sfrenata, è tuttavia perfettamente possibile e la prova di ciò risiede nel successo ottenuto da Nimrod quando i suoi arcieri, guerrieri d'élite, colpirono il bersaglio e abbatterono molti dei "Demoni Immortali". In Antichità, quando l'influenza del Kaly Yuga non era così importante e in alcuni sopravvissuti di Atlantide erano ancora presenti i ricordi della Saggezza Iperborea e la guerra contro il Demiurgo, il compito di fondare villaggi e città richiedeva dell'aiuto di Iniziati particolarmente dotati. Lo stesso per l'elevazione di idoli o effigi sacre la cui utilità, che non era la semplice adorazione, oggi è stata dimenticata. L'elemento più importante preso in considerazione per tali fondazioni era la posizione delle correnti di energia tellurica. In secondo luogo c'erano le coordinate astrologiche alle quali, tuttavia, la cecità

degli uomini è solita dare preminenza in alcune Epoche. Giustamente il potere o la sopravvivenza di una città dipende dalla corretta situazione geografica in cui si costruisca e se, per esempio, città come Roma o Gerusalemme sono durate millenni perché sono posizionate sopra a grandi centri di forza. Migliaia di anni fa, gli incaricati di specificare la posizione di una città da fondare venivano chiamati Cainiti, iniziati sacrificatori che conoscevano la Magia del Sangue Versato. Questi assassini sacri, che erano rabdomanti, cioè "sensibili" alle forze della Terra, dopo aver individuato un vortice adatto fecero il sacrificio umano destinato a "polarizzare" l'energia tellurica e ottenere un fenomeno di "risonanza" con il Sangue de la Razza, così che il luogo diventa un "amico" dei suoi abitanti e un "nemico" dei futuri invasori. Di tali omicidi rituali a scopo di fondazione, ricordiamo ad esempio quello di Romolo che per assicurare l'inviolabilità delle mura di Roma dovette uccidere il suo gemello Remo, ecc. Farò una breve parentesi per consultare la Saggezza Iperborea su alcune linee guida che devono essere prese in considerazione, al fine di interpretare correttamente l'azione di guerra intrapresa dal Re Nimrod. Si può considerare con tutta la proprietà che il potere di un popolo di liberarsi dal giogo satanico della Sinarquia dipende direttamente dalle condizioni esoterico-iperboree dei suoi Iniziati. Se ci sono uomini risvegliati, sufficientemente capaci da localizzare le correnti e i vortici di energia tellurica, e non disprezzano il combattimento che inevitabilmente porta questa "presa di posizione", allora la Razza è sulla via della mutazione, è diventata un "cerchio" chiuso "iperboreo". Per ragioni di purezza del sangue sono sempre le popolazioni chiamate "barbari" che sono più vicine a questa prassi iperborea; ma quegli stessi popoli, man mano che diventano civilizzati o sinarchizzati, perdono potenza e, quindi, la loro possibilità di mutazione si indebolisce. La purezza razziale iperborea di un popolo viene valutata sulla capacità dei suoi uomini di risvegliare la Memoria del Sangue. La potenza razziale iperborea di un popolo è la sua capacità di opposizione alla realtà illusoria del mondo materiale. Significa prendere parte attiva alla Guerra Essenziale e, quindi, supporre una concezione strategica iperborea. La potenza viene quindi valutata dalla chiarezza dei fini e degli obiettivi strategici che gli uomini sono in grado di formulare e dai passi effettivi fatti in quella direzione. Il risultato dell'azione non è mai qualificato da alcuna linea guida materiale; più ancora: l'azione non si qualifica mai,in assoluto. Per la Saggezza Iperborea, ciò che conta è la Strategia; questo è: la chiarezza delle mete e obiettivi e il modo per ottenerli, cioè la potenza. In ogni caso, l'azione qualifica se stessa, indipendentemente dai "risultati". Il "successo" o il "fallimento" di un'azione non ha significato nella Strategia Iperborea perché tali parole si riferiscono a concetti elaborati con una percezione errata del Mondo, di Maya, l'Illusione. Può illustrare questo un’antica sentenza iperborea che dice: "per i Guerrieri Saggi ogni guerra perduta sulla Terra è una guerra vinta in altri Cieli". Ritornando al concetto iperboreo della potenza razziale, posso dire che, in generale, un popolo potente è quello che, avendo identificato il Nemico, passa all’azione di guerra nel quadro di una "Strategia Iperborea". E, in particolare, che un popolo di grande potenza è capace di varcare la soglia e trasferire il teatro delle operazioni sul piano degli Immortali. Ci sono molti modi per varcare la soglia. Gli uomini dormienti, gli "Iniziati" nel satanismo sinarchico, per esempio, lo fanno durante la loro "Morte Rituale", strisciando in modo abietto davanti ai sinistri "Guardiani della Soglia", a volte chiamati "Guardiani",

"Vigilanti" o "Eggregore." Dopo aver dimostrato la loro "evoluzione" per mezzo di giuramenti, patti e alleanze ricevono "l’illuminazione", cioè perdono ogni contatto con l’Origine e subiscono l’incatenamento definitivo al Piano Universale del Demiurgo Jehovà Satanàs s. Quindi possono attraversare la Soglia e "partecipare" a migliaia di diverse cerimonie o congreghe, secondo la setta o religione che li ha "iniziati" e che hanno la sorprendente caratteristica di verificarsi solo nella coscienza dell'adepto poiché è una miserabile illusione. Gli "Immortali" di Chang Shambalá non farebbero partecipare mai nessuno nelle loro riunioni se non per distruggerlo, tuttavia, non sono pochi gli imbecilli che credono di conoscere il sancta sanctorum della Fratellanza Bianca e il loro "Istruttore Planetario", il Re del Mondo. Ma c'è un altro modo per "attraversare la soglia", che non richiede umiliazioni o promesse e non implica la totale confusione sanguinea dell'uomo, come nel caso dell'iniziazione sinarchica. È quello che consiste nel disporsi con orgoglio, con le armi in mano, davanti ai Guardiani della Soglia ... e distruggerli. Si dirà allora, ma dov'è la Soglia? Non si tratta di un simbolo "iniziatico"? Non lo è. La Strategia Sinarchica si basa sulla confusione, cioè sull'oscuramento di ciò che dovrebbe essere chiaro. E una tattica ampiamente usata è quella di dare un significato simbolico irreale a ciò che si vuole nascondere e, d'altra parte, di esaltare ciò che si vuole "rivelare" come reale e concreto. Così, una realtà come l'esistenza di "porte indotte" o "dimensionali" è considerata dalle persone sensibili una fantasia e, per esempio, utopie come il comunismo, il socialismo, l'O.N.U. o il governo mondiale, sono considerati fanaticamente come reali possibilità. La Soglia, cioè l'ingresso al piano in cui si trovano i Demoni Immortali, può essere determinata e aperta se si possiede una tecnica appropriata. La Saggezza Iperborea insegna tecniche per aprire "porte indotte", per usarle in tattiche offensive, in sette modi diversi. Uno è usando la tecnologia litica. Un'altro è Vrunico. Un terzo approfitta delle energie telluriche. Un quarto è fonetico, ecc. Ma tutti si basano sulla distorsione dello spazio, sull'intersezione dei piani e sul dominio del tempo. Aperta la Porta, con qualunque sistema, si deve procedere con energia e decisione a causare il maggior numero possibile di vittime al Nemico. Questa possibilità può sorprendere, ma la verità è che i "Demoni Immortali" di Chang Shambalá possono morire. Questi "Immortali", "Maestri di Saggezza", Guru, Golen, Saggi di Sion, Man in Black, ecc., sono irrimediabilmente legati al Demiurgo. Sono immortali finché dura la "Creazione" materiale, cioè finché il Demiurgo mantenga la sua volontà nella manifestazione. La sua esistenza è il destino dell'animale uomo. Ma conviene tener presente che nell'"Isola Bianca" di Chang Shambalá, insieme ai "Demoni Immortali", coesistono, in una gerarchia maggiore, i Duecento Iperborei provenienti da Venere che causarono la mutazione collettiva sulla Terra e incatenarono gli Spiriti Eterni negli animaliuomini che il Demiurgo aveva creato. I Duecento Iperborei sono gli Dei Traditori di Atlantide e i Signori della Fiamma di Lemuria. Essi sono veramente immortali ma, siccome hanno preso un corpo fisico per copulare con la Razza umana, adempiendo ai loro ruoli assurdi di Manù, possono essere disincarnati violentemente, un'azione che, oltre a sconvolgere i loro piani, ha la virtù di distruggere la matrice genetica delle presunte Razze Radici. È possibile, quindi, uccidere gli Immortali, che lo sono solo se la violenza non viene esercitata contro di loro perché abitano una piega dello spazio in cui il tempo passa in un modo diverso, in modo tale che i loro corpi rimangano fisiologicamente stabili in "un’età determinata". Con questa terribile affermazione chiuderò qui la parentesi

dottrinale che ho aperto più indietro. Siamo già, in virtù di ciò che ho esposto, in condizioni di interpretare l'impresa del Re Iperboreo Nimrod. Ad esempio, è possibile ora qualificare i Cassiti come una grande potenza razziale per aver condotto, secondo la definizione precedente, il teatro delle operazioni al Covo dei Demoni Immortali. Continuerò quindi, con la storia. Ripeterò quello che ho detto all'inizio. I Cassiti avevano concordato con il loro Dio Arciere Kus di partecipare alla Contesa Essenziale. Erano guerrieri temibili, perfettamente in grado di affrontare bestie, uomini o Demoni. Viaggiarono per anni finché gli Iniziati Cainiti scoprirono che il "serpente di fuoco" più potente, cioè il vortice di energia tellurica, si trovava nei limiti della città di Borsippa, che esisteva già ed era abitata da una tribù di pastori hamiti o khabiri. Questo non rappresentava una difficoltà per un popolo determinato a combattere Demoni infernali. In breve tempo i Cassiti dominarono la piazza e i loro Iniziati Cainiti eseguirono i Rituali necessari per "calmare" il Serpente di Fuoco. Subito dopo misero in pratica una Strategia appropriata per l'imminente offensiva. Da questa dobbiamo evidenziare due compiti distinti che dimostrano la capacità degli iniziati Cainiti. Il primo consisteva nell'addestrare un'elite capace di resistere alla potente magia che i "Demoni" avrebbero usato all'aprire "la Porta dell'Inferno". Questa Elite iperborea, lontana antenata delle SS, avrebbe avuto la missione sacra di sterminare i Demoni, un compito incredibile in cui sicuramente avrebbero perso la vita o la ragione. L'altro compito era forse il più semplice da eseguire, ma quello che avrebbe richiesto maggiore abilità nella gestione della Saggezza Iperborea: costruire la "Torre Magica" che, grazie all'armonia delle sue esatte dimensioni, della sua forma e della sua funzionalità, canalizzi l'energia tellurica disperdendola intorno "all'Occhio della Spirale" di energia. Nell'architettura dei templi la cosa più importante, dal punto di vista della "funzionalità rituale", è il piano della base, il suo simbolo. I più usati sono: la base circolare, a croce o ottagonale, sebbene siano stati costruiti anche con una base rettangolare, pentagonale, esagonale, ecc. Ma nell'architettura di guerra iperborea, di solito vengono costruiti edifici simili a fortezze, il cui piano di base è quasi sempre un "labirinto". Tale figura deve essere utilizzata a causa delle esigenze tecniche di canalizzazione delle energie telluriche e posso aggiungere che l'applicazione della "tecnica del labirinto" è un altro dei sette modi per aprire le porte indotte. Naturalmente, non smetterò di ripetere che i prodotti di queste tecniche iperboree non sono automatici, cioè, includono nella loro funzionalità la partecipazione di uomini addestrati. Il piano di guerra di Nimrod consisteva, quindi, in tre fasi: 1) aprire la porta al piano di Chang Shambalá; 2) Accedere alla famosa Soglia dell'iniziazione sinarchica; 3. Attaccare, attaccare, attaccare ... Per completare questa Strategia colossale esisteva l’opzione una serie di dettagli logistici come la scelta delle armi o la possibilità di usare l'antica "armatura magica" di Atlantide. Per quanto riguarda le armi, gli Iniziati Cainiti decisero che i guerrieri avrebbero usato frecce costruite secondo una vecchia formula: le piume sarebbero state di Ibis; le aste di acacia del Caucaso; e le punte, di pietra, sarebbero state piccole stalattiti perfettamente coniche, raccolte da profonde e misteriose caverne che la tradizione sciamanica afferma siano connesse con il Regno Iperboreo di Agartha. Per quanto riguarda le "armature magiche", oggi è facile immaginare, alla luce della moderna tecnologia elettronica, come sarebbe un "campo elettrostatico precipitatore di materia" che avvolge tutto il corpo. Tuttavia, questa "corazza elettronica", chiamata

magica all’Epoca di Nimrod, era una difesa comune ai tempi di Atlantide, fino a circa 12.000 anni prima. Gli Iniziati Cainiti riuscirono solo a fornire alcune ore di tale campo protettivo al Re Nimrod e al suo Generale Ninurta perché nessun altro nel popolo contava con le condizioni di purezza necessarie per applicare l'antica tecnica. Solo due guerrieri quando Atlantide aveva interi eserciti che usavano il "vestito di metallo"! Questa tecnica subì un lento degrado fino a scomparire completamente a causa della confusione sanguinea. In un principio, quando gli Dei vennero sulla Terra milioni di anni fa, rivestirono i loro corpi fisici con una "corazza di fuoco". In seguito nella lontana Lemuria, gli Iniziati, i Re e i guerrieri, materializzavano minerali e per quello venivano chiamati "Uomini di Pietra". E infine, in pieno Kaly Yuga Atlante, gli Dei Traditori materializzavano corazze di metallo attorno al loro corpo che li proteggevano da colpi di spada o lance alla maniera della nostra cotta di maglia medievale. La Corazza Atlante di metallo materializzato è, d'altra parte, l'origine della leggenda ebraica secondo la quale Nimrod possedeva i "vestiti" che Adamo ed Eva indossarono in Paradiso. Li avrebbe ottenuti da Cam, uno dei figli di Noè, e più tardi, dopo aver combattuto con Esaù, un altro grande cacciatore, li avrebbe persi. Queste leggende si trovano nei Midrash Talmudici Sepher Hayashar (XII secolo) e Pirque Rabli Eliezer (90-130 D.C.) e anche nel Talmud Babilonese (500 D.C.), ecc. Anche i Guardiani della Soglia hanno armature e potenti armi, tra cui, ad esempio, "il Raggio Om" un'arma atlante con cui i dolci "Maestri di Saggezza" di Chang Shambalá sono soliti disintegrare i discepoli che si mostrano ribelli. Sembra un nemico terribile armato così, ma questa è pura apparenza, solo potere materiale. I guerrieri di Nimrod avrebbero portato il Segno Iperboreo di Hk, la Runa di Fuoco che nessun "Demone Immortale" può affrontare. E molto meno i Duecento Iperborei Traditori. Quel Segno rappresenta per loro la verità, l'inevitabile ricordo della Divina Origine abbandonata. E, come la Gorgone, non è possibile guardarlo senza soffrire gravi rischi. Quando terminarono la Torre, si dispose nella torretta sulla cuspide, una colonna metallica di ferro, rame, argento e oro, sormontata da una gigantesca Esmeralda. Quella pietra era stata consegnata ai Cassiti dal Dio Kus quando li compromise nella lotta con il Demiurgo Enlil, Jehovà Satanàs s, la cui dimora si trovava a Babilonia. E secondo quanto sussurravano gli Iniziati, la Pietra Sacra era stata portata da Venere dagli Dei che accompagnarono Kus quando arrivarono sulla Terra, prima che l'uomo esistesse. Durante i molti decenni della traversata dei "barbari", dal pendio del monte Elbrus, nel Caucaso, il possesso di questo "Regalo del Cielo" fu lo stimolo che gli permise di affrontare ogni tipo di difficoltà. Era il Centro attorno al quale si formava la Razza; era l'Oracolo che permetteva di ascoltare la Voce di Dio ed era il Tabula Regia in cui si potevano leggere i Nomi dei Re. Era anche il Segno Primordiale davanti al quale i Demoni retrocedevano terrorizzati e contro il quale nessuna potenza infernale aveva potere. Attraverso di essa si sarebbe aperta in Cielo la Porta dell'Inferno e si sarebbe potuto condurre il combattimento senza tregua contro i servi di chi incatenò lo Spirito Eterno alla Materia. Molti popoli sono stati chiamati "barbari" da altri popoli più "civilizzati", alludendo alla loro "ferocia" e "incoscienza". Però è necessario essere "barbaro" per pattare un accordo con gli Dei e prendere parte alla Guerra Essenziale. Solo la garanzia della purezza sanguinea di alcuni "barbari", intrepidi e immuni alle insidie sataniche, può far decidere agli Dei di porre nel Mondo la pietra angolare di una Razza Sacra. In altre parole, le "trappole", le tentazioni della Materia, si diffondono ovunque ed è per questo che devi essere "barbaro"

o "fanatico", ma anche ingenuo, "come un bambino", o come Parsifal il pazzo puro della leggenda arturiana. Finalizzata la costruzione dello Ziggurat, furono inviati messaggeri nelle restanti città e villaggi Cassiti poiché il loro Regno includeva Ninive e altre città più piccole, così come ai numerosi accampamenti del nord che arrivavano fino al lago Van e raggiungevano persino le pendici dell’Ararat. Migliaia di Ambasciatori stavano arrivando a Borsippa per apprezzare la Torre di Nimrod e rendere omaggio a Ishtar la Dea di Venere e a Kus il loro Dio razziale, marito di Ishtar. Venivano anche dal Sud, da Babilonia che avevano appena conquistato, un piccolo numero dei loro cugini Ittiti, insieme ai quali i Cassiti erano partiti molti decenni prima, dal Caucaso. Tutto era stato preparato per il solstizio d'estate, il giorno in cui Chang Shambalá è "più vicino" al nostro piano fisico. Quel giorno la città di Borsippa si riunì sotto il grande Ziggurat e un contrasto di emozioni si scorgeva su tutti i volti. Gli invasori Cassiti, cacciatori e agricoltori, cioè, Cainiti, dimostravano apertamente la loro allegria selvaggia nel culminare in un compito che li aveva assorbiti per diverse generazioni. E in quella furiosa allegria, pulsava il desiderio per il combattimento prossimo. Un antico proverbio ariano dice: "la furia del guerriero è sacra quando la sua causa è giusta". Ma se quella sete di giustizia lo porta ad affrontare un nemico mille volte più grande, allora necessariamente deve accadere un miracolo, una mutazione della natura umana che lo porti oltre i limiti materiali, fuori dal Karma e dall'Eterno Ritorno. Leonida alle Termofili già non è umano. Sarà un Eroe, un Titano, un Dio, però mai un uomo comune. Per questo il Popolo di Nimrod pervaso dalla sua furia santa sentiva prossima la mutazione collettiva; si sentiva elevato e vedeva dissolversi la realtà ingannevole del Demiurgo Enlil. Bollivano di coraggio e così purificavano drasticamente il loro sangue. E quel Sangue Puro, ribollente di furia e valore, quando si raduna nelle tempie, porta il Ricordo dell’Origine e fa sfilare davanti alla vista interiore immagini primordiali. Sottrae, in una parola, dalla miserabile realtà del mondo e trasporta alla vera essenza spirituale dell'uomo. In queste circostanze magiche non è strano che un intero popolo ottenga l'immortalità de Valhalla. In contrasto con questa euforia guerriera, c'era una terribile angoscia ritratta sui volti di molti cittadini. Erano quelli che costituivano la primitiva popolazione di khabiri di Borsippa, pastori e mercanti, che adoravano da sempre il Demiurgo Enlil. Secondo le loro tradizioni, Jehovà Satanàs s aveva preferito il pastore Abele e disprezzata il contadino Caino, cosa che è coerente dal momento che "il pastore è l'ufficio dell'uomo animale", figlio di Jehovà, come insegna la Saggezza Iperborea. Per questi motivi sperimentavano un profondo odio contro il Re Nimrod e gli iniziati Cainiti. Un odio come solo i vigliacchi possono provare, quelli che, in tutto simile ai montoni e alle pecore che pascolano, si definiscono "pastori". L'odio per il guerriero è quello che travestito ipocritamente esalta le "virtù" del sentimentalismo, della carità, della fraternità, dell'uguaglianza e di altre menzogne che si conoscono molto bene per soffrire in questa civiltà di pastori nella quale ci ha fatto sprofondare il cristianesimo ebraico della Sinarchia. E quest'odio, che sto considerando, emerge ed è nutrito da una fonte chiamata paura. Paura e Valore: ecco qui i due opposti. Abbiamo già visto il potere trasmutatore del coraggio e del valore, la cui espressione è il Furore del Guerriero. La paura, d'altra parte, si esprime attraverso l'odio codardo e raffinato, quello che dopo molteplici distillazioni produce l’invidia, il risentimento, la calunnia e qualunque tipo di sentimenti insidiosi. La paura è infatti un veleno per la purezza del sangue come il valore ne è

l’antidoto. L'esaltazione del valore eleva e trasmuta; dissolve la realtà. L'esacerbazione della paura, invece, affonda nella materia e moltiplica l’incatenamento alle forme illusorie. Ecco perché i pastori di Borsippa mormoravano le loro preghiere a Enlil mentre, ipnotizzati dal terrore, contemplavano la cerimonia cainita. La mattina presto, quando Shamash, il Sole, si era appena svegliato, i tamburi e i flauti stavano già elettrizzando l'aria con il loro ritmo monotono e ululante. Nelle diverse terrazze della Torre, gli Iniziati danzavano sfrenatamente mentre ripetevano Kus, Kus incessantemente, invocando il Dio della Razza. Gli Ierofanti, nel numero di cinquanta, officiavano i riti antecedenti alla battaglia installati intorno all'enorme mandala labirintico costruito sul pavimento della torretta superiore con mosaici di lapislazzuli, replica esatta del labirinto alla base dello Ziggurat. In tutto il recinto il colore blu prevaleva mettendo in risalto con una luminosità intensa e scintillante il grande Smeraldo verde consacrato allo Spirito di Venere, la Dea che i Semiti chiamavano Ishtar e Sumeri Imnina o Ninharsag. Mentre gli Ierofanti rimanevano sotto il tetto della torretta superiore, all'esterno, nei corridoi laterali, il Re Nimrod ei suoi duecento arcieri si stavano preparando a morire. Il climax bellico era "in crescendo" man mano che le ore passavano. Verso mezzogiorno si poteva vedere un vapore ectoplasmatico color cenere che filtrava attraverso le colonne della torretta superiore e girava languidamente attorno a esse, avvolgendo i guerrieri imperturbabili con le sue volute capricciose. All'interno della torretta, il vapore copriva l'intero recinto ma non superava la cintura del più alto degli Ierofanti. La folla rimasta pietrificata osservando la cuspide dell'enorme Torre improvvisamente assistette, sbalordita, a un fenomeno di incarnazione del vapore. All'inizio solo pochi lo notarono, ma adesso era visibile a tutti: la nube assumeva forme definite che rimanevano un momento, per dissolversi e riformarsi di nuovo. Il principale "motivo" dei misteriosi rilievi del vapore erano essenzialmente figure di "Angeli". Angeli o Dei; ma anche Dee e bambini. E animali: cavalli, leoni, aquile, cani, ecc. E i carri da guerra. Era un intero Esercito Celeste quello che si materializzava nella nube di vapore e girava lentamente attorno alla torretta. E mentre passavano i carri da combattimento, tirati da briosi destrieri alati, gli Angeli Guerrieri incoraggiarono chiaramente Nimrod. E lo facevano anche le donne, ma è conveniente che ci fermiamo per un momento in Esse, perché la semplice contemplazione della loro bellezza iperborea è sufficiente per illuminare il cuore dell'uomo più passivo e farlo uscire dalle grinfie dell'Inganno. Oh, le donne iperboree! Così belle! Indossavano una gonna corta stretta in vita da una sottile corda dalla quale pendeva, sul fianco, il fodero di una spada graziosa e temibile. L'arco incrociato sul petto e, sulle spalle, la pesante faretra. Le trecce d'oro e d'argento di capelli che s’intuivano essere morbidi e leggeri come il vento. E i volti. Chi sarebbe in grado di descrivere quei Volti dimenticati, dopo millenni di inganno e decadenza; Volti che, tuttavia, sono incisi con il fuoco nell'anima del guerriero, quasi sempre senza che lui stesso lo sappia? Chi oserebbe parlare di quegli occhi scintillanti di freddo coraggio che istigano irresistibilmente a lottare per lo Spirito, per ritornare all'Origine, occhi d'acciaio il cui sguardo temprerà lo Spirito fino all’istante anteriore al combattimento ma che, dopo il combattimento, miracolosamente, saranno come un balsamo di gelido Amore che guarirà ogni ferita, che calmerà ogni dolore, che resusciterà eternamente l'Eroe, colui che rimane tenacemente sul Sentiero del Ritorno all’Origine? E chi, infine, oserebbe menzionare i loro sorrisi primordiali davanti ai quali tutti i gesti umani impallidiscono; di fronte al suo suono cantato si estinguono la musica e le voci della terra; risate trasmutatrici che non potrebbero mai risuonare tra la miseria e l'inganno della realtà materiale e che, pertanto,

possono essere ascoltate solo da coloro che sanno ascoltare anche la Voce del Sangue Puro? Impossibile provare a disegnare l'immagine purissima di quelle donne iperboree, eterne compagne degli Uomini di Pietra, la cui proiezione nei vapori ectoplasmatici era stata prodotta grazie alla potente volontà degli Iniziati Cainiti. Aggiungerò solo che queste immagini erano enormi. Mentre le altre figure ruotavano a una certa distanza dai guerrieri Cassiti, Esse si staccavano per abbracciarli e accarezzarli, e allora le loro dimensioni potevano essere apprezzate. Raddoppiavano in altezza il Re Nimrod, il guerriero più alto di Borsippa. Il popolo vedeva chiaramente queste effusioni e, sebbene fosse evidente che le Dee parlassero ai guerrieri con un tono imperativo, mentre indicavano il cielo, nessuno, tra loro, avrebbe potuto sentire se quei fantasmi stavano producendo effettivamente alcun suono, a causa del ritmo frenetico del flauti, tamburi, timpani e arpe,che era assordante. Ma forse le donne iperboree stavano parlando direttamente allo Spirito, forse le loro voci le poteva ascoltare interiormente ogni guerriero come dicono di sentire gli Auguri ... Avvolti in quella frenesia, ma momentaneamente sbalorditi dalle alterazioni della nube bianca, i cittadini di Borsippa non si accorsero quando una delle Iniziate lasciò la danza. Corse su per i piani mancanti e raggiunse la torretta, ma prima di entrare, il vapore prese la forma di una folla di bambini alati che svolazzavano intorno a lei versando sulla sua testa liquidi eterici di non meno eteree anfore. Tuttavia, tali manifestazioni soprannaturali non la fermarono. Unta dalla testa ai piedi dai graziosi cherubini, avanzò risolutamente ed entrò nella torretta. I cinquanta Ierofanti, notando la sua irruzione, cessarono ogni canto, ogni invocazione, e voltandosi verso di lei, la guardavano fissamente. Alla fine l'Iniziata fermò il suo passo leggero davanti all'ingresso del labirinto e, senza dire una parola, tirò una corda e lasciò cadere la tunica, rimanendo completamente nuda ... tranne i gioielli. Questi erano veramente strani: quattro braccialetti d'oro serpentiformi, uno avvolto attorno ad ogni caviglia e uno su ciascun polso; una collana simile ai braccialetti; una tiara tempestata di pietre lattose e opache; due orecchini e due anelli serpentiformi e una pietra rossa nell'ombelico. Di tutto il congiunto quello che più impressionava, per il disegno raffinato e l'abilità degli orafi, erano i braccialetti. Ognuno dava tre giri; quelli della gamba e del braccio sinistro con la coda del serpente verso l'esterno e la testa piatta verso l'interno del corpo; i braccialetti avvolti attorno alla gamba e il braccio destro mostravano il serpente come "uscendo" dal corpo; nel collare, il serpente puntava la coda verso la terra e la testa, questa volta stranamente bicefala, era appena sotto il mento. Tutti i serpenti avevano piccole pietre verdi incastonate negli occhi, e il corpo era scolpito e smaltato con colori vivaci. Vedendo questi meravigliosi pezzi di oreficeria, nessuno avrebbe sospettato che fossero strumenti delicati per canalizzare energie telluriche. La ragazza è di una bellezza che toglie il fiato. Si può osservare mentre ricorre con passo sicuro il labirinto, che sembra conoscere molto bene perché quasi il pavimento non può essere distinto, sotto la densa nube di vapore ectoplasmatico. Se commettesse un errore, se trovasse un cammino chiuso, sarebbe considerato di cattivo auspicio e l'operazione sarebbe sospesa fino all'anno successivo. Ma l'Iniziata non esita, tiene aperti i Mille Occhi del Sangue e vede laggiù, alla base della Torre, come l'energia tellurica, quale irresistibile serpente di fuoco, attraversa anche il labirinto risonante. E tutti confidano in Lei, nella terribile missione che ha intrapreso, che inizia lì, ma continua in altri mondi. Si fidano perché lei è una maga Iniziata, nato quinta in una famiglia di rabdomanti, con il sangue così blu che le vene sono

disegnate come alberi frondosi sotto la pelle trasparente. Tutti pensano in Lei mentre ricorre il labirinto cantando l'inno di Kus. Gli Ierofanti trattengono il fiato mentre le slanciate gambe dell'iniziata ricorrono con destrezza gli ultimi tratti del mosaico-labirinto: l'uscita" sta per essere raggiunta. Ha trionfato! Ma quel trionfo significa la morte, come vedremo in seguito. Proprio alla fine del labirintosi trova la colonna di pietra e metallo dove splende di rara brillantezza lo Smeraldo Iperboreo. L'Iniziata ci si ferma di fronte e, alzando gli occhi al cielo, sale i tre gradini che portano alla base della colonna, che di bassa statura perché lo Smeraldo raggiunge solo il livello del pube. Cosa curiosa: lo Smeraldo è stato scolpito a forma di vagina, con una fessura centrale, che è possibile vedere perché si trova nella parte superiore, che si trova rivolta di fronte al tetto del tempio. Al contrario, l'Iniziata, nonostante sia nuda, non è possibile osservarle il sesso perché una piega di carne copre il suo basso ventre, assolutamente senza peli. Questa caratteristica fisica, che oggi solo le donne boscimane preservano, è la prova più evidente del loro lignaggio Atlante-Iperboreo. Le donne di Cromagnon possedevano un "lembo di pelle naturale" e anche le antiche egizie delle prime dinastie, come si può vedere in numerosi bassorilievi. L'Iniziato ha attraversato il labirinto, ha "guidato" il serpente fino al tempio superiore e l'ha condotto attraverso la colonna di pietra e metallo. Ora la sua testa ignea inizia a premere sotto lo smeraldo iperboreo, accendendolo magicamente e bagnando l'enorme recinto e tutti i suoi occupanti con una luce verde. Fuori il rombo dei tamburi e dei flauti ha acquisito un ritmo e un'intensità così rapidi che è impossibile pensare o fare altro che contemplare lo Ziggurat, la torretta della cima circondata da Nimrod e dai suoi arcieri. Questi ultimi, nel frattempo, osservano attraverso le colonne la scena interiore, invisibile alle persone raccolte alla base dello Ziggurat.

Cinquantatreesimo giorno È già mezzogiorno, il momento preciso in cui Shamash è più in alto. La voce grave di uno dei cinquanta Ierofanti si rivolge alla bellissima Iniziata, parlando con brevi frasi, pronunciate con la cadenza di una preghiera rituale: "Oh principessa Isa: il destino della Razza è nelle tue mani. Abbiamo viaggiato molte terre e attraversato innumerevoli paesi, per arrivare fino a qui, alla ricerca della Battaglia Finale. Anni di commino e disagi da quando abbiamo lasciato le montagne sacre dove siamo nati due volte e nella cui sommità Kus ci ha riuniti e ci ha raccontato dei Tempi Primordiali. Abbiamo imparato in quei giorni lontani che non siamo di qui. E, dopo aver ricordato la nostra Origine Divina, come potremmo rimanere lì,

ingannati da Lui, "l’Anziano" Enlil? Sì, tutto divenne vile davanti ai nostri occhi. I campi improvvisamente appassirono. Il profumo dei fiori diventò orribile, e il calore di Shamash non ci sembrava più buono. All'improvviso abbiamo visto le spighe spinose e persino le montagne hanno perso la loro imponente altezza Tutto ciò che accadde quando guardammo il mondo dopo che il Saggio Kus ci parlò del Cielo dimenticato che ci riempiva il petto di nostalgia. Fu allora che decidemmo di intraprendere il Sentiero di Ritorno all’Origine. E far pagare caro il tradimento dei Demoni che ci avevano ingannato con la loro magia. Molti di noi sono partiti dalla montagna sacra, in direzioni diverse. E molti sono i Re che con i loro popoli iperborei cercano da allora la via del Cielo. Ma Kus ci aveva avvertito che alcuni non sarebbero arrivati presto se fossero di nuovo stati ingannati dagli astuti Demoni. Ma a noi ci ha diretto con precisione perché non abbiamo altro scopo che conquistare il Cielo. Siamo guidati dall'invincibile Nimrod che Egli teme perché il suo Sangue è Puro tanto blu come il mare e rosso come l'alba di Shamash. Siamo un popolo coraggioso come il leone e voliamo alto come l'aquila, ma il nostro occhio è acuto e i nostri artigli lacerano il Nemico. Siamo un popolo duro che non conosce il perdono e non dà tregua nella lotta. Ci guida Nimrod arciere senza eguali sulla Terra. Le stelle lo disegnano cacciando nel cielo. Portiamo con noi la Pietra Verde di Kus in modo da non perderci di nuovo,

cosa possiamo chiedere di più? State da parte, Demoni infernali! Perché qui c'è un popolo sveglio che non saranno mai in grado di spaventare o ingannare. In guardia, dannati Demoni! Perché emerge una Razza indomita che Vi farà combattere fino alla morte. Oggi il cammino è giunto al termine. Indietro è rimasto il grande mare Kash e il paese di Kashshu; Le nostre donne e bambini, i nostri anziani e i migliori guerrieri rimangono sepolti nelle strade percorse Molti sono caduti per la gloria di Kus e per aver seguito l'eroico Nimrod, il capo che ci condurrà alla vittoria in questo o in altri cieli. A Borsippa ci siamo accampati. Per costruire la torre più alta del mondo e domare il Serpente di Fuoco. Come il nostro Ziggurat non ne esiste nessuno né in Babilonia e né in Assiria, né nel lontano Egitto, né nella terra degli Ariani. Da che il Diluvio coprì la Terra e punì i Demoni che abitavano le isole di Ruta e Daitya, non si è vista un'altra Torre uguale. Gli dei si rallegrano di noi e i demoni ci temono. Quanto abbiamo lavorato per costruirlo! Oh Isa, questo sforzo non dovrebbe essere invano. L'Iniziata era nello stesso punto, in piedi di fronte allo Smeraldo di Kus, mantenendo un rispettoso silenzio mentre i suoi occhi, magnificamente a mandorla, rimanevano fissi sullo Ierofante. Questi continuò con il suo monologo: Siamo venuti qui per morire combattendo e tu, dolce Principessa, hai scelto di morire per prima per aprire la Porta del Cielo. Puniremo i Demoni e vendicheremo la tua morte, divina Isa, figlia del Serpente di Venere!

La bellissima Iniziata Cainita impallidì visibilmente; tuttavia i suoi occhi brillavano ferocemente mentre dalla sua bocca uscivano queste parole coraggiose: Il Costruttore dei Mondi dell’Illusione, l'infame Enlil, è sprofondato in un sonno eterno, mentre il suo corpo fecondato nasce e rinasce in tutto ciò che esiste. Si è alleato con i Demoni che abitano Dejung, la città mille volte maledetta, la città dell'Orrore e dell'Inganno, la cui Settima Muraglia ha un ingresso nascosto nel paese degli uomini gialli. Egli ha fatto affidamento sui Demoni per continuare la sua opera perversa. Ed Essi ci hanno incatenato e ci impediscono di ritornare nel mondo di Kus, dove si trova il Palazzo del vero Dio HK, il cui Nome non può essere pronunciato senza morire. Ma sebbene Dejung sia lontano, i suoi Cancelli sono ovunque. Sette Porte ha Dejung e Sette Mura la circondano. Il Demone Dolma possiede le chiavi ma solo i pazzi si lascerebbero guidati da Lei. In che modo, dunque, i coraggiosi Cassiti metteranno sotto assedio la fortezza di Dejung? Se i Demoni conoscono già i nostri santi propositi e se il suo occhio è fisso su di noi dalla torre di Kampala? Lo faremo come ci ha insegnato il nostro Dio Kus, il Signore di Venere, risvegliando dal sonno il miserabile Enlil e costringendolo ad aprire la Porta del Cielo e a tendere il ponte sulle cupe mura di Dejung Kampala. Iniziati Cassiti: vedete tutti che Enlil si è svegliato! Il Dio Che Dorme è un idiota,

ama flauti e tamburi, danze e canti e che si adori il Suo Nome, ma desidera anche il sangue perché è padre di sacerdoti, sporchi pastori e sacrificatori. Solo il Sangue Puro farà emergere il mostro dalle profondità. Procedete Ierofanti! Che Isa è disposta a morire in guerra, di tutti, la prima! Viaggerò attraverso i mondi dove i morti velano i Demoni inseguono e gli Dei aspettano. Sarò accompagnata da Kus che tutti rispettano. E nel nome di Nimrod costringerò la Bestia ad aprire le Porte per il bene delle nostre gesta. Procedete Ierofanti che Isa è disposta! In quel momento accaddero contemporaneamente tre cose: il Sole raggiunse il suo apice; la musica cessò improvvisamente, inondando le orecchie di silenzio; e con un'accurata pugnalata, lo Ierofante tolse la vita alla bella principessa Cassita. Il coltello di giada tagliò ordinatamente il collo nevoso sopra il collare bicefalo. Due Iniziati sostenevano il corpo inerte mentre il sangue sgorgando si versava sulla gemma brillante ed entrava nella sua fessura uterina, ora trasformata in avida gola. Allora cominciarono ad accadere le cose più meravigliose che gli occhi umani avrebbero contemplato per molti secoli. Coloro che si trovavano all'interno della torretta potevano contemplare una scena terrificante: mentre il sangue cadeva, la luce emanata dallo smeraldo si estinse per un momento, ma poi, come una freccia, una colonna di fuoco si innalzò rapidamente dal pavimento della torretta, avvolgendo il piedistallo e la gemma. Il corpo della Principessa giaceva al suolo, impossibile vedere sotto l’impenetrabile nube di vapore geoplasmatico che diventava sempre più densa. Tuttavia, un'immagine spettrale, con la sua stessa bellezza nuda, poteva osservarsi chiaramente accanto alla colonna di fuoco impegnata in una specie di lotta. Il portento igneo, che all'inizio non superava lo spessore del piede di un elefante, era largo adesso come un cerchio di sei uomini. Inizialmente aveva serpeggiato sinistramente come un serpente infernale, ma poi, man mano che si espandeva, lentamente adottò l'inconfondibile figura del Drago. Era un Drago fiammeggiante la cui spaventosa immagine diventava sempre più nitida in ogni momento, mentre la lotta con il fantasma della Principessa Isa aumentava.

È importante chiarire che erano trascorsi solo pochi minuti da quando la Principessa era deceduta fino al momento in cui il mostro di fuoco si era materializzato. Conviene chiarirlo perché da lì in poi successe tutto troppo velocemente ... o forse i testimoni persero la cognizione del tempo. All'improvviso le fauci di quella bestia primitiva, quel Leviatano, Rahab, Beemot o Tehom-Tiamat esalarono un ruggito terribile, mentre un'enorme fiammata invadeva lo spazio consumando e carbonizzando numerosi Ierofanti. Solo i sopravvissuti poterono osservare l'incredibile spettacolo di quella bestia di fuoco cavalcata dall'Iniziata morta. La Principessa Isa, il suo fantasma, si era arrampicata sulla testa del mostro, seduta tra le pinne triangolari della schiena squamata. Quell'azione audace fece sì che il mostro emettesse il ruggito infernale e la fiamma mortale. Nonostante questa reazione e le feroce scosse della bestia, la Principessa ripeté imperturbabilmente queste parole: "Spirito di Enlil, di El, di Yah e di Il che fecondi la Terra e produci vita e inganni gli uomini con la tua falsa opulenza e queste ricchezze illusorie che offri. Dio che una volta fosti in alto ma ora sei caduto e sei diventato completamente idiota, non incatenarci anche a noi in questo Universo Infernale che hai costruito imitando il vero Cielo. Noi ce ne andremo perché siamo già stufi di te, con tutte le tue trappole e con i Demoni che ti appoggiano. Apri l'ingresso al covo infernale dove dimorano i tuoi seguaci codardi! Ti scongiuro di farlo El nel nome del vero Dio, padre di Kus che hai tradito! Per HK! Ti scongiuro di aprire la Porta In nome di HK! Sentendo quel nome benedetto, la bestia si ritirò istantaneamente verso il pavimento della torretta, avvolgendosi attorno alla colonna di pietra e metallo. La sua testa, tuttavia, ondeggiava minacciosamente senza che questo affettasse la prestanza della spettrale Iniziata, che rimase saldamente aggrappata alla sua schiena. Il Drago tellurico non mostrava alcuna intenzione di obbedire, un atteggiamento che portò la coraggiosa Principessa ad agire drasticamente. Abbassandosi, allungò la mano, facendo il gesto di toccare il proprio sangue fessura piena dello Smeraldo Iperboreo. Poi disse:

Questo sangue che è stato versato oggi e verso il quale ti sei precipitato, Signore di tutte le cose, è il mio sangue: un sangue sacro del lignaggio degli Dei di Venere. In esso è contenuto il ricordo della nostra Origine Divina e del vero Dio HK. Con la tua sostanza ho unto le mie dita e ora traccerò sulla tua fronte il Segno dell’Origine. Davanti a lui non esiste difesa. Ti scongiuro di aprire la Porta Enlil, re dei Pastori, in nome di HK e il Segno Sacro! La Principessa disegnò rapidamente il suo simbolo sulla fronte del mostro ed ecco che il più grande prodigio non era ancora stato raggiunto. L'orribile creatura di fuoco si esplose verso l’alto, come una molla, attraverso il tetto della torretta e portando sulla sua testa la bellissima guerriera. Quelli che erano fuori, nei corridoi dello Ziggurat e intorno alla sua base, erano ancora silenziosi perché erano passati solo pochi minuti da quando la musica era cessata e perché i terrificanti ruggiti che il mostro emetteva, invisibili a loro, erano sufficienti a zittire qualsiasi gola. Nel momento in cui la Principessa disegnava il Segno primordiale e il Drago si elevava, un urlo di terrore esplose da tutte le bocche. Appena sopra la torretta, non lontano dal tetto, il Cielo si piegò come se fosse stata strappata una tela. Una nera apertura era ora chiaramente visibile a tutti coloro che assistevano allo strano fenomeno. E la cosa più curiosa e anormale era che il buco tenebroso nascondeva completamente il Sole, anche se questo, trovandosi molto più in alto, avrebbe dovuto essere visto da una certa distanza. Tuttavia, nessuno vide più il Sole, anche se la sua luce illuminava ancora l’ambiente come se fosse nel suo zenit. È comprensibile che sotto tali intense emozioni nessuno si preoccupasse del destino del Sole perché, mentre il terrore aveva paralizzato i vigliacchi khabiri, i Cassiti ululavano con furia alzando i pugni verso il cielo. È che lo spettacolo era impressionante e giustificava qualsiasi distrazione. Il mostro di fuoco, dopo l'apertura della Porta del Cielo, si era completamente trasformato. All'inizio sembrava che la spaventosa testa fosse entrata nell'apertura buia poiché solo un cilindro luminoso era visibile, come un raggio di fuoco, che emergeva dalla torretta e si introduceva nell’apertura. Però immediatamente fu evidente che si stava verificando una metamorfosi e dopo pochi secondi un nuovo prodigio era offerto alla vista sconcertata degli abitanti di Borsippa. Dapprima era diventato bulboso e coperto di protuberanze, mentre cambiava colore e si tingeva di marrone; poi, molto rapidamente, i bulbi si allargarono verso l'esterno e divennero rami acuminati coperti di spine affilate e alcune foglie verdi; pochi secondi dopo era un gigantesco albero di spine che si ergeva, insolitamente, sullo Ziggurat del Re Nimrod.

Dalla base della Torre si vedeva solo parte del tronco e del fogliame superiore, poiché la chioma sembrava perdersi all'interno della Porta del Cielo mentre la radice rimaneva nascosta alla vista, all'interno della torretta. Ma ciò che vale la pena di notare è che, non appena la metamorfosi si completò, tutte le tracce di fuoco, energia o plasma scomparvero e il fenomeno si stabilizzò senza ulteriori cambiamenti. Sembrava che l'albero spinoso fosse sempre stato lì ... se non fosse stato per il sinistro sgarro del Cielo a suggerire atrocemente ogni tipo di anomalia e alterazione dell'ordine naturale. Ma nessuno ebbe abbastanza tempo per inorridirsi. Non appena il Cielo si aprì, due figure corsero velocemente fino all'ultima rampa, quella che conduceva alla terrazza della torretta, e, già lì, tesero gli archi puntandoli verso la Soglia. Erano Nimrod e Ninurta, il Re e il Generale coraggioso, gli unici guerrieri che possedevano l'armatura di metallo e che, per questo, avanzavano per primi, protetti dall'Elite degli arcieri. Il Re e il Generale puntavano i loro archi verso l'oscurità dell'apertura cercando di distinguere un bersaglio quando, all'improvviso, emersero due figure, brandendo le spade. I Demoni, con l'apparenza di un "uomo di razza bianca" alto cinque cubiti (2.28mt), sembravano fluttuare nell'aria, ma in qualche modo ottenevano un punto d’appoggio perché riuscirono a scaricare le loro spade contro gli eroici arcieri. Le lame brillarono mentre attraversavano lo spazio, ma rimbalzarono senza penetrare l'armatura di Nimrod e Ninurta. Tuttavia, l'impatto li fece rotolare storditi dal tetto della torretta che fungeva da ultima terrazza. Una pioggia di frecce si abbatté allora sui "Demoni Immortali" e, sebbene molte di esse rimbalzavano sulla loro armatura, molte altre penetrarono, trafiggendoli. I giganti gravemente feriti crollarono accanto al Re Nimrod, che li decapitò rapidamente, alzando l’enorme testa davanti alla folla esuberante. Mentre il Re Nimrod faceva questo e poi gettava il trofeo sanguinoso alla folla, il Generale Ninurta, accompagnato da una parte dell’Elite guerriera, iniziò a scalare l'albero di Enlil che collegava il Cielo con la Terra. Per la prima volta da migliaia di anni un gruppo di Guerrieri Saggi si stava preparando a prendere d’assalto Chang Shambalá! Vi prego, dottor Siegnagel, permettetemi di fare una breve sosta nella storia in modo da poter esprimere con un poema cosa succede dentro il mio Spirito evocando l'ultima prodezza meravigliosa di quei popoli iperborei che sapevano quello che stavano facendo, nel mezzo di un mondo quella era pura confusione. Poi tornerò nuovamente alla storia nel momento preciso in cui i guerrieri di Nimrod si preparavano ad invadere la Soglia dell'iniziazione sinarchica. Valorosi guerrieri Cassiti! La vostra impresa illuminerà eternamente tutti i popoli iperborei che decidono di prendere il Cielo d'assalto e di ritornare all'origine primordiale da cui Jehovà Satanàs li ha privati. Perché Essi hanno combattuto i Demoni e si sono svegliati dal Grande Inganno. Ma fino ad ora nessuno è riuscito a eguagliare la gloria di Nimrod, "Lo Sconfitto". Ecco perché quelli di noi che restano qui

dovrebbero provarci di nuovo insieme a Kristos Lucifer "l'Inviato". Il Dio di coloro che "perdono" durante il Kaly Yuga e gli Dei Leali allo Spirito dell'uomo che attendono il tempo stabilito quando dodici uomini dal Sangue più Puro e un Siddha si incontrino alla fine del Kaly Yuga sul suolo Americano. Allora il Gral sarà trovato e dopo mille anni di tradimenti la benda dagli occhi cadrà, risvegliando; la Porta sarà nuovamente aperta e Chang Shambalá con i suoi Demoni sarà definitivamente annientata. Ma fino ad ora nessuno è riuscito a eguagliare la gloria di Nimrod, "Lo Sconfitto". È vero che pochi hanno provato: alcuni iberici, alcuni celti, troiani, achei, dori o romani, molti Goti e molti germani. Ma fino ad ora nessuno è riuscito a eguagliare la gloria di Nimrod, "Lo Sconfitto". Forse a Montsegur i Catari o i Cavalieri Teutonici di Federico II Hohenstaufen, o il più grande di tutti, il nostro Führer, con il suo Asse magico e un popolo coraggioso che non retrocede di fronte a nulla; forse Egli come nessuno l'ha cercato. E così tanti hanno conquistato l’eternità e da questo Inferno se ne sono andati. Ma non definitivamente Poiché la Battaglia Finale sarà combattuta e ritornerà Nimrod insieme ai grandi Eroi del passato. Odino, Wothan e Wiracocha, Eracle, Indra e Quetzacoatl, dal Valhalla, verranno cantando, circondati dalle primitive Walkirie e dalla musica di altri tempi. Ed Essi innalzeranno enormi Eserciti di Vivi, Immortali e Risuscitati. Sarà richiesta una sola virtù: si chiama onore e nobilita l'uomo che si è risvegliato dall'inganno.

La Guerra sarà Essenziale e il Demiurgo ei suoi eserciti, sconfitti, rilasceranno finalmente gli Spiriti Eterni che vennero da Venere per tornare dove Dio aspetta, in un Mondo che non è stato creato. E partendo dall'Universo della Materia, della follia, del Male e del Grande Inganno, quelli che ritornano canteranno in coro le gesta di Nimrod, "lo Sconfitto"! Continuerò ora con la storia. L'albero di Enlil era formato di rami distanziati e diritti, che in realtà erano enormi spine, di modo che era possibile arrampicarsi come se fosse una scala gigante. Questo era esattamente ciò che fecero i coraggiosi Cassiti , preparandosi a scalare l'albero e ad assediare la "Porta del Cielo". Non appena il Generale Ninurta e cinquanta guerrieri ebbero scalato abbastanza, scoprirono di trovarsi di fronte all'ingresso di una caverna o all'immagine di essa. Saltarono coraggiosamente dall'albero, senza sapere ancora, se potevano atterrare sul misterioso mondo, in cui erano entrati attraverso la "Porta del Cielo", e si trovarono su un terreno chiaramente roccioso. Alcuni si voltarono a guardare indietro e videro l'albero che si perdeva in altezze insondabili; e anche il bordo di un abisso, a pochi cubiti da dove stavano in piedi, attraverso cui si poteva distinguere, a molti metri di distanza: il tetto della torretta da cui emergeva il tronco gigantesco; lo Ziggurat; gli uomini del popolo riuniti intorno; e il perimetro fortificato della città di Borsippa. In contrasto con la luce intensa esteriore, dove era ancora mezzogiorno, al’interno regnava una soffice penombra. Tuttavia, c'era abbastanza luce per distinguere i dettagli della sinistra caverna: c'erano sette gradini di pietra e, dall'ultimo iniziava un passaggio che si perdeva in lontananza. Ma sopra l'entrata, seguendo la curva del suo arco, erano stati inchiodati sette stendardi triangolari. Ognuno aveva scritta la stessa leggenda, in tante lingue diverse. Nella loro lingua Cassita poterono leggere: Non osate mettere i piedi su questa soglia a meno che voi prima non siate morti alle passioni e alle tentazioni del Mondo. Qui si arriva solo per rinascere come Iniziati nella Fratellanza Bianca, ma per ottenere tale privilegio è necessario prima morire. Adepti: se siete ancora vivi, se la fiamma del desiderio primordiale brucia ancora nei vostri cuori, se conservate il ricordo e alimentate il proposito, allora fuggite, mentre siete in tempo!

Evidentemente si trattava di una manovra strategica. La leggenda, apparentemente destinata a presunti seguaci dell'iniziazione, aveva per obiettivo di confondere e causare il dubbio agli intrusi. Tuttavia, lungi dal raggiungere questi fini, il messaggio strappò una risata istantanea nei guerrieri Cassiti. Attraverso l'albero di spine, Nimrod e Ninurta stavano già salendo, seguiti da un'altra squadra di arcieri. Ben presto si riunirono e, siccome non stava accadendo nulla, si misero in cammino per entrare nella caverna infernale. - Isa, Isa! Il Re Nimrod cominciò a gridare, allarmato dall'assenza dell'Iniziata che nessuno aveva visto da quando il Drago si era elevato al Cielo. In quel momento alcuni notarono che gli stendardi avevano cancellato il loro messaggio allettante e si riscrivevano da soli, persistendo in quella tattica di rivolgersi ai guerrieri con parole falsamente spirituali: Viaggiatori Cassiti, in questo luogo solo troverà la pazzia chi non possegga un Cuore giusto e un'Anima dolce e devota capace di adorare il Grande Architetto dell'Universo e di servirlo nella sua Grande Opera. Voi non possedete per niente queste virtù. Comunque, siete fortunati, Cassiti! Anche se avete sbagliato nel vostro proposito aver saputo come arrivare fin qui vi favorisce ed è per questo che vi faremo un'offerta per questa unica volta, ora e per sempre: vi offriamo di servire, insieme a Noi, l'Uno, il Signore del Grande Respiro, Creatore della Terra, del Cielo e delle Stelle, di innumerevoli Mondi simili a questo, e di altri lokas così strani e sottili da essere inconcepibili per qualsiasi mortale. Siete coraggiosi e puri, Cassiti, ma siete stati ingannato dal Demone Kus che vi ha mostrato un Paradiso inesistente. Dovete abbandonarlo e accettare il Piano dell'Uno. Vi offriamo di superare adesso le prove e servire il Dio Uno al nostro fianco. Pensatelo bene Cassiti, avete ucciso due dei nostri Hiwa Anakim i Sacri Guardiani della Soglia e questo è un grave errore per il quale soffrirete un castigo. Tuttavia, ti offriamo ancora di servire, nelle file della Fraternità, il Dio unico. Se decidete ora, se accettate l'accordo, dovete lasciare le vostre armi nella Soglia

e liberarvi di tutte le intenzioni aggressive e dei segni maledetti che portate addosso. Presto Cassiti! Perché è un'opportunità unica quella che vi offriamo. Fatelo e potrete attraversare senza pericolo il corridoio che vi sta davanti. Ma tenete presente che dovete attraversarlo con il pentimento nell'Anima perché arriverete immediatamente in un luogo Molto Sacro chiamato "Il Tempio della Saggezza", dove sarete Iniziati nei Misteri dell'Uno. Si fissarono l'un l'altro indecisi Nimrod e Ninurta; si aspettavano di trovare nemici addestrati per il combattimento, ma lì c'era solo stupida magia. Gli stendardi, con le parole appena viste, avevano misteriosamente attratto l'attenzione dei Cassiti. Tra i guerrieri, alcuni non sapevano leggere, ma, abbastanza stranamente, il messaggio arrivava ugualmente alle loro menti. E sebbene non comprendessero molti dei concetti usati, sapevano perfettamente che stavano cercando di comprarli, dal momento che proponevano un'offerta; corromperli perché abbandonassero la lotta e si arrendessero senza combattere. I Cassiti sconfitti, disarmati dalle "parole"? E quale sarebbe il prezzo richiesto per tale resa codarda? Niente di meno che servire l'odiato Enlil ... Un mormorio si elevò dall'elite guerriera: si cercava di ingannarli e, a parte,era stato insultato il loro Dio Kus. Il Sangue ribolliva nelle vene degli eroici Cassiti. Ma il messaggio continuava: Se accettate la Nostra generosa offerta diventerete i Guerrieri della Rosa, imparerete la Dottrina del Cuore e, grazie a questa Saggezza, scoprirete nel vostro stesso Cuore, a Lui, Colui per cui siete tutto, l'Anziano del Giorni, al Signore delle Estati Eterne, al Kumara Sanat. Se accettate, combatterete sempre per Lui e per il suo Popolo Eletto Khabiro, il cui seme si trova molto vicino a voi. Se accettate, ritornerete al mondo come Adepti Iniziati nel Mistero del Kalachakra, la Scienza più potente sulla Terra. E grazie ai suoi segreti sarete gli uomini più forti, non ci saranno nemici in grado di affrontarvi. Sarai rispettati Maghi, Generali vittoriosi, Re invincibili, uomini ricchissimi,

depositari di un Potere mai vista prima. Condividerete la gloria di regnare nel Mondo Insieme al lignaggio scelto da Lui nel non lontano giorno in cui Lui, come YHVH-Sebaoth, apparirà davanti a numerosi popoli, adoratori della Materia, e li condurrà con un mano ferma dalla Sinarchia del Suo Potere... -Nuovo! La voce di Nimrod risuonava come un tuono. Non guardate quel maledetto stendardo! La sua voce sta fuori, nel Mondo dell'Inganno. Cosa vi dice il vostro Sangue Puro, guerrieri Cassiti? Non abbiamo imparato da Kus, l'Iperboreo, che avrebbero cercato di comprare le nostre armi? E Kus non ci ha detto, sulle nostre lontane montagne, che cedere ai Demoni sarebbe stata la nostra fine? Estrasse la sua spada e con un movimento rapido si inflisse una ferita alla sua mano sinistra. "Ascoltate," continuò. "Io, Nimrod, che vi ho guidato vittoriosamente in mille battaglie, vi dico che dobbiamo combattere fino alla morte questi vili Demoni che non osano affrontarci. Vi dico che mentono e che con le loro promesse cercano solo di farci perdere. "Alzò la mano, dalla quale sgorgò abbondante sangue." Ecco il mio sangue, che è il più puro del mondo! Con esso traccerò il segno HK su questo stendardo infernale e poi entreremo a uccidere i Demoni. Il nostro segno è invincibile! Con il pollice destro, imbevuto di sangue, disegnò il Segno dell’Origine e all'istante sembrò che un se fuoco consumasse i sette triangoli incantati. - Uccidiamo i Demoni! Urlavano tutti i guerrieri in coro. Tuttavia, non riuscirono a raggiungere l’ingresso del tunnel. I resti degli stendardi stavano ancora fumando sul terreno quando i Demoni di Shambalá, che stavano vili segretamente osservando la reazione dei Cassiti, si disposero per usare una delle loro terribili armi Atlantidee: il "cannone OM". Al principio fu un suono soave, penetrante e acuto, come il canto della cicala. Poi cominciò ad aumentare di tono e volume fino a diventare irresistibile. - Isa, Isa! Gridarono Nimrod e Ninurta. In effetti, scendendo dall'alto delle spine dell'albero di Enlil, lo spettro della principessa Cassita era alla vista. Li fissava e sembrava parlare con veemenza ma, all'inizio, nessuno sentiva nulla, perché il monosillabo di El emesso intensamente aveva stordito quasi tutti. Tuttavia, la fede che i Cassiti provavano per l'iniziata di Kus era impressionante e forse questa fiducia fece in modo che improvvisamente cominciarono a sentire, o a credere di aver sentito, le sue istruzioni. - State dietro Nimrod e Ninurta! Osservate il segno di HK inciso sulle loro schiene e lasciate che la Voce del Sangue fluisca in voi. Il suo rumore disattiverà tutto ciò che vi perturbi. E voi, coraggiosi Capi: avete un'arma potente; vedrete che essa vi protegge. Guardatemi e confidate che presto il vostro dolore cesserà. Facendo un salto fino al Re e al Generale, l'Iniziata mise le mani sulle teste di quegli Eroi, producendo l'esaltazione di un'aura luminosa attorno ai loro corpi. Questa operazione produsse un evidente sollievo perché un secondo dopo entrambi stavano imprecando, anche se non riuscivano ancora a sentire i loro stessi giuramenti.

Mentre in Cielo si svolgevano gli eventi che ho appena raccontato, in basso, vicino allo Ziggurat, il resto della città viveva esperienze curiose. Quando Nimrod lanciò le teste dei Demoni il boato della folla fu molto grande e poco dopo le infilzarono con le lance. Queste teste erano molto più grandi di quelle di un uomo normale, sebbene non ne raddoppiassero il volume. I lunghi capelli biondi incorniciavano una faccia quadrata, con gli occhi a mandorla neri e un enorme naso adunco. La bocca aveva labbra carnose, un dettaglio che era perfettamente apprezzato perché i Demoni non avevano la barba. Le lance furono inchiodate davanti all'immagine di Kus mentre gli Iniziati trasportavano gli enormi corpi per procedere, davanti al Dio della Razza, a strappare il cuore dei Demoni. Un’iniziata fece l'apertura nel bianco petto ed estrasse il cuore, che era curiosamente sul lato destro. Quindi rimosse l'organo dall'altro Diavolo e sollevò i visceri insanguinati nelle sue mani in modo che le persone potessero vederli. E qui successe l’ennesimo prodigio perché, a contatto con l'aria, i cuori si trasformavano in fiori, con il conseguente spavento da parte della folla composta da uomini e bambini. Erano due rose rosse con un pezzo di gambo spinoso ciascuna, ma nessuno le riconosceva come tali perché le rose sulla terra ancora non esistevano, ed è probabile che quelle erano le prime che vedevano occhi umani dal crollo dell'ultima Atlantide. L'iniziata le gettò spregiativamente ai piedi di Kus e ritornarono tutti vicino allo Ziggurat dove, in quell’interminabile mezzogiorno, si ergeva il gigantesco albero di spine. L'Elite di duecento arcieri aveva già scalato l’albero di spinoso Enlil e penetrato nell'apertura nera. Il resto dell'esercito Cassita rimaneva intorno allo Ziggurat: la fanteria, i genieri, i lancieri e gli ausiliari e numerosi arcieri che non appartenevano all'Elite. C'erano anche diverse squadre di guerrieri di altre città che erano venuti a Borsippa come scorta di Ambasciatori e Nobili. E tutti alzarono i pugni verso il Cielo e gridarono: "Kus, Nimrod; Kus, Nimrod! - incoraggiando il loro Re, ora invisibile, e desiderando intimamente di ricevere l'ordine di scalare l’albero di spine per collaborare alla lotta. Diversi Principi e Capi militari erano vicini alle truppe, ma nessuno avrebbe mai osato dare ordini senza prima ricevere segnali da Nimrod o Ninurta. Un coro di donne e bambini, che componeva il resto della città, accompagnava l'urlo delle truppe. Ma i pastori khabiri, naturalmente, continuavano a essere spaventati, invocando a bassa voce Yah, El, Il, Enlil, il loro amato Demiurgo. E le Iniziate, che prima timidamente e poi con urgenza, erano salite sulla torretta superiore per informarsi sul destino degli Ierofanti, verificarono che tutti erano morti. Ed è per questo che piangevano e gridavano ad alta voce e maledicevano il sinistro albero di spine. Infatti gli Iniziati che non erano morti quando la terribile lingua di fuoco aveva spazzato la torretta erano ora infilzati in spesse e lunghe spine che coprivano l'intero recinto azzurro. Il popolo Cassita aveva perso l'intera Elite degli Iniziati Cainiti; la sua sorte ora era solo nelle mani del Re Nimrod! Quindi, il suono del cannone OM cominciò a invadere l'area della città e divenne presto così insopportabile che molti caddero a terra indeboliti dal dolore. Una nuova nube di vapore geoplasmatico, che ora spuntava dal suolo di Borsippa, si diffuse rapidamente. La nebbia salì a un'altezza pari a mezzo uomo e coprì quelli che erano crollati senza senso. I primi a cadere, quasi istantaneamente, furono i khabiri; uomini e donne; bambini e anziani; caddero tutti all'istante, colpiti dal suono penetrante. E poi seguì, forse, il penultimo grande fenomeno di quel glorioso giorno.

Improvvisamente, così misteriosamente come si era formata, la nebbia cominciò a dissiparsi, rivelando alla vista molti uomini e donne distesi a terra o cercando di rialzarsi. Ma il prodigio era che i khabiri, nella loro totalità, erano scomparsi. E anche il suono diabolico, il monosillabo di El, cessò in quel momento. I Cassiti, vedendo che gli abitanti non erano in vista, pensarono che erano fuggiti perché molti di loro erano schiavi o servi e questa presunzione aumentò la loro rabbia. Ma i khabiri non erano fuggiti: tutta la loro comunità sperimentò gli effetti selettivi del cannone OM il cui suono, opportunamente sintonizzato, ha la proprietà di produrre il teletrasporto. In luoghi diversi e a molte miglia di distanza, i pastori khabiri si "ritrovarono" quando ripresero conoscenza e anche se all'inizio maledirono Nimrod e la sua "magia", attribuendogli la colpa dei loro viaggi involontari, dopo aver saputo del destino di Borsippa, ringraziarono il loro Dio Yah per averli salvati. Molti si svegliarono a Ninive o Assur, mentre altri finirono in luoghi lontani come Ishbak, Peleg, Serug, Tadmor o Sinear. Infatti, molte famiglie impiegarono anni per riunirsi, separate da distanze di due o trecento miglia, che contribuirono a disseminare, in modo distorto, l'impresa di Nimrod in Medio Oriente. Nel frattempo, a Borsippa, un arciere si affacciò attraverso l'apertura nera del Cielo e gridò: "Guerrieri,all’ attacco! Nimrod vince! Questo era il segnale aspettato dal popolo Cassita e provocò che, un istante dopo, migliaia di guerrieri si lanciarono all'assalto del Cielo.

Cinquantaquattresimo giorno

Quando Nimrod e Ninurta si convinsero che il raggio sonico OM non poteva nulla contro di loro si prepararono a invadere la Soglia. Il corridoio era abbastanza largo da poter avanzare di cinque in cinque affiancati, cosa che fecero di corsa. Di fronte a tutti c'era la figura spettrale della principessa Isa, seguita da Nimrod, Ninurta e il resto degli arcieri, meno una dozzina che rimase a guardia dell'ingresso. Quella caverna, costruita per spaventare gli aspiranti al servizio del Demiurgo, aveva le pareti ricoperte da mostruosi bassorilievi e leggende misteriose ed empie. C'erano anche delle porte laterali che davano certe "camere" dove la Demone Dolma appare di solito nella sua nudità lasciva, circondata da una corte di sacerdotesse prostitute. Essa è la responsabile di “guidare” o “incantare” gli adepti che ignorano i pericoli della magia sessuale. Queste e molte altre trappole allucinanti, destinate a confondere e sottomettere la volontà degli ingenui aspiranti che di solito si avventurano ad attraversare la Soglia, sono state montate, in agguato, in tutta la lunghezza infinita del sinistro corridoio. Ma nessuno di questi trucchi poteva fermare coloro che percepivano oltre i sensi; quelli che ascoltavano solo la Voce del Sangue Puro; coloro i quali con la loro determinazione erano giunti a combattere il Cielo. L'avanguardia Cassita aveva coperto una lunghezza di due stadi quando la galleria terminò bruscamente dando luogo a tre sale, una dopo l'altra, nelle cui entrate grandi iscrizioni in più lingue permisero di sapere che si trovavano nel "Tempio dell'Ignoranza e dell’Apprendimento" o nel "Tempio della Fraternità" o nel "Tempio della Saggezza". La prima sala era vuota ad eccezione di un altare con gli odiati simboli di Enlil.

La seconda aveva due altari e due enormi colonne di basalto all'ingresso. La terza vantava un sontuoso altare con una bara e, incisi su pareti e soffitti, i simboli più osceni e maledetti che nessuno potesse concepire senza perdere la ragione. E in tutte le sale c'erano ricchi tappeti e arazzi che coprivano pavimenti e pareti; e l'incenso aromatico che impregnava lo spazio, dolcemente illuminato da diverse lampade a olio. Le tre sale, così stranamente decorate, erano indubbiamente uno spettacolo insolito per quegli uomini coraggiosi che pochi minuti prima erano in un'umile città del deserto. Tuttavia, quegli strani ambienti non poterono essere apprezzati adeguatamente dai Cassiti poiché la lotta iniziò non appena entrarono nella prima sala. Lì un gruppo di "Guardiani della Soglia", Hiwa Anakim, simili a quello che Nimrod aveva decapitato qualche istante prima, bloccò loro la strada. Nonostante abbiano un aspetto feroce ed essendo di dimensioni abbastanza grandi, questi abomini della magia nera non sono molto efficaci per il combattimento. Sono nati dalla copulazione tra gli Dei Traditori e le femmine dell'animale-uomo nella cerimonia del Sabbat, che è antichissima, dell’Epoca in cui tali pratiche distrussero Atlantide. Molte migliaia di questi esseri demoniaci vivono a Chang Shambalá (o Kampala o Dejung, ecc.), Sono totalmente imbecilli e servono negli "Eserciti" della Grande Fratellanza Bianca. Tuttavia, ci sono persone più imbecilli degli Hiwa Anakim: sono quelle che al vederli li prendono per "Angeli" o "extraterrestri". I Guardiani circondavano un anziano calvo, seminudo, di razza gialla, che sembrava un abitante delle lontane montagne di Kuen Luen. Aveva tra le mani un Dordje o Scettro del Potere, cioè un potente trasduttore che permette di operare come una "chiave" o "grilletto" in tutto il grande meccanismo risonante che è l'Universo materiale. Lo Scettro, una barra con una testa sferica di pietra, emise un fulmine rosso che colpì seccamente il petto del generale Ninurta e lo gettò fulminato a terra. Ma il nemico non ebbe il tempo di rallegrarsi di questo colpo perché un'accurata freccia trafisse il cuore del Demonio giallo provocando una risposta straordinaria, una grande confusione tra gli Hiwa Anakim. Ora lo scontro divenne inevitabile; mentre alcuni Demoni trascinavano il cadavere del vecchio verso "l’Aula dell’Apprendimento", altri si dirigevano, con la spada in mano, verso i guerrieri Cassiti. Una pioggia di frecce magiche cadde su di loro, ma in un ambiente così piccolo la distanza divenne presto troppo vicina e passarono al combattimento corpo a corpo. Un certo numero di Demoni crivellati di frecce era già caduto e alcuni presto li seguirono a causa delle spade dei Cassiti. Nimrod aprì una breccia tra gli attaccanti e, seguito dalla sua squadra, passò nella sala successiva. Lì la lotta divenne feroce e si capì che il numero dei Demoni era elevato. Ma Nimrod era infervorato. Aveva distinto, attraverso la seconda sala, un personaggio risplendente, che dirigeva l'attacco. Si affacciava per alcuni istanti nel Tempio della Saggezza da una porta che sembrava dare su un ampio cortile, ma dopo aver gridato ordini, si spostava per lasciare passo ad altri goffi Hiwa Anakim. Era un Nephilim, uno degli "Dei Traditori", ma Nimrod, colpito dal suo aspetto Divino e dalle sue grandi ali bianche, lo prese per lo stesso Enlil. Prese la mira con cura e scoccò la freccia quando l'immagine del Nefilim si disegnò sulla porta. La freccia tracciò una morbida curva nello spazio e andò a colpire direttamente nel petto del Demone, rimbalzando come se avesse colpito una roccia. - Cane Nimrod! - Gridò il Nefilim con la faccia sfigurata dall'odio. - Così rispondi alla nostra offerta? Ora morirai, tu e tutti i tuoi. Saranno il pasto dei nostri Hiwa Anakim che, tra l'altro, hanno un buon appetito.

Detto questo, si scansò dalla porta, mentre una folla di Demoni si precipitò verso Nimrod mentre guardava con orrore quanti Hiwa Anakim si misero a divorare ferocemente i guerrieri caduti. Questa visione strappò un urlo di terrore da parte del Re Cassita e mentre la sua spada teneva a bada gli attaccanti, osservava che le perdite erano terribili tra la sua Elite si arcieri. Quello fu il momento in cui diede l'ordine di chiamare rinforzi. Pochi istanti dopo, migliaia di guerrieri irrompevano nei maledetti Templi dell'iniziazione sinarchica. Ben presto gli Hiwa Anakim furono sorpassati in numero e Nimrod ebbe il tempo di radunare i suoi arcieri sopravvissuti. Ne rimanevano meno della metà, ma i rinforzi arrivati erano impressionanti, al punto che minacciavano di saturare i tre Templi che erano già stati presi. Dovevano provare ad uscire sul cortile esterno. Nimrod spiò per la porta in cui vide il Nephilim e scoprì che dava sul cortile di un enorme palazzo, nel bel mezzo di una città ciclopica. Un quadro che toglieva il fiato. È che si trovavano nel cuore di Chang Shambalá, molto vicino al Palazzo del Re del Mondo. L'incantesimo degli Iniziati Cainiti era stato così efficace, sostenuto, naturalmente, dal Mistero del Sangue Puro, che il Serpente di Fuoco aveva oltrepassato le Sette Mura. Il tunnel dell’iniziazione sinarchica le attraversa, in modo che i discepoli del Demiurgo possano raggiungere i Maestri della Saggezza. Ma è conveniente che io faccia alcuni chiarimenti. Nonostante tutto ciò che fu realizzato dagli Iniziati Cainiti e Nimrod, non si era la magia la chiave per raggiungere Chang Shambalá, ma la Strategia. A nulla servirebbe se qualcuno potesse "aprire la porta" se il suo Spirito fosse dogmatizzato o vittima di una qualsiasi delle tattiche psicologiche usate dalla Fratellanza Bianca per ottenere la Sinarquia Universale. Ecco perché la vera impresa di Nimrod fu quella di attraversare il tunnel e i tre Templi con le armi in mano, impresa che parla, e parlerà per sempre, del Sangue più Puro sulla Terra. Perché quei luoghi sono le camere dell’inganno più potenti di che esistono nel mondo. Nulla può eguagliarle, né i trattamenti con farmaci che possono essere usati dai Servizi Segreti dell'Occidente, completati con l'ipnosi, o qualsiasi altro sistema di "programmazione psichica". Coloro che arrivano là, persone della Sinarchia, Capi di Stato, Religiosi, Re, persone ricche e influenti, presidenti di corporazioni, ecc., "Ritornano completamente incantati, pronti a lavorare pienamente per compiere la loro missione". Sono gli "Iniziati" della Sinarchia, sono "morti" e "ritornati" a "nascere"; ma ciò che è veramente morto in loro è lo Spirito, la Memoria del Sangue, che ora, immersi in una totale confusione strategica, non sentiranno mai più. Nel cortile esterno del Tempio della Saggezza, dove i coraggiosi Cassiti si erano barricati, un’intera legione di Hiwa Anakim spada in mano e diverse squadre di Sheidim, i nani dalla pelle terrosa, attendevano irrequieti. Questi nani, con una testa enorme, sono il prodotto della copulazione rituale tra uomini e certi animali, durante le orge di magia nera di Atlantide. Trasportati in massa a Chang Shambalá, dopo l'ecatombe, vivono nelle caverne e svolgono ogni tipo di compito per i "Maestri". Ultimamente sono stati "riscoperti" in Occidente come membri dell'equipaggio di U.F.O., ma, in verità, si tratta di una specie terrestre millenaria. Dominano un'arma anti-personale paralizzante che dà una sensazione di freddo e può causare svenimenti, ma non è mortale. Sono aggressivi e devono essere temuti se non li si conosce e non si hanno le conoscenze necessarie per neutralizzarli. Ma quando stanno perdendo, sono codardi e fuggono allo sbando. Sono feroci carnivori, ma a loro non piace la carne umana come ai feroci Hiwa Anakim. Sono i responsabili del furto di bestiame, delle mutilazioni di animali e prelievi di sangue, così come gli Hiwa Anakim fanno spesso colazione con ignari cittadini che ”non riappaiono mai più".

La vista del cortile esterno non avrebbe potuto essere più spaventosa, ma Nimrod desiderava affrontare il codardo Nephilim e vendicare le orribili perdite prodotte nei suoi uomini dai giganti antropofagi. Per fare ciò, tracciò una strategia semplice. Mandò la fanteria come un'orda seguita da un'avanguardia di lancieri. Dietro sarebbe rimasta l'Elite degli arcieri proteggendo la retroguardia e sparando in modo permanente agli obiettivi più sicuri. Nella confusione Nimrod avrebbe cercato di raggiungere il Nephilim. L'Emin Nephilim il cui nome era Kokabiel, uno dei duecento Dei Traditori che, venuti da Venere, seguirono il Sentiero della Mano Destra e fondarono la Fratellanza Bianca o la Gerarchia Occulta della Terra, stava dirigendo le sue truppe da incubo protetto dietro un’enorme fontana. Il suo aspetto era abbagliante perché questi Demoni sono orgogliosi e provano piacere nel mostrare un aspetto bellissimo, cercando invano di competere con Kristos Lucifer, il Signore della Bellezza Increata. Nimrod diede l'ordine di attaccare e un'orda di guerrieri Cassiti si precipitò contro la formazione chiusa dei Demoni. I nani spararono con le loro armi da "cintura" e fecero inciampare i primi guerrieri, ma presto divenne evidente che l'impeto con cui si avvicinavano avrebbe reso impossibile fermarli in quel modo. Dozzine di frecce cominciarono a piovere nel momento in cui le due avanguardie si scontrarono generando una tremenda zuffa. A quel tempo Nimrod, che si era diretto apparentemente nella direzione opposta, cadde con due salti su Kokabiel cercando di tagliargli la gola con un affilato pugnale di Giada. Quell'arma, proveniente dalla Cina, era stata raccomandata da Isa essendo molto efficace per abbattere i Demoni. Rotolando in un 'abbraccio mortale i due nemici Iperborei, il bianco Nimrod e il tenebroso Kokabiel, si giocarono le loro immortali e illusorie vite cercando di pugnalarsi a vicenda. Era qualcosa che si vedeva da 8.000 anni. Ma i loro corpi appartenevano a due razze diverse. Kokabiel era enorme, quasi il doppio delle dimensioni del coraggioso Nimrod, e quel vantaggio fisico, unito al suo odio, che costituiva un'energia quasi palpabile e rovente, mise in difficoltà il Re Cassita. - Muori, Cane Nimrod! – Gridò il Nefilim mentre premeva il collo del Re Cassita, sorpreso dalla chiave mortale di combattimento. "Muori e torna al mondo infernale degli umani mortali! - Le ossa dello sfortunato Re cominciarono a scricchiolare. -Imbecille Nimrod! Volevi conquistare il Cielo? La punizione sarà terribile. Ti incateneremo in modo tale da ritornare alla coscienza minerale o, peggio, al mondo elementale delle larve eteriche. E ci vorranno millenni per sottrarti alla ruota del Karma, maledetto Nimrod. E con la tua gente daremo una lezione definitiva. Sarà cancellato dalla faccia della Terra! Ma la tua sconfitta sarà ricordata per sempre dal lignaggio khabiro (o habiro) di YHVH. - Crack!, suonò lugubremente la spina dorsale di Nimrod al rompersi. "Ha, Ha, Ha," Kokabiel rideva cinicamente. Sì, questo nome ti si addice: "Nimrod, lo Sconfitto." Così sarai ricordato, cane Nimrod. Ha, ha, ha. Ahhhhhhhaaaa! Gridò orribilmente il Nephilim avvertendo che il coltello di giada era penetrato fino all’impugnatura nel suo addome. In ogni momento del combattimento Nimrod aveva cercato di affondare l'arma però questa scivolava sulla corazza elettrostatica con precipitazione minerale che lo proteggeva. Alla fine, quando sentì morire, diffuse la sua consapevolezza nel Sangue, nel modo iperboreo, e lasciò che l’ultimo sforzo del suo braccio fosse guidato dagli impulsi primordiali. E allora la mano, terribilmente armata, diresse il colpo direttamente in un punto

dell’addome del Nephilim, appena sopra il fegato, dove il vortice di un chakra generava un punto debole nell'armatura. Ora Kokabiel era morto e non avrebbe mai più vissuto in questo Universo, tale è il mistero che i Demoni Nephilim di Chang Shambalá cercano di nascondere. Ma Nimrod stava agonizzando vicino al gigantesco cadavere ... Al cadere Kokabiel un certo smarrimento si generò tra le truppe demoniache. Tuttavia, le voci di altri codardi Nephilim li esortavano a combattere senza ritirarsi. Il massacro era terribile e il sangue copriva già gran parte del cortile, seminato di centinaia di cadaveri. Una squadra di genieri cominciò a bruciare i corridoi adiacenti e presto il palazzo che era ovviamente evacuato cominciò ad ardere. In mezzo alla confusione, alcuni guerrieri fecero accomodare il Re arciere contro la rumorosa fontana e lo videro sorridere mentre lo scintillio delle voraci lingue di fuoco proiettava ombre danzanti sul suo viso. Lo videro anche parlare con lo spettro di Isa. Alcuni persino poterono sentire chiaramente quello che stavano dicendo: -Oh, Isa. Dove sei stata, principessa? "Molto lontano, Valoroso Nimrod", rispose l’Iniziata. Il mostro di fuoco Enlil mi ha trasportato fuori dal mondo terrestre, fino alla Casa del suo Maestro Shamash, il Sole. Lì ho visto una Città di Fuoco, con i Demoni più infernali che nessuno possa immaginare. C'erano undici "Dei" simili a Enlil. E uno, Oh Nimrod, che non può essere descritto da nessun mortale senza correre il rischio di perdere la sua sanità mentale. Il mostro più terrificante e abominevole che si possa immaginare in un'eternità di follia. E viveva a Shamash! E tutto, Oh Nimrod, tutto ciò che esiste, tutto ciò che abbiamo visto qui, in questo Inferno e in molti altri mondi che il mostro ha attraversato, tutto era vivo, palpitante e faceva parte di Lui! Ma tu devi essere felice, O Nimrod, perché neanche Lui ha potuto fare niente contro il segno primordiale di HK. – Trasmutati in albero! - Ordinò Shamash al Drago Enlil e confondi nella gnosi primordiale dei tuoi frutti quel Segno che ci ricorda l'Inconoscibile! All'improvviso, intrepido Nimrod, mi trovai nella chioma di un albero di spine, un Melo, un Rosaio, un Mandorlo, un albero che era tutto in una volta, un albero i cui frutti contenevano il Segreto del Serpente, la Saggezza del Creatore Enlil, la Conoscenza che i Demoni difendono perché è l'eredità degli animali-uomini e del Popolo Eletto da Lui. Quell'albero pendeva da neri abissi e arrivava fino a Shamash. Iniziai a discendere e molte creature infernali mi attaccavano, ma tutte fuggivano al vedere che portavo il Segno. Ero molto preoccupata perché dovevo compiere la missione di trovare il Sentiero del Ritorno all’Origine, così come ci era stata affidato dai Saggi Cainiti. Tutta la speranza della razza era riposta su di me e non potevo fallire. E per finire, potevo sentire la Voce di Shamash parlare al Cane del Cielo e dire: -Oh Sirio! Oh, Sion! Oh Cane Divino! Il tuo mai sfigurato Volto, deve contemplare come i seguaci di Kristos Lucifer, l'inviato dell'Inconoscibile, insorgano contro il Piano dell'Uno, sfidano le leggi del cosmo e cercano di abbandonare l'Universo dei Soli. Noi, gli architetti di tutti i mondi, permetteremo agli spiriti schiavi di liberarsi dal giogo dei cicli, dei manvantara e dei pralaya? Rispondi, Oh Tu, che vivi nella Pace dell'Uno, Dicci se possiamo accettare che l'unto Lucifer, il Kristos, riveli il Mistero del Vril agli Spiriti legato all'evoluzione delle nostre Sante Volontà. Poiché ecco, l'Inviato si è installato nella nostra Mansione e da lì incoraggia la redenzione del Sangue Puro. Illumina l'interiore degli uomini con un nuovo Sole che nessuno vede, un Sole Nero, che ricorda l’Origine Divina

dello Spirito e risveglia la Nostalgia del Ritorno. Permetteremo questo abominio, Oh Sirio? Se essi scoprono la via del Ritorno ai Mondi Increati, cosa ne sarà delle nostre catene planetarie, affidate al dubbioso sviluppo dei monadi? Dobbiamo impedirlo! Oh Sirio-Sion, Cane del Pastore Uno che si prende cura del Gregge Cosmico, affonda i tuoi denti nel Serpente Redentore e liberaci dalla minaccia della liberazione spirituale per fare in modo che continui eternamente la schiavitù di coloro che sono simili all'inconoscibile senza sapere cosa sono! -Oh, Nimrod, non temere! Esclamò la Principessa, vedendo che il volto del morente Re Cassita si stava oscurando. Abbiamo trionfato, Oh Tu, il vincitore di Kokabiel! Mentre i Demoni facevano sentire le loro voci blasfeme in tutto il mondo, ho cercato di compiere la missione della Razza e trovare il Sentiero del Ritorno. Per questo ho concentrato la mia attenzione sul Sole Nero, perché quello è l'unico modo per preservare il vantaggio strategico ottenuto dalla purezza del sangue, quando una luce vivissima uscì da dietro a quel Centro Razziale. Era un raggio verde, di una purezza ineffabile, che attraversava il Centro Increato e rivelava, per la nostra Stirpe, la Porta Originale delle Mansioni Perdute. Oh Nimrod, in un istante tutto divenne chiaro, tutta la confusione si dissipò. Non potrei mai più perdere me stessa perché ora so che non ci siamo mai persi, ne confusi, ne abbiamo peccato o ne siamo mai caduti. Non ci eravamo mai mossi. Oh, Nimrod! Quando tutto il Grande Inganno si è dissipato, ho avuto la certezza che non avremmo dovuto tornare perché eravamo già lì senza saperlo. Abbiamo conquistato la Libertà dello Spirito, Valente Nimrod! E la possibilità assoluta di essere noi stessi la nostra propria creazione, di essere la matrice della nostra stessa nascita. È la volontà dell'Inconoscibile, Divino Nimrod, che possiamo fare tutto! Pronunciò le ultime parole, la Principessa Isa, accompagnando l'ultimo sospiro del Re Iperboreo: - Possedevo già il Segreto del Ritorno al discendere dall’albero di spine, quando vi ho visto all'ingresso dell'infame caverna iniziatica, ma era buono per dare prova della purezza raggiunta da il lignaggio di Kus che si liberasse una Battaglia Finale tra i Cassiti di Nimrod ei Demoni di Chang Shambalá. Affinché il ricordo di questa azione possa persistere nella memoria razziale degli uomini ancora incatenati, e sia evocato alla fine dell'Era del Pesce, quando i Tredici Dei recuperino la Corona di Lucifer e risveglino definitivamente i popoli iperborei. Allora cadrà Chang Shambalá con i suoi Demoni, e in un incessante Olocausto di Fuoco l’opera maledetta del Demiurgo Jehovà Satanas soccomberà. Nimrod giaceva morto a Chang Shambalá. Accanto a lui, con una smorfia di orrore indicibile sul suo viso, c'era il cadavere del Nephilim Kokabiel, che era stato Maestro di stregoni e di maghi. La sua Scienza si era dimostrata inefficace contro la tenace decisione dei puri Cassiti e questo fallimento dimostrò che per l'uomo, tramutato in Uomo di Pietra, è sempre possibile combattere contro i Demoni e vincere. Certo, quella vittoria spirituale può anche essere una sconfitta, se misurata con la coscienza dell'animale-uomo. Perché, infatti, viene considerata come "sconfitta" qualsiasi vittoria che non porti con sé un successo materiale verificabile con le linee guida morali delle società "sinarchizzate". Perché la moralità di una società è una funzione della sua cultura e, si è visto, "la cultura è un'arma strategica" per la Sinarchia. Ecco perché coloro che combattono contro le forze sataniche, gli uomini risvegliati, saranno sempre etichettati come "sconfitti". Ed è per questo che il Grande Essere che illumina il Sentiero Interiore

degli uomini, Kristos Lucifer, è chiamato il Dio dei Perdenti: perché tutti i suoi seguaci "perdono" sempre durante il Kaly Yuga. Nimrod, lo Sconfitto giaceva morto a Chang Shambalá. I suoi coraggiosi Cassiti erano stati completamente sterminati in una vasta area della Città Maledetta, fino a dove la loro furia guerriera li condusse. Alla luce riverberante degli ultimi fuochi, si poteva osservare il terribile ossario in cui erano si erano trasformati i templi e i cortili. Il primo Palazzo, chiamato "Mansione dei Manù", dove si depositavano gli annali delle Razze Radice e che era usato dai Maestri di Saggezza per addestrare i loro inviati, fu ridotto in cenere. Un enorme Monastero e numerosi templi dedicati a "divinità minori", sempre destinati a istruire gli "inviati", ossia per ingannarli tacitamente, subirono anch’essi gli effetti del fuoco. Rispetto a queste importanti perdite, la resistenza offerta dai Demoni era stata minima. Rischiarono la loro vita solo il vile Kokabiel e il Maestro cinese che impiegò il Dordje, limitandosi a mandare contro i guerrieri Cassiti le legioni di giganti Hiwa Anakim e di nani Sheidim. Come si potrebbe dire ora, usarono una "massa tattica" composta da "robot" o "androidi". Infatti essi non possono rischiare le loro vite perché sono molto pochi. Milioni di anni fa erano duecento. Nimrod liquidò uno ... Sicuramente è difficile credere che così pochi siano capaci di tanto. Però si deve pensare che Essi posseggono il "sostegno" di migliaia di "Maestri", cioè di " Iniziati animali-uomo", Anime di livello evolutivo superiore, e che hanno il dominio strategico della coscienza planetaria. Quell'interminabile "mezzogiorno" rimase inalterato durante l'intera Battaglia di Nimrod che può essere considerata di una durata approssimativa di circa dodici ore. Nel momento in cui il Re Cassita spirava e il combattimento a Chang Shambalá si estingueva, l’ultimo prodigio scuoteva Borsippa. Tutti i guerrieri disponibili erano già saliti in Cielo, più di quattromila, compresi alcuni visitatori, e la città presentava uno strano aspetto. Con quella folla composta per lo più da donne e bambini che non smetteva di urlare, sovrapponendo le loro proteste a un fondo di musica guerriera prodotto delle Iniziate Cainite. E quell'imponente torre, eretta fino al Cielo in aperta sfida. E quell'albero di spine nella sua cuspide, quell'albero rosato che simboleggia la sublimazione della materia da parte di El e il suo adattamento nelle Gerarchie Cosmiche il cui supremo sovrano è colui che si auto denomina "Uno". E quella interminabile mezzogiorno, senza l'immagine di Shamash ... Veramente, Borsippa aveva uno strano aspetto in quello che era, il suo ultimo giorno! Non c'erano più schiavi a Borsippa; il lignaggio di Yah, il sangue di Abramo, i pastori khabiri, sarebbero stati salvati. Ma non c'erano neanche vigliacchi fuggendo quando la lenticchia argentata apparve nel cielo. Rimasero tutti senza parole mentre il grande occhio argentato emergeva da una nuvola sospettosa. E tutti morirono nella loro posizione quando il raggio atomico colpì direttamente la Torre di Nimrod. Il calore sviluppato fu così tremendo che la sabbia si sciolse e gocciolò come acqua. Un uragano mortale, una cerchio espansivo di fuoco, distrusse Borsippa uccidendo ogni essere vivente per dieci miglia intorno. Si usarono altre armi tattiche di Atlantide, soddisfacendo così la richiesta che Enlil e Shamash fecero al Cane del Paradiso, Sirio-Sione, e che la principessa Isa presenziò. E una volta completato l'attacco, la lenticchia argentata scomparve completamente da qualunque sguardo fisico per tornare al centro da dove era stato proiettata, a Chang Shambalá.

Al dissiparsi il fumo, solo la settima parte della Torre di Nimrod restava ancora in piedi; Shamash continuava il suo viaggio verso l'Occidente e l'albero spinoso e la Porta del Cielo non esistevano più. L'incubo era finito: la Soglia era in salvo, libera di continuare a prestare i suoi servizi alle iniziazioni sinarchiche e i Figli del Sole di Mezzanotte avevano fallito nuovamente. Sarebbe rimasta solo la memoria razziale della grande azione di Nimrod e i resti carbonizzati della sua Torre, come si possono vedere ancora oggi nella Torre di Borsippa, con la sabbia vetrificata dal calore nucleare ancora attaccata, dopo millenni, alle sue mura. E sarebbero rimaste anche le calunnie inventate dai pastori khabiri (habiri) e raccolte dalla tradizione araba ed ebraica. Nel Talmud e in vari scritti rabbinici, parte di questa storia può essere letta, opportunamente modificata. Qui viene menzionata la Torre di Nimrod "da cui i suoi arcieri lanciarono frecce al Cielo", "l'orgoglio luciferico" del Re Cassita, la sua torre "confusa" con quella di Babele, ecc. Sono state trovate anche tavolette d'argilla incise in caratteri cuneiformi, che raccontano più obiettivamente i fatti, e numerosi Kudurru, pietre incise che venivano collocate nei Templi o come limiti territoriali, con riferimenti all'impresa di Nimrod. Forse di tutte le falsificazioni fatte a proposito di questa azione iperborea, la più insidiosa è il riferimento di H.P. Blavatsky nella Dottrina Segreta, dove è scritto che "un'élite di sacerdoti assiro-babilonesi scoprì un modo per sfuggire al Piano di Evoluzione del Logos Solare e abbandonò la Catena Planetaria, insieme alla sua gente, in direzione delle "stelle", dove continua la sua evoluzione". Vale a dire che la menzionata agente della Sinarchia pretende di capitalizzare l'impresa di Nimrod in favore delle teorie sinarchiche. Il resto del popolo Cassita continuò a dominare per un tempo, però alla fine si mescolò con quello dei loro cugini Ittiti, come è già stato detto, "una Razza che perde i suoi Iniziati Cainiti è una Razza morente" e, insieme a Nimrod, se ne andarono per sempre l’Elite di Iniziati Cainiti. Tuttavia, l'espansione della comunità ittita portò ad abitare nuovamente Borsippa, che fu in parte ricostruita, ma nessuno osò toccare le rovine della terribile Torre. In Chang Shambalá la storia di Nimrod è sempre presente e con l’ordine di evitare futuri tentativi di quel tipo molti "inviati" si sono occupati per secoli di eliminare prove a questo riguardo e di confondere sulla metodologia tattica usata nell'attacco. Bera e Birsa sono stati due degli Immortali della Fratellanza Bianca che hanno lavorato di più al riguardo. Tuttavia, diversi popoli iperborei imitarono, in misura maggiore o minore, l'atto di Nimrod: uno di essi era il popolo vichingo della Groenlandia, che "aprì la Porta", chiusa poi da Quiblòn-Colombo. Un altro, più recente, è il popolo tedesco del Terzo Reich che contava sulla Saggezza Iperborea dell'Elite di Iniziati Cainiti dell'Ordine Nero SS, grazie ai quali il Führer di Germania, Avrebbe potuto così, con prospettive di successo, intraprendere la mutazione collettiva della Razza e provare la conquista del Cielo. Ma i risultati di queste nuove gesta iperboree appariranno sicuramente, a coloro che sono sotto gli effetti della Magia Sinarchica, come una "sconfitta". Per concludere questo riassunto della storia di Nimrod dirò che il Re Cassita, il suo coraggioso generale Ninurta, i suoi Iniziati e tutte le persone che morirono a Borsippa, intrapresero il definitivo Ritorno all’Origine guidato dall'indomita Principessa Isa.

Nel frattempo, gli idioti demoni Hiwa Anakim divoravano i loro corpi in Chang Shambalá e il Re del Mondo pronunciava la sua preghiera serale, ritardata di dodici ore quel giorno dall'impresa ineffabile di Nimrod. In un museo di La Plata, a Buenos Aires, si trova il famoso Kudurru de Kashshu, scoperto a Susa, dove faceva parte del bottino del Re elamita Shutruk-Nakhunte del XII secolo A.C. In esso era incisa la figura regale di Nimrod che calpesta la Luna e il Sole, e con una stella a otto punte, simbolo del pianeta Venere, sulla sua testa. Accanto a lui, uno Ziggurat, che ricorda la sua famosa Torre. Sotto questa immagine ci sono due colonne di scrittura cuneiforme nella lingua ittita in cui è menzionata la morte del Re e si nota che nessuno dovrebbe dimenticare la sua azione. Trascriverò parte di questo testo secondo la versione erudita del professor Ramirez dell'Università di Salta, considerata universalmente la più accurata:

La morte di Nimrod Da una famosa Torre le cui rovine sono qui il Re Nimrod al Cielo è partito. Un giorno tornerà! Ma egli non è andato dagli dei per inginocchiarsi. Con l'arco teso è andato su pronto a uccidere. Le sue frecce Shamash hanno ferito ma rapidamente è riuscito a guarire. Ma Nimrod se ne è andato, anche se un giorno tornerà. Una dea lo guida, si chiama Isa, è la stesa Ishtar, e un popolo la accompagna, sono i coraggiosi Cassiti che combatteranno accanto a lui. Poiché Nimrod se n'è andato e con noi non c'è più, anche se le leggende dicono che un giorno tornerà con il suo arco teso pronto ad uccidere.

Cinquantacinquesimo Giorno

In modo molto simile ai Cassiti del Re Nimrod, si comportarono i vichinghi della Groenlandia nel XIV secolo, dottor Siegnagel. Ecco perché i Demoni di Chang Shambalá

inviarono il Quiblòn lì nel 1447, per chiudere la Porta di Thule che i vichinghi avevano aperto. Ritornato a Lisbona, dopo aver completato con successo la sua missione, Quiblòn si prepara per il seguente grande passo: navigare verso l'Ovest, in direzione delle Porte del Paradiso Terrestre e di K'Taagar. LA prima avrebbe dovuto essere aperta e mascherata in modo che potesse essere utilizzata solo dai membri del Popolo Eletto e dai loro alleati, i Golen. La seconda, "un'altra porta di Thule", avrebbe dovuto sicuramente essere chiusa: la Porta di K'Taagar, o di Agartha, era la stessa che gli Atlanti Bianchi raggiunsero migliaia di anni prima marciando verso est e che nelle mappe medievali figurava come "Terra di Catigara", il Regno del Gran Khan o del Prete Gianni; quella "Terra di Catigara" sarebbe stata adesso raggiunta inversamente dall'Occidente, e il suo ingresso sigillato mediante l'uso cabalistico delle Sephiroth. Dopo la missione di Quiblòn, Catigara sarebbe scomparsa per sempre dalla cultura occidentale. O, che è la stessa cosa, sarebbe scomparsa K'Taagar: la Casa di Tharsis aveva, quindi, i giorni contati per percepire il Segno Litico nella Pietra di Venere e per partire verso la Dimora degli Dei Liberatori. Sulle porte di K'Taagar, situate nell’estremo occidente, vi dirò che ce n’erano quattro "aperte" all'Epoca del Quiblòn: tre in America e una in Antartide. Delle tre americane, il Quiblòn riuscì a chiudere solo la Porta del Centro, la più diretta, quella che usarono gli Atlanti Bianchi, che si trovava nel Triangolo delle Bermude. Quella del Nord fu cercata in seguito senza successo dai membri del Popolo Eletto, ma non fu mai trovata, perché i Pellerossa, la Razza Custode, si incaricarono di nasconderla e proteggerla molto bene. Analogamente accadde con la Porta del Sud, custodita dagli Atumuruna Ingas, che usarono la Saggezza Litica per impedire ai Golen di trovarla. E quella in Antartide, ignorata per molti secoli dal Nemico, sarebbe stata usata solo recentemente nel XX secolo dall'Ordine Nero per guidare il Führer nella Dimora degli Dei Leali dello Spirito dell'uomo. Anche il Duca di Medinaceli, Don Luis de la Cerda, era un discendente diretto del Re Alfonso X, il Saggio, un fedele Iniziato della Fratellanza Bianca. Nel suo Castello si alloggia Quiblòn nel 1484, quando abbandona definitivamente il Portogallo per stabilirsi in Spagna e svolgere la missione più importante della sua vita: ricevere la Parola di Metatron, la Shekhinah, e compiere l’Olocausto d'Acqua, Mem; e, con quel Potere, sacrificare a YHVH i tre imperi pagani esistenti oltre il Mare Tenebroso . A quei tempi, i Golen erano fortemente infiltrati nell'Ordine di San Francesco, che a Huelva occupava il Santuario di Nostra Signora del Nastro, a Palos, il Convento di Nostra Signora della Rabida, a Moguer, il Monastero di Nostra Signora del Melograno, ecc. Da queste chiese incoraggiarono segretamente la messa in operazione di una loggia massonica Templaria a cui erano legati numerosi laici della nobiltà andalusa, tra cui il Duca di Medinaceli: gli Iniziati della loggia ostentavano il titolo di "Cavaliere Templare" e ripetevano gli antichi Riti di adorazione a Baphomet dell'Ordine estinta nel 1307. Questa loggia è quella che concede al Quiblòn l'ultima iniziazione e lo prepara esotericamente a ricevere la Shekhinah. Resta consegnato a quell’impresa nel Castello di Medinaceli fino al 1486, data in cui lo stesso Duca annuncia ai Re Cattolici la presenza dell'uomo che scoprirà per la Spagna i vasti e ricchi paesi dell'Occidente. I sovrani si stavano dedicando a completare la Riconquista e questo inevitabilmente causerà, inevitabilmente, che prima o poi Granada cada nelle mani dei cristiani: questo sarebbe stato il segnale atteso da Quiblòn. Allora riceverà il Verbo di

Metatron e il suo Potere sarà incomparabile. Fino a quel momento si mostrerà come un umile esploratore, desideroso solo di servire il Regno; dopo la caduta di Granada, come profetizzato da Bera e Birsa, la sua voce sarà la Voce di YHVH e le sue ambizioni andranno di pari passo con il suo Potere; e nessuno, né i Re, saranno in grado di resistere alle richieste di colui che viaggerà verso le Porte del Paradiso Terrestre. Ma è necessario far conoscere in anticipo i piani del Quiblòn, per familiarizzare i Re e la Corte con il futuro Ammiraglio del Mare Oceano. Ed è per questo che già nel 1486 i Golen organizzarono la prima intervista di Quiblòn con il Re Ferdinando e la Regina Isabella, che all'epoca si trovavano a Córdoba. Logicamente, anche il circolo Domini Canis integrava la Corte ed era disposto a tutto pur di fermare qualsiasi ebreo o convertito che tentasse di proporre un piano che avrebbe portato "alla Gloria e alla Vittoria del Popolo Eletto", o al "Triplo Olocausto” di popoli sconosciuti a Jehovà Satanàs. "Il Capitano Kiev, il Signore di Venere, aveva rivelato 180 anni prima che sarebbe stato annunciato da un "Quiblòn" ebraico, che sarebbe stato difficile da fermare. Così, i Domini Canis rimasero vigili, ma ignoravano completamente che il potere del Quiblòn si sarebbe manifestato al finale, dopo la caduta simbolica di Granada. E di conseguenza non sospettarono che Colombo, un uomo insignificante e allucinato, potesse essere il Quiblòn, il Maggiore Rappresentante delle Potenze Della Materia. In ogni caso, Frate Hernando de Talavera, il Domini Canis che i re nominarono per studiare la proposta di esplorazione di Colombo, diede una sentenza sfavorevole e cercò di screditare il visionario inviato dai Golen. Tuttavia, la Corte era infettata da Cavalieri Templari o Golen, che appoggiarono Colombo per anni: il cardinale Pietro González de Mendoza; il Ragioniere Maggiore del Regno, Don Alonso di Quintillana; il precettore domenicano del principe Don Giovanni, Frate Diego di Daza; il Cameriere del Re, Don Giovanni Cabrero; il comandante Don Gutierrez di Cardenas; l'astronomo francescano Frate Antonio di Marchena; eccetera. E l'aiuto più efficace: quello di Luis Santangel, lo Scrivano Notarile della Corona aragonese, una sorta di segretario del Re d'Aragona; che era un potente banchiere e apparteneva a una famiglia ebraica recentemente convertita al cristianesimo. Questo personaggio sinistro, insieme a un gruppo di banchieri ebrei di Genova, sarebbe stato il finanziatore della spedizione di Colombo, nel 1492: avrebbe offerto all’epoca un prestito di un milione di Maravedì (una moneta usata in Spagna per diversi secoli) a così basso interesse, l'1,5%, che avrebbe praticamente convinto la Regina ad autorizzare il viaggio di Quiblòn. Nel 1491 i Re si trovano di fronte a Granada, in un grande bivacco che darà luogo alla popolazione di Santa Fe. Fino a lì arriva Colombo, desideroso di contemplare la presa di Granada e di intraprendere la sua missione. Tuttavia, sarà di nuovo Frate Hernando de Talavera, che si sta preparando a svolgere l'ufficio di Arcivescovo, che frustra i suoi piani e gli impedisce di incontrarsi con i Sovrani. Ma la caduta della città è molto vicina e il Quiblòn percepisce la manifestazione di YHVH. Va direttamente al Convento della Rabida, a Rus Baal, un luogo dedicato alla Grande Madre Binah: spera che l'Amore della Dea, la Vergine dei Miracoli, lo aiuti di fronte all'imminenza degli eventi del Destino. E nella Rabida è in attesa lo stato maggiore Golen per svolgere il Rituale del Sepher Ichè, la Cerimonia che permette all'Intelligenza di Binah di depositare nel cuore dell'Iniziato il Seme di Fango dell'uomo archetipico: solo che questa volta l'Amore di Binah Faciliterà l'espressione del Bambino Metatron, un Aspetto Riflesso di Kether, la Corona dell'Uno. Il rappresentante massimo dei Golen è Frate Giovanni Pérez, superiore del Convento di Nostra Signora della Rabida e Sacerdote dell'Ordine di Melchisedek. Lo

aiuteranno nel Rituale, i laici e i Cavalieri Templari, Pietro Velazco e García Fernandez, così come dal francescano Antonio di Marchena. Il 2 gennaio 1492 Boabdil consegna Granada a Don Ferdinando e Donna Isabella; quindi l'arcivescovo Domini Canis Hernando de Talavera sollecita agli eretici, arabi ed ebrei, di convertirsi al cristianesimo: altrimenti avrebbero dovuto lasciare la Spagna; Quindici giorni dopo, alla Rabida, si realizza la profezia di Bera e Birsa. Quiblòn, che indossa l'abito francescano, si trova di fronte alla magnifica scultura della Miracolosa: tale opera è generalmente attribuita all'Apostolo San Luca ma in realtà, come si è visto il Trentesimo Giorno, è stata scolpita da un monaco templare del XIII secolo. I Golen avevano appena officiato il Rituale e il Grande Sacrificatore ha ricevuto la Shekhinah. Quiblòn si sente allora come posseduto dall'Anima Universale di YHVH e cade in ginocchio davanti all'immagine della Madre di Dio, che vede come se fosse viva e il cui Amore sconfinato consuma il suo cuore. Succede un prodigio e la Granata del Suo Bastone comincia a sanguinare; ma Quiblòn non se ne accorge: sente invece la Grande Madre Binah parlargli nella più pura lingua ebraica: -Santo Quiblòn, Grande Sacrificatore, Figlio dell’Anziano degli Anziani Il Suo Verbo Creativo è la tua sacra Voce! Il Logos seminale del Padre è nella Ragione della tua Mente; ma il dolce amore della Madre ti brucia di passione il cuore. Io Sono Binah, la Madre del Messia, Io Sono Binah, la Madre di Metatron. Io Sono Binah, l'Intelligenza di Dio. Io Sono chi guiderà il tuo Cammino nel buio Mare del Terrore. Chi potrà, quindi, fermarti, Santo, Santo, Santo, Quiblòn? Per Me capisci il Mistero del Tempio, da Me ricevi la vita di Rimmon. Regala il Sangue al Padre. Per me, voglio l'Amore. Ci sono tre imperi in attesa della loro prossima distruzione. Fiumi di Sangue Caldo, verserà lo Spagnolo. Questa Razza arrogante, di distinzione albina, sarà il coltello affilato del Sacrificatore. Come Razza, offriranno a Dio il Sangue dei popoli pagani. Inoltre, accoppiandosi

con i sopravvissuti procreeranno senza freno i Figli dell'Orrore. Questa sarà la mia ricompensa Santo, Santo, Santo, Quiblòn. Al Padre, dagli il Sangue. Per me, voglio l'Amore. E quella Razza superba, del coraggioso spagnolo, affonderà nella palude della bassa passione. Cosa ne rimarrà, Santo, Santo, Santo, Quiblòn?: Migliaia e Migliaia di Figli dell'Orrore. E in quei Nuovi Uomini I miei Semi di Fango germoglieranno meglio. Io non voglio la Razza; Ho bisogno di Amore. Molti figli che ho. Degli Uomini Mortali, sono la Madre. Ma mio figlio primogenito È il Popolo Eletto, il Popolo del Signore. Sugli uomini del fango lui corrisponde Governare senza Paura. Perché suo è il Regno Malkhouth, di YHVH Sebaoth. È bello come un angelo, È duro come Dio, È Shekhinah, la Sposa, È il Messia, è Metatron. Ha la mia intelligenza Può agire con Rigor. Ma se discende alla bassa passione: non c'è peccato nelle sue azioni; per lui c'è il perdono. È l’Allegria del Padre, È la Comprensione della Madre, È il Popolo Eletto, il Popolo del Signore. Il mio primogenito, di tutti il migliore. I suoi fratelli hanno sbagliato raffreddando il Cuore;

ricevendo il Seme di Pietra della Nemica dell'Amore; dell’Oscurità Infinita dopo la Morte dell'Anima; dell’Oscurità congelata dopo la Morte del Corpo; del Nero Niente senza Creatore; dell’Oscurità Eterna dopo la Morte Finale; della Nuda Verità dopo la Morte Kalibur; del Nero Abisso del Fondo di Sé Stesso. A causa sua pioverà il Castigo. A causa sua pulserà il Dolore: la Tirannia del Popolo Eletto, il Giudizio delle Nazioni, l'Olocausto del Fuoco, la Liscivia, il Terrore. Lei è il Male sulla Terra, È la morte dell'Anima, ha raffreddato la Pietra, È la Nemica dell'Amore. Molti figli che ho. Dall’Uomo di Fango sono Madre Sono Binah, che piange sulla Pietra Fredda che la Vergine di Agartha mise nel suo Cuore. Io sono Binah, la Madre di Metatron Guiderò il tuo Cammino, Santo Quiblòn, dove Tre Regni aspettano la loro pronta distruzione. Dona al Padre il Sangue Grande Sacrificatore; E riserva alla Madre Il calore dell'Amore Apri presto il Camino per il Popolo Eletto, il Popolo Redentore; e chiudi i sensi all’Oscurità Eterna che raffredda il Cuore. Io sono Binah; della tua Anima sono la Madre; Io sono Binah, chi ti darà l'Illuminazione. Sono Binah, che ti benedice ora. Figlio dell'Anziano dei Giorni,

non dimenticare mai la tua Ascendenza, Santo, Santo, Santo, Quiblòn. Solo il Grande Sacrificatore ha ascoltato questo messaggio, ma tutti i presenti comprendono che la Vergine del Miracolo ha parlato internamente con lui. E Quiblòn, in preda all'estasi mistica, rimane in ginocchio per ore, assorto nella contemplazione della Madre Cosmica. I Golen si ritirano infine con prudenza, lasciando il Rabbino Ammiraglio immerso nell'intimità delle sue visioni celesti; Essi, da parte loro, avevano visto la Madre di Dio piangere per i Suoi figli distaccati dalla Legge dell'Amore, e al Suo Melograno sanguinare di Passione; e avevano raccolto le sue lacrime e il suo Sangue, per la Gloria e la Vittoria dalla Chiesa Golen e dalla Sinagoga di YHVH Sebaoth, per dare Testimonianza della Shekhinah del Popolo Eletto, la discesa del Regno di Malkhouth. Giorni dopo, i Golen si dispongono a mostrare la loro giocata segreta, un autentico "asso nella manica": Frate Giovanni Pérez è confessore della regina Isabella; egli può spianare tutti gli ostacoli in modo che Quiblòn si esprima davanti ai Re; “e allora”, come se interrogasse la Miracolosa, "chi potrà fermarti Santo Quiblòn?" Così, il Golen Giovanni Pérez va a Granada e organizza la famosa intervista; Luis Santangel e i banchieri ebrei genovesi si preparano a finanziare la compagnia che sarà una via di fuga infallibile per i loro fratelli di Razza; e il Domini Canis, preso completamente di sorpresa, questa volta non può fare nulla per sabotare i piani della Fratellanza Bianca. Nell'aprile del 1492, Quiblòn, il miserabile ebreo convertito, che fino a poco prima mancava persino di vestiti e cibo, rivendica per sé e la sua progenie l'Ammiragliato del Mare Oceano per la Corona di Castiglia, il vicereame di tutte le terre scoperte e dei paesi conquistare, la decima su tutti i prodotti portati in Spagna, siano bottino o merce, ecc. E a tali richieste sproporzionate i Re aderiscono nella capitolazione del 17 aprile 1492, firmata nel campo di Santa Fe, di fronte a Granada. Nessuno, nemmeno i Re Cattolici, possono opporsi al Verbo di Metatron: Granada, la Città degli Ebrei, è caduta nelle mani dei Gentili, analogamente a quanto accaduto con Gerusalemme, distrutta dal Generale Tito millequattrocento anni prima; e come allora, verrà ora la diaspora del Popolo Eletto. Ma questa volta la dispersione non durerà a lungo; Il Popolo eletto sarà presto riunificato e orientato verso il suo Destino della Gloria: per questo l'Ordine di Melchisedek ha inviato il Quiblòn, il Santo Anziano gli ha affidato il suo Verbo, e la Madre di Dio guiderà i suoi passi. Il 3 agosto 1492, esattamente nel 1422° anniversario della conquista di Gerusalemme, il Quiblòn parte dal Porto di Palos, a Huelva, con tre Caravelle che ostentano la Croce con l'Ordine dei Templari. L'equipaggio è integrato per lo più da ebrei convertiti e porta un Ladino, il Rabbino Luis de Torres, che traduce ebraico, aramaico e arabo. Contrariamente, non viaggiano sacerdoti cristiani sulle Caravelle. Al suo ritorno, il 15 marzo 1493, dopo aver chiuso la porta di K'Taagar, dopo aver aperto la Porta del Paradiso per i suoi fratelli ebrei e Golen, e aver iniziato il Grande Sacrificio dei Popoli Pagani, il Quiblòn va direttamente al Santuario di Nostra Signora del Nastro: deve ringraziare la Madre di Dio per la sua Guida e Protezione. I Signori di Tharsis capirono molto tardi che Cristoforo Colombo era in realtà "Quiblòn", il Sommo Sacerdote della Fratellanza Bianca a proposito del quale il Capitano Kiev aveva avvertito. Quando tutto divenne chiaro, per loro, non esisteva già rimedio: la

Spagna intera, cieca come Perseo, si preparava a gettarsi sul triplo collo di Medusa. Li sconfisse un uomo che sottovalutarono fin dall'inizio, un uomo che, ironicamente, non nascose mai troppo le sue intenzioni, un uomo, dottor Siegnagel, che firmava S.A.M., cioè Samekh, Aleph e Mem, le iniziali di Quiblòn che significano "S"hekhinah, "A"vir, e "M"etatron, il triplice principio immanente dell’Albero Cabalistico Rimmon. Osservate, Dr. Siegnagel, il fac-simile della firma di Colombo, che accludo, e vedrete che sulla sinistra c'è un monogramma formato dalle lettere ebraiche Beth e He, iniziali del saluto tradizionale Borush Hasheim, e poi S.A.M., in colonna verticale. I punti corrispondono ad un'indicazione in aramaico di "parola", e le lettere rimanenti completano una "tavola magica", o Kadisch, che può essere letta in diverse direzioni, secondo le forme cabalistiche: la "S", su entrambi i lati del "A", vogliono dire "Shaddai"; la "Y" è l'iniziale di YHVH; e la "X" significa "Cristo", che era sinonimo di Messia tra gli ebrei spagnoli. Nell'ultima riga, molto chiara, si legge "Cristo Ferens" che non significa "Cristoforo", come affermano i Golen, ma "Erede del Messia", poiché ferens era equivalente all'eredità nel Medioevo. Quelle iniziali S.A.M., di Quiblòn, si trovavano anche sul mantello della Vergine del Nastro, secondo le istruzioni che Bera e Birsa diedero ai quattro Sacerdoti, e come possono essere visti oggi nel suo Santuario.

Cinquantaseiesimo Giorno

Il terribile inquisitore che era Riccardo di Tharsis era sposato con una dolce signora che era la nipote del conte di Tarseval, cioè, che era la sua seconda nipote. Da quell'unione, nacque Lito de Tharsis nel 1502, che il padre pensava di riservare come suo successore nel compito di sterminare gli ebrei e i Golen spagnoli. A tal fine, fin da giovane, lo sottopose a una rigorosa istruzione in vari conventi domenicani e nella Facoltà di Teologia presso l'Università di Salamanca. Qui prese la laurea e il dottorato in giurisprudenza, laureandosi a diciassette anni ed entrando immediatamente a far parte del Tribunale dell'Inquisizione. Durante la sua permanenza all'Università, il giovane Lito aveva mostrato segni di una ammirevole intelligenza che lo portò persino a superare i suoi stessi professori, ma, essendo inoltre nobile e umile, ma tale virtù invece di suscitare il risentimento dei suoi pari e dei suoi superiori, produsse un’ammirazione generale. Ciò che più stupiva tutti era la sua prodigiosa capacità di assimilare le lingue più disparate: oltre al latino e al greco, e dialetti spagnoli come castigliano, catalano e basco, parlava fluentemente in arabo, portoghese, francese e tedesco. Nel 1522, Riccardo comprendendo che quella predisposizione per la conoscenza doveva essere diretta, la mandò a Turdes in modo che gli Uomini di Pietra potessero iniziarlo nella Saggezza Iperborea. I Noyo avevano riportato la Vergine della Grotta nella Cappella Privata della Casa Signorile, sebbene al Bambino di Pietra ora mancasse la mano destra, stranamente mutilata nella Notte della Liscivia. Lito di Tharsis, che stando alle parole degli Uomini di Pietra stava sperimentando la più profonda trasmutazione di cui esistesse memoria nella Casa di Tharsis, era solito passare tutto il suo tempo libero nella Cappella, penetrando come nessuno nel Mistero della Vita Increata e della morte Kalibur

de Pyrena. Quando ricevette l'Iniziazione Iperborea, ora con il concorso del Segno Vrunico Tirodinguiburr, avvertì gli Uomini di Pietra che oltre a depositare il Seme del Bambino di Pietra nel suo Cuore, la Vergine gli aveva rivelato una Stella Interiore, un Astro verde a cui poteva per arrivare ogni volta che voleva: intraprendendo un percorso spirituale intimo e situando il suo Io in quella Stella, l'antica Scienza Litica degli Atlanti Bianchi non aveva segreti per lui. Era, come diceva, come salire sulla cima di una montagna e contemplare un vasto panorama contestuale che svelava il significato strategico delle costruzioni megalitiche. E insieme alla Saggezza perduta, nell'Astro interiore, aveva riscoperto il sua Amata dell’Origine, che lo aspettava dal Smarrimento e Caduta, de più in là dell'Inferno e del Paradiso, per ritornare insieme a lui nella Patria dello Spirito Increato. Indubbiamente, Lito di Tharsis possedeva allora il secondo grado dell'Iniziazione Iperborea, cioè era un Pontefice Iperboreo, un Costruttore di Pietra capace di capace di tendere un ponte tra il Creato e l'Increato. Nella casa di Tharsis si cominciò a sospettare che fossero in presenza dell’Iniziato annunciato dal capitano Kiev, colui che avrebbe visto il segno litico di K'Taagar sulla Pietra di Venere. Quella presunzione cominciò ad affermarsi quando Lito manifestò la sua vocazione per il Noyvrayato e decise di prendere la Guardia della Spada Magica: nel 1525, senza alcuna difficoltà, entrò nella caverna segreta e vi rimase per un periodo di cinque anni, in compagnia de due Noyo che avevano custodito la spada per diversi anni prima. Le facoltà iniziatiche del Noyo Lito si svilupparono intensamente durante gli anni che durò il suo ritiro, un processo che accelerò ancor più quando l'immagine iniziò ad emergere dalla Pietra, cioè verso il quarto anno di Guardia. Inizialmente sfocata, mesi dopo la stampa di una scena megalitica appariva sulla Pietra di Venere, al punto che anche gli altri Noyo la percepivano, anche se senza dettagli. Al Noyo Lito, d'altra parte, dopo essere giunto ad avere una visione chiara solo guardando la Pietra di Venere, l'immagine gli comunicato anche in diverse occasioni alcune parole che con tutto il suo potere filologico non poteva interpretare, sebbene fosse evidente la presenza di numerose radici indoeuropee. Le parole erano: -Apachicoj Atumuruna! -Apachicoj Atumuruna! -Purihuaca Voltan guanancha unanchan huañuy! Pucara Tharsy! Ed ecco cosa rappresenta l'immagine. Sullo sfondo si apprezzava una catena di montagne o colline senza vegetazione; di esse, due si distinguevano perché le loro pendici formavano un'apertura profonda nel mezzo della figura, dalla quale si vedeva sorgere un filo d'acqua che bagnava una valle altrettanto arida. Ma questi elementi costituivano lo sfondo; ciò che veramente dominava la scena era una collina in leggera pendenza, sulla cui sommità appiattita c'era un enorme Menir di colore nero, circondato da un cerchio di otto menir minori. E questo era tutto, tranne dettagli minori: il cielo celeste, solo annebbiato da alcune nuvole imbiancate e il suolo dove erano disposti i menir, composto da una terra bruno-rossastra dalla quale spuntavano erbe basse e spinose. Il mistero di quella visione immutabile fu chiarito con il passare del tempo e per la fine del 1529 Lito de Tharsis si era già fatto un'idea generale del suo significato; sogni e messaggi telepatici gli fornivano le informazioni complementari di cui aveva bisogno. Secondo la sua convinzione, la Pietra di Venere stava rivelando quel luogo situato "in un paese lontano e sconosciuto" menzionato dal Capitano Kiev; un paese che esisteva "al di là del Mare Occidentale", aggiungevano ora i Messaggi degli Dei, e che non poteva

essere se non nell'America recentemente scoperta. I menir erano stati posizionati dagli Atlanti Bianchi con una tecnica speciale che rendeva l'area invulnerabile contro i possibili attacchi degli agenti della Fratellanza Bianca: in quella piazza liberata, come nella Caverna Segreta, gli Uomini di Pietra potevano resistere indefinitamente alla pressione delle Potenze della Materia. Precisamente, il seguente compito di Lito de Tharsis e degli Uomini di Pietra Valentiniani sarebbe stato quello di trovare quella traccia e rifugiarsi tra i suoi menir fino ai giorni della Battaglia Finale, l'unico modo per sopravvivere tanto tempo, dato che i Demoni li avrebbero cercati in tutto il Mondo con crescente zelo nella misura in cui tali giorni si avvicinavano. Secondo quanto avvertito dagli Dei nei loro Messaggi, il pericolo non sarebbe stato trascurabile visto che la persecuzione avrebbe avuto inizio nello stesso momento in cui avessero estratto la Spada Saggia dalla Caverna Segreta, e probabilmente sarebbe stata eseguita da Bera e Birsa in persona. La Fraternità Bianca, assicuravano gli Dei Liberatori, aveva dato fondamentale importanza alla "scoperta" dell'America per i loro futuri piani sinarchici e non era disposta a rischiare di nuovo; se la Spada Saggia uscisse alla luce del Sole, Yod, l'Occhio di Jehovà Satanàs Che Vede Tutto, vedrebbe immediatamente i suoi portatori e la Fratellanza Bianca saprebbe d’immediato che esistono ancora Signori di Tharsis in vita in questo Mondo: il La reazione dei Demoni sarebbe prevedibile; Essi, che avevano propiziato la "scoperta" culturale dell'America attraverso i loro agenti, l'ebreo Cristoforo Colombo e centinaia di ebrei marrani al servizio dei Golen, avrebbero fatto tutto il possibile per fermarli e rubare la Pietra di Venere; il Circulus Domini Canis, per l'eccessivo zelo messo nel reprimere l'azione ebraica e Golen, in Spagna e in Europa, si fece superare strategicamente e trascurò la questione del Nuovo Mondo: ora accadeva che l'Ordine dei Predicatori era infiltrato da centinaia di dominicani marrani che aspiravano solo ad andare in America in compagnia di migliaia dei loro fratelli di Razza, ai quali era permesso di lasciare le prigioni e i loro cupi ghetti per partecipare alla "conquista". Di fronte a questa realtà, il giudizio degli Dei suggeriva di agire con estrema cautela in tutte le fasi dell'operazione. Come sarebbero andati in America? Gli dei lo avevano previsto, lo presto avrebbero scoperto. Lito de Tharsis e uno dei Noyo, di nome Rocco, si incontrarono a Turdes con Riccardo di Tharsis e gli altri Uomini di Pietra della famiglia di Valentina. Tutti furono d'accordo che la profezia del Signore di Venere si era compiuta e che il bramato momento di partire era vicino: a Lito di Tharsis corrispondeva l'Alto Onore di trasportare la Spada Saggia nel luogo stabilito dagli Dei. Ma non tutti potevano andarsene; Riccardo di Tharsis era abbastanza vecchio per intraprendere un simile viaggio, e in una situazione analoga si trovavano altri due Cavalieri e due Dame; una giovane Dama, invece, poteva accompagnarli, ma solo fino a qualche popolazione, perché sarebbe stato difficile avere il permesso di farle integrare una spedizione militare. E a parte i tre Noyo, potevano andare anche due monaci domenicani, che officiavano come inquisitori con Riccardo di Tharsis. Se tutto fosse andato bene, i viaggiatori avrebbero mandato a cercare quelli che restavano; altrimenti, si sarebbero unito alla strategia del ramo germanico della famiglia. Il problema del viaggio, come ho detto, si risolse facilmente grazie alla provvidenza degli Dei, poiché un giovane esploratore germanico, al servizio della Casa Welser, era un lontano parente dei Signori di Tharsis. Nicolaus de Federmann, infatti, ostentava il lignaggio dei Signori di Tharsis austriaci attraverso la linea materna e si trovava allora in America. Il Re Carlo I e Imperatore Carlo V di Germania, contrasse un

debito di 150.000 ducati con la Casa Welser di Asburgo, firmando, come una sorta di garanzia reale, una capitolazione a Burgos con la quale detta Banca era autorizzata a stabilire e gestire una regione d'America. Tale regione era quella compresa dall'attuale territorio del Venezuela, da Cabo de la Vela a Maracapana, e la Compagnia si imponeva l'obbligo di fondare due città e tre fortezze, nelle quali poteva nominare un Governatore o un Adelantado con il consenso reale. Nell'anno 1527 Juan Ampúes vi fondò la città di Vela de Santa Ana de Coro, dove si installò Ambrosius de Alfinger nel 1528, il primo Governatore nominato dalla Casa Welser, che portò Nicolaus Federmann come luogotenente. Nel 1530, dopo quell'incontro di Lito de Tharsis con gli Uomini di Pietra per decidere a proposito del viaggio in America, scoprono per mezzo di notizie provenienti dal ramo Vrunaldino l'esistenza di quel parente, e si mettono in contatto con lui attraverso la lenta corrispondenza che i domenicani mantenevano con i frati missionari. In ogni caso, cercarono di non mettere a rischio informazioni in questo modo ed è per questo che le lettere si riferivano solo alla necessità di tenere un colloquio personale con l'esploratore "per ragioni vitali che sarebbero state poi chiarite". Qualcosa di difficile da realizzare in quei giorni perché Federmann partecipava a una pericolosa esplorazione nel cuore della giungla venezuelana alla ricerca dell'oro degli indios. Ad ogni modo, i Signori di Tharsis si trasferirono nel porto di Siviglia e iniziarono a preparare la loro spedizione, senza contare sull'aiuto di Federmann. In questo caso la fortuna sorrise ai Signori di Tharsis nel 1532, anche se non così per Ambrosio di Alfinger, a cui una freccia con curaro mandò a miglior vita. Perché fu la morte del Governatore che riportò Nicolaus de Federmann in Europa, con lo scopo di rivendicare per sé quella posizione che aveva giustamente guadagnato. Ma la Casa Welser, tuttavia, concesse l'incarico a Georg de Spira, un uomo di prestigio che aveva influenze notevoli e amici potenti, nominando in compenso a Federmann Luogotenente del Governatore. E fu nel 1533, mentre il germanico era impegnato a equipaggiare la flotta Welser, che tutti si riunirono a Siviglia. Nicolaus de Federmann non era un iniziato e non conosceva la magia o l'esoterismo, ma portava nelle sue vene il sangue di Tharsis. Immediatamente capì che la misteriosa causa che portava i suoi parenti in America doveva essere sostenuta e appoggiata in tutti i suoi punti per portare a termine il piano che proponevano; un segreto istinto gli diceva che non si sbagliava, che qualcosa di superiore all'oro, per il quale era disposto a morire, guidava quegli avventurieri: poteva percepirlo nell'aria quando era in loro presenza; e se ciò non bastasse, pagavano anche loro con oro: con buon oro spagnolo, poiché i loro parenti risultavano essere molto ricchi. Sì, Nicolaus de Federmann avrebbe giocato per i Signori di Tharsis. Il piano sembrava semplice: bisognava trasportare sei di loro; tre erano Cavalieri e sarebbe stato facile assumerli; altri due, i frati domenicani, avevano già la dispensa ecclesiastica, e inoltre, per la soddisfazione della Casa Welser, erano esperti minatori e specialisti in metalli preziosi, un'arte molto apprezzata a quel tempo in cui era necessario fondere le leghe insolite degli oggetti indigeni per salvare l'oro e l'argento che contenevano; l'unico problema era rappresentato dalla Dama, che avrebbe dovuto aspettare a Coro fino al ritorno dei suoi fratelli e zii; e quelli di Tharsis si offrirono di coprire anche le spese di dieci soldati catalani della loro truppa di fanteria, che non offrivano alcun inconveniente poiché in ogni spedizione americana era richiesta una grande quantità di truppe militari. Già in America, Nicolaus avrebbe cercato di orientarli nella ricerca di una strana costruzione in pietra che affermavano esistesse "al Sud". Come lo sapevano che era qualcosa che presto rinunciò

a cercare di scoprire a causa del chiuso ermetismo degli spagnoli. Ma un'altra cosa era certa: a questi non interessava l'oro, le pietre preziose o le perle, che si potessero trovare in quella ricerca; qualsiasi oggetto di valore sarebbe appartenuto a lui dal momento che essi volevano solo trovare quel posto. La prima barca inviata da Francisco Pizarro con un campione del riscatto di Atahualpa arrivò a Siviglia il 5 dicembre del 1533 e la seconda, con Hernando Pizarro a bordo, il 9 gennaio del 1534; trasportavano 100.000 castigliani d'oro, circa 450 chilogrammi, che costituivano solo un terzo di quello a cui il Re aveva diritto: in Perù, Francisco Pizarro per allora si era impossessato di nove tonnellate (9.000 kg.)di oro puro e cinquanta tonnellate (50.000 kg.) d’argento. Tali fatti misero in uno stato frenetico l'avido Welser, che cercò di ottenere entrate simili dalla sua colonia americana e accelerò la partenza di Georg de Spira e Nicolaus de Federmann. Alla fine di gennaio del 1534, la flotta che portava in America Lito di Tharsis e i cinque Uomini di Pietra che lo seguivano salpava dal Guadalquivir di Siviglia. I signori di Tharsis si erano riforniti di abbondanti scorte, vestiti e attrezzature militari, oltre a venti cavalli, tre bulldog spagnoli e tre dozzine di galline di Castiglia. Una settimana prima di andarsene, Lito di Tharsis ritirò la Spada Saggia dalla Caverna Secreta, coprì la Pietra di Venere con un nastro incrociato sull’impugnatura. Se la cinse intorno alla vita e intraprese il sentiero senza ritorno verso il porto di Siviglia e l’America: per la prima volta in 1.800 anni, dalla caduta di Tharsis per mano dei Fenici e dei Golen, l'antica Spada dei Re Iberici lasciava la Caverna Segreta. Tre Noyo l'avrebbero ora protetta in quel viaggio incerto, uno di loro l'Uomo di Pietra più perfetto che avesse mai prodotto la Casa di Tharsis. Ma sarebbe stata sufficiente la sua Saggezza per liberarli dai poteri diabolici di Bera e Birsa, che sarebbero ne usciti immediatamente all'inseguimento? Solo nel futuro prossimo avrebbero avuto la risposta affermativa. Non appena la prua della fregata Welser entrò nell'Oceano Atlantico, lo sguardo degli Uomini di Pietra si diresse verso la Costa della Luce, che lasciavano dietro di sé: a settanta chilometri al Nord Est c’era Onuba, uno dei vecchi porti dell'Impero Tartessico, e anche Rus Baal, il Picco di Saturno, dove Quiblòn ricevette la Shekhinah. I sei erano appoggiati a una ringhiera sul parapetto a dritta, ma le loro menti viaggiavano verso Onuba, alla confluenza dei fiumi Tinto e Odiel; e poi risalirono l'Odiel, verso Turdes, e si fermarono alla cittadella del Tharshish, ora di nuovo viva e potente sul palcoscenico dell'immaginazione; videro che i loro antenati, i Re Iberici Signori di Tharsis , sostenevano con l'impegno delle loro vite le linee guida del Patto di Sangue; in solitudine, quella Stirpe aveva affrontato Tutto e tutti per adempiere alla missione affidata dai fondatori Atlanti Bianchi, per mantenere la lealtà agli Dei Liberatori; una solitudine che è il prezzo da pagare per coloro che sono in verità Stranieri in questo Universo, per coloro che esibiscono l'Intrepidezza di Nimrod e il Valore dei suoi guerrieri Cassiti, per coloro che possiedono o cercano il sangue di Tharsis: la Solitudine Assoluta, che sulla Terra devono soffrire i Guerrieri Saggi, gli Iniziati Iperborei, gli Uomini di Pietra, gli Spiriti Increati; e la mente si diresse quindi al Monte Char, di fronte al Volto di Pietra di Pirena, all’epoca in cui il Mistero del Fuoco Freddo era liberamente officiato e i Prescelti provenivano da tutto il Mondo per morire o per trovare la Verità Nuda di Sé Stesso; la Fraternità Bianca, l'Ordine di Melchisedek, gli Atlanti Oscuri, i Sacerdoti di tutti i Culti, i Golen, gli Immortali di Bera e Birsa, i Templari, i membri del Popolo Eletto, i sostenitori della Sinarchia Universale, i

Servi delle Potenze della Materia, gli adoratori di Jehovà Satanàs, i Terribili Nemici della Casa di Tharsis: li perseguitavano da millenni, causarono la distruzione di Tharshish e la cancellazione pubblica del Mistero del Fuoco Freddo, cercarono di estinguere la Stirpe di Tharsis e di occultare la Saggezza Iperborea, e cercarono con ogni mezzo di prendere possesso della Spada Saggia e della sua Pietra di Venere; e la mente volò immediatamente verso la Caverna Segreta, e valutò con orgoglio il silenzioso sacrificio di dozzine di Noyo e Vraya a guardia della Spada Saggia, purificando il Sangue e attendendo con la pazienza del cacciatore il Segno Litico di K'Taagar, la chiamata razziale che autorizzava ad andare verso la Dimora degli Dei Leali allo Spirito dell'Uomo; ora i Signori di Tharsis potevano compiere il viaggio desiderato per millenni, se lo desideravano: un Noyo, il più grande di tutti, Lito di Tharsis, aveva visto il Segno e conosceva il Segreto del Ritorno; ma i Signori di Tharsis non se ne sarebbero ancora andati; avrebbero aspettato ancora un po', un momento di storia, fino alla Battaglia Finale; Il Capitano Kiev, un Signore di Venere, li aveva informati che Navutan, il Signore della Guerra, considerava il loro Mondo il più Reale di tutti i Mondi possibili: e in quel Mondo, in questo Mondo, essi avrebbero contribuito a interpretare l’ultima Battaglia della Guerra Essenziale, accanto al Suo Inviato, il Grande Capo Bianco, il Signore della Volontà e il Valore Assoluto; e là andavano i Signori di Tharsis, verso una piazza liberata megaliticamente dalla Saggezza Iperborea degli Atlanti Bianchi, un luogo dove avrebbero resistito con la Spada Saggia fino ai giorni della Battaglia Finale; e la mente ritornava così, nutrita di Determinazione e Coraggio, fino agli Uomini di Pietra che si allontanavano dalla costa spagnola su una fregata della flotta Welser.

Cinquantasettesimo Giorno

Non appena entrarono al mare, le navi di Georg de Spira e Nicolaus de Federmann furono sferzate da terribili tempeste; sembrava come se il tutta la natura, come se il Creatore stesso, si fosse proposto di affondare quella flotta. Finalmente un miracolo e la non meno miracolosa abilità dei Capitani, impedirono il naufragio e permisero loro di attraccare alle Canarie, dove aspettarono venti migliori per completare la traversata. Già a Coro, Spira, la cui ambizione per l'oro andava di pari passo con il suo valore senza limiti, organizzò una spedizione improvvisata di quattrocento uomini e partì immediatamente per il sud del lago di Maracaibo, un luogo dove certe leggende locali situavano un’inesistente ricchissima città. Lasciò il suo Luogotenente Generale con l'incarico di recarsi a Santo Domingo per portare ciò che mancava e raggiungerlo nelle zone montuose di Carora. Ma Nicolas de Federmann, che stava complottando con i Signori di Tharsis, lungi dal conformarsi a questi ordini, si dispose a marciare anche lui verso sud, ma seguendo una rotta molto più a Ovest, seguendo l'indicazione di alcuni indiani che sostenevano di aver visto costruzioni di pietra. Con questo scopo, si trasferì a Cabo de la Vela, sulla costa del Mar delle Antille, e salpò per Santo Domingo, lasciando i Signori di Tharsis con il capitano Antonio de Chavez e i soldati catalani. Federmann tornò presto accompagnato da ottanta uomini, trenta cavalli, rifornimento e provviste fresche, si unì a loro e partì per il Sud-Ovest, in aperta contraddizione con le istruzioni di Spira: invece di due frati domenicani ora ce n’erano tre, poiché la Signora, Violante di Tharsis, aveva insistito per viaggiare camuffata

in quel modo, sostenendo che "i pericoli che avrebbe corso da sola a Coro non sarebbero stati certamente inferiori a quelli subiti dai suoi parenti nella spedizione", un argomento che convinse gli Uomini di Pietra. Se l'escursione di Spira si poteva considerare improvvisata e scarsa di uomini e mezzi, la compagnia di Federmann era semplicemente povera: poco potevano fare i loro cento uomini e cinquanta cavalli contro i pericoli indicibili che si nascondevano in quelle terre selvagge e sconosciute; e nemmeno la piccola truppa di veterani di Santa Marta comandata dal capitano Rivera che si unì a loro a metà della strada migliorò la situazione: quegli uomini erano sperduti nella giungla, infelici per marciare inutilmente dietro una ricchezza che non compariva da nessuna parte. Dopo aver sofferto le mille difficoltà che le foreste tropicali offrono, con i loro serpenti velenosi, ragni, insetti, tigri feroci e la loro vegetazione intricata che doveva essere aperta con la forza, gli invasori sperimentarono il freddo glaciale delle alte vette che circondano il Valle del Dupar. E dopo un po’ di riposo, di nuovo la calda giungla, le pestilenze e gli indios selvaggi, che ora li perseguitavano incessantemente. Tuttavia, continuarono imperterriti a sud, attraversarono i fiumi Apure e Meta, a parte un migliaio di piccoli torrenti, e entrarono nel territorio dell'attuale Colombia. Ma quel paese era escluso dalla concessione di Welser e Federmann non aveva il diritto di esplorarlo. E fino ad allora non c'erano indizi che fossero sulla strada giusta; i pochi indiani che riuscirono a catturare diedero indicazioni imprecise sulle città di pietra: a Sud, sempre a Sud; ma a Sud trovarono solo miserabili villaggi e indios di impareggiabili barbarie, cannibali e cacciatori di teste, aborigeni che avvelenarono le loro frecce e le loro lance e li seguirono senza sosta, in agguato permanente, attaccando la retromarcia quando marciavano e negli accampamenti quando riposavano. Dopo un anno e mezzo di avanzata in quella direzione, decimati, la maggior parte degli uomini si era trasformata in scheletri viventi ricoperti di stracci, Federmann prese la decisione di ritornare; altrimenti, non avrebbe potuto impedire l'ammutinamento dei sopravvissuti o la loro diserzione: dei cento uomini nella sua truppa, solo cinquanta erano rimasti vivi, e la maggioranza in uno stato deplorevole. I signori di Tharsis, da parte loro, sopportarono la campagna con stoicismo e persero solo tre soldati catalani; Volevano continuare a Sud, ma non riuscirono a trovare un modo per persuadere il germanico. Alla fine, di fronte alla sua irrevocabile determinazione, optarono per una soluzione eroica, la quale neanche Nicolaus poté negare: sarebbero rimasti lì e sarebbero rimasti soli nella ricerca. Il piano era a dir poco suicida, ma poiché nessuna della due parti era disposta a cedere, Nicolaus de Federmann accettò di lasciarli andare in segreto, facendo finta che fosse successo un disguido, che avrebbe impedito problemi con gli Welser o con l'accusa di diserzione. Fu così che un giorno, l'avanguardia spagnola di Tharsis si separò dalla colonna stanca e si perse per sempre, perché né i germanici della Welser House né gli spagnoli del Regno li avrebbero rivisti mai più. Nicolaus de Federmann proseguì con le sue esplorazioni, disobbedendo sempre agli ordini di Georg de Spira. Nel 1539, insieme a Jiménez de Quesada e Sebastián de Belalcazar, rispettivamente governatori di Santa Marta e Quito, con cui si trovò nel mezzo della giungla, fondò la città di Santa Fe de Bogotá. Presto intraprese con i capitani menzionati un viaggio a Cartagena de Indias e di là viaggiò in Spagna con Quesada. Pur essendo scopritore ed esploratore di territori, non ottenne alcuna ricchezza e tornò praticamente in rovina. Tuttavia, quando portò ai Signori di Tharsis la notizia del destino di

Lito e degli Uomini di Pietra, lo ricompensarono generosamente e lo assunsero nella Villa di Turdes, dove finì i suoi giorni.

America ai tempi di Carlo V

E cosa era successo ai Signori di Tharsis in America? Separandosi da Nicolas de Federmann, si trovarono sul lato Occidentale della Cordigliera Orientale, a mille chilometri dal punto di partenza e altri trecento dalla città di Quito, all'altezza della quale il fiume Napo ha origine. Era una regione fredda e desolata, dove soffiava un vento gelido che faceva scricchiolare i denti ed entrava fino alle ossa. Avevano trovato un sentiero ripido che sembrava fatto dalla mano dell'uomo, poiché a certe distanze potevano essere osservate pile di pietre che fungevano da muri di contenzione per le frane alluvionali, e le seguivano con rinnovata speranza: non immaginavano lontanamente che avrebbero viaggiato ancora per cinquemila chilometri fino a destinazione. Tutto ciò che Nicolaus aveva potuto lasciare erano dieci cavalli e pochissime provviste: con quattro cavalli riuscivano a trasportare tutto, le poche provviste, le gabbie con le galline e persino le armi, ormai inutili per non avere nemmeno un grammo di polvere da sparo. In prima linea, Lito di Tharsis stava montando a cavallo seguito da tre indiani comprati a Coro, preziosi per la lingua e per i sentieri che conoscevano; più indietro, cavalcavano gli altri cinque Uomini di Pietra e nella retroguardia, marciava la truppa di fanteria composta dai sette soldati

catalani, la cui fedeltà per i loro comandanti spagnoli li costringeva a seguirli fino alla morte; i bulldog spagnoli, di proverbiale fierezza, presiedevano al passaggio di tutta la colonna, esplorando la strada cinquanta metri più avanti. Passarono sette giorni attraversando quella scarpata, che ora scendeva in un franco declino verso una piccola valle situata, tuttavia, tra alte montagne. Senza saperlo, si stavano avvicinando a una fortezza settentrionale dell'Impero Inca, che fungeva da Segno di confine con l'impero Muisca: una guarnigione di duemila indios, dell'uno o dell'altro impero, si rilevava ogni sei mesi per occupare quel bastione. Quando girarono per una curva, i Signori di Tharsis videro le mura e il caseggiato di pietra, mentre si avvicinavano in quella direzione attraverso una serie di terrazze a scaloni, abilmente disposte a tale scopo. Un silenzio sepolcrale regnava nel luogo e non si vedeva alcun movimento; la porta mancava di riparo e rafforzava l'impressione di trovarsi di fronte a una cittadella deserta e abbandonata. Tuttavia, non appena ebbero attraversato il muro, il silenzio fu sommerso da un assordante concerto di urla atroci e una pioggia di frecce cominciò a cadere sugli intrusi. Coprendo Violante, e seguiti dalla fanteria, i cinque Signori di Tharsis caricarono con la cavalleria la massa di indiani che penetrava a grappoli attraverso le porte della fortezza; tuttavia, sebbene le lame di Siviglia causassero una grande mortalità tra gli aborigeni, il loro numero era così grande che presto dovettero ritirarsi verso le case centrali. Per ordine di Lito, i Signori di Tharsis smontarono da cavallo e corsero più che in fretta a cercare un rifugio. In una casa priva di qualsiasi difesa, circondata solo da un baluardo di due cubiti di altezza, c'erano Lito de Tharsis, Violante, Roque, i due frati, un indiano e i cinque cavalli. Attraverso un'apertura trapezoidale osservarono un agghiacciante numero di indiani che li aveva circondati in una trappola senza via d'uscita. Gridando, chiamarono l'altro Noyo, Guglielmo, che alla fine rispose da una casa adiacente, dove aveva cercato rifugio con il resto della truppa. Era ferito a una gamba, cosa che poteva essere fatale a causa del veleno che gli indiani mettevano sull'estremità delle loro frecce e avvertiva che tre dei soldati erano morti, così come i due servitori indiani e due cavalli. Nessuno immaginava come sarebbero usciti da una situazione così difficile, quando un improvviso silenzio calò sul lato aborigeno. I signori di Tharsis aguzzarono la vista e osservavano gli indiani farsi da parte per far posto a un personaggio vestito di lana dai colori vivaci e con in testa un berretto a forma di cuffia, dal quale pendevano piume bianche e rosse. Era seduto su una lettiga caricata di otto uomini e aveva in mano un'ascia di pietra; un gruppo di indios, che anche loro si distinguevano per i loro vestiti, e godevano di un'ovvia autorità sui guerrieri, camminava ai lati del veicolo. A una prudente distanza dal rifugio degli invasori, la curiosa carovana si fermò e l'occupante della lettiga scese a terra, preparandosi a deliberare con i suoi accompagnanti: senza dubbio discutevano su come sterminare il prima possibile gli spagnoli. Stavano facendo questo quando il grido di Lito di Tharsis li lasciò tutti al loro posto. Si era precipitato fuori e in un istante, senza casco, con la testa bionda scoperta e la Spada Saggia, che aveva rimosso dal fodero per mostrare la Pietra di Venere, alzandola in alto, mentre proferiva con una voce fragorosa: -Apachicoj Atumuruna! -Apachicoj Atumuruna! -Purihuaca Voltan guanancha unanchan huañuy! -Pucará Tharsy!

I nuovi arrivati furono sorpresi, ma dopo essersi guardati a vicenda, gridarono immediatamente a loro volta: "Hanacaquilli Aty! -Huancaquilli Aty! e poi, tremando, come in preda a un brivido di terrore, quello nella lettiga esclamò: "Hanacaquilli Aty unanchan huañuy! -Huancaquilli Aty unanchan huañuy! Udendo queste parole, tutti gli indios fecero un passo indietro, allargando la radura formatasi davanti al rifugio degli spagnoli. Lito di Tharsis era tornato alla casa così velocemente come era entrato in scena e aveva osservato,da buona protezione, la reazione degli indios. -Che cosa hai detto? Chiese uno dei frati. "Non lo so esattamente," rispose Lito. Queste sono parole che la Pietra di Venere mi ha detto nella Caverna Segreta. Penso che si riferiscano al posto in cui dovremmo andare. All'improvviso, ho avuto la convinzione che dovevo comunicarle ai nostri aggressori. E vedete il risultato: sembrano conoscere il loro significato. In quel momento, la lettiga, con lo strano occupante, si stava allontanando a un ritmo rapido, mentre i guecha, dal momento che di guerrieri Muisca si trattava, si sedettero a terra nella loro stragrande maggioranza. Non smisero di guardare per un momento verso il rifugio degli spagnoli, con lance e frecce pronte ad attaccare; e nei loro volti inespressivi, seri e obliqui, era impossibile indovinare le intenzioni. L'unica cosa certa che indicava l'atteggiamento degli indigeni era che erano disposti ad aspettare; ma ad, aspetta cosa, chi? Così, assediati nelle precarie case di pietra, le ore passavano senza che nulla turbasse l'impassibile vigilanza. Ma i Signori di Tharsis erano dotati in gran misura della virtù della pazienza: non invano avevano fatto la guardia per 1.700 anni di fronte alla Spada Saggia. Si sedettero, quindi, anche loro, per attendere i futuri movimenti degli assedianti. In poche ore venne la notte senza che gli indigeni si muovessero dal loro posto, sebbene si distinguessero dietro le loro fila che vari fuochi accesi: presto un gruppo di donne si prese cura di distribuire ad ogni guecha una torta di mais e una ciotola di ceramica con un liquido fumante. La notte divenne profonda e gli spagnoli decisero di riposare e vigilare a turno. Tutti riuscirono a dormire perché all'alba li si ritrovarono nella stessa situazione del giorno precedente. Tuttavia, sarebbe comunque passata la mattina e parte del pomeriggio prima di notare qualche cambiamento. Il numero di guerrieri, invece di diminuire, era aumentato con il passare delle ore, e ora non esisteva praticamente nessun posto dove uno di essi non potesse essere visto: coprivano la piazza e i vicoli che scorrevano tra le case, si erano arrampicati sui tetti, pilastri e muri e, in breve, a perdita d'occhio, potevano essere visti, in attesa, ma francamente ostili. Si avvertiva senza troppo sforzo che erano in agguato a migliaia e che sarebbe stato molto difficile rompere l'assedio. Nel mezzo del pomeriggio, gli Uomini di Pietra verificarono che stava accadendo qualcosa di nuovo: i guecha, improvvisamente si alzarono e si fecero a un lato con difficoltà per far passare una carovana dalla porta esterna della fortezza. Questa volta erano tre le lettighe che arrivarono; in una ritornò il personaggio enigmatico del giorno precedente; e nelle altre due, venivano uomini con fazioni diverse dagli indios: mentre quelli presentavano caratteri indubbiamente asiatici, i nuovi arrivati mostravano gli inconfondibili tratti dell'uomo europeo occidentale. Perfino la

loro carnagione, evidentemente abbronzata dalle esposizioni solari, era piuttosto pallida e in netto contrasto con la pelle gialla dei Muisca. Tuttavia, i loro vestiti indicavano che erano indigeni, di un altro gruppo etnico ma finalmente indigeni: indossavano vesti neri di lana di lama, molto simili alla saya dei Catari, e si coprivano la testa con berretti neri dello stesso materiale. Ma ciò che più attrasse l'attenzione dei Signori di Tharsis, la cosa più incredibile, erano gli scudi rotondi e impiumati che portavano: al loro centro, chiaramente visibile, avevano dipinta una delle Vrune di Navutàn. Mentre Al loro passo, provocarono un mormorio di paura da parte dei Muisca e gli spagnoli osservarono stupiti mentre la maggior parte dei guerrieri evitava di guardarli. Quando si fermò, il capo a cui Lito aveva diretto le parole della Pietra di Venere si sbrigò a chiamare i due personaggi insoliti che lo accompagnavano. Dopo essere scesi, i tre si avvicinarono alla casa occupata dagli intrusi. A distanza, si fermarono e conferirono per alcuni minuti; infine, quello del giorno prima, si avvicinò risolutamente e gridò: -Huancaquilli Aty! Huancaquilli Aty! Lito de Tharsis esitò un attimo, mentre tutti gli occhi degli Uomini di Pietra erano fissi su di lui, ma immediatamente uscì e affrontò l'indigena. Come la prima volta, stava impugnando la Spada Saggia. Vedendolo, i due in nero, senza esitazione, avanzarono per incontrarlo. Tuttavia, il loro interesse non era per Lito, ma per la Spada Saggia: entrambi dissero all'unisono: "Challor Sayana! -che in quechua significa: "Pietra della Stella". Dalla finestra trapezoidale, gli Uomini di Pietra seguivano gli eventi con attenzione, pronti a correre in aiuto di Lito di Tharsis. Non potevano sentire le parole che pronunciavano, ma era innegabile che sia Lito che gli Amauta dal Berretto Nero parlavano a intervalli regolari. I minuti passarono allo stesso modo, finché lo scambio di parole e frasi assunse il tono inconfondibile del dialogo. Alla fine, il Signore di Tharsis si voltò e si diresse senza problemi al riparo dei suoi parenti; il capo Muisca, d'altro canto, diede un ordine e immediatamente i guecha cominciarono a sparpagliarsi senza protestare: solo la guardia reale che accompagnava le lettighe rimase nelle vicinanze della casa. -Che cos'è successo? Violante si informò senza riuscire a trattenersi, non appena Lito entrò dalla porta. Sei riuscito a farti capire dai nativi? "Apparentemente il pericolo è passato", disse Lito, il cui volto rifletteva ancora lo stupore che lo riempiva. Signori di Tharsis: siamo di fronte a un Grande Mistero. Secondo quello che sono stato in grado di capire, queste persone vestite di nero ci stavano aspettando da molti mesi, forse un anno o più. Le parole che IO ho pronunciato ieri appartengono a un linguaggio piuttosto profano, tipico dell'impero che Pizarro ha conquistato. Per questo all'inizio non ci siamo capiti. Ma poi, e ascoltate bene quello che sto per dirvi perché anche se sembra tutta fantasia non lo è, hanno iniziato a parlare in un linguaggio che è esclusivo degli Amauta dal Berretto Nero, specie di Iniziati del Culto della Luna Fredda, o decrescente, Aty, cioè, alla Morte Fredda; e qui viene l'incomprensibile: quella lingua è una vecchia variante del basso germanico o del danese. Non lo so ancora con certezza a causa del modo barbaro in cui lo parlano, ma credetemi non sarà difficile impararlo. Naturalmente, sarete sorpresi quanto me: come potrebbe essere che ci stavano aspettando, quando solo gli Dei sapevano che saremmo venuti? e chi sono questi

iniziati, che in terre così lontane e sconosciute parlano una lingua germanica? Al momento non ho le risposte. -Ma cosa faremo ora? Chiese Roque -Beh, sembra che gli Amauta dal Berretto Nero ci debbano condurre da qualche parte. Suppongo che i custodi di questa fortezza saranno felici di lasciarci andare il prima possibile, poiché la presenza degli Amauta non li compiace affatto, e la nostra, dopo il massacro che abbiamo compiuto, non è per niente apprezzata. Propongo di uscire allo scoperto ma di stare il più vicino possibile agli Amauta. Così raccolsero i bagagli e, prendendo i cavalli per le briglie, uscirono lentamente nel vasto cortile dove gli Amauta li stavano aspettando, seduti sui sedili delle lettighe. Lito andò nell'altra casa e notò con rammarico che il Noyo bruciava di febbre e che la gamba ferita era gravemente gonfiata. Portandolo tra le sue braccia, si unì agli Uomini di Pietra e disse: "Non possiamo andarcene senza curare Guglielmo. Laveremo la tua ferita con acqua calda e aceto, di cui abbiamo ancora alcune gocce. Procedette, quindi, a chiedere acqua, cercando di farsi capire dagli Amauta, ma questi, non appena notarono lo stato del Noyo, diedero diverse istruzioni ai Muisca e quelli si dedicarono alla cura: in un braciere di pietra, misero un contenitore con l'acqua a cui aggiunsero le enormi foglie di una pianta molto verde; dopo aver fatto bollire l’infusione, lavarono con il suo succo, la ferita, che coprirono con foglie dello stesso tipo; e dopo averla accuratamente bendato, portarono una specie di barella composta da due lunghi pali e una stoffa trasversale, posarono il Noyo e due guerrieri della guardia reale lo caricarono verso la porta della fortezza: i Muisca non nascondevano l'urgenza che avevano di vedere gli stranieri fuori dalle loro mura.

Cinquantottesimo Giorno

Gli Amauta erano sorvegliati da sedici guerrieri che si alternavano, di otto in otto, per caricare le lettighe. A loro si unirono i sei Signori di Tharsis e i quattro catalani sopravvissuti: l'indio Baqueano non fu autorizzato a viaggiare e lo dovettero lasciare con i Muisca. Dell'ultima scaramuccia avevano salvato otto cavalli e due bulldog spagnoli, oltre alle gabbie con i polli di Castiglia e tutti i bagagli. Seguirono gli Amauta per uno stretto sentiero che procedeva in linea retta verso est, salendo in modo permanente lungo la Cordigliera Orientale. Un giorno più tardi, dopo aver passato la notte in una fredda grotta a 3.500 metri, conquistarono la vetta di una catena montuosa che era come un braccio della catena principale. Tutto indicava che sarebbe iniziata la discesa, ma gli eventi immediati avrebbero negato quella supposizione. All'improvviso, dietro una curva, la strada finì bruscamente di fronte a un impenetrabile muro di pietra: la montagna si sollevava di fronte alla carovana impedendone il passaggio. Qualsiasi europeo, in una situazione simile, si sarebbe girato e avrebbe cercato un altro modo per superare l'ostacolo: sarebbe stato logico. Ma si era visto che gli Amauta dal Berretto Nero, come i Signori di Tharsis, non erano governati dai principi della Logica. Senza batter ciglio, gli uomini scesero dai loro posti e si diedero a strani preparativi. Gli Uomini di Pietra, ancora stupiti per quella fermata, guardarono più da vicino il muro della montagna e poi, quasi simultaneamente, capirono cosa stava succedendo: erano in

presenza di un ingresso sigillato dalle Vrune di Navutàn, un'entrata simile a quella del della Caverna Secreta del Monte Candelaria, nella lontana Huelva. Ora le Vrune erano chiaramente percepibili da loro e avrebbero potuto attraversare il muro in un istante, solo avvicinandosi strategicamente all'apertura nascosta. Ma non sfuggì loro che solo gli Iniziati Iperborei sono in grado di portare a termine quell'operazione: nella Casa di Tharsis solo pochi tra migliaia di discendenti erano riusciti a farlo e questo gli fece guadagnare il nome di Noyo o Vraya. Cosa avrebbero fatto allora? Avrebbero lasciato i quattro catalani abbandonati? E, cosa più intrigante: come sarebbero passati quei ruvidi guerrieri, che ovviamente non erano Iniziati? Le risposte non avrebbero tardato ad arrivare. Uno degli Amauta prese una zucca lagenaria (zucca a fisco) e, aprendola, procedette a dare da bere a ciascuno dei guerrieri della loro guardia. Pochi minuti dopo la pozione aveva fatto effetto e gli indios erano ipnotizzati, senza sbattere le palpebre ma mantenendo l'equilibrio. Evidentemente, la droga li aveva momentaneamente privati della coscienza, dal momento che gli Amauta li prendevano per le spalle e li spingevano sulle rocce della montagna; e questi si lasciavano guidare docilmente. Ma la cosa più ammirevole per i Signori di Tharsis era osservare come gli Amauta introducevano il guerriero nell'entrata segreta e scomparivano dentro le enormi pietre, per tornare immediatamente a cercare il seguente. -Dei! Esclamò Lito di Tharsis. Se la nostra Casa avesse posseduto la formula di quella sostanza ... Alla fine solo gli spagnoli rimasero su questo lato della montagna, e gli Amauta offrirono la zucca facendogli segno di bere. I sei Uomini di Pietra rinunciarono a provare la droga, ma costrinsero gli scettici catalani a farlo. Ognuno di loro sorseggiò un sorso e sperimentò, pochi minuti dopo, un effetto fulminante: caddero a terra, profondamente addormentati. Bisognò, quindi, trascinarli all'entrata segreta, ma inspiegabilmente era ora possibile introdurli in essa. Quell'entrata segreta non dava, come a Huelva, a una grotta, ma a un tunnel lungo circa cento metri, al termine del quale sorgeva una nuova fonte di shock per i Signori di Tharsis. Infatti, all'uscita del tunnel si trovarono nel bel mezzo di una strada di pietra con muretti sui lati e perfettamente allineata da nord a sud, che si perdeva in lontananza verso entrambi i punti cardinali. Sul muretto laterale, incisi con i segni dell'alfabeto runico del Futark, si vedevano alcuni tratti di iscrizioni e segni. -Non c'è dubbio che sia una lingua germanica. Tuttavia, disse Lito, questa strada ha tutto l'aspetto di essere stata costruita dagli Atlanti Bianchi. Osserva quelle pietre! Il modo in cui sono scolpite! Questi sono autentici Menhir, che solo loro possono aver scolpito! L'osservazione di Lito fu prontamente confermata dagli Amauta: quando essi arrivarono in quelle terre, molti secoli prima, quel sentiero era già lì. Ma solo gli Iniziati potevano accedervi ed è per questo che si chiamava "Il Cammino degli Dei". Gli invasori bianchi non l'avrebbero mai trovato, anche se avrebbero sicuramente usato le due strade parallele che gli Inga costruirono imitando Il Cammino degli Dei. Però essi, i due Amauta dal Berretto Negro, non dovevano parlare di questi temi con gli Huancaquillis perché una tale missione era riservata agli "Atumuruna", che li attendevano alla fine del Camino.

La capitale, Cuzco, si trovava al centro delle quattro regioni in cui era diviso l'impero Inca: a Ovest, il Kontisuyu; ad Est, l'Antisuyu; a Nord, da dove provenivano i signori di Tharsis, c'era il Chinchasuyu; e a sud, verso dove si orientava il Cammino degli Dei, c'era il Kollasuyu. I due Sentieri Reali trovati dai “conquistadores” di Pizarro, andavano da Nord a Sud, seguendo un sentiero parallelo al Camino degli Dei: il sentiero della rotta costiera, nasceva a Tumbes e raggiungeva Talca, in Cile, 4000 chilometri dopo; quello centrale, più lungo di mille chilometri, partiva da Quito e concludeva nel lago Titicaca, ai confini del fiume Desaguadero. Anche il Cammino degli Dei, molto più orientale, finiva il suo viaggio sul Lago Titicaca. Ma la differenza era che i Sentieri Reali erano percorsi attraverso i quali si incanalava tutta l'attività dell'Impero: il Cammino degli Dei, al contrario, era un sentiero segreto, conosciuto e usato solo dagli Amauta dal Berretto Nero, i temuti Iniziati della Morte Fredda Atyhuañuy. Il Cammino degli Dei mostrava un perfetto stato di conservazione, rivaleggiando in alcuni tratti di eccezionale bellezza con le migliori strade europee: questo si otteneva grazie alla distribuzione permanente di centinaia di uomini lungo il suo percorso, che erano responsabili del mantenimento della strada, del servizio postale e del supporto dei Tambo (struttura Inca costruita per usi amministrativi e militari) che esistevano ogni tre o quattro leghe. Subito dopo aver percorso un breve tratto di quella ciclopica strada di pietra, i viaggiatori si imbatterono in un Tambo di grandi dimensioni: secondo quanto seppero in seguito i Signori di Tharsis, quei "Grandi Tambo" si costruivano nelle vicinanze delle uscite segrete laterali del Cammino degli Dei. Il posto era accudito da membri della stessa Razza bruna che serviva gli Amauta; alcuni bambini corsero a scaricare i lama che venivano nella spedizione e a condurli in un recinto, ma mostrarono grande timore per i cavalli spagnoli, che dovettero essere curati dai catalani. Lì mangiarono le inevitabili tortillas di mais, i tamales, bevvero l'api bollente e riposarono mezza giornata. Un chasqui (incaricato di consegnare la posta), nel frattempo, era partito di corsa per anticipare la notizia dell'arrivo dei Signori di Tharsis. Nonostante le giornate estenuanti, durante le quali marciavano tutto il giorno e si fermavano solo di notte nei Tambo più vicini, il tempo passava senza che il Camino degli Dei avesse mai fine. E settimana dopo settimana, il freddo, il vento e la neve, li castigavano incessantemente, poiché il Cammino raramente scendeva sotto i 3000 metri, costringendoli a coprirsi e ripararsi permanentemente. Un motivo di gioia lo costituì il rapido miglioramento di Guglielmo di Tharsis: due giorni dopo la cura, la febbre era calata notevolmente e la gamba aveva cominciato a sgonfiarsi; dopo quindici giorni poteva camminare quasi normalmente. Ma sessanta giorni dopo, stavano ancora viaggiando lungo la stessa strada rettilinea, i cui imprevisti ripetuti mille volte, gradini, rampe, tunnel e ponti sospesi, ora sembravano monotoni e noiosi. La presenza delle iscrizioni runiche nella stessa lingua germanica era costante durante i migliaia di chilometri percorsi, anche se tendeva ad aumentare in varietà e perfezione mentre si avvicinavano al destino. Ma quelle leggende e quei segni erano evidentemente posteriori alle costruzioni megalitiche che erano disseminate lungo il Cammino degli Dei: tali pietre esibivano l'antico e inconfondibile Segno delle Vrune di Navutàn, di cui le rune riflettono solo un simbolismo superficiale. Una settimana prima di raggiungere il lago Titicaca, arrivarono in un Tambo dove otto Amauta dal Berretto Nero e uno strano personaggio li attendevano. Era un uomo anziano con i capelli grigi e tratti del tipo nordico europeo, i cui occhi azzurri e la pelle chiara confermavano la sua appartenenza alla Razza Bianca. Come i primi due Amauta

noti ai Signori di Tharsis, il vecchio bianco e i suoi compagni volevano solo vedere la Pietra di Venere. Lito de Tharsis, che interpretava correttamente i loro desideri, accettò pazientemente di farlo, sguainando la Spada Saggia e togliendo il nastro dall’impugnatura. Un'esclamazione di stupore e approvazione provenne dalle nove gole. E solo allora mostrarono segni di benvenuto per gli Uomini di Pietra. Tutti erano scesi di sella ed erano dietro a Lito de Tharsis, meravigliati a loro volta dalla reazione dei loro ospiti. Il vecchio, che parlava lo stesso dialetto germanico degli Amauta, ma molto più chiaramente, chiese: -E la principessa? Avete portato la principessa? Una domanda del genere sconcertò Lito, che si voltò per incrociare uno sguardo con i suoi parenti. Scoprì così gli occhi di Violante de Tharsis, irriconoscibile come Dama sotto l'abito dominicano, e improvvisamente comprese tutto. Colpendosi la fronte con il palmo della mano, disse sorridendo: - Senza dubbio vi riferite a mia cugina Violante. Ma avete ragione Nobile Anziano: Lei è una principessa di Tharsis! - E immediatamente abbassò il cappuccio e lasciò allo scoperto il bel viso della Dama. Al vederla, il vecchio e i dieci Amauta, sorrisero a turno e si batterono la fronte con il palmo delle mani, imitando il gesto di Lito de Tharsis.

Rovine di Ollantay Tambo

Si trovano tra Machu Pichu e Cuzco, ad un'altezza di 2750 metri. (Sopra, un'incisione dell'anno 1877 mostra un aspetto generale, in basso, l'interno delle Rovine).

Le rovine di Tambo Machay, nelle vicinanze di Cuzco, in Perù

Il vecchio era uno degli Atumuruna, che le frasi quechua, pronunciate da Lito de Tharsis, avevano invocato. Ma chi erano gli Atumuruna? Secondo il vecchio, che dopo la il ricevimento narrato divenne parco e laconico come gli Amauta, gli Atumuruna appartenevano a una Famiglia: erano membri della casa "Inga Kollman"; "Inga", significava "discendente", vale a dire che gli Atumuruna erano i "discendenti" di Kollman. Questo era comprensibile, spiegò Lito agli Uomini di Pietra, poiché la desinenza "ing" significa discendente nelle lingue germaniche, come in Merovingio o Carolingio; però chi era Kollman? Il vecchio si rifiutò di rispondere, dicendo che i suoi parenti glielo avrebbero spiegato "una volta giunti a Koaty, l'Isola della Luna". Dov'era l’Isola della Luna"?: "Nel Lago Titicaca, che avrebbero raggiunto dopo un’altra settimana di cammino". "Il sentiero laterale che porta dal Camino degli Dei a Cuzco lo avevano lasciato indietro molti giorni prima; ora erano in una regione non ancora esplorata dagli spagnoli; ma dovevano sbrigarsi perché gli "ingas"(incas) avevano notizia che si stava preparando una spedizione verso il Sud; gli Huancaquillis bianchi erano arrivati proprio all'ultimo momento, quando gli Atumuruna già disperavano sul compimento dell'avvertimento degli Dei. " E niente di più di questo si poteva ricavare dal vecchio Atumuruna. Sette giorni dopo videro una colossale fortezza di pietra in quella che doveva essere la parte meridionale del Cammino degli Dei. Il Camino, infatti, finiva di fronte alla fortezza, e questa, le cui pareti avevano la forma di una mezza luna, si stagliava contro una montagna di altezza inaudita. Tuttavia, il cammino non era completamente interrotto: un'uscita segreta, adatta solo agli Iniziati Iperborei, consentiva di superare l'ostacolo. Passarono la notte lì e furono persuasi dal vecchio a lasciare gli animali e il bagaglio, dal momento che non potevano trasportarlo all'Isola. Il giorno seguente attraversarono l'uscita segreta, dopo aver somministrato il misterioso infuso ai quattro catalani e ai cinquanta

guerrieri che ora li accompagnavano: i Signori di Tharsis, in cambio, dovevano solo stare di fronte alla Pietra e ascoltare le Vrune di Navutàn nella Lingua degli Uccelli; esse indicavano loro quali movimenti strategici dovevano fare per avvicinarsi appropriatamente all'uscita segreta e perforare il Velo dell'illusione. Dall'altra parte della montagna si trovarono a sole cinque leghe dalla riva del lago, in direzione al porto di Carabuco. Era il 15 giugno 1535. Imbarcarsi sulle Canoe di Totora (Imbarcazioni a forma di canoa costruite con l'elemento primordiale giunco di Totora. Le zattere di Totora, le barche tradizionali del lago Titicaca) era un'esperienza originale per gli spagnoli, anche se i diffidenti catalani temevano di finire a picco in qualsiasi momento. Tuttavia, sei ore dopo attraccavano senza problemi sull'Isola della Luna. Scesero su una piccola spiaggia, larga non più di dieci piedi di Castilla, delimitata da un burrone prominente alto 200 metri: un sentiero a zigzag stretto ma visibile permetteva di salire fino alla cima della scogliera, da dove si estendeva la superficie abitabile dell'isola. Secondo le spiegazioni degli Amauta, sull'isola di Koaty esistevano una città fortificata e un Tempio. Ma non erano in superficie. Quando tutti erano già scesi sulla spiaggia, l'Atumuruna rivelò loro che avrebbero dovuto attraversare un'altra entrata segreta, che era proprio lì sul muro del burrone. Ancora una volta, gli Uomini di Pietra localizzarono le Vrune e ai catalani dovettero essere drogati. Oltre l'Illusione del Burrone, c'era un tunnel in penombra, interamente coperto di blocchi di pietra, che scendeva in una rampa e affondava nelle viscere dell'Isola. Durante venti minuti continuarono a scendere, finché il tunnel non si stabilizzò e li condusse alla soglia di una porta sorvegliata da due Amauta dal Berretto Nero: dopo aver visto i nuovi arrivati, uno di loro colpì un enorme gong d'argento con un bastone che portava tra le mani. Uno spettacolo insolito apparve all'improvviso davanti allo sguardo attonito degli spagnoli. Capirono così che si trovavano di fronte a una caverna di dimensioni titaniche, così grande che una città intera entrava in essa; e il suono del gong aveva allertato tutti gli abitanti, che ora lasciavano in massa le case per osservarli con curiosità. Quasi tutti, notarono i Signori di Tharsis, appartenevano alla stessa Razza mista degli Amauta. L'uscita del tunnel portava a un corridoio sopraelevato dal quale si dominava gran parte della caverna, che non era meglio illuminata del corridoio precedente: centinaia di modeste case in pietra, separate da strade e piazze, scorrevano sotto i loro piedi, distinguendosi di volta in volta edifici più grandi, che dovevano essere Palazzi e Templi. L'Atumuruna ordinò loro di seguirlo e imboccò un lungo il corridoio, dal quale alcune scale scavate nella roccia scendevano al villaggio. Il corridoio diede una curva aperta e li mise di fronte a un edificio che era forse il più grande della città: una larga scala, fiancheggiata da due tigri di pietra, permetteva di raggiungerlo. Un gruppo di uomini di diverse età li attendeva alla porta, ma con vestiti e Razza simili al vecchio Atumuruna. Tutti mostrarono una gioia intensa alla presenza dei Signori di Tharsis , e alcuni, incapaci di contenersi, si fecero avanti e scossero i loro avambracci, in una specie di saluto romano. Lì gli Amauta dal Berretto Nero si ritirarono e gli Atumuruna li fecero passare al Palazzo, in una stanza semicircolare con gradinate che davano l'impressione di costituire un anfiteatro o un foro. Gli Uomini di Pietra dovettero sistemarsi attorno a un tavolo centrale a forma di mezzaluna, mentre una dozzina di Atumuruna erano distribuiti alle estremità. Un vecchio Atumuruna, che si chiamava Tatainga e che era molto più vecchio di colui che li aveva guidati fin lì, prese la parola e si diresse ai Signori di Tharsis:

- So che c'è uno di voi che comprende la nostra lingua sacra. Questo mi lusinga enormemente. Noi, d'altra parte, non conosciamo la vostra lingua e dovrete scusarci per questo. Tuttavia, sappiamo da dove venite: dallo stesso Mondo da cui provengono i nostri Antenati, più di seicento anni fa. Lito de Tharsis annuì, con un gesto, e Tatainga continuò: "Ora, Huancaquillis bianchi, ci farete la Grazia di mostrarci la Pietra della Stella Verde? Estrasse, Lito, la Spada Saggia dal suo fodero e, togliendo il nastro, espose la Pietra di Venere alla contemplazione degli Atumuruna. Un mormorio di approvazione accompagnò la mostra, ma Tatainga si avvicinò per esaminarla da vicino. Si voltò e fece segno ad alcune belle Iniziate che sorvegliavano la porta; uscirono e tornarono subito portando una base quadrata su cui poggiava un oggetto, che non poteva essere visto perché coperto da un panno bianco decorato con delle svastiche nere. Le Iniziate depositarono il loro carico con grande delicatezza sul tavolo a forma di mezzaluna e si ritirarono nei loro posti. Il vecchio Atumuruna rimosse, quindi, il panno e gli Uomini di Pietra poterono osservare, nel pieno dello stupore, una corona di ferro germanica, in cui una Pietra di Venere era incastonata esattamente come quella della Spada Saggia. -Questa è la corona del Re Kollman! Affermò Tatainga con voce rispettosa.

Cinquantanovesimo giorno

La storia del popolo degli Atumuruna era notevolmente simile a quella della Casa di Tharsis . L'anziano Tatainga la riferì agli Uomini di Pietra in grande dettaglio; ma io, dottor Siegnagel, proverò a sintetizzarla qui con poche parole. Gli antenati degli Atumuruna e la lingua che essi parlavano proveniva dalla regione di Schleswig, nel sud della Danimarca. Nel decimo secolo c'era il Regno di Skioldland, che aveva otto secoli di antichità e aveva resistito alle ondate cristianizzanti di Carlo Magno centocinquanta anni prima. La loro popolazione, di Sangue Puro, conservava la religione di Odino, o Navutàn, ed era riuscita a preservare la Pietra di Venere, eredità dei Atlanti Bianchi. Per tali "eresie", i Golen avevano decretato la pena di sterminio per l'intera casa reale. Contrariamente ai Signori di Tharsis , i coraggiosi Vichinghi non nascosero la Pietra di Venere, ma la incastonarono nella Corona dei loro Re, una situazione che li obbligava, quanto meno, a esibirla ad ogni cerimonia di incoronazione del Re, o a presentare il Corona di fronte a ogni nuovo Signore territoriale per il quale erano a servizio. Nonostante questo comportamento spericolato, gli uomini di Skioldland riuscirono a rimanere liberi fino al tempo del Re di Germania Enrico I, l’Uccellatore. Nel decimo secolo, questo Re, che era anche Iniziato Iperboreo, sconfisse il Re di Danimarca, Germondo, e conquistò lo Schleswig; secondo la sua consuetudine, stabilì un segnale di confine nella regione e a tale scopo nominò Margravio (titolo nobiliare) al Re di Skioldland, senza preoccuparsi se i suoi sudditi erano cristiani o meno. Ma il Regno Germanico sì lo era e i Golen non ci misero molto a iniziare una campagna di agitazione per forzare la conversione di massa dei Vichinghi e costringere il loro Re a consegnare "gli strumenti del culto pagano", inclusa la Corona con la Pietra di Venere. Tuttavia, nulla ottennero durante la vita di Enrico I.

Il Re morì nell'anno 936, suo figlio Ottone, che, nonostante discendesse dal leggendario Vitikind da parte di sua madre Matilde, si fece lavare il cervello dal lavoro dei suoi istruttori Golen Benedettini. Ottone I desiderava in tutto imitare Carlo Magno e inizia col farsi incoronare Re ad Aquisgrana, dall'Arcivescovo di Magonza, al quale sarebbero seguite numerose spedizioni in Italia per conoscere i Papi e ricevere la sua investitura imperiale a Roma nel 962. Il forte legame tra la Chiesa germana e l'Impero, che durerà fino allo sterminio degli Hohenstaufen nel 1250, si può dire che inizi con le straordinarie concessioni di Ottone I. È comprensibile, quindi, che con un tale Imperatore il destino del piccolo Regno di Skioldland era segnato. Nel 965 sortiscono effetto gli intrighi dei Golen e una spedizione marcia sullo Schleswig: la compongono da truppe imperiali sotto il comando del generale Zähringer e hanno la missione di convertire il Regno pagano al cristianesimo o distruggerlo, e, in ogni modo, di sequestrare la Corona Reale. Questa volta non c'è salvezza per i vichinghi ed è così che il loro Re, Kollman, propone loro di lasciare quel paese che presto cadrà nel potere dei Demoni: - Odino guidò i nostri antenati e gli ha consegnato queste terre; e ora ci comanda di partire per un altro regno oltre i mari! Il settanta percento della popolazione accettò l'offerta e si dispose a navigare in drakkar (imbarcazioni vichinghe), ma quelli che rimasero furono sterminati dagli infuriati evangelizzatori. La numerosa flotta attraversò il Mar Tenebroso e raggiunse il Golfo del Messico. Lì fioriva la civiltà dei Toltechi, che ricevette i vichinghi come "figli degli Dei", cioè come discendenti degli Atlanti Bianchi. La casa di Skiold era così antica come quella di Tharsis. Ma nella missione di famiglia entrambe le Stirpi differivano notevolmente: invece di un Fuoco Freddo nel Cuore, i Signori di Skiold dovevano approfondire il segreto dell'Agricoltura Magica fino ad arrivare all'essenza del cereale; incorporata nel Sangue Puro, quell'essenza avrebbe causato la precipitazione di un Seme di Pietra nel Cuore degli iniziati. Gli Atlanti Bianchi li avevano consigliati di formare un corpo permanente di Noyo e Vraya, il cui compito sarebbe quello di contemplare la Pietra di Venere e attendere che presentasse "il Segno Litico del Valhalla": quando questo fosse accaduto, sarebbe giunto il momento di recarsi alla Dimora degli Dei. E il Segno era apparso, pochi giorni prima dell'attacco a Skioldland. Nella Pietra di Venere, una Vraya riuscì a vedere un paesaggio megalitico sulle rive di un enorme lago: quel luogo, dicevano gli Dei leali, era oltre il Mare Tenebroso; e dovevano andare lì, perché un Grande Impero sarebbe diventato la Casa di Skiold per Volontà degli Dei. Ed è per questo che si inoltrarono in mare nelle 220 drakkar. In breve, la Casa di Skiold costituiva una famiglia di Iniziati iperborei, e non deve sorprendere il fatto che, al partire, sia il Re Kollman, la sua Regina e numerosi Noyo e Vraya, fossero Uomini di Pietra. Nonostante si fossero imposti senza problemi ai Toltechi e avessero contribuito profondamente a migliorare la loro civiltà, dieci anni dopo il popolo di Kollman continuò a viaggiare verso il Sud, rimanendo con i Toltechi coloro che avevano commesso il "peccato razziale" di accoppiarsi con loro. Avrebbero navigato fino al Venezuela. Avrebbero quindi marciato verso ovest, attraversando il Venezuela, la Colombia e l'Ecuador, e sarebbero arrivati a Quito, da dove sarebbero salpati nuovamente verso sud. Sarebbero sbarcati a Tacna e avrebbero scalato le montagne orientali, finché non avrebbero conquistato l'altopiano di Tiahuanaco e il lago Titicaca. Quello era il posto che indicava la Pietra di Venere. A Tiahuanaco gli uomini di Skiold trovarono una città ciclopica in pietra costruita a metà, una specie di laboratorio degli Atlanti Bianchi. Accanto alle rovine, costruirono una

città che sarebbe stata la testa di un Impero. E sull’Isola del Sole, innalzarono un Tempio alla Divinità locale, dato che si erano presentati ai Colla, Aymara e altri indiani, come "Figli del Sole". L'impero vichingo di Tiahuanaco prosperò e si espanse fino al XIV secolo, finché la seconda parte del dramma razziale della Casa di Skiold fu scatenato. In quel secolo, infatti, gli uomini di Skiold, che erano già stati chiamati "Atumuruna" a causa della loro pelle bianca e della loro predilezione per la Luna Fredda, avevano dominato tutti i villaggi indiani che vivevano nelle vicinanze. Ne resisteva solo uno, e non per loro merito, ma perché gli Atumuruna esitavano tra saperli liberi e lontani, o sottoporli al vassallaggio e dover trattare con loro. Quel popolo era quello dei Diaghiti, e l'apprensione dei vichinghi proveniva da un rifiuto quasi epidermico, essenziale, per i loro costumi e la loro cultura. Il fatto era che, sebbene la massa degli indigeni appartenesse effettivamente ai gruppi etnici americani, la casta nobile e sacerdotale che li governava aveva un'origine mediterranea o, più precisamente, proveniva dal Medio Oriente: nei musei di Santiago del Estero, Catamarca, Salta, Tucumán o Tilcara, si possono vedere oggi centinaia di ceramiche e vassoi inscritti in aramaico ed ebraico, che confermano questa affermazione. Esattamente, dottor Siegnagel. La nobiltà Diaghita vantava la più rancida discendenza ebraica e, i loro sacerdoti, si consideravano i difensori più zelanti del Patto Culturale e del Sacrificio Uno, professavano un odio mortale contro i Vichinghi e vivevano attaccando permanentemente i confini dell'Impero. Ma erano sempre stati sotto controllo; almeno fino al fatidico anno 1315. Quell'anno, una rivolta delle tribù Diaghite si diffuse dalla Gola de Humauaca fino ad Atacama, in Cile, senza che ci fosse un motivo giustificabile da parte dell'Impero. Le notizie che giunsero indicavano che il Grande Capo Tribù Cari aveva ricevuto la visita di due inviati del Dio Uno, Berhaj e Birchaj, che lo incitarono alla guerra contro Tiahuanaco; essi gli assicurarono il trionfo perché i Diaghiti, dissero, appartenevano ai Popoli Eletto da Lui, e non potevano perdere. Motivati in questo modo, i feroci indios avanzarono irresistibilmente oltre i limiti dell'impero e assediarono Tiahuanaco. I Vichinghi finalmente cercarono rifugio nell'Isola del Sole, mentre gli Iniziati Atumuruna, cioè gli Uomini di Pietra, entrarono nella Grotta segreta Atlante dell'Isola della Luna, Koaty. I Vichinghi non poterono fare nulla contro l'Alta Strategia applicata dai Demoni Berhaj e Birchaj, che guidarono i Diaghiti e finirono per cadere nell'assedio che il Nemico chiuse attorno all’Isola del Sole. Presi prigionieri a migliaia, gli uomini di Skiold furono pazientemente decapitati, uno ad uno, per mano dei Sacerdoti Ebrei-Diaghiti. Al raggiungere questa parte della storia, l'Atumuruna Tatainga indicò un rilievo runico sul muro e chiese:

Il Pucará de Sayagmarca, situato sul bordo di una collina, a 3600 metri sul livello del mare, nelle vicinanze di Machu Pichu, Perù

El Puca Pucará, situato in una piccola valle nelle vicinanze di Cuzco, in Perù

- "Molay", "Quiblòn"? Queste parole significano qualcosa per voi? Poiché i Sacerdoti Diaghiti, ogni volta che tagliavano la gola a un prigioniero da un orecchio all'altro, cercando di far cadere il sangue nel lago, gridavano: "Per Molay! Per Quiblòn! I nostri antenati scrissero questi nomi con le rune, che per loro non avevano senso, desideravano infatti che un giorno i loro discendenti chiarissero l'enigma. Gli Uomini di Pietra rimasero senza parole, bloccati al loro posto. Ma pensavano: quanto è terribile l'Illusione del Grande Inganno! Quanto è diversa la stessa realtà vista da un'altra prospettiva! Quello del 1315 era stato un buon anno per la Casa di Tharsis : il Signore de Venus si presentò e approvò tutto ciò che era stato fatto contro i piani della Fratellanza Bianca; l'azione della Casa di Tharsis e del Circolo Domini Canis causò la distruzione dell'Ordine del Tempio; e con loro, con il rogo di Jacques de Molay, il pericolo della Sinarchia Universale del Popolo Eletto scomparve per un momento. Anche l'arrivo di Quiblòn sarebbe accaduto con un ritardo di 180 anni. E in quell'anno i Valentiniani si stabilirono a Turdes. Sì; Il 1315 fu un grande anno che i Signori di Tharsis ricordavano ancora con simpatia: si diceva persino che fosse uno degli anni migliori della storia della Casa di Tharsis . E ora avevano capito che per i loro fratelli di skiold quello era stato un anno nefasto, il peggiore della loro storia! Il Nemico allora si prese contro di loro una atroce vendetta: cercò di estinguere la loro Stirpe in rappresaglia per la distruzione

dell'Ordine del Tempio! Per quello, dicevano, dopo ogni esecuzione "- Per Molay, per Quiblòn! -", imitando Carlo di Tharsis, quando diceva ai Golen che andavano a morire al rogo di Senz: - Per Navutàn e il Sangue di Tharsis! - "Maledetti Golen; dannati membri del Popolo Eletto; maledetti Bera e Birsa: un nuovo conto da pagare nella Battaglia Finale! Continuerò con la storia riassuntiva, dottor Siegnagel. Aggiungerò solo che, da allora, il 1315 sarebbe stato considerato un anno di lutto per la Casa di Tharsis. Gli Uomini di Pietra del lignaggio di Skiold rimasero nascosti nell'Isola della Luna durante trentacinque anni, prima di osare realizzare una nuova azione strategica. In quel lasso di tempo, la vigilanza degli indiani ebrei era stata costante sul lago Titicaca, poiché molte leggende locali parlavano delle caverne e dei tunnel che gli Atlanti Bianchi avevano costruito migliaia di anni prima: sospettavano che alcuni Atumuruna potessero essersi nascosti lì. Tuttavia, le Vrune di Navutàn costituivano un ostacolo insormontabile, anche per i poteri dei Demoni Berhaj e Birchaj, esseri privi di Spirito Increato; e quasi nessuno che non fosse un iniziato iperboreo avrebbe mai più rivisto gli Atumuruna. In verità, i sopravvissuti erano pochissimi, sebbene fossero accompagnati da un numero maggiore di membri della Razza mista a cui appartenevano gli Amauta dal Berretto Nero: quella Razza era formata dalla miscela del sangue vichingo e degli indios che vivevano a Tiahuanaco all'arrivo di King Kollman. Tuttavia, nonostante il suddetto incrocio di razze, i Vichinghi cercarono sempre di preservare il Sangue Puro e imposero una legge secondo la quale solo erano Nobili quelli che discendevano dal lignaggio di Skiold. In questo modo, l'appartenenza alla nobiltà richiedeva il matrimonio tra membri della Razza conquistatrice: i meticci, sebbene fossero parenti dei Vichinghi, erano esclusi dalla Nobiltà ma non al diritto di partecipare al Mistero del Sangue Puro. Vale a dire che i meticci potevano avere accesso all'Iniziazione Iperborea, facoltà che alla fine li divise a loro volta in Iniziati, cioè, Amauta dal Berretto Nero, e Quillaruna, vale a dire Uomini Lunari o Popolo della Luna. I sopravvissuti all’uccisione dei Diaghiti consistevano in una dozzina di Atumuruna e un centinaio di Quillaruna. Quando cedettero che il pericolo era diminuito, trentacinque anni dopo, gli Atumuruna decisero di occupare il Camino degli Dei, un'antica rotta dell'impero di Atlantide che andava da Tiahuanaco al Mar dei Caraibi. In una prima fase, si espandono dal Camino Segreto fino all'altezza di Cuzco, dove esisteva un'uscita laterale verso quella città. È allora che decidono di inviare due Iniziati Atumuruna per formare una nuova Stirpe reale nelle città della regione di Cuzco, che erano stati vassalli dei Vichinghi di Tiahuanaco per secoli. Uno degli Iniziati era l'Inga Manco Kapac, e l'altro, la sua partner iperborea, sua moglie e sorella, Mama Ocllo. Entrambi realizzarono la loro missione e fondarono una casta che durò fino alla fine dell'Impero Inga, a cui apparteneva l'imperatore Atahualpa, l'Inga assassinato da Pizarro. Tuttavia, nonostante gli sforzi compiuti, sebbene i discendenti di Manco Kapac si sposassero l'un l'altro, gli Ingas di Cuzco non potevano fare nulla per evitare il degrado del Sangue Puro. Nel giro di un secolo, dalla famiglia reale non stava nascendo nessun Iniziato, e gli Ingas dipendevano dagli Amauta dal Berretto nero per qualsiasi ufficio esoterico. Ma la caduta degli abitanti di Cuzco del 381 non finiva lì: l'espansione territoriale dell'Impero li mise in contatto con i popoli del Patto Culturale e subirono l'influenza dei Sacerdoti che trasformarono il Mistero di Viracocha, o Navutàn, in un semplice Culto al Dio Creatore. Ci furono allora "altri" Amauta, cioè sacerdoti che usurparono la funzione degli Iniziati Iperborei. Il danno maggiore, in questo senso, lo produsse l'arrivo nel XIV secolo di un gruppo di missionari cattolici dal Brasile, dove erano sbarcati dopo aver attraversato

l'Atlantico. Erano guidati da un sacerdote di forte personalità, nominato dagli indios paraguaiani Pay Zumé o Pay Tumé, un nome leggendario che i successivi gesuiti delle "Missoni" identificarono con l'Apostolo San Tommaso o San Tomé. Gli Ingas, in cambio, accettarono la sua predicazione e lo equipararono al loro Dio Tunupa, uno degli Aspetti di Viracocha. Le misure accurate che prese per distruggere la religione degli Atumuruna indicano che non era arrivato a Cuzco per puro caso, ma era un inviato della Fratellanza Bianca. Quel Sacerdote riuscì a imporre il culto della Croce, il Crocifisso, la Madre di Dio e la Trinità di Dio, credenze ancora più o meno distorte al tempo della conquista spagnola. Ciò era indubbiamente dannoso per la vitalità spirituale degli Ingas, ma il più grande male veniva dall'introduzione del sacrificio rituale e dal cambiamento di significato dell'Apacheta. Al tempo dell'Impero di Tiahuanaco, un Atumuruna chiamato Sinchiruca insegnò agli indios una variante del culto del fuoco freddo. In un tale Culto le pietre dell'Apacheta rappresentavano i Grandi Antenati, Achachila Apacheta, mentre una roccia speciale era la Pietra Fredda, la Pietra che possiede il Segno Huañuy o il Segno della Morte. La Rumi Huañuy era anche nel Cuore dell'uomo, nella sua Anima, e ad essa lo Spirito Increato rimaneva incatenato: ecco perché nella Cerimonia della Tocanca, quando si sputava la coca masticata sulla Rumi Huañuy, si esprimeva il desiderio di separazione dell'animico e lo spirituale, il trasferimento dell'animico alla Pietra. Ma, soprattutto, l'Apacheta era un altare, un "luogo alto", consacrato alla Madre di Navutàn, la Dea Ama, la Vergine di Agartha, la Dea che consegnò il Seme del Cereali agli uomini, cioè la Dea che gli indigeni conoscevano come Pachamama. Quando l'indio percorreva un sentiero e giungeva ad un incrocio o ad un bivio, depositava una pietra nell'Apacheta e lasciava la sua coca masticata, o semplicemente un sassolino bagnato con la sua saliva: la Pachamama, quindi, "uccideva" la sua stanchezza, "distruggeva" la sua fatica, "rimuoveva" il dolore, ciò che è proprio della condizione umana, cioè "liberava" lo Spirito dalla natura animale o animista; e "orientava" il viaggiatore nel Labirinto dell'illusione che rifletteva il crocevia. Ma quando l'indio ascoltava le Vrune di Navutàn, la Voce di Viracocha, dovunque fosse, cadeva come fulminato e si diceva che fosse indisposto (tipo il mal di montagna): allora era tempo di costruire un altare alla Pachamama e in quello stesso punto si depositavano le pietre dell'Apacheta. Come ho detto, la dottrina di Pay Zumé alterò il significato strategico dell'Apacheta, coincidendo in questo con i Diaghiti ebraici, che avevano introdotto analoghe modifiche nei territori conquistati agli Atumuruna. Il cambiamento consisteva nel trasformare il Culto del Fuoco Freddo in un Culto del Fuoco Caldo e nell'identificare la Pachamama con la Grande Madre Binah. Divenne in questo modo, sullo stile della decadenza romana, l'Apacheta in un altare agli Dei Lari o a un Dio Supremo, Creatore del Mondo, rappresentato dal Fuoco Caldo, il Fuoco Creatore che non si estingue mai, il Logos Solare , il Sole. E sull'Apacheta regnava ora una Pachamama-Binah, Madre Terra, Shakti, Matrice Creatrice delle cose; Dea dell'Amore alla quale era conveniente sacrificare perché intervenisse davanti al suo Sposo, il Creatore Uno. Da allora l'Apacheta perse il suo carattere strategico e orientatore verso l'Origine ed divenne, per gli Ingas di Cuzco, un oggetto del Patto Culturale, uno strumento di idolatria dei Sacerdoti della Fratellanza Bianca, i nuovi "Amauta". Questo processo di decadenza spirituale fu catastrofico per gli Atumuruna del Lago Titicaca, che non riuscirono a preservare il Puro Sangue e affrontarono ogni giorno il pericolo dell'estinzione razziale. La loro presenza era ora ridotta all’ambito del Cammino

degli Dei, che finirono per occupare quasi completamente, e alla "Città della Luna", nella caverna segreta dell'Isola della Luna. Si facevano vedere raramente dagli abitanti dell'Impero di Cuzco, tranne che per trasmettere alcune informazioni esoteriche agli Ingas, ma le loro apparizioni erano temute, perché erano considerati "presagio di disastri", "messaggeri di cattivi eventi", ecc. I loro "inviati" erano gli Amauta dal Berretto Nero, neanche loro si facevano vedere troppo perché ispiravano la stessa paura. Vale la pena di chiarire, dottor Siegnagel, che una volta che il Camino degli Dei fu occupato, fu usato solo per i movimenti degli Amauta dal Berretto Nero: gli Atumuruna usavano invece un sentiero sotterraneo che attraversava le Ande da un capo all'altro, e aveva lo stesso tracciato del Cammino degli Dei, cioè si estendeva al di sotto di esso. Esistevano degli ingressi verticali segreti che comunicavano il Camino degli Dei con il tunnel sotto la cordigliera andina, attraverso i quali apparivano i misteriosi Atumuruna. E, secondo quanto affermano le leggende Inga, quel tunnel, costruito dagli Atlanti Bianchi, possedeva veicoli di pietra che permettevano di viaggiare a velocità fantastiche. Finalmente, due anni prima dell'arrivo di Francisco Pizarro a Cajamarca, la situazione degli Atumuruna divenne disperata: disponevano solo della principessa Quilla per mantenere la successione matrilineare della Stirpe, ma non erano in grado di determinare il suo matrimonio perché i dodici Atumuruna viventi erano tutti parenti stretti troppo vicini e i cui genitori e nonni erano anche cugini e fratelli tra loro; qualsiasi legame con loro avrebbe sicuramente degradato il Sangue Puro, causando la degenerazione dei discendenti. Fu in quelle circostanze che i Noyo osservarono "un Segnale Litico sulla Pietra di Venere" e ricevettero la visita "del Dio Kuv". La corona del Re Kollman aveva riposato per secoli su un altare di pietra a forma di settore circolare retto: le estremità dell'arco esterno si univano con un arco interno in rilievo, parallelo al primo, a simboleggiare l'immagine della Luna nel quarto calante; e su quella mezza luna c'era la Sacra Corona, con la Pietra di Venere rivolta verso il bordo circolare. I Noyo di solito sedevano di fronte alla Corona, allineandosi con la vista della Pietra di Venere e il vertice dell'angolo retto dell'altare. A differenza di quanto accaduto con i signori di Tharsis, forse a causa dell'endogamia, i dodici Noyo Atumuruna furono in grado di proiettare il Segnale Litico nella Pietra di Venere. Riconobbero così un paesaggio megalitico che, sebbene si trovasse a migliaia di chilometri dal lago Titicaca, non prevedeva escursioni marittime e nella giungla come quelle svolte dagli iniziati spagnoli. Ciò che si vedeva, in effetti, era una replica delle rocce dell’Externsteine, la montagna sacra dei germanici situata nella foresta di Teutoburger Wald. In verità, ci sono diversi Externsteine nel mondo, tutte simili a quello della Germania, e tutti posseggono le Vrune di Navutàn. Quello che si osservava sulla "Pietra del Valhalla", della Corona del Re Kollman, era vicino alla Gola de Humahuaca, nell'attuale territorio della Repubblica Argentina, in un luogo chiamato oggi "Valle Magno", ai piedi del Monte Kalibur. Di questo gli Atumuruna non avevano nessun dubbio. Quello che restava da determinare era che cosa significava quell'immagine? Dovevano per caso viaggiare fino alla Externsteine Argentino? Poteva essere: lì vicino, secondo una tradizione di famiglia, c'era un ingresso segreto che portava al Valhalla, o K'Taagar, dopo aver attraversato la Porta Sud. Le risposte sarebbero arrivate dal "Dio Kuv".

Sessantesimo Giorno

Quando il Signore di Venere apparve dall'angolo retto dell'altare di pietra, i dodici Atumuruna e la Principessa Quilla lo videro contemporaneamente. Grazia e Onore, Sangue di Skiold! – Salutò il Signore di Venere, esprimendo con la mano destra il Bala Mudra. -Sieg Heil! Risposero in coro gli Uomini di Pietra. - Sangue di Skiold: vi porto il saluto di Wothan, il Signore della Guerra! E vi porto anche la Sua Parola! Fate attenzione, aprite bene i vostri sensi, perché quella presente è un'opportunità unica, forse irripetibile prima della Battaglia Finale! Per due volte si è provato a distruggere la Vostra Stirpe: una a Skiold e l'altra nell'Isola del Sole. Sapete infatti che il Nemico è implacabile. Ora vi annuncio un nuovo pericolo di distruzione. Ma non è quello che vi preoccupa: l'estinzione della Stirpe a causa della mancanza di prole. Sarà ancora una volta il pugnale del Sacrificatore Uno che cercherà di versare il Sangue Puro di Skiold. Sì, Atumuruna; il Grande Sacrificatore ha aperto una Porta attraverso la quale gli uomini addormentati si getteranno sulle vostre gole! Cattive e buone notizie vi porto. Le cattive sono che l'Impero Inca di Cuzco, diviso dalla meschinità e dalla follia dei suoi Re, sarà prontamente distrutto dagli uomini addormentati che arriveranno in orde incontrollabili. Dovete fuggire da Koaty per sempre: solo agendo in modo deciso e rapido, all'ultimo momento, eviterete un terzo e definitivo tentativo di annientare la Stirpe. Ed ecco la buona notizia: se obbedirete ai miei ordini in modo efficace, non solo salverete la Stirpe di Skiold, ma il Signore della Guerra vi terrà in considerazione per partecipare in modo preponderante alla Battaglia Finale. E questi sono i miei ordini: d'ora in poi non interverrete mai più nelle dispute dell'impero, nemmeno vedendo come il Nemico lo disintegra senza pietà. Rimarrete calmi fino all'ultimo momento. Allora arriveranno alcuni Inviati del Signore della Guerra. Li riconoscerete perché porteranno con loro una Pietra simile a quella della Corona del Re Kollman. Con loro verrà una Principessa con il Sangue più Puro sulla Terra: Vi sarà affidata per farla sposare con un Principe della Casa di Skiold; la sua progenie preserverà la Stirpe e sarà la radice di un popolo potente alla Fine dei Tempi. Ma in cambio, Atumuruna, manterrete Vergine la Principessa Quilla e la consegnerete a Loro, in modo che la loro stessa Stirpe continui nel Sangue Puro di Skiold. Provengono da un paese molto lontano, anche se non tanto quanto quello da cui procedete. Saranno guidati da Noi e prima o poi si avvicineranno al Cammino degli Dei. Istruirete, quindi, gli Amauta dal Berretto Nero, in modo che si distribuiscano ai confini del Cammino, li attendano e li conducano a Koaty. Gli Amauta dovranno informare gli Scyris della popolazione locale che saranno puniti con le pene più severe se provocano danni agli Stranieri che trasportano la Pietra: fate loro sapere che Essi, come voi, sono Signori della Morte, Huancaquilli Huañuy! Sarete pronti a evacuare Koaty non appena arriveranno gli Huancaquilli e avrete scambiato le Principesse. Voi andrete al Grande Valle Kalibur, nel luogo che avete visto nella Pietra della Corona. Lì attraverserete la porta segreta che conduce a una valle protetta dalle Rune di Wothan, dove forgerete, un terribile popolo

guerriero che ritornerà in questo Mondo nei giorni della Battaglia Finale. Ma gli Huancaquilli devono viaggiare più al Sud, verso la Fortezza o Pucará de Tharsy, o Thafy, dove si trova il Grande Menir di Tharsy posto dagli Atlanti Bianchi migliaia di anni prima. Sì, Atumuruna; quando noi fondiamo una Stirpe, sempre piantiamo il suo Menir! E solo con il passare delle generazioni, solo se il Sangue si conserva puro, i Membri della Stirpe rincontrano il Proprio Menir. Questo accade quando la missione familiare si concretizza: è per questo che voi troverete il vostro Menir nella Grande Valle e gli Huancaquilli troveranno il loro nella Valle di Thafy. E il Nemico non può penetrare le Mura Strategiche dei Grandi Cromlech che circondano e isolano i Menir fondamentali della Razza. Gli Antenati Bianchi, gli Atlanti Bianchi, lasciarono un villaggio alla cura del Menir di Tharsy, a Tucumán: essi celebravano il Culto al Signore della Guerra, che chiamavano Vultan o Voltan, in una Apacheta, o altare, vicino al Menir; purihuaca Voltan guanancha unanchan huañuy. Quei guardiani, migliaia di anni prima, furono sterminati dagli indios Diaghiti, membri del "Popolo Eletto" dal Dio Creatore di questo Inferno, che tutt’oggi vivono ancora nella regione. Brinderete, quindi, una scorta agli Huancaquilli in modo che arrivino sani e salvi al vecchio Pucará del Valle di Thafy, dove vivranno fino ai Giorni della Battaglia Finale. Atumuruna della Casa di Skiold: ho detto quanto dovevo dire e non conviene, per ragioni strategiche, aggiungere altro. Vi ripeto il saluto di Wothan e mi accommiato fino alla Battaglia Finale. O fino a quando non coinciderete con me in un altro kairos. Grazia e Onore, Sangue di Skiold! - Gli augurò il Signore di Venere, mentre alzava il braccio destro per esprimere Bala Mudra. -Sieg Heil, Gott Kuv! Risposero agli Atumuruna, eseguendo anche loro il Bala Mudra, che era il vecchio saluto segreto della Casa di Skiold.

Gli Atumuruna adempirono le direttive del Signore di Venere alla lettera. Da quel momento, un meccanismo oliato progettato per rilevare i viaggiatori si montò sull’estremo settentrionale dell'Impero Inga. Ed il suo funzionamento, come ho raccontato, che permise ai Signori di Tharsis di spodestare il sito dei Muisca, che costituiva una trappola mortale sicura. Con l'arrivo dei Signori di Tharsis a Koaty, diventando realtà l’annuncio del Signore di Venere, si concludeva il racconto di Tatainga. Successivamente, Lito di Tharsis narrò come meglio riuscì la storia della Casa di Tharsis, risvegliando molto interesse per la conoscenza degli Atumuruna delle manovre assassine degli Immortali di Bera e Birsa, e dell'identità e missione di Quiblòn. Ora avrebbero dovuto partire insieme verso il Sud e marciare verso una fortezza o Pucará, chiamata Humahuaca, dove si sarebbero separati: non si sarebbero più rivisti in questa vita, ma si sarebbero incontrati di nuovo durante la Battaglia Finale, quando il Signore della Guerra convochi gli Uomini d’Onore per combattere contro le Potenze della Materia. La principessa Quilla aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, mentre Violante contrastava con i suoi capelli neri e gli occhi verdi; ma entrambe esibivano una pelle bianca come la neve. Quilla era già pronta a diventare la moglie di uno dei Signori di Tharsis , ma la notizia che avrebbe dovuto abbandonarli a disposizione degli Dei sorprese e rattristò Violante di Tharsis. Tuttavia, non rinnegò la sua missione, anche se espresse chiaramente il suo malcontento. Fu allora, che i due frati domenicani decisero di rimanere con lei e unire il loro destino alla Stirpe di Skiold: con la compagnia dei suoi parenti,

Violante poteva far fronte meglio alla separazione. Inoltre, Lito ordinò ai quattro catalani di seguire la loro Padrona e di non abbandonarla mai; disse loro senza mezzi termini che non sarebbero mai tornati in Spagna se avessero adempiuto a tali ordini, ma che se avessero obbedito, sarebbero stati trattati come membri della Nobiltà dal Popolo della Luna. Gli Atumuruna desideravano portare con loro i catalani e gli offrirono, per quella unica volta, la possibilità di prendere moglie tra le Vergini della Luna. I robusti soldati spagnoli, entusiasti della prospettiva di diventare Signori di quel misterioso popolo e di vegliare la sicurezza della loro Regina, Violante di Tharsis, acconsentirono a tutto. Avendo raggiunto un accordo reciproco, tutto ciò che restava da fare era iniziare ed evacuare Koaty, adempiendo così le direttive del Dio Kuv. Si trovavano in tali preparativi, quando le spie che li informavano permanentemente sulla situazione nell'Impero, trasmisero una notizia che li costringeva ad accelerare la partenza: il capitano Diego di Almagro aveva appena lasciato Cuzco al comando di 500 uomini diretti a Sud. Tra Francisco Pizarro e Diego di Almagro era sorta un'acuta disputa sui confini che a ciascuno corrispondevano sulla distribuzione dell'Impero Inca: Diego di Almagro pretendeva che la Città di Cuzco fosse inclusa nei suoi domini. L'astuto Pizarro riuscì a dilatare la definizione del conflitto persuadendo il suo socio che esisteva a Sud un paese ancora più ricco del Regno degli Ingas, un bottino che rendeva insensata la discussione su Cuzco. Fu così che l'illuso Almagro radunò quel potente esercito e marciò verso il Sud pronto a conquistare la Città dei Cesari, Trapalanda o Elelin. Lo stesso rimpianto, accompagnato da una risoluzione eroica, che i Signori di Tharsis sperimentarono quando lasciarono la penisola iberica sulla nave degli Welser, quando la mente volò a Huelva e rivisse i giorni di gloria della Casa di Tharsis, dovevano sentire gli Atumuruna attraversando il lago Titicaca verso il porto di Copacabana, lasciandosi alle spalle l'isola di Koaty dove vissero per tanti anni e raggiunsero la Più Alta Saggezza Iperborea. La Casa di Skiold era stata potente secoli prima a Tiahuanaco, finché la folle vendetta dell'Ordine di Melkisedec quasi estinse la sua Stirpe: allora, lasciando la regione per sempre, i cuori degli Atumuruna rabbrividivano a causa di sentimenti contrastanti. L'Anima, creata e attaccata alla storia e al suolo, al Tempo e allo Spazio, fu dilaniata dal dolore dalla definitiva partenza dal sito natale; ma lo Spirito Increato, che scopre e sostiene nel Sangue dell'Iniziato il Ricordo dell’Origine, trabocca ogni momento psichico di dolore con l'infinita nostalgia del Ritorno alla Patria Primordiale, all'Iperborea Originale; e di fronte alla nostalgia di Iperborea, al desiderio di abbandonare tutto e partire verso l'Origine dello Spirito, nulla possono gli artigli del dolore, nessun effetto hanno le dipendenze sentimentali alle regioni infernali e agli oggetti materiali della Terra. Almagro lascia Cuzco nel 1535 e alla fine di Agosto, dopo aver attraversato gli ostili altopiani del Sud, giunse all'altopiano del Titicaca. Si avvicina agli Atumuruna e al Popolo della Luna, che riescono a malapena a superare l'avanguardia dei soldati spagnoli. I fuggiaschi attraversano la città di Chuquiabo, oggi La Paz, quasi senza fermarsi, e fanno una sola sosta di tre giorni a Sucre, o città dell’Argento, prima di scendere nelle valli della Grande Gola de Humahuaca. In tutto questo, Almagro, che raccoglieva al suo passo la notizia sorprendente che un popolo intero si stava muovendo nella stessa direzione, affrettava i giorni con l'intenzione di raggiungerli e conoscere la loro destinazione, forse il ricco paese del Sud, la Città di i Cesari. Lo convinceva di questa idea il fatto che questo popolo era, secondo tutti i suoi informatori, guidato da uomini bianchi e barbuti, simili agli spagnoli, ma magnificamente vestiti con gli abiti dei Re Inga. Per Almagro era molto

probabile che quelle persone provenissero dalla Città dell'Oro e dell'Argento e che si stavano dirigendo verso di essa. Tuttavia, non li avrebbe mai raggiunti. La carovana arrivò nella città di Humahuaca trenta giorni prima di Almagro. Lì gli Uomini di Pietra fecero una terribile minaccia ai nativi, sostenuti dalle dimostrazioni magiche degli Atumuruna, con il fine di dare una falsa pista alla spedizione di Almagro sulla direzione che avrebbero preso: dovevano deviare gli spagnoli verso il Cile, assicurando loro che la città dei sogni era lì. Essi, nel frattempo, avrebbero preso percorsi molto diversi: gli Atumuruna ad Est, verso la Grande Valle del Monte Kalibur, vicino a El Ramal in Argentina; i Signori di Tharsis avrebbero continuato verso Sud, verso il Pucará di Tilcara, da dove, per opposizione strategica, potevano orientarsi verso il Pucará di Andalgalá e, da questo, al Pucará di Tharsy, il loro obiettivo. A Humahuaca, quindi, i Signori di Tharsis e gli Atumuruna si separarono "per sempre": si sarebbero incontrati di nuovo durante la Battaglia Finale, quando tutti sarebbero tornati al fronte dei loro popoli per regolare i conti con i rappresentanti delle Potenze della Materia, dai discepoli della Fraternità Bianca, al Popolo Eletto; della Fraternità Bianca e degli Dei Traditori, naturalmente, se ne sarebbero occupati gli Dei Leali allo Spirito dell'Uomo, forse lo stesso Lucifer in Persona. Violante e i due frati si lasciarono andare ad abbracci espressivi e baci affettuosi con Lito, Roque e Guglielmo: nessuno poté impedire alle lacrime di attraversare i loro duri volti, sebbene contemporaneamente ridessero di gioia selvaggia; gli ordini degli Dei venivano compiuti e quella era la cosa importante. Per una scena simile passarono gli Atumuruna, che dovettero dire addio alla loro unica parente, la principessa Quilla; che però era una Vichinga dura e non aveva bisogno della compagnia di nessuno; al contrario, pretese che tutti i suoi familiari si trasferissero il più presto possibile nella Externsteine del Valle Magno. Con i Signori di Tharsis , al fine di proteggerli e custodire il Pucará di Tharsy, sarebbero andate invece 50 famiglie del Popolo della Luna. Una settimana dopo il loro arrivo, e nel momento in cui Almagro si trovava a Tarija, i viaggiatori ripresero la marcia. Tutto successe come desiderato dai Signori di Tharsis . Almagro fu confuso dagli indigeni e perse le tracce dei fuggiaschi. Dopo una ricerca infruttuosa in territorio argentino, si recò in Cile, dopo dieci mesi di dolorosa marcia, rendendosi conto che da nessuna parte apparve il ricco impero descritto da Pizarro. Nel settembre del 1536 tornò, infine, a Cuzco, con le sue truppe decimate e stanche per tali inutili viaggi. Si consumava in quel momento un'insurrezione generale che aveva posto Cuzco in assedio e minacciava di ridurre al disastro la conquista spagnola. La presenza di Diego di Almagro mise in fuga migliaia di indios e salvò Francisco e Hernando Pizarro da morte certa, cosa che non impedì a quest'ultimo di applicargli la garrotta nel 1538, dopo aver perso la battaglia delle Saline. La custodia dei Signori di Tharsis e della Principessa Quilla consisteva in 5 Amauta dal Berretto Nero e 45 Quillaruna, con le loro famiglie. Gli Amauta godevano di grande autorità nell'impero Inca e per questo motivo non vi erano problemi per le guarnigioni di Pucará per adempiere ai loro ordini: tutti ricevevano il comando di lasciare i loro posti e tornare a Cuzco, evitando di attraversare il cammino degli gli spagnoli o questi li avrebbero ridotti in schiavitù. E gli spagnoli, privi di Saggezza Iperborea, non potevano fare nulla con quelle fortezze la cui costruzione era basata sul principio del Recinto e delle

Mura Strategiche; infatti, sebbene li occupassero militarmente, non potevano mai notare i menir esterni, le pietre di riferimento, che restavano invisibili anche quando erano accanto a loro. Lito de Tharsis, sempre guidato dagli Amauta, lasciò il Pucará di Andalgalá e sopportò con la sua famiglia le gelide inclemenze delle Nevi dell’Aconquija: dall'altra parte di quella catena montuosa si apre la Valle di Thafy. Mentre si avvicinava al Pucará, uno sguardo intorno a lui fu sufficiente a confermare che quello era il luogo desiderato, l'immagine litica che la Pietra di Venere gli aveva mostrato nella Caverna Segreta di Huelva. La fortezza poteva essere vista chiaramente, in una forma Vrunica, e al di fuori di essa il cromlech, o castro, nel cui interno sorgeva il potente menir di Tharsy; sullo sfondo, il filo d'acqua di un piccolo fiume annaffiava le pietre sterili della Valle, provenienti da un'apertura tra le montagne lontane.

Il Pucará di Tilcara, nella provincia di Jujuy, in Argentina.

I nuovi arrivati occuparono la piazza e procedettero a preparare un'eventuale Difesa Magica: avrebbero proiettato sul muro di pietra il principio del Recinto e, su di esso, avrebbero plasmato una delle Vrune di Navutàn; avrebbero ottenuto così le Mura Strategiche, invulnerabile contro la Strategia spaziale e temporale degli Spagnoli dormienti; quindi avrebbero applicato l'opposizione strategica contro la pietra di riferimento, contro il Menir di Tharsy, e l'intera area sarebbe diventata culturalmente invisibile: allora non sarebbero mai stati essere scoperti da uomini addormentati. Come rendere permanente tale protezione? Praticando l'Agricoltura Magica, eredità degli Atlanti Bianchi, nell'area esterna delle Mura Strategiche. Quando germinano, crescono e maturano, i semi le cui informazioni genetiche sono state alterate dal potere trasmutante dello Spirito Increato, non rispondono al loro fine archetipico, al modello che si trova nel Cielo attuale, ma a un Paradigma proprio di un altro Cielo, a un modello di un altro Mondo: e quel Cielo sconosciuto è quello che governa quindi il Microclima della Piazza Liberata, sostenendolo fuori dalla portata visiva o fisica del Nemico.

Tali precauzioni non erano superflue, sebbene Diego de Almagro non rappresentò alcun pericolo e ottenne la triste fine che ho menzionato, otto anni dopo sarebbe apparso un altro Nemico, che giunse con l'intenzione manifesta di localizzare il rifugio dei Signori di Tharsis. Nel 1543, infatti, il governatore del Perù, Cristóbal Vaca de Castro, consapevole della persecuzione senza successo condotta da Almagro, decise di tentare una migliore sorte con una nuova spedizione. Ufficialmente, cercherà di esplorare e occupare il territorio di Tucumán, ma segretamente l'obiettivo principale sarà quello di cercare gli "altri bianchi" e la Città dei Cesari. L'uomo di fiducia di Vaca de Castro è il capitano Diego de Rojas, uno spagnolo di Burgos che partecipò alla conquista del Nicaragua e che a quel tempo si trovava, a La Plata, o Sucre. Dal 1542 al 1543 prepararono la spedizione, che alla fine avrebbe contato solo 200 uomini, anche se ben equipaggiati, e raccolsero informazioni sulle città della Gola de Humahuaca e il paese del Tucumán. Rojas, come Vaca de Castro, sospetta che Almagro sia stato ingannato dagli indiani e che "il Re Bianco" sia fuggito a Sud, in direzione di Tucumán. Ecco perché, sebbene manda sempre "ufficialmente" una flotta dal Perù per attenderlo in Cile di fronte al porto di Arauco, Diego de Rojas intende andare il più lontano possibile, seguendo le orme dei fuggiaschi. Quindi sale sull'altopiano del Titicaca e scende alla Gola di Humahuaca, dovendo sostenere battaglie permanenti contro gli indigeni, che erano stati allertati dagli Amauta dal Berretto Nero sulle intenzioni conquistatrici degli spagnoli: gli Ocloya, gli Humahuaca, i Pulares, i Jujuy, ecc., li avevano attaccati incessantemente durante tutta la traversata dell’altopiano di Jujuy. Tuttavia, riuscirono a raggiungere Chicoana, oggi Molinos, e lì volle la fortuna che scoprissero alcune galline di Castiglia in possesso di alcuni indios Quilmes, galline che erano state donate dalla Principessa Quilla, cosa che determinò che il corso della spedizione si avvicinasse pericolosamente al Pucará di Tharsy. La presenza delle galline convinse Diego de Rojas che in quella regione vivevano "altri bianchi", come credeva Almagro, e lo spinsero ad attraversare la valle di Calchaquí, cioè, da nord a sud, fino a Tolombón e poi, da Fuerte Quemado, fino a Punta di Balasto, attraversando poi le Nevi dell’Aconquija per salire fino all’altezza di Concepción del Valle Thafy. Fortunatamente, quella rotta portò gli spagnoli troppo a Sud e non fu necessario mettere alla prova le difese magiche del Pucará di Tharsy, ora convertito in residenza permanente dei Signori di Tharsis. Diego de Rojas affrontò coraggiosamente i Juríes di Tucumán, senza ottenere alcuna notizia sul "Re Bianco", e poi continuò la sua marcia errata verso sud, esplorando terre che furono denominate dalla Razza dei suoi abitanti: "Juríes" o Santiago dall'Estero; "Diaghiti" o Salta, Tucumán, Catamarca, La Rioja, San Juan e Noroeste de Cordoba; e "Comechingones" o Cordoba. Al suo ritorno da questo sterile percorso, all'altezza di Salavina, a Santiago del Estero, il coraggioso Diego de Rojas trovò la morte a causa del veleno che una freccia diaghita gli depositò in una gamba. Tre anni dopo la sua partenza, quella spedizione ritornò in Perù, sotto il comando di Nicolás de Heredia, che nonostante la perdita di Rojas dovette trascorrere un anno viaggiando attraverso la Valle di Thafy alla ricerca della Città dei Cesari.

Circoli di Pietra a Tafí del Valle, nella provincia di Tucumán, in Argentina.(Sopra, i cerchi si nascondono nella vegetazione sottostante, altri cerchi appaiono nel mezzo di un grande buco, sorvegliato dal Monte Ñuñorco)

Presto si realizza un altro tentativo, nel 1549, quando Juan Núñez del Prado si dirige a Tucumán con settanta Uomini, alcuni dei quali Golen, eccitati dalle storie di diversi membri della spedizione di Rojas: neanche loro avrebbero trovato la Città dei Cesari o il Pucará di Tharsis. Per vent'anni, dalla spedizione di Diego de Rojas alla venuta a Tucumán di Francisco de Aguirre, tentativi simili erano stati fatti invano, ma avevano la virtù di seminare la regione di paesini e città spagnole. San Miguel de Tucumán è fondata il 29 settembre 1565 da Diego de Villarroel, nipote di Francisco Aguirre. Come El Barco, oggi Santiago del Estero, San Miguel de Tucumán cambiò il suo insediamento originario,

nel 1680, per opera del governatore Fernando Mendoza Mate de Luna e con l'autorizzazione del Re Carlo II. Il progresso economico della provincia, non basato sull'oro e sull'argento ricercati dai primi esploratori, ma sullo sfruttamento della terra e sulla schiavitù degli indigeni, fece dimenticare molto presto la storia della Città dei Cesari e l’esistenza del Re Bianco. Intorno al Pucará di Tharsy sorse una città abitata dai discendenti dei Quillaruna, ma la fortezza non fu mai scoperta dagli spagnoli o dai successivi sovrani creoli. Al suo posto fu stabilita un'enorme fattoria, o “estancia”, che conteneva l'invisibile Pucará, e che fu finalmente legalizzata dai nipoti di Lito de Tharsis, che infiltrarono nel Governo e comprarono gli insediamenti con il buon oro Inga che conservavano dal loro passaggio per Koaty. E all'interno del cromlech, vicino al Menir di Tharsy, sopra l'antica Apacheta de Voltan, purihuaca Voltan, riposava la Spada Saggia in attesa del Segnale Litico della Battaglia Finale.

Sessantunesimo Giorno

Siamo arrivati, quindi, al ventesimo secolo, dottor Siegnagel! E siamo arrivati non perché l'inesorabile passo del tempo ci abbia portato fin qui, ma perché ho deciso di saltare 400 anni della storia americana della nostra Stirpe. Procederò in questo modo per accelerare la fine della lettera, perché suppongo che vi siate stancato di leggere e penso che voi possiate già capire il dramma della Casa di Tharsis e trarre le vostre conclusioni. Come sapete, io discendo da Lito di Tharsis e dalla principessa Quilla, che formarono una famiglia che rimase sempre nel luogo del Pucará di Tharsy, a Thafy del Valle, nella provincia di Tucumán: durante quei quattro secoli ci furono molti Noyo e Vraya che custodirono la Spada Saggia; Io stessa fui una Vraya per dieci anni, gli ultimi cinque in compagnia di mio figlio Noyo. Bene, dottor Siegnagel, per concludere chiaramente la narrazione non possiamo che aggiungere una parola sulla reazione del Nemico, che in questi secoli non ha dimenticato per un solo istante i Signori di Tharsis e la Spada Saggia; né la Stirpe di Skiold. Apparentemente, esplorando pazientemente i Registri Culturali di migliaia di Mondi Illusori simili a questo, la Fratellanza Bianca riuscì a ricostruire con abbastanza approssimazione i passi compiuti da Lito de Tharsis in America. Seppe che la Stirpe di Skiold si era diretta in una valle segreta della provincia di Jujuy, il cui ingresso era sigillato con le Vrune di Navutàn, e che Lito de Tharsis invece si era diretto a Tucumán, facendo perdere ogni traccia del suo ulteriore destino. Di fronte a tale certezza, l'Ordine di Melchisedek organizzò la distribuzione di decine dei suoi migliori agenti nelle aree in cui gli Uomini di Pietra potevano essere nascosti o nei luoghi in cui potevano emergere in Futuro. La Spada Saggia e la Corona del Re Kollman, con le loro dannate Pietre di Venere, avrebbero costituto un vantaggio strategico nella Battaglia Finale che i Demoni di Chang Shambalà non potevano permettere. Ma i Mondi dell'Illusione sono milioni e, in generale, gli argomenti archetipici, le storie della Storia, si sviluppano simultaneamente. Solo in uno di questi Mondi si svolge la trama che sarà Reale alla Fine, quando il Signore della Guerra lo affermi dal principio, come previsto dal Capitano Kiev a San Felix de Caraman. La Fraternità Bianca sa che questo accadrà ma non può sapere a priori quale sarà il Mondo Reale dei Signori di Tharsis ; e per questo motivo, nel frattempo, è obbligata

a schierare i suoi agenti infernali, i suoi Maestri, i Sacerdoti e gli Iniziati, attorno alla vecchia rotta che Lito de Tharsis percorse in America; e in molti mondi contemporaneamente. Ma questa volta cercheranno di evitare di "sbagliare": per questo hanno stabilito che qualsiasi segno dei Signori di Tharsis, o di Skiold, venga comunicato a Chang Shambalá, in modo che Bera e Birsa in persona affrontino una questione così vitale. E così sarà, dottor Siegnagel: in pieno secolo XX, ma allo stesso modo di migliaia di anni fa a Tharsis, i Demoni Immortali si avvicineranno agli uomini risvegliati per consumare la loro atroce vendetta. Ed Essi, come in antichità, saranno salvati solo dal Sangue Puro, il Ricordo dell’Origine che libera lo Spirito Increato. Coloro che hanno il loro Spirito orientato possono ora morire per mano dei Demoni, poiché io stessa sicuramente morirò; ma solo riusciranno a uccidere il corpo animale in un Mondo, otterranno solo una pelle vuota, una vana vittoria; Alla fine, quando arriverà la Battaglia Finale, e il Signore della Guerra affermi la Realtà del Mondo dello Spirito, tutti noi che siamo morti per la causa dello Spirito saremo Vivi per marciare fuori dall'Universo dell'Uno, passando sopra le Potenze di Materia, mentre dietro di noi si scatena l'Olocausto Finale dei Demoni dell'Anima. E così siamo arrivati al ventesimo secolo, dottor Siegnagel, circondati da tutte le parti da agenti della Fratellanza Bianca. Tuttavia, fino a quando la Spada Saggia o La Corona di Re Kollman rimarranno dietro il cromlech, i Demoni non potranno relazionarle al Tempo e non sapranno in quale mondo agire. Potevamo, infatti, passare relativamente inosservati, ma le cose sarebbero cambiate negli ultimi anni, quando il Capitan Kiev si presentò per anticipare le istruzioni sulla Battaglia Finale. Dalla Stirpe di Lito di Tharsis nacquero i tronchi di diverse famiglie che esistono ancora in Argentina e in altri paesi. Alcune si proteggevano dai Golen camuffando la loro origine o negando le connessioni genealogiche che li legavano alla Casa di Tharsis, ma tutte erano più o meno consapevoli di questa storia. Tuttavia, quella stessa distanza li allontanò dal Noyvrayato e dall'Iniziazione Iperborea. Fu così che in questo secolo solo i membri della mia famiglia, che vissero sempre nel Chakra di Tharsy, mantennero il Culto del Fuoco Freddo e custodirono la Saggia Spada. E negli anni Sessanta, sebbene la Stirpe non fosse a rischio di estinzione, c'era un solo Iniziato Iperboreo capace di portare avanti la Strategia degli Dei Liberatori: Io, Belicena Villca. Ero una vedova e avevo un solo figlio, che avevo mandato a Buenos Aires per intraprendere la carriera militare, ma non esitai ad accettare il Noyvrayato quando mio nonno, che era stato con il Menir per trent'anni, morì nel 1967. Era successa allora una nuova situazione: sebbene la Stirpe avesse molti membri, la catena iniziatica minacciava di essere tagliata inesorabilmente. Fortunatamente, nel '72, mio figlio Noyo venne in mio aiuto volendo ricevere l'Iniziazione Iperborea e diventare un vero Noyo, Guardiano della Spada Saggia. In quattro mesi fu preparato, da giugno a ottobre, e poi morì, e rinacque come Uomo di Pietra, e si stabilì accanto a me, di fronte al Menir di Tharsy e davanti alla Spada Saggia. Aveva chiesto il ritiro delle Forze Armate per consacrarsi alla missione di famiglia, ma i suoi contatti con un certo gruppo nazionalista, membro dei Servizi di Intelligenza dell'Esercito, gli impedirono di dedicarsi permanentemente alla Guardia. Il caso era che Noyo non voleva rinunciare a ciò che considerava una questione d'Onore: la lotta contro la sovversione marxista che in quei giorni agitava l'intero paese e la nostra provincia in particolare. Grazie alla sua eccezionale conoscenza del terreno e ai suoi accurati criteri per valutare la Strategia del nemico e raccogliere informazioni, era uno dei cervelli grigi che

aiutava dall'ombra a distruggere la guerriglia comunista che voleva diventare forte nelle montagne di Tucumán. Le sue preziose relazioni, comunicate ai compagni di Buenos Aires, contribuirono in larga misura a tracciare i piani dello Stato Maggiore che misero fine alla minaccia della guerriglia. Naturalmente, mi opponevo a questa attività apparentemente estranea alla missione iniziatica, ma Noyo ripeteva sempre che il movimento sovversivo nelle vicinanze del Centro Carismatico era un sicuro segno del vicino inizio della Battaglia Finale. E non si sbagliava, come il Signore di Venere venne a confermare molto presto. Tutto ebbe inizio nel 1975, quando l'esercito comandato dal generale Adel Edgardo Vilas si dedicò a porre fine agli ultimi fuochi della guerriglia suburbana e iniziò l'arduo compito di smantellare l'infrastruttura urbana delle organizzazioni sovversive. L'azione energetica dell'esercito, che eseguì i suoi piani di annientamento con precisione matematica, diede a Noyo tempo sufficiente per dedicarsi alla missione e poi per diversi mesi rimase insieme me nel cromlech millenario. Un giorno, alla fine di quell'anno, eravamo entrambi profondamente concentrati, meditando sulla Pietra di Venere e il Mistero del Fuoco Freddo; avevamo gli occhi fissi sulla Spada Saggia, e nessuno di noi notò che un cambiamento sostanziale avvenne nel Menir di Tharsy, situato proprio dietro l'Apacheta con la Spada Saggia. Una specie di nebbia lattiginosa, aveva invaso l'enorme Pietra che, nel momento in cui notammo il fenomeno, non era più possibile distinguere. Tuttavia, a poco a poco, l'immagine corporea di un gigante ultraterreno si formò al posto del Menir. In realtà, era un doppio fenomeno, perché, nella Pietra di Venere, stava emergendo chiaramente l'immagine di un luogo sconosciuto: era una valle, ma nulla di simile a quella di Thafy che Lito di Tharsis vide quattrocento anni prima; questo luogo possedeva due fiumi che lo solcavano longitudinalmente, proprio come i fiumi Tinto e Odiel nella valle di Tharsis, a Huelva; e a un estremo, verso l’ovest della figura, si vedeva chiaramente una collina che mostrava su un lato l'ingresso di una caverna di forma di vrunica. - Grazia e Onore Sangue di Tharsis! Disse il Gigante, alzando il braccio destro per esprimere il Bala Mudra; e entrambi capimmo che si trattava del Capitan Kiev, uno dei Signori di Venere. Il Capitan Kiev, che aveva salutato la Nostra Stirpe "fino alla Battaglia Finale"! Per caso era giunto il momento, desiderato da così tanti secoli, che gli Dei accompagnassero nuovamente gli uomini nel loro Scontro Totale contro le Potenze della Materia? Ci affrettammo a rispondere al saluto, aspettando con impazienza le Sue sagge parole: "Ave, Vale, Capitano Kiev! E il Signore di Venere si diresse a noi in questo modo: - Sangue di Tharsis, vi porto il saluto di Navutàn, il Signore della Guerra! E vi porto anche la Sua Parola! Fate attenzione, aprite bene i vostri sensi perché quella presente è un'opportunità unica, il Kairos della Battaglia Finale! Come è sempre accaduto, e dato che non potrebbe essere altrimenti dato il posto infernale in cui vi trovate, io sono portatore di buone e cattive notizie per voi. le buone consistono nell'ordine del Signore della Guerra che ora vi trasmetto: è Volontà di Navutàn che la Spada Saggia venga trasportata nel luogo che avete visto nella Pietra di Venere! Tale luogo è una valle che si trova nelle regioni del Cuore dell'Argentina, molto vicino al Monte Uritorco, la Montagna di Parsifal, dove il Signore della Guerra, in un remoto passato, depositò il suo bastone di comando accanto a una fortezza

costruita da Guerrieri Saggi che lo conoscevano come "Cacique Vultan". In un'altra montagna, di questa valle che bisognerà localizzare, si trova una Caverna Segreta costruita dagli Atlanti Bianchi e protetta dalle Vrune di Navutàn: là deve essere portata la Spada Saggia! Vi chiederete il perché di questo fatto e vi risponderò che si tratta di uno degli atti fondamentali della Battaglia Finale: si tratta, in verità, del legame tra gli Dei e gli uomini addormentati. I Signori di Tharsis, come i Signori di Skiold e altre Stirpi simili, sono uomini risvegliati che hanno sempre avuto un Mistero Rivelato e una Pietra di Venere per ottenere l'orientamento verso l'Origine e l'Iniziazione Iperborea. Incluso alla vostra Stirpe è stato incaricato di iniziare nello stesso modo il Signore della Volontà e del Valore Assoluti, il Führer della Razza Bianca. Ecco perché sarà difficile per voi immaginare un Iniziato dell’Orientamento Assoluto, un Pontefice Iperboreo in grado di costruire in qualunque tempo e spazio il ponte indistruttibile tra il Creato e l'Increato, tra l'Illusoria Attualità e la Realtà dell’Origine. Un tale Iniziato non richiede di altro riferimento che di Se stesso per orientarsi verso l'Origine, egli è la sua "Pietra di Venere", e non può essere disorientato, ingannato o deviato in alcun modo dalla sua Missione Strategica. E un tale Iniziato, Sangue di Tharsis , è già sulla Terra! Sì. Il Signore dell'Orientazione Assoluta sta aspettando che la Spada Saggia sia depositata nella Caverna Segreta, per guidare gli uomini addormentati verso la Pietra di Venere, gli uomini che, nonostante la loro immersione nell'Illusione, manifestano la volontà di liberare lo Spirito Eterno della sua prigione materiale! Se un tale collegamento dovesse avvenire, il contatto tra gli uomini addormentati e gli Dei, allora, inevitabilmente, avrà avuto inizio la Battaglia Finale sulla Terra! Sì! Questo Iniziato fonderà un Ordine dei Costruttori e istruirà i suoi membri nella Saggezza Litica degli Atlanti Bianchi. Poi, come ho detto, gli insegnerà le tecniche necessarie per trovare la Pietra di Venere, anche quando essa si trovi protetta dalle Vrune di Navutàn. Molti saranno i Prescelti che desidereranno ardentemente la Pietra di Venere, la Porta dell'Altro Mondo, ma solo uno di loro sarà Noyo. E quel Noyo, ascoltando la Lingua degli Uccelli, sarà in grado di trovare l'ingresso alla Caverna Segreta e unirsi a uno di voi e alla Spada Saggia. Da quel momento in poi, inizierà la Battaglia Finale sulla Terra. L'ordine di Navutàn significa, quindi, che dovete approssimare la spada saggia al pontefice che la sta aspettando, realizzando così l'ultima fase della Strategia degli Dei Liberatori! Sangue di Tharsis: so che compierete senza esitazioni l'Ordine del Signore della Guerra ma, perché tutto riesca meglio, vi raccomando di prestare attenzione alle cattive notizie che vi porto. Prima di tutto, tenete presente che il mondo attuale in cui vi muovete, al di fuori del cromlech, è sotto osservazione permanente da parte del Nemico. Non sarà facile, in queste condizioni, rimuovere la Spada Saggia dal Centro per portarla nella Valle di Avalon. Anche se la distanza in chilometri sembra essere molto breve: in realtà, se non prendete le dovute precauzioni, non potrete mai raggiungere la vostra destinazione, non importa quanto breve sia il percorso. Non appena la Spada Saggia venga messa fuori dal cromlech, il suo Potere di Distorsione dello Spazio e del Tempo rivelerà al Nemico in che Mondo si trova il Male, la Morte dell'Anima, e verso quella direzione correranno i Demoni Immortali per impedire il sacrilegio alla Legge dell'Uno. No! Se non procedete secondo la Più Alta Strategia della Guerra Essenziale, non raggiungerete mai la Valle delle Tre Cime con la Spada Saggia!

In secondo luogo, e ora annuncerò la cattiva notizia, è necessario aspettarsi che la situazione peggiori con il passare degli anni, fino a quando l'incontro tra la Spada Saggia e l'Ordine di Odino diventi totalmente impossibile. sarà necessario agire, quindi, nel momento giusto: l'Ordine cercherà la Spada Saggia e coinciderà con esso nel Kairos della Battaglia Finale. Ma, perché ciò accada, solo uno di voi andrà con la Spada alla Valle dei Due Fiumi; l'altro non avrà altra alternativa che coprire il ritiro di suo Fratello e Camerata. Non diminuirò il rischio implicito di una tattica simile: chi rimane deve attirare tutta l'attenzione del Nemico, essendo preparato a sopportare una pressione fisica e astrale la cui intensità supera di gran lunga la normale resistenza umana. Ma voi siete Iniziati Iperborei, Uomini di pietra, il vostro IO è isolato dall'Anima dalla Vruna di Navutàn, il vostro Spirito Eterno intravede già l'Origine, avete la possibilità di resistere e di vincere. Chiunque di voi rimanga e affronti il nemico, potrebbe morire in questo Mondo. Tuttavia, la sua assenza durerà per un breve periodo, fino alla Battaglia Finale. Vi ho detto che la situazione peggiorerà. Ora vi dico che ha già iniziato a peggiorare. Le forze militari che hanno supportato Noyo saranno presto indebolite da un'offensiva da parte della Sinarchia Internazionale. Nei prossimi anni, le forze patriottiche opereranno ancora, ma mancheranno di potere politico. La guerriglia apolide sarà sconfitta militarmente, ma la sovversione sinarchica che lo ha generato, al contrario, finirà per impadronirsi del governo di questa nazione, subordinando immediatamente il Potere Politico al Potere Economico Internazionale. Si giungerà quindi a uno stato di dipendenza finanziaria irreversibile tra la Nazione e la Banca Mondiale. La cospirazione mirerà a trasformare la Nazione in una Colonia moderna, una Colonia i cui coloni saranno invariabilmente membri del Popolo Eletto. Sì! Sebbene possa sembrare fantastico, milioni di ebrei pianificano di stabilirsi su questo territorio! Questa non è una coincidenza: l'elezione è dovuta al fatto che si cerca di fermare la Battaglia Finale, o ritardarla il più possibile, dando tempo alla formazione del Governo Mondiale del Popolo Eletto. E poiché il Popolo Eletto sospetta che, in qualche modo, questa Nazione giocherà un ruolo fondamentale durante la Battaglia Finale, ha deciso di occuparla e distruggerla. In questo contesto diabolico dovrete agire, Sangue di Tharsis! Cosa succederà se ci riuscirete? Nel migliore dei casi, si verificherebbe una triplice coincidenza: oltre ad incontrare il Pontifex Maximus, il Signore dell'Orientazione Assoluta, causato da questo stesso fatto, può accadere che emerga come un tuono la Voce del Popolo, il Leader Carismatico del Sangue Puro. In coincidenza con voi e il Pontefice, nello stesso momento in cui gli uomini addormentati iniziano a risvegliarsi alla realtà dell'Origine che rivela la Pietra di Venere, il leader carismatico sarebbe riconosciuto da tutti come l'unico rappresentante della Funzione Reale e sarebbe messo al comando di questa Nazione, sollevandola tra le rovine morali e materiali in cui la cospirazione sinarchica l'ha fatta precipitare. Allora sarebbero arrivati giorni di splendore mai visti prima. La Nazione sarebbe eretta come una delle Potenze Spirituali sulla Terra. I Guerrieri Saggi e la Saggezza Iperborea come ai tempi di Atlantide, sarebbero esibiti alla luce del giorno, mentre dal resto del Mondo gli uomini spirituali si precipiterebbero ad arrivare qui, mentre la Sinarquia Universale e il Popolo Eletto si preparerebbero a combattere la Battaglia Finale. Non dovete dimenticare, quindi, nella Strategia da seguire, il ruolo del Leader

carismatico. Egli sarà riconosciuto da tutti ed Egli vi riconoscerà! Se ve lo reclama in qualunque momento: dovete dare l'aiuto della Saggezza Iperborea, affinché svolga con successo la missione di massimizzare la tensione drammatica della Fine della Storia! Tuttavia, se il Leader Carismatico non coincide nel Kairos, e non si presenta, la Battaglia Finale sarà ugualmente inevitabile dal momento in cui gli uomini addormentati troveranno la Pietra di Venere e si reincontreranno con la loro Origine Extraterrestre, e reclameranno agli Dei per Liberazione dello Spirito. Allora gli Dei Leali allo Spirito dell'Uomo, come era stato deciso fin dai tempi dell'inabissamento di Atlantide, arriveranno per l'ultima volta in soccorso dell'Uomo Iperboreo. E quella discesa, quella Battaglia Finale condotta da Navutàn, il Signore della Guerra, e supervisionata da Ama, la Vergine di Agartha, segnerà la Fine della Fratellanza Bianca e la sua infernale Dimora Solare, la Chiave Kalachakra di Chang Shambalá. Riassumendo, la vostra missione sarà trasportare la Spada Saggia nella Caverna Segreta, nella Valle sopra il Soto. L'Epoca si presenta come la meno favorevole per eseguire tale operazione, e per questo motivo dovrete sviluppare tattiche separate: uno di voi porterà la Saggia Spada, mentre l'altro servirà come esca per distrarre l'attenzione del Nemico. Chiunque realizzi la prima, deve usare con abilità la Via dell'Opposizione Strategica per muoversi con il suo prezioso carico. Vale a dire, che per prima cosa avrà una bisaccia con un sufficiente assortimento di lapis oppositionis, cioè di pietre archetipicamente indeterminate, di pietre che possiedono una dimensione illimitata e infinita, ottenuta plasmando il Segno dell’Origine che voi proietterete su di esse. L'Iniziato che faccia questo, si muoverà su un percorso strategico e imprevedibile per il Nemico, anche se sa che la Pietra di Venere si sta muovendo tra i Mondi dell'Illusione. Sarà sempre isolato dall'Archèmona Vrunico Infinito, e posizionerà, dopo ogni tratto di distanza strategica del Labirinto, un lapis oppositionis sulla strada: lascerà così un ostacolo insormontabile per il Nemico, una Pietra d'Ostacolo e una Deviazione, una prova dell'Infinito Presente dello Spirito Eterno. Il principio Increato dell'ostacolo, del lapis oppositionis, causerà l'assoluta confusione del Nemico: di fronte a lui non ci sarà alcun riferimento possibile, tutti i Mondi saranno confusi, l'Illusione diventa Uno. E mentre il Nemico si riprende, e cerca di localizzare una traccia, l'Iniziato Iperborea avanzerà in opposizione alle Potenze della Materia per un nuovo meandro del Labirinto, ponendo poi un altro lapis oppositionis dietro di se. Solo così, se si muove in opposizione strategica, e ha il concorso di un altro Iniziato che si muove simultaneamente verso una direzione differente, attirando l'interesse del Nemico, sarà in grado di portare la Spada Saggia nella Valle della Candelaria. Anche il secondo Iniziato Iperboreo porterà qualche Lapis oppositionis, ma li pianterà a distanze più lunghe, dando al Nemico il tempo di seguire le sue tracce e credere che la manovra sia eseguita da un singolo Uomo di Pietra, che prima o poi riuscirà a catture. Naturalmente, se questo accade, se il Nemico riesce a catturare il Secondo Iniziato, l'operazione verrà comunque eseguita, ma nessuno lo salverà dalla punizione dei Demoni Immortali. Questi sono i rischi che dovrete prendere per rispettare l'ordine del Signore della Guerra. Spetta a voi decidere chi porterà la Spada Saggia e chi distrarrà il nemico, e scoprire l'opportunità, il kairos, per agire! Signori di Tharsis: ho detto quanto dovevo dire e non è conveniente, per ragioni

strategiche, aggiungere altro. Ripeto il saluto di Navutàn e il mio fino alla prossima coincidenza con il Kairos della Battaglia Finale. Grazia e Onore, Sangue di Tharsis! Ci augurò di nuovo il Signore di Venere, alzando il braccio destro per esprimere Bala Mudra. - Salve, Capitano Kiev! – Rispondemmo insieme, anche noi praticando il Bala Mudra, che sempre fu il saluto segreto della Casa di Tharsis.

Sessantaduesimo giorno

La nebbia si era dissipata e eravamo di nuovo di fronte al Menir di Tharsy. Ci guardammo l'un l'altro con il punto interrogativo dipinto sui nostri volti, consapevoli che Stavamo affrontando lo stesso dilemma. Chi avrebbe risposto all'ordine di trasportare la Spada Saggia nella Valle di Córdoba? E chi avrebbe assunto la missione suicida di distrarre il nemico? Per me la domanda non lasciava dubbi: avrei affrontato la tattica della distrazione. Ma supposi, e intuii giustamente, che Noyo si sarebbe opposto a quella decisione: lui, mi disse, era meglio equipaggiato per offrire al Nemico una maggiore resistenza; non si sarebbe mai arreso. Io avrei dovuto viaggiare con la Spada Saggia mentre lui distraeva l'attenzione del Nemico. Mi costò molto, dottor Siegnagel, convincerlo che il mio piano era strategicamente superiore. Ed era perché non era solo mirato a salvaguardare la Spada Saggia, ma contemplava anche la possibilità molto probabile che il Signore dell'Orientazione Assoluta e il suo Ordine di Costruttori Saggi richiedessero anche il sostegno della Saggezza Iperborea della Casa di Tharsis , soprattutto la preziosa esperienza raccolta in millenni di lotta contro le Potenze della Materia: chi conosceva meglio i Signori di Tharsis, la cospirazione sinarchica dei Golen, affermati oggi in tutte le Chiese cristiane e il loro modo di agire? E a proposito di Bera e Birsa? Chi ha più diritto dei Signori di Tharsis a scoprire le loro sentenze di sterminio? Secondo il mio criterio, che alla fine prevalse, sarebbe stato Noyo a localizzare la Caverna Segreta e a stabilirsi lì come Noyo della Pietra di Venere, mantenendo la Custodia fino al giorno in cui il Pontefice Iperboreo costruisse il ponte metafisico e un Noyo del suo Ordine di Costruttori lo venisse a prendere per connetterlo con gli Dei Liberatori. Messi d'accordo su chi avrebbe eseguito ciascun ruolo, ci dedicammo a pianificare la Strategia particolare che ci avrebbe permesso di compiere gli ordini degli Dei. La Strategia ideale, come d'accordo, sarebbe stata quella di creare un clima caotico attorno alla fattoria di Tafí, dando origine a situazioni logicamente imprevedibili che avrebbero favorito il nostro operato. Così, nel bel mezzo di una situazione di alto valore strategico per noi, ma totalmente estraneo a tali fini per qualsiasi osservatore esterno alla Casa di Tharsis, Noyo uscirà di soppiatto con la Spada Saggia e intraprenderà il percorso verso la Caverna Segreta. Allo stesso tempo, mi sarei mossa nella direzione opposta, apparentemente, per distrarre il Nemico. Sarei stata rilevato rapidamente, ma il rischio era calcolato: l'importante era guadagnare tempo, durare abbastanza a lungo perché Noyo potesse raggiungere la Valle di Córdoba. Con questi propositi, preparammo in dettaglio tutte le fasi dell'impresa.

Diciotto mesi dopo, nell'aprile del 1977, avevamo già tutto il necessario e stavamo ultimando i passi finali. Avevamo le due bisacce con le pietre indeterminate, i lapis oppositionis, adatte a praticare l'opposizione strategica. E tutto era pronto a creare il clima di caos che le circostanze richiedevano. Questo si sarebbe realizzato con la collaborazione involontaria dell'esercito. Mi spiego meglio: per sistematizzare la lotta contro i guerriglieri, l'esercito aveva diviso il paese in sei Zone; la zona III comprendeva le province di Córdoba, La Rioja, Catamarca, Salta, Jujuy, Santiago del Estero e Tucumán; a Tucumán, la sub-zona 113 copriva la regione della nostra fattoria e al suo comando si trovava il Capitano Diego Fernández, fedele Camerata di mio figlio. In combinazione con questo, Noyo era stato in grado di far montare una gigantesca operazione di incursione e rastrellamento nella sottozona di Tafí del Valle, verso la metà di aprile del 1977: l'obiettivo dell'operazione era quello di annientare una colonna E.R.P., Esercito Rivoluzionario del Popolo, che operava nella sottozona con il supporto di alcuni residenti appartenenti al P.R.T., (Partido Revolucionario de los Trabajadores). In quella notte nera per i comunisti, l'esercito avrebbe ottenuto diverse ore di zona libera, durante la quale il somministro di energia elettrica sarebbe stato interrotto, ei suoi commando si sarebbero dispiegati in tutta la città di Tafí del Valle e nelle città vicine per catturare i sovversivi. Sarebbero andati su obiettivi sicuri, veri agenti sovversivi e combattenti irregolari, la maggior parte dei quali era stata segnalata da Noyo. Ecco perché Noyo chiese, come copertura tattica, che la nostra casa fosse perquisita e si simulasse la sua detenzione: "questo avrebbe allontanato i sospetti del Nemico", disse. Quando tutto fu pronto per l'azione, si decise che Diego Fernández in persona si sarebbe occupato della sua falsa cattura, al fine di evitare conseguenze o confusioni che avrebbero potuto sorgere se altri soldati fossero intervenuti e così assicurare la sua libertà immediata. Libertà di cui Noyo avrebbe approfittato per scomparire "per un tempo". Naturalmente, nulla di tutto ciò sarebbe accaduto perché Noyo sarebbe partito con la Spada Saggia e non sarebbe tornato mai più a Tafí del Valle; ma questo i suoi Camerati dell'Esercito non lo sapevano. D’accordo alla particolare metodologia repressiva usata dalle Forze Armate nella lotta anti-sovversiva, non usavano mai ordini di perquisizione o non rendevano neanche conto alla Giustizia nelle retate notturne tipo quella che effettuarono a Tafí del Valle: i sospetti erano semplicemente rapiti, passando poi nella ancora più sospetta categoria di "desaparecido". Così, il giorno dopo la retata, Noyo risultava come uno dei "200 scomparsi di Tafí del Valle". Per iniziare a rappresentare il mio ruolo, io mi presentai ai Tribunali e alle Corti di Giustizia a presentare l'inutile habeas corpus, insieme ai restanti parenti delle persone scomparse. Il ricorso legale, come era consuetudine, fu respinto, poiché i Giudici condividevano la metodologia ufficiale o temevano di ingrandire ancora di più la fatidica lista di “desaparecidos”. E così successe che, non avendo una risposta ufficiale ragionevole sul luogo in cui mio figlio si trovava, iniziai a muovermi per conto mio, inizialmente molto lentamente e camuffata, ma poi, usando l'opposizione strategica, più rapidamente, fino a scomparire completamente. Per la disperazione del Nemico, che presto fu sulle mie tracce, ero solita sparire completamente, in un determinato luogo, e apparire di nuovo come "per magia", in luoghi a volte molto lontani. Andavo avanti e tornavo sui miei passi, sconcertando costantemente quelli che mi vigilavano; ora ero a Jujuy, ora a Tafí del Valle; poi in Bolivia e poi di nuovo a Tucumán, nel giro di poche ore, se è che il tempo serve di alcun riferimento nella guerra magica che avevo intrapreso. Inoltre, il Nemico non era in grado di determinare il Mondo in

cui mi trovavo in ogni momento: se inciampava in un lapis oppositionis, ad esempio, poteva accadere che seguendo il percorso che presumibilmente avevo preso, incontrava un Tafí del Valle in cui la famiglia Villca non aveva mai abitato; o con una Belicena Villca che non si era mai sposata o e non aveva avuto figli; o con un Mondo in cui la lotta antisovversiva non si era combattuta; eccetera. Ma, nonostante tutto questo, io mi lasciavo individuare di nuovo per attirare il Nemico, ogni volta con più violenza, su di me e ottenere l'effetto di distrazione desiderato. Con tutto questo, Noyo sarebbe avanzato tranquillamente verso la Valle di Córdoba. Durante uno dei ritorni a sorpresa a Tucumán, Segundo, l’indio discendente del Popolo della Luna che funge da Maggiordomo nella Fattoria, mi informò che il Capitano Diego Fernández cercava di localizzarmi prima di partire dalla zona III, poiché gli era stato assegnato a una nuova destinazione. Lo chiamai al Reggimento per telefono e presi un appuntamento al parco de Porto El Cadillal. Lì avvenne il seguente dialogo: - "Buongiorno, signora", salutò il Capitano. -"Lo stesso," risposi in modo teso. - Voi e vostro figlio, il mio buon Camerata Noyo, mi avete molto preoccupato, signora Belicena. Dovreste dirmi dove si trova. O avvertilo di mettersi in contatto con noi immediatamente. Le cose sono cambiate molto in questi anni ed è urgente che sia informato degli eventi. Alzai le spalle in risposta, pronta a non negare o confermare nulla, ma attenta alle informazioni che potevo ottenere dall'ufficiale: anche io mi trovavo "in missione", eseguendo una manovra tremendamente pericolosa di una Guerra Essenziale che il soldato non poteva neanche sognare; e la disciplina propria di questa Guerra richiedeva la sfiducia di tutto e di tutti, anche del Camerata di mio figlio: tutti gli uomini non iniziati potevano essere traditi dalla loro Anima, dominati psichicamente e trasformati in uno strumento del Demiurgo Jehovà Satanas. Non potevo correre alcun rischio inutile. Tuttavia, dottor Siegnagel, vedendo le cose da lontano, oggi posso assicurarvi che il capitano Diego Fernandez era sincero in quello che diceva, e che Noyo non si era sbagliato a fidarsi di lui. Vedendo che non dicevo nulla, il Capitano continuava con energia: -Dovrebbe dare più importanza alle mie parole, signora Belicena. Penso che voi siate informata che la sparizione di vostro figlio è stata simulata: io ho guidato la Forza d’Attacco che ha fatto irruzione nella vostra fattoria e lo ha preso in custodia; e io sono stato quello che gli ha permesso di fuggire poche ore dopo. Lui era uno dei nostri agenti segreti, nonché un Ufficiale dell'Esercito in Ritiro, e il caso era ben documentato nell'area dei Servizi Segreti: c'è una mia relazione al comandante G-2 su quello che successe quella notte e, inoltre, ci sono i documenti anteriori all'operazione, dove appare chiaramente che Noyo era uno dei nostri. La scomparsa era necessaria per fornire una copertura tattica della sua posizione, ma non c'era bisogno di esagerare le cose prolungando l'assenza inutilmente. Signora Belicena: avrebbe dovuto già tornare molto tempo fa, o comunicare con noi; non vi nasconderò che ora la sua situazione si è complicata in modo incredibile. Voi stessa, Signora Belicena, state correndo un pericolo mortale con la vostra incredibile decisione di iniziare la ricerca personale di vostro figlio scomparso! Non capite che con un tale atteggiamento vi siete messa dalla parte dei sovversivi e che potete essere segnalata apertamente come tale?

Di fronte all'espressione immutabile del mio volto, il Capitano sospirò e continuò con i suoi avvertimenti: -"Non crediate che tutti conoscano il destino occorso quella notte a vostro figlio. La verità è conosciuta solo da un gruppo di Ufficiali dei Servizi Segreti. Ma nessuno di loro ha parlato, né possono parlare, perché se lo facessero, esporrebbero Noyo a morte certa per mano delle organizzazioni sovversive, poiché anche i nostri Servizi Segreti sono stati infiltrati. Ma voi, con le vostre assurde azioni, siete caduta sotto gli occhi di altri Servizi Segreti, e incluso siete persino osservata e seguita da membri della nostra stessa forza che ignorano la verità dei fatti. E osservate ora che trama diabolica si è formata: se manteniamo il silenzio per proteggere Noyo, il nostro Camerata, rischiamo la vita di sua madre, perché se la confusione continua, nessuno sa che misure prenderanno gli altri gruppi di attività che reprimono nel Nord; e se parliamo, salviamo sua madre, ma scopriamo pericolosamente il ruolo di Noyo, che richiederà, alla fine, una vera scomparsa per recuperare la sicurezza perduta, forse un cambiamento permanente di identità o un insediamento prolungato in un altro paese. Comprendete adesso il problema, signora Belicena? Vogliamo sapere cosa fare, qualunque cosa facciamo, dobbiamo farla presto, con urgenza, come ho detto prima, poiché le cose sono cambiate in modo sfavorevole per quelli di noi che professano l'ideologia nazionalsocialista, tra cui, naturalmente, il Camerata Noyo. Sì. Allora mi disposi a dare una risposta specifica al Capitano. La sua eloquenza mi aveva permesso di valutare la situazione da un altro punto di vista e avevo capito che sarebbe stato catastrofico per la nostra Strategia che i Camerati di Noyo avessero chiarito la situazione e avessero rivelato cosa era accaduto la notte della sua scomparsa. Avevo sempre affermato che, in qualsiasi momento che si presentava e di fronte a qualsiasi pubblico, che mio figlio Noyo "era stato assassinato dalle Forze di Repressione": il Nemico non poteva verificarlo con certezza o negarlo, perché in quei giorni c'erano migliaia di casi simili, di persone che erano scomparse come Noyo senza lasciare tracce. Però una Pietra di Venere si era mossa, secondo quanto percepivano gli Dei Traditori, e contemporaneamente era iniziato il mio erratico spostamento per i diversi Mondi del Nord Argentino e di altri paesi del Sud America: e questa non poteva che essere una Strategia contro i piani della Fraternità Blanca, Strategia che i Demoni speravano di contrastare da quattrocento anni. Finora così lo avevano creduto perché ignoravano totalmente la manovra di Noyo. Tuttavia, tutto sarebbe crollato se i militari avessero chiarito il caso e il Nemico si rendesse contro di ciò che accadde dopo il rapimento: senza abbandonare la mia persecuzione, orienterebbero un’altra ricerca verso Noyo e metterebbero a repentaglio l'obiettivo strategico della sua missione. Doveva evitare, quindi, che i militari parlassero. Piuttosto, doveva guadagnare tempo, perché dalle parole del Capitano si deduceva che l'urgenza era dovuta a un cambiamento che avrebbe reso poi impossibile qualsiasi chiarimento. Sicuramente, sarebbe stato il cambiamento politico annunciato dal Capitano Kiev, che avrebbe fatto sprofondare la nazione in una rovina economica e morale, e l’avrebbe legata e imbavagliata nelle mani della Sinarquia Internazionale. Cercando di dissipare la preoccupazione del Capitano riguardo al mio destino o alla situazione di Noyo, risposi, improvvisamente loquace: - "Provate paure infondate per quello che potrebbe accadermi o per il futuro di Noyo", dissi. -Certamente ho esagerato il mio personaggio, ora lo vedo chiaramente – mentì - e prometto che da oggi smetterò di rappresentarlo. Per quanto riguarda Noyo, vi assicuro che sta bene anche se non so dove si trova esattamente. Lui si comunica con me

attraverso una casella di posta segreta e non esiterò a scrivergli immediatamente informandolo di tutto ciò che mi avete detto: dovremo aspettare un po', ma sono convinta che al sapere che è urgentemente richiesto apparirà presto. Quindi, vi suggerisco di non cambiare la situazione e attendere il risultato di queste misure. Tuttavia, vorrei sapere qualcosa di concreto sui cambiamenti sfavorevoli alla nostra causa che voi mi avete menzionato, al fine di informare Noyo dell'importanza della convocazione. "Vedo che siete ragionevole, signora Belicena," divenne ottimista il Capitano, "ed è per questo che vi fornirò le informazioni che chiedete. La domanda è molto semplice: le forze nazionaliste e patriottiche mobilitate in difesa della Nazione sono state tradite dalla Cupola del governo. Lo Stato Maggiore delle forze armate ha concordato con le organizzazioni occulte che sostengono il Governo Mondiale e hanno deciso di consegnare il paese a un saccheggio finanziario che distruggerà le basi economiche della società. Mentre questo piano sinistro si elaborava e veniva portato a termine, le uniche forze nazionali in grado di reagire furono intrattenute in una lotta sterile contro le organizzazioni ribelli i cui veri leader non hanno mai mostrato il loro volto. Con questo si ottenne solo per screditare le Forze Armate e neutralizzare la loro reazione futura. Abbiamo vinto militarmente ma saremo inesorabilmente sconfitti sul terreno politico, dal momento che i problemi economici che scaturiranno dalla politica monetarista e sinarchica sviluppata dal governo faranno dimenticare alla società l'onorevole obiettivo della nostra lotta e ci accuseranno della successiva miseria, una realtà che li ossessionerà perché toccherà le loro tasche e il loro stomaco ogni giorno. - Il Capitano Fernandez era evidentemente ispirato e, in alcuni momenti, mi ricordava le parole del Capitano Kiev. Eravamo alla fine del 1979, solo due anni dopo la sua apparizione al Cromlech di Tafí del Valle, e non solo i suoi annunci si stavano compiendo alla lettera, ma c'erano menti illuminate in grado di comprendere la realtà e anche di scoprire il Piani del Nemico. -"Ma questo non è tutto", continuò il Capitano Fernandez. -La cosa più grave è che, dopo la lotta anti-sovversiva nel campo militare, l'unico campo in cui siamo stati autorizzati a intervenire, il Governo ritiene che i gruppi nazionalisti delle Forze Armate rappresentino un potenziale pericolo per i piani sinarchici e ha decretato la loro inappellabile distruzione. E questa offensiva è già iniziata con la selezione ideologica dei migliori esperti nella lotta anti-sovversiva dei servizi segreti, il loro isolamento con vista alle purghe presenti e future e persino con il loro assassinio, eseguito da membri di servizi Segreti Stranieri convocati in particolare per tali effetti. Così, poco a poco, gruppi sinarchici sono sorti nei servizi di intelligence, con personale addestrato, o direttamente al loro servizio, da agenti di Israele (Mossad o Shin Beth); di E.E.U.U. (la C.I.A o la F.B.I.); dall'Inghilterra (MI-5, MI-6, I.S.); dell'Unione Sovietica (K.G.B., G.R.U.) ecc. E sono queste organizzazioni che vi perseguitano, signora Belicena. Ecco perché è urgente chiarire le cose finché questo sia possibile, perché è probabile che i nostri Camerati saranno completamente neutralizzati e radiati dal servizio attivo, per poi essere venduti vilmente alle stesse forze sovversive contro le quali abbiamo combattuto per anni. Crediamo che il governo progetta di trasferire il potere a politici socialdemocratici o socialisti, che permetteranno alla sinistra di acquisire sufficiente libertà e potere per distruggere le riserve morali della Nazione, che erano particolarmente concentrate nelle Forze Armate. Tuttavia, questi uomini, che alla fine sono burattini al servizio della Sinarchia, manterranno la politica economica monetaria liberale che sottoporrà la Nazione alla dipendenza morale e alla dissoluzione sociale. Nello stesso mio caso, che sono stato ritirato senza spiegazioni dalla lotta anticomunista, con l'evidente intenzione di farmi congedare in breve

tempo, o peggio, se scoprono i miei rimanenti Camerati. Si impone la necessità di agire ora o correre il rischio che la situazione di Noyo non venga mai chiarita o che voi possiate essere attaccata da uno dei nuovi gruppi di intelligence che agisce con impunità e disgustosa mancanza di onore, e che di solito perseguitano e uccidono persone di estrazione nazionalista piuttosto che agenti noti della sovversione marxista. Spero di essere stato chiaro, signora Belicena, cercate di stabilire un primo contatto con il Camerata Noyo, dal quale richiediamo, in quest'ora fondamentale, il suo prezioso consiglio strategico. -"Siete stato estremamente chiaro, Capitano Fernandez," -assicurai, -"e abbiate la certezza che trasmetterò le vostre parole in modo testuale a mio figlio Noyo, che sono sicura che non esiterà a venire da voi. E quella fu la fine di quella conversazione con il capitano Diego Fernández, che se ne andò disposto ad aspettare, e a far aspettare i suoi Camerati, nel presentare ogni possibile dichiarazione sul “desaparecido” di Tafí del Valle. Il resto della storia vi è già nota, dottor Siegnagel. Io, lungi dal compiere ciò che avevo promesso al capitano Diego Fernández, continuai a fare movimenti strategici nel Nord Argentino, in Bolivia e in Perù. Ho percorso la rotta di Lito de Tharsis e degli Atumuruna in diverse occasioni, consapevole che questo avrebbe ulteriormente risvegliato l'interesse della Fratellanza Bianca e l'avrei convinta della certezza che ero portatrice della Spada Saggia. Ecco perché, inoltre, prendevo il cammino di Tatainga a Jujuy e mi dirigevo nelle vicinanze del Monte Kalibur. In due occasioni, incluso, scesi nella Grande Valle e contemplai l’Externsteine, senza osare attraversare la Porta di Vrunica. Bene, fu durante una di queste escursioni che caddi in una trappola dei Golen e ingerii il veleno che indebolì la mia volontà e mi impedì di continuare a sviluppare la Strategia. Poi fui rapidamente catturata da un comando del Shin Beth, composto da Rabbini Iniziati nella Cabala Suprema, Sacerdoti che avevano contemplato il Sepher Icheh in Israele e sapevano tutto dell'Olocausto del Fuoco. Appartenevano, come anticipato dal Capitano Fernandez, a un Servizio Segreto parallelo, che aveva membri nei Servizi dell’Esercito, della Marina, dell'Aeronautica, della Polizia Federale, della Segreteria di Sicurezza dello Stato, del Ministero della Difesa, ecc. Il suo potere di mobilitazione era allora assoluto. Stavo riposando momentaneamente in una misera locanda nel villaggio di Kalypampa, che si trova di fronte al Parco Nazionale con lo stesso nome, vicino al Monte Kalibur. Lì mi fu somministrato il farmaco, mescolato in un vaso di melassa di canna offerta per addolcire il caffè. L'effetto che istantaneamente produsse nel mio corpo di Iniziata Iperborea fu indescrivibile, essendo improbabile che voi possiate minimamente immaginarlo, perché non sapete come si comporta una mente capace di possedere la coscienza in diversi Mondi allo stesso tempo. Inoltre vi dirò che la droga, una forma perfetta di miele archetipo, produsse un processo accelerato di rafforzamento dell'anima, una formidabile iniezione di energia per la volontà istintiva dell'Anima, che negli Iniziati Iperborei è solitamente dominata dal volontà irresistibile dello Spirito increato. E quell'improvvisa evoluzione dell'Anima causata da un degrado del sangue, come un indebolimento del Simbolo di Origine, presente nel Sangue Puro, e come attualizzazione del corpo fisico, che così perse la sua capacità di muoversi indipendentemente dal Tempo e sincronizzò tutti i suoi orologi biologici con il tempo di questo Mondo. Rimasi, quindi, preda del contesto culturale, soggetta alla realtà di quella piccola città di Jujuy. Naturalmente cercai di fuggire comunque: i lapis oppositionis non erano più utili perché avevo perso l'orientazione esterna verso l'Origine ed era impossibile per me praticare

l'opposizione strategica. Ma non arrivai molto lontano. Prima di lasciare la Provincia, ero già nelle mani degli agenti dello Shin Beth. Questi mi portarono al Monastero Francescano di Nostra Signora del Miracolo, a Salvador de Jujuy, dove la maggior parte dei preti sembrava essere sotto i loro ordini. In una sordida prigione, del tempo delle colonie, fui sottoposta a un raffinato interrogatorio durante il quale mi furono somministrati diversi tipi di droghe. Le domande erano poche ed esatte; sempre le stesse: dov'era la Pietra Extraterrestre? Cosa era successo a mio figlio Noyo? Dove mi stavo dirigendo? Quali erano i miei ordini? Avevo qualche contatto terreno, un Iniziato che condivideva l'operazione e lavoravo per conto mio? Abbreviando, dottor Siegnagel, credo di aver finito per confessare quasi tutto, incapace di resistere all'effetto delle droghe che mi impedivano perfino la rappresentazione del Segno della Morte, con il quale avrei potuto, in un'altra occasione, disincarnare proprio lì. Comunque, Noyo era già al sicuro nella Caverna Segreta: lo avevo percepito già da qualche tempo e avevo ricevuto segnali di conferma dagli Dei. Io cadevo, ma la Strategia trionfava! L'ordine dei Signori della Guerra era stato realizzato in modo impeccabile e nulla, da parte della Casa di Tharsis, avrebbe impedito la Battaglia Finale! Mancava solo ora che il Pontefice Iperboreo, il Signore dell'Orientazione Assoluta e il suo Ordine dei Costruttori Saggi, trovassero la Spada Saggia: e questo era totalmente fuori dalle nostre mani. Come capirete, queste riflessioni appartengono al presente. In quel terribile momento, quando la mia volontà era impotente nel dominare la mia lingua, un'angoscia indescrivibile mi aveva afferrato: mi stavano umiliando nella mia dignità di Iniziata Iperborea e sentivo come un tradimento, un’imperdonabile mancanza d'onore, la confessione involontaria che mi stavano strappando. Sebbene la possibilità di tale fine fosse già stata da noi contemplata. Ma in quei momenti Io volevo solo morire, anche se i maledetti Rabbini non volevano nient'altro che tenermi in vita: appena fui torturata fisicamente, perché tutta la loro azione era concentrata nel piegare e distruggere la mia struttura psichica. Non avevano intenzione di uccidermi e me lo dissero chiaramente, perché il mio corpo era intoccabile, come quello di Rudolph Hess. Sì, dottor Siegnagel: mi avevano riservato per un sacrificio rituale che Bera e Birsa in persona avrebbero eseguito.

Sessantatreesimo giorno

Vi chiederete, dottor Siegnagel, perché i miei rapitori mi mandarono all'ospedale Dr. Patrón Isla nella Città di Salta? La risposta è tristemente semplice, non molto difficile da immaginare. Gli Agenti Infernali, che conoscevano il segreto delle loro droghe sul corpo umano, sapevano che sarebbe stato impossibile per me fuggire da qualsiasi luogo: la volontà di resistere era completamente distrutta e, come ho detto, avevo perso completamente l'orientazione esterna. Non potevo muovermi da dov’ero, questo lo avevo ben chiaro. Ma allora io avevo deciso di morire. Lo spiegherò meglio: sebbene avessero infranto la mia volontà di liberarmi esternamente, io verificato in ogni momento che mantenevo intatte le facoltà spirituali interiori. La volontà del mio Spirito, dottore, non era stata spezzata nel ridotto abito della coscienza. Forse essi distrussero parte della struttura psichica, ma il danno poteva essere

ridotto solo al campo dell'anima o al cervello fisico, cioè al terreno esclusivamente materiale. Naturalmente, essi non potevano sapere esattamente cosa fosse accaduto allo Spirito Eterno perché agli Iniziati della Fratellanza Bianca mancava la capacità di percepire gli Esseri Increati; ma consideravano un trionfo delle loro tecniche di lavaggio del cervello il dimostrare che le manifestazioni spirituali non esistevano più. Nello specifico, si riferivano “all’Io", la manifestazione dello Spirito, come indicatore pilota dello stato del prigioniero: se il trattamento culminava con la disintegrazione dell'io, significava che un processo irreversibile avrebbe impedito la ricombinazione spirituale. Sebbene il Simbolo dell’Origine continuasse ad essere presente nel Sangue Puro, la distruzione della struttura psichica rendeva impossibile per l’Io concentrarsi nuovamente nella sfera della coscienza. Però nel mio caso questo non era successo. Come comprenderete, Essi speravano che l'ingestione delle psico-droghe avrebbe provocato uno stato di schizofrenia acuta, una speranza che nel mio caso era rafforzata dalle confessioni che erano riuscite a tirarmi fuori. Ma la situazione reale era che tutto ciò che riuscivano a ottenere nell'interrogatorio non era volontario o involontario, ma meccanico: le loro droghe agivano sul soggetto cosciente dell'Anima, non sul Sé, e lo obbligavano a ribaltare il contenuto della formidabile memoria razziale dei Signori di Tharsis, una qualità propria della specializzazione biologica della mia famiglia con la quale presumibilmente i Rabbini non erano abituati a trattare. Crederono che il mio io fosse frammentato o disintegrato e che non avrei mai più raggiunto uno stato di coscienza spirituale stabile: la confessione dimostrava, per loro, la frattura irreversibile della volontà spirituale. Ma quella confessione era solo uno stupido tradimento dell'anima, il cui soggetto leggeva il contenuto dei ricordi psichici. In una sfera profonda, la volontà del mio Io resistette allo stupro in ogni momento ma senza essere in grado di impedire che i contenuti mnemonici venissero vuotati all’esterno meccanicamente: quindi, per la gioia dei Rabbini, i ricordi che la memoria conservava riguardo alla strategia stessa e la sua esecuzione cominciarono a uscire dalla mia bocca. Scoprirono cosa era successo a Noyo e partirono immediatamente, presumibilmente pesando di lasciarsi alle spalle un relitto umano. Tuttavia, si vede che, come sempre, non gli sarebbe stato così facile eliminare i Signori di Tharsis. Cosa era successo? Bene, arrivai a capire quali conseguenze si aspettavano dal lavaggio del cervello e riuscii a simulare con grande convinzione la demenza schizofrenica da Loro predetta. Alla fine, convinti che la mia pazzia non avesse rimedio, decisero di farmi uscire dal compromesso Convento Francescano e di internarmi momentaneamente, fino all'arrivo di Bera e Birsa, in un Ospedale Neuropsichiatrico. Per questo dovevano "legalizzarmi", cioè concedermi lo status legale di un prigioniero politico, al fine di ottenere una soluzione burocratica nell'ospedale ed evitare tutte le future indagini. Cominciarono quindi chiamando una tale chiamata "Colonnello Víctor Perez", soldato di razza ebrea che lavorava per lo Shin Beth. Egli prese in carico il caso e produsse un documento gonfiato di falsità, che includeva la presunta attività sovversiva di mio figlio Noyo e il sostegno che avrei fornito a lui e all'organizzazione in cui era attivo. Esagerò la descrizione delle circostanze della detenzione, degli interrogatori e del tenore delle confessioni; e ottenuta da un medico militare la diagnosi di demenza e ricevette da un giudice l'ordine di ospedalizzazione presso l'Ospedale Neuropsichiatrico Dr. Javier Patrón Isla, e in questo modo sono arrivata qui, dottor Arturo Siegnagel. Ma poi ho deciso di morire. Sì, stimato Dottore, in quei giorni, il mio unico desiderio era morire con onore, suicidarmi prima di cadere nelle fatali grinfie di Bera e Birsa, per togliere ai Dannati

Immortali il piacere della loro vendetta, il compimento della sentenza di sterminio che trattavano di eseguire dall'Epoca dei Re Iberici. Avevo solo bisogno di un minimo recupero fisico e un po’ di distrazione della sorveglianza medica per togliermi la vita con qualsiasi mezzo. Indubbiamente, dottore, questo avrei potuto farlo senza problemi in tutto questo tempo che sono stata ricoverata in ospedale. LA fuga non rappresentava più un'uscita per me senza orientazione esterna e, in ogni caso, la missione era compiuta: Noyo custodiva la Spada Saggia nella Caverna Segreta di Córdoba; io non sarei riuscita a trovarlo, anche se avessi voluto, l'Ordine del Signore della Guerra era stato compiuto e quella era la cosa importante. Quindi, morire rappresentava solo un piccolo intervallo fino alla Battaglia Finale: sarei andata astralmente a K'Taagar e sarei tornata presto, per sistemare i conti con il Nemico dello Spirito Eterno. Nel frattempo, avrei eluso l'ultima persecuzione di Bera e Birsa. Questo era il mio pensiero quando sono arrivata qui, dottor Siegnagel. Tuttavia, qualcosa mi face cambiare idea non appena arrivai; ed è per questo che, anche se ho continuato a fingere di essere pazza, ho iniziato a scrivere questa estesa lettera. Per essere chiara, "quel qualcosa" per cui ho cambiato le mie intenzioni suicide siete stato Voi, dottor Siegnagel. In verità, appena vi ho visto, ho capito che voi avete manifestato il alto grado il Simbolo dell’Origine; ma ho anche capito che non ne eravate incosciente, che non eravate a conoscenza della Saggezza Iperborea anche nei suoi minimi dettagli: siete un uomo di Sangue Puro, il dottor Siegnagel. Ma la memoria del Sangue è bloccata dalla vostra Anima. Voi non conoscete l'esistenza dello Spirito Eterno o sapete orientarvi verso l'Origine. Soffrite di un'amnesia metafisica che è il prodotto del Medioevo in cui viviamo attualmente, tipica dell'incantesimo con cui le Potenze della Materia mantengono l'uomo nel Grande Inganno, caratteristica della decadenza spirituale dell'uomo e della sua attrazione per la cultura materialistica: in breve, siete voi, dottor Siegnagel, un uomo addormentato. Però siete un uomo. Un essere dotato di uno Spirito Increato che può risvegliarsi. La vostra presenza qui, in questo oscuro manicomio, l'ho presa come un segno degli Dei, come messaggio del Signore della Guerra e del Capitano Kiev, forse come una rivelazione del Pontefice, Signore dell'Orientazione Assoluta. Quando vi ho visto, dottore, ho capito a cosa si riferiva il capitano Kiev quando annunciava che "gli uomini addormentati avrebbero ristabilito l'antico nesso con gli Dei": tali uomini addormentati sono, indubbiamente, simili a Voi: hanno tutto nel Sangue Puro, ma in forma potenziale: hanno bisogno solo dell'Iniziazione Iperborea per fare in modo che questa potenza razziale si sviluppi e affiori nella coscienza. E l'Iniziazione Iperborea, dottor Siegnagel, oggi, è solo in grado di concederla in questa parte del mondo il Pontifex Maximus dell'Ordine di Odino, il Signore dell'Orientazione Assoluta o i Costruttori Saggi che lo seguono. Per trasmettervi questa verità cambiai la mia decisione di morire volontariamente. Dovete tenere a mente, dottor Siegnagel, il punto di vista etico dei Signori di Tharsis: per la Strategia di liberazione spirituale degli Dei Leali allo Spirito dell'Uomo, implica molto più Onore cercare di risvegliarti che il suicidio per fuggire dalle infami rappresaglie dei demoni immortali. Quel castigo, la possibilità di quella terribile fine, non era forse stata prevista nella Strategia suggerita dal Capitano Kiev? Sì. Deciso di risvegliarvi, o almeno di provarci, ma come? Non parlando con voi, perché credo che un pregiudizio professionale vi avrebbe impedito di dare credito alle parole di una malata mentale. Forse scrivendo la nostra storia in una lettera, come quella attuale, ma non mi sfuggiva che mi sarei trovata in una situazione simile: anche la sua incredulità sarebbe stata inevitabile. Tuttavia, c'era la possibilità che un fatto concreto,

estraneo a me ma abbastanza efficace, rendesse cosciente la storia della Casa di Tharsis: e questo fatto non poteva che essere la mia stessa morte per mano degli Immortali Bera e Birsa. Voglio dire, dovevo riuscire a fare in modo che i demoni Golen lasciassero abbastanza tracce del loro immenso potere per convincervi che in una certa misura la storia raccontata nella lettera era vera; e dovevo fare in modo che la lettera raggiungesse le vostre mani dopo la mia morte. Questo è ciò che cercherò di fare, dottor Siegnagel. Per ora, ho già concluso la lettera e ho iniziato, da molto tempo, a portare a termine la Strategia che credo darà i risultati attesi: con gli ultimi residui della mia volontà graziosa luciferica, ho cercato di dirigermi telepaticamente verso Chang Shambalá, verso i membri dell'Ordine di Melchisedek e ho sfidato i Demoni Immortali. Li ho sfidati a nome della Casa di Tharsis , che è la più grande offesa al loro orgoglio infernale, e ora spero, non senza timore, la risposta di Bera e Birsa.

Li sento già, dottor Arturo Siegnagel, avanzando tra i Mondi dell'Illusione, avvicinandosi ciechi di odio verso la mia umile cella, saltando lo Spazio e il Tempo, dislocando la Realtà, Pachachutquiy, Pachachutquiy.

Sessantaquattresimo Giorno

Questo sarà il mio ultimo giorno di vita, Dr. Siegnagel, ne sono sicura. Tra poche ore consegnerò questa lettera all'infermiera che ho corrotto, in modo che possa essere inviata a voi dopo la mia morte. Ho solo il tempo di chiedervi l'ultimo favore che ho menzionato il Primo Giorno e offrirvi alcune raccomandazioni. Prima di tutto, voglio chiedervi, dottore, di cercare di localizzare mio figlio Noyo. So che, dopo quello che avete letto in questa lettera sulla Saggezza Iperborea, le tecniche dell'Opposizione Strategica della Saggezza Litica e il carattere della missione intrapresa da Noyo, vi sembrerà quasi impossibile soddisfare questa richiesta. Ma non pretendo che voi andiate direttamente dietro i suoi passi, il che sarebbe assurdo, ma vi prego di cercare di trovare l'Ordine dei Costruttori Saggi del Signore dell'Orientazione Assoluta: essi vi metteranno sulla giusta strada. Inoltre vi concederanno l'Iniziazione Iperborea, vi risveglieranno e vi includeranno nella Strategia della Battaglia Finale. E, ve lo anticipo, saranno molto grati di conoscere questa lettera. Se non ho sbagliato con voi, se il vostro Sangue è Puro e presentite la Nostalgia dell’Origine, so che non esiterete nel soddisfare il mio ultimo desiderio. Secondo, se mai incontrerà mio figlio, voglio che gli racconti l'ultima parte di questa storia, fategli sapere che sono morta certa del trionfo della Causa dello Spirito, che ho visto chiaramente il Finale della Storia e l'imminenza della Battaglia Finale. Non crediate cha ho bisogno di questo per sentimentalismo, per uno sciocco interesse di rassicurare mio figlio: ho cercato di liberarvi con tutti i mezzi alla mia portata e, se rispondete e vi svegliate, riuscirete comunque a conoscere il Noyo Guardiano della Spada Saggia. Quindi, come favore speciale, in memoria di Belicena Villca, che vi ha rivelato il Camino, vi darò il mio messaggio. Conosco perfettamente il comportamento che deve avere la madre di un Guerriero Saggio. Una madre iperborea, è sempre la figlia della Grande Madre Ama e non può, quindi, essere schiava della Materia, della Madre

Terra, della Shakti, di Binah, cioè, non può soccombere all'istinto materno, cieco e irresponsabile. Oh Madre Pura Ama, Vergine di Agartha, ho ascoltato la tua Voce! “I miei figli, gli Uomini di Pietra, sono Guerrieri Saggi, e nulla deve placare la loro Furia. Distrutto sarà l'Indegno dello Spirito. Il Codardo, il Traditore, e maledetta la Matrix che li ha forgiati. Il Mio Seme di Pietra accende il Fuoco Freddo nel Cuore. Pieni di Ira, carichi di Valore, i Guerrieri dell’A-mort marciano alla Battaglia Finale. E la Madre dello Spirito, e le madri del dolore, esprimono la Grazia e l’Allegria se Essi muoiono con Onore. "Così parla la tua Voce, Gelosa Madre Ama, e non sarà Io chi ti contraddica. Mio figlio è un tuo Guerriero e il suo Destino, la tua Volontà. Non intendo in alcun modo affettare il suo Valore, inviando il mio ultimo saluto attraverso il dottore iperboreo, perché se egli arriva fino a Noyo, sarà anche un lui un Guerriero Saggio. E ora andiamo alle raccomandazioni: dottor Siegnagel, non posso mancare di avvertirvi che il "Segreto mortale" da noi protetto comporta un pericolo terribile, estendibile a chiunque intervenga nella sua protezione. Immagino che non saprete da dove iniziare la ricerca. Bene, per iniziare andate a Tafí del Valle, alla vecchia fattoria di famiglia; lì vive Segundo, l'indios che mi visitava, che vi chiarirà molte cose pratiche, sebbene non tutte quelle che vorreste. Vi darà un po' dell'oro degli Ingas, ne rimane ancora un po’, per far fronte alle spese che si presentino, ma deve essere molto cauto nel maneggiarlo. Gestire l'oro è sempre pericoloso! Ricordate che immersa in un movimento simile a quello che intraprenderete, sono stata scoperta dai Demoni della Fratellanza Bianca e, attraverso la loro Scienza Maledetta, portata alla follia con cui mi avete incontrato. Potevo solo uscire da quello stato di allucinazione grazie ai resti della mia volontà graziosa luciferica, come dicevo, e all'aiuto tranquillizzante della pianta ayu huasca che Segundo mi portava. Ma la lucidità durava solo poche ore, che approfittavo per scrivere questa lettera, dal momento che non si trattava un antidoto pienamente efficace. La droga dei Demoni consente l'ipnosi a distanza, ma la pianta rampicante ayu huasca, o caapi, possiede un alcaloide che mi salvava temporaneamente dal suo controllo: in questo modo sono stata in grado di

completare il presente manoscritto e sfidarli nelle loro Dimore Infernali, ed è per questo che Presto verranno a eliminarmi. Vi saluto, Dr. Siegnagel. Vorrei che questa lettera la leggeste con gli Occhi dello Spirito. I miei migliori auguri vanno a Voi, che soddisfiate o meno la mia richiesta, crediate o no in ciò che qui ho narrato. Se decidete di farmi il piacere, vuol dire che siete un Kshatriya e che allora ci rivedremo nel Valhalla o durante la Battaglia Finale. Che Navutàn vi guidi e Frya vi A-mi. Per sempre, la vostra Belicena Villca.

LIBRO TERZO "Alla ricerca dello Zio Kurt" Capitolo I

Il lettore può dare libero sfogo all'immaginazione. Non sarò mai in grado di rappresentare le emozioni e lo stato di totale perturbazione in cui mi immerse la lettura della lettera di Belicena Villca. Fu molto strano per me; avanzando nella lettura, stavo vivendo una pluralità di stati d'animo. Così sono passato dallo scetticismo iniziale e la sorpresa, fino allo stupore, da lì sono passato alla curiosità e successivamente a altre mille sensazioni. Alla fine, un entusiasmo primitivo e sciocco si impossessò di me e, invece di rifiutare la lettera come un’imposizione, attitudine logica e perfettamente giustificata, e feci il contrario, segnando così la mia sorte: decisi di intraprendere l'avventura!.......(Continua!)

FINE PRIMA PARTE